Nel 2009 usciva per Bompiani il saggio di Umberto Eco Vertigine della lista. Ecco, ripensando a qualche mese di distanza alla mostra che ho visto alla Kasa dei libri di Milano, dedicata a Italo Calvino, riassumerei la mia esperienza in una perifrasi cugina della vertigine di Eco: Vertigine bibliografica. Una straordinaria, ricchissima, ironica e felice vertigine bibliografica che ho avuto la fortuna di poter provare a febbraio 2023.

La storia di come io abbia rischiato di non partecipare alla visita guidata alla mostra che avevo prenotato in un momento di follia grazie a due fortunosi biglietti del treno e un’amica ospitante ha già di per sé qualcosa di calviniano, ne sono tuttora convinta. Mi viene da pensare a un episodio sospeso tra l’affannarsi inutile del Lettore di Se una notte d’inverno e il peregrinare osservativo di Palomar.

Insomma: al civico 4 di Largo De Benedetti ho rischiato di non arrivare mai, perché Google lo segnalava in un portone, le targhette avevano qualcosa di ingannevole, e mentre mi aggiravo un po’ spersa avanti e indietro, una signora mi ha chiesto se stessi cercando la Kasa dei libri. Sì, le ho risposto, e in quella si è aperto il portone del numero 2 o 6, e la signora mi ha detto è lì, e lì. Eppure sul citofono non c’era. Siamo entrate, abbiamo atteso, a me è poi suonato il telefono e sono uscita da questa storia per entrare nella storia che mi spettava: capire, insieme alla signora e altre persone, che il portone giusto era dietro l’angolo.

In Kasa con Calvino

Dunque siamo arrivati al sesto piano per essere accolti dal curatore Andrea Kerbaker a Calvino in Kasa, così si chiamava questa esposizione pazzesca messa su da un appassionato bibliofilo per gente un po’ ossessionata da Calvino come me. Che poi, in realtà, la mostra era per tutti, ed era estremamente godibile vista la quantità e particolarità di materiale e il fatto che, regole della Kasa, fosse tutto “toccabile” e sfogliabile, insomma a misura di lettori.

Quella dentro cui mi sono immersa era una mostra di libri: oltre 300, opere di Calvino tra cui prime edizioni, esemplari rari di libri contenenti “cose” calviniane, ma anche i famosi “libri degli altri”, e poi riviste, locandine, opuscoli, libretti. Insomma, il mondo immenso di Calvino, snocciolato a partire da Villa Meridiana e dal suo giardino, arrampicandosi insieme a Cosimo tra le fronde (c’era anche un esemplare molto buffo di Ottimo Massimo!), transitando sul Sentiero dei nidi di ragno e arrivando a traduzioni, riedizioni e pubblicazioni rare. Il la lo dava proprio La strada di San Giovanni, racconto che ho nel cuore, con una serie di pubblicazioni accostate, utili a raccontare la fama botanica del padre e della madre di Italo, Mario Calvino ed Eva Mameli, scienziati affermati. Le “radici” di Calvino.

Una cosa che ignoravo e ho scoperto lì è stato il primo libro prefatto da Calvino: Carte fasciate di rosso, di Raffaele Pin, datato 1949. C’era ovviamente anche lui, una pubblicazione quasi clandestina che ebbe circolazione locale e ridotta. E c’era Aretusa, numero 16 del dicembre 1945, dove comparve il racconto di Calvino “L’angoscia” dedicato all’esperienza partigiana. Ho iniziato ad annusare la presenza di cose importanti in mostra, e ho avuto la conferma aggirandomi per la prima stanza dove pullulavano prime edizioni, volumi oggi introvabili in cui sono comparsi per la prima volta alcuni lavori di Calvino, piccole chicche editoriali.

Chicche calviniane che mai avrei pensato

Tra queste, la mia mente è rimasta attorcigliata ad alcune cose davvero straordinarie che danno riscontro sia della fama di Calvino, scrittore presente praticamente ovunque, sia del brulicare immenso del mondo mediatico del secondo Novecento, quello stesso mondo che Eco così bene descrisse e analizzò. E non a caso torna Eco, perché alla Kasa dei libri ho incontrato un cortocircuito tra apocalittici e integrati in una copia di Playboy del 1973 che sfoggia una signorina intenta a spogliarsi in copertina, e l’annuncio della presenza del racconto oulipiano di Italo Calvino, L’incendio della casa abominevole. Quanto sia felice di scrivere questa cosa su un blog che si chiama A contrainte non si può dire! Ma c’erano anche  il Correre dei piccoli, con i racconti illustrati di Marcovaldo, e Linus con Snoopy in copertina, che mi hanno allargato il cuore, se non fosse stato già spalancato.

Era tutto un mondo ricchissimo, vivace e pieno di nomi e cose che ho visto, letto, studiato e fanno parte del mio immaginario. Fanno ancora parte, cosa che mi àncora al Novecento e mi fa domandare cosa resterà di tutta questa cultura mediatica alle generazioni post millennial. Forse se lo sarebbe domandato anche Calvino. Io invece, immersa in questa collezione delle meraviglie che mi faceva sgranare gli occhi a ogni angolo, ho domandato a Kerbaker come avesse potuto radunare tutte queste edizioni particolarissime, spesso introvabili, che avevo intorno.

“Ho buoni spacciatori”, mi ha sorriso lui di rimando. Molto, molto buoni. Gente che tiene copie antiquate di Repubblica (Tra gli articoli originali, le rubriche del signor Palomar prima della loro raccolta in volume, sulle colonne del giornale in forma di “osservatorio del Signor Palomar”), gente che sa che in un volume come Torino un po’, di Valdo Fusi, c’è un’introduzione di Calvino. E gente che tiene da parte una cosa come Acquedotti ieri e oggi, che uno dice: ma che mi importa di un testo così se non sono ingegnere? E invece dentro c’è un’introduzione di Calvino meravigliosa (ho dedicato a questo testo un articolo).

I libri degli altri

Ovviamente c’era anche l’introvabile volume I libri degli altri, di recente ripubblicato da Mondadori e che avevo letto poco prima di visitare la Kasa dei libri. Inutile dire che come mi giravo, apparivano copertine e nomi degli autori di cui e con cui, nelle lettere editoriali, Calvino parlava. I Nuovi Coralli, ma ancora prima la Piccola Biblioteca Scientifico-Letteraria, e poi i mitici Centopagine, la sua collana di 77 titoli, interamente in mostra. Per tutti questi autori Calvino scrisse decine e decine di paratesti, risvolti di copertina, presentazioni. Un altro mondo, parallelo al suo, infinito sembrerebbe, in cui emerge l’imponente lavoro di un redattore e ufficio stampa Einaudi.

Ai libri degli altri era dedicata una stanza intera della mostra, e c’erano tutti: da Raffaello Brignetti a Julio Cortazar, e poi i “miei” autori calviniani, quelli che hanno fatto la mia storia e i miei studi: Raymond Queneuau, Francesco Biamonti, Daniele del Giudice, e che dire di Cesare Pavese, capostipite Einaudi. Ancora, qualche chicca tra cui Carlo Levi e Antonio Rubino col suo Viperetta. Ho capito, davanti a tutti quei libri, quanto il lavoro del Calvino redattore abbia rappresentato per me (per l’Italia, meglio eh!) un pezzo di vita culturale, un immaginario: ho letto, amato e sono rimasti dentro di me tantissimi degli autori che lui lesse per primo, scoprendoli e lavorando per portarli nel catalogo Einaudi.

Se non fossero bastate le chicche, di Queneau (il mio primo amore semiotico: a lui ho dedicato la tesi di laurea specialistica ed è colpa sua se questo posto virtuale si chiama A contrainte) c’era pure La canzone del polistirene, un testo strenna esistente in pochissimi esemplari per tradurre il quale dal francese Calvino si servì anche dell’aiuto di Primo Levi. Avevo gli occhi a forma di cuore.

Calvino, che spettacolo

“Voialtri trovate il tempo per fare tutto: la pubblicistica, il cinema, il teatro… Mah. Tutte belle cose. Divertenti. Forse anche facili. Ma a me sembra che se le facessi io sarei un dilettante”: Calvino scrive così ad Arbasino nel 1963. Eppure, a giudicare da quel che si vedeva in mostra nell’ultima sezione, il suo rapporto con il mondo dello spettacolo non fu dilettantistico. Scarno, certo, ma ci fu, come testimoniavano i reperti – sempre introvabili e rari – in mostra.  C’erano le capatine nel mondo della canzone, sullo schermo del cinema o della tv. Ecco allora le locandine dei rari film, le trasposizioni per la televisione, l’esperienza dei Cantacronache, l’amicizia con il conterraneo Luciano Berio e i rispettivi testi scritti l’uno, sanremese, per l’altro, imperiese.

Un mondo di immaginari, collezioni e chicche insomma, questa mostra in Kasa. Me la porterò certamente nei pensieri, insieme a tutti i suoi spunti, insieme alla mole di materiale che, esposto, dà ulteriore prova tangibile dell’impegno immenso di Calvino sui suoi testi, su quelli altrui, come pensatore immerso in ciò che gli accadeva intorno. Almeno un po’, quando non era il signor Palomar, quando non faceva l’archeologo preferendo guardare tutto da lontano, per vederlo meglio, per riuscire a essere un passo avanti, come oggi ci appare.

A proposito di queste suggestioni, durante i mesi di mostra (da gennaio ad aprile 2023) la Kasa dei libri ha ospitato anche parecchi incontri con personaggi a vario titolo esperti di Calvino, proponendo di volta in volta percorsi alla scoperta di temi particolari legati allo scrittore. L’ultimo, a simbolica chiusura: Calvino dalla Z alla A: una rilettura della vita e della poetica dello scrittore attraverso il fil rouge particolare dei finali delle sue opere. Niente di banale alla Kasa dei libri, questo l’ho capito non appena entrata. Se siete curiosi di scoprire la collezione permanente e restare aggiornati sulle iniziative, potete iscrivervi alla newsletter: ironica, discreta e utile!

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!