Conservare agosto: questo mi dico quando ormai il mese dell’estate per antonomasia è concluso da quasi una settimana. Conservarne la serenità, seppur velata da ragnatele nerastre verso la fine, conservarne la bellezza, quella del sole alto che sa già, nonostante tutto il suo splendore, di andare incontro a sere sempre più buie, aria frizzante di cambio stagione, piogge, caos che si dirada, tristezza. Agosto, mese delle vacanze, mese in cui tutto rallenta, e va bene così. Mese per conservare: tutto, nella mente, nei ricordi, nelle sensazioni. E tutto nelle arbanelle di vetro, dalle pesche ai pomodori, alle marmellate di susine, mele e prugne. Agosto tra mare e campagna, più ligure che non si può: quest’anno è andata così, ed è stata una carezza sul cuore.

A dire il vero sono state tantissime le carezze sul cuore di questo mese denso e lungo, eppure volato via in un attimo, come accade sempre alle cose migliori, che te le trovi alle spalle quando è già successo tutto, e dovresti cercare di riordinare la matassa delle decine di cose, eventi, persone, episodi accumulati lì tra una maglietta e un costume da bagno. Agosto è pieno di mare, di colori e salsedine, di profumi e sudore, di speranze e sorrisi e qualche lacrima di nostalgia e paura. Ad agosto c’è un abbraccio che ricorderò a lungo, l’indulgenza da imparare, uno specchio inedito, ragionamenti sulla perfezione e le sue opportunità.

Lo vedo nelle foto che scorrono sullo schermo mentre cerco con molta malinconia di riavvolgere indietro il nastro del mese e scrivere le mie impressioni. Agosto parte con il caldo intenso e con un microfono in mano, una sera in piazzetta, atmosfera serena, voci intorno, amici e novità, pensieri sinceri. Ne faccio uno e mi scappa di dirlo a voce alta in mezzo a tutti: era dalla maturità (anzi, dall’anno precedente) che non mi capitava di fare un’estate interamente a casa, al mare. Sono tre mesi che vado al mare, ho iniziato a fine maggio e non ho più smesso. Certo, ci sono stati progetti, giornate spese a tentare cose per il futuro: proposte, pitch, corse per colloqui che ipotizzavano lavori, incontri, sempre per lavori. Ma sostanzialmente il tempo è stato libero: tempo di pensarsi, capirsi, godere della bellezza, ritrovarsi, scoprire, immaginare.

Una mattina di agosto le mie parole sono finite su Radio3: parlavo di isole, lo facevo grazie a un libro e al blog della mia amica, TurismoLetterario: il podcast della puntata lo trovate a questo link. Tanti, tantissimi libri hanno costellato il mese di agosto: letture attese, gustate goccia a goccia. Da Marco Malvaldi a Cristina Cassar Scalia, ritrovando personaggi, ridendo di gusto, scavando nelle storie, con leggerezza, con riflessioni. C’è stato Fabio Genovesi con la sua dolcezza, Sandro Veronesi con il suo romanzo premio Strega, e ancora c’è stato Cesare Pavese riscoperto a 70 anni dalla morte, Chiara Gamberale. Ci sono stati L’istante largo di Sara Fruner, Draghi sepolti di Sabrina Mugnos, La trilogia Adamsberg di Fred Vargas, e queste sono state tre boe su cui galleggiare meravigliosamente in mezzo al mare di agosto.

Mentre leggevo, e mi beavo, accadevano cose intorno. Ritrovavo persone, cambiavo, mi scoprivo a cambiare e trovavo la cosa interessante, sopportavo e provavo, anche a ridere, ad accettare. I tramonti erano favolosi, struggenti ed estivi nei colori, nella serenità, nella luce fino alle nove di sera, quando torni a casa stordito di birra e trascinando la bici a piedi, e sorridi da solo perché va tutto bene. Me la sono sentita ripetere dentro, questa frase: va tutto bene. Dietro le spalle i dubbi e le perplessità, una coccola per ogni schiaffo accumulato, il tempo dilatato, la possibilità che torna. E poi un incontro, con una persona che non cammina più, ferma a contemplare il mare, su in cima alla scala: signora, si ricorda di me? E la conversazione diventa commedia, pure maliziosa e ironica, e sorrido indulgente, ed emozionata: “le gambe mi hanno abbandonata – mi dice – ma la testa no, quella c’è”. Slego la bici osservandola da lontano, dopo il congedo: “la lascio a godersi ancora un po’ di azzurro”, mi fa una tenerezza grande, ma ancora più grande è la dignità che esprime, la sua umanità così viva. Mi tocca molto, è una scena che voglio ricordare, un saluto in una sera calma e pacifica dove il mare resta un elemento salvifico centrale.

E poi eccomi che prendo il treno per Savona mentre esplode il caldo, conosco posti e storie, mangio un polpo portofino ritrovandomi a parlare col mio amico che non vedevo da un anno come se non fosse passato nemmeno un giorno. Siamo subito noi. Un abbraccio bellissimo, un giro in Vespa che riderò per anni. È il 10 agosto, la spiaggia esplode di gente e siccome è san Lorenzo a casa mia decidono di inaugurare il molo, dopo quasi due anni di inagibilità. Non sarà la serata in cui poter riscoprire la magia di una passeggiata in mezzo al mare, però è serena, ci sono mirtilli, vernice sui gomiti ed è piena estate, va tutto molto bene.

Va bene fino a Ferragosto, che si trascina dietro le solite malinconie, ascoltando Neffa che improvvisamente torna in mente con Aspettando il sole, mentre fuori il sole impazza, tutti a lamentarsi del caldo, sotto casa i resti di un ruggente periodo di asfaltatura e polvere, rumore e catrame, bicicletta portata a mano, strada grattata, periodo sospeso. Faccio un’intervista su Skype mentre spaccano la strada, un colloquio su Zoom a finestre chiuse.

Ad agosto, nonostante il fermo vacanze, riesco a fare accadere cose magiche. La prima, stupenda, è l’uscita della mia intervista a Simone Perotti sulla bandiera del Mediterraneo e sul progetto Mediterranea, che riceve calda accoglienza e parole che mi commuovono e mi accendono di entusiasmo. La seconda è una telefonata da parte di Nidodiragno produzioni: parteciperò al Festival Soleà, alla serata su Italo Calvino per la quale avevo mandato una proposta. Scorre vita in questo agosto di bellezza, ed è magico poter assistere in una notte d’estate allo spettacolo di Lella Costa sulle città invisibili di Italo Calvino, essere sui tetti della città che ha formato la sua visione del mondo, ascoltare parole che diventano tridimensionali, stupirsi, riaccendersi di idee e speranze.

Passano i giorni di mare, scorrono le pagine dei libri, si preparano pesche sciroppate, marmellate di susine, mele, prugne, esplode il rosso del pomodoro tra un fragore di cicale che mai come in questo agosto mi aveva commossa. Ed è bellezza, è ritualità, è magia che si intreccia a una folle Milano Sanremo in mezzo all’estate, seguita a pochi metri, ma dal divano, con i miei genitori mentre i ciclisti arrivano da Colle di Nava e la nostra città fa bella mostra di sé sullo schermo della tv.

Docce, corse, vestiti estivi nella brezza e cene con persone belle: improvvisate, prenotate, la pelle abbronzata, la voglia di stare insieme, condividere. E in barba alla linea: fritture, pizza, un sacco di gelati dalla mitica Gaetanina, che non sarebbe estate se non ci fosse lei, a tuonare fino alla fine del mese che lei è intollerante alla gente, e noi lo sappiamo bene, e ci piace proprio perché è così.

Sono giornate infinite al mare, la spiaggia che cambia, si asciuga e si slarga pacifica, si riempie tanto che la bici non sta più nel posteggio e deve finire dietro una panchina: è una sera dolcissima, sono le otto passate e si rompe il lucchetto. A stento salvo la situazione, vado a prendere un gelato che sarà la mia cena, incontro belle persone, mi dicono che sembro giovane. Me lo sembro davvero: agosto è un mese di mare fino a tardi e cene improvvisate tra trombette dell’orto, pomodori, acciughe e una birretta. Ascolto concerti come Danilo Rea, sento amici, le sere sono lunghe, serene, le ore blu, i gabbiani si contendono un filetto sulla riva e li osservo scoprendo un nuovo personaggio letterario di Fred Vargas e innamorandomene a pagina due. Come ogni estate arriva anche la meraviglia della musica dal vivo, e così godo di un concerto magico nella piazza di Cervo, Fabrizio Bosso mi riporta alle cose che amo.

Sono serate leggere, che vorrei non terminassero mai, perché lo so che in fondo ci sono le cicatrici emotive di sempre, so che finirà la meraviglia, tornerà il buio presto, l’ansia dei lavori che si accavallano, delle incomprensioni. Sta esaurendo agosto: dei tanti progetti seminati qualcosa torna, si azionano rotative, la sensazione di solitudine va a braccetto con il maltempo che scombussola giornate e serate in cui perdersi tra il proprio nero e libri introspettivi.  Risvolti neri, squarciati dalla meraviglia di una mattina in canoa in un posto paradisiaco come la Mortola, Ventimiglia, accarezzati da una cena sotto un pergolato da film, le candele a rischiarare, bicchieri di vino a tintinnare, risate, gioia bella, compagnia ed empatia, a tonnellate. Mi sento fortunata, devo ricordarmene per il futuro.

Ma il nero stride, il nero arriva, irrompe nella bellezza di un agosto che si sgonfia. Si sgonfia la gomma della bici, la pedalata è appesantita, diventa impossibile. Mi arrendo a una spesa tardiva e solitaria: compro una candela profumata, una vaschetta di gelato, la birra, le ciappe, ho bisogno di abbracci in una sera fredda in cui serve una coperta sul letto, in cui finisco un libro, nella misura colma di serenità inizio a infilare l’ansia che detonerà più tardi. Eppure lo so che non dovrei arrendermi così alla bellezza e allo stare bene.

Continuo a crederci, continuo sempre un po’, mentre spalmo colla su vasetti che diventeranno lumini, perché le sere d’estate non sarebbero la stessa cosa senza una vista sugli ulivi rischiarata dalle candele alla citronella, e non prenderebbero vita idee, sensazioni, speranze e sogni, non ci sarebbe nulla da ritrovare ogni anno impegnati a resistere come tronchi d’ulivo spaccati dal tempo, dal vento, dalla forza di tutto il resto. Resisto, mentre imparo che esisto: e porto la bici a riparare, è l’ultimo giorno di agosto, ha piovuto e avevo steso, ho una maglia addosso e mentre bevo uno spritz mi escono risate sincere che mi fanno sentire bene. Non è finito poi male, questo mese con una quantità di bellezza che dovrà servire per tutto quello che mi attende oltre le porte di agosto.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!