Johan Brun / CC BY-SA

Era il 1970 quando Einaudi pubblicava con il titolo Gli amori difficili tredici racconti di Italo Calvino, le cosiddette “avventure”, affiancate in coda al volume da due racconti lunghi, La nuvola di smog e La formica argentina. A cinquant’anni dall’uscita la raccolta, che ha una travagliata e complessa storia editoriale alle spalle, non smette di interrogare il lettore ponendo al centro delle narrazioni quelli che lo stesso autore definisce “silenzi”: amori irrisolti, relazioni che non si incontrano, dubbi, svelamenti e un certo sentimento di incomunicabilità che sembra poter raccontare da vicino la nostra quotidianità. L’incomunicabilità è infatti il fulcro di questa collezione di amori problematici, di relazioni difficili. E se per difficile intendiamo l’intero ventaglio dei sinonimi, da complesso a faticoso, da esigente a oscuro e impegnativo, o che richiede sforzo, ben comprendiamo come la nozione sia in realtà un ombrello sotto il quale collocare tante delle relazioni tipiche del nuovo millennio, da quelle personali a quelle, più metaforiche, che hanno a che fare con i poli di una comunicazione sempre più sfaccettata, sovrabbondante e per questo, appunto, difficile.

Hai già letto tutti i miei articoli dedicati a Italo Calvino?

Le avventure degli amori difficili

Il volume, uscito nel giugno del 1970, fu il primo e unico di una serie de Gli Struzzi dedicata ai racconti di Calvino che scrisse in prima persona, non firmandola, la nota introduttiva dove cerca di fare chiarezza sulla tematica che lega l’antologia. Prima ancora, nel 1964, questi racconti avevano però già visto la luce in un’edizione francese dall’emblematico titolo Aventures. L’ironia fa di certo parte del progetto globale fin dal titolo, perché, scrive l’autore, “dove d’amore – o di amori – si tratta, le difficoltà restano molto relative”. Ironico è al contempo il termine “avventura”, che viene utilizzato nella titolazione di tutte le storie. Il ventaglio di situazioni è vario: soldati, fotografi, sciatori, guidatori, miopi, lettori e poeti, tutti sono alle prese con un amore difficile, che richiede fatiche e sforzi nel confronto con il vuoto e il silenzio sul quale si costruisce.

Un’esplorazione dizionariale del termine “avventura” porta a isolare due percorsi semantici: da una parte l’avventura è un “avvenimento curioso o straordinario, impresa singolare”, o una “vicenda straordinaria, caso inaspettato”, una “impresa rischiosa ma affascinante per ciò che promette di ignoto e di fuori del comune”, dall’altra compare anche un riferimento amoroso-sentimentale che giustifica l’ironia calviniana e lega i due livelli. Sappiamo bene infatti che un’avventura è anche una “relazione amorosa di poco impegno”, una “vicenda amorosa passeggera e non impegnativa”. Senza dimenticare la radice etimologica: ad-ventura, ciò che accadrà, che immerge scrittore e lettore nello spazio della narrazione. Roland Barthes, indagando la fotografia nel suo celebre La chambre claire (letto e conosciuto da Calvino) aveva introdotto un’ulteriore nozione di “avventura”, legandone il significato a una dimensione percettiva connaturata alla fotografia:  “mi pareva così che la parola più giusta per designare (provvisoriamente) l’attrattiva che certe foto esercitano su di me fosse la parola avventura – scrive il semiologo francese –  La tale foto mi avviene, la talaltra no. Il principio di avventura mi permette di far esistere la Fotografia […]. In questo deprimente deserto, tutt’a un tratto la tale foto mi avviene; essa mi anima e io la animo. Ecco dunque come devo chiamare l’attrattiva che la fa esistere: una animazione. In sé, la foto non è affatto animata (io non credo alle foto «vive»), però essa mi anima, e questo è appunto ciò che fa ogni avventura”.

I personaggi calviniani di questi racconti sono dunque colti nel momento in cui si animano davanti a un irrisolto, a un problema generato nel solco di una relazione, o nella possibilità di una relazione che non si rivelerà però lineare né felice. L’avventura in questi racconti è una divertita presa in giro di una situazione che è in realtà il suo contrario: più che un’impresa singolare e straordinaria, si tratta di un’apparente stasi, “un movimento interiore, la storia d’uno stato d’animo, un itinerario verso il silenzio”.  È Calvino stesso a sottolineare più volte la dimensione di incomunicabilità che permea questi racconti in cui un miope non ha pace con nessuna lente, una coppia di sposi non si trova se non nell’impronta calda del coniuge nel letto, segno della sua assenza, un lettore è restio a farsi rapire dalla vita vera, coinvolto com’è dal suo libro, un soldato che viaggia tutta la notte per rivedere l’amata capisce di aver trascorso la vera notte d’amore non con lei, ma desiderando lei.

Nella zona di silenzio e assenza

Storie di coppie che non si incontrano: è questa, sembra suggerire Calvino stesso, l’essenza degli amori difficili. “Forse il titolo che  meglio potrebbe definire ciò che questi racconti hanno in comune sarebbe Amore e assenza”, scrive ancora nell’introduzione l’autore. Ad abitare i racconti di questa raccolta e accomunarli è una “zona di silenzio al fondo dei rapporti umani”, un nocciolo di difficoltà, uno scalino che Calvino ritrova in ogni rapporto umano e che non è esprimibile se non con delle mancanze. “Nel cuore di questo sole era silenzio” si legge in L’avventura di un poeta, racconto dedicato all’osservazione della realtà e al movimento che, attraverso la poesia e la parola scritta, la trasporta sulla pagina. Un tema ricorrente in tutta la ricerca di Calvino, anzi uno dei cardini della sua poetica, che forse per questo è facile accostare all’idea di difficoltà ben espressa da questi racconti oggi cinquantenni: lo sforzo di vedere, quello di scrivere la realtà.

Nel 1958 era stata sempre l’Einaudi a commissionare a Calvino una raccolta antologica dei suoi racconti prodotti in un decennio di lavoro intellettuale. Per lo scrittore l’operazione fu difficile, macchinosa, e portò all’elaborazione di un indice costruito sulla base di una struttura geometricamente organizzata. Un tratto che sarà caratteristico anche di tutto il successivo Calvino, basti pensare agli schemi combinatori evidenti del Il castello dei destini incrociati, ma anche alle cornici di Le città invisibili e Se una notte d’inverno un viaggiatore, fino alle costruzioni tematico-geometriche dei capitoli di Palomar. “Quel che conta – ribadisce non a caso Calvino nell’introduzione a Gli amori difficili, ripercorrendo la vicenda editoriale dei testi –  è un disegno geometrico, un gioco combinatorio, una struttura di simmetrie e opposizioni, una scacchiera in cui caselle nere e caselle bianche si scambiano di posto secondo un meccanismo semplicissimo”.

Torniamo quindi ai Racconti di fine anni Cinquanta, un volume cospicuo che, come scrive Francesca Serra nella postfazione alla nuova edizione 2019 di Mondadori, “aveva il lusinghiero ma anche minaccioso compito di diventare lo specchio di quel che Calvino era stato fino ad allora e di cosa era riuscito a fare come scrittore dal suo esordio all’oggi”. L’operazione di selezione e costruzione architettonica delle sezioni fu complessa, e tormentò lo scrittore come si scopre leggendo l’epistolario con l’amico Pietro Citati. “Non sono ben sicuro se mettercelo, nel libro, come non sono ben sicuro ancora di cosa metterci e di come ordinarlo” scrive nel settembre del 1958 Calvino menzionando La nuvola di smog. La struttura dell’antologia prevede infatti tre macro suddivisioni: il Libro I, titolato Gli idilli difficili, il Libro II, Gli amori difficili, e il Libro III La vita difficile. Se nel primo libro troviamo una selezione dei racconti dell’immediato dopoguerra confluiti in Ultimo viene il corvo, insieme ad altri posteriori ma simili per tematiche, il libro secondo racchiude i racconti sull’incomunicabilità amorosa, un gruppo di lavori pressoché nuovi, destinati poi a diventare raccolta autonoma dodici anni dopo. I Racconti si chiudono con La vita difficile che, dopo la prima sequenza dedicata all’impossibilità dell’armonia tra natura e uomo, e la seconda, guarda al più generale senso del male di vivere.

Dai Racconti a Gli amori difficili

Nel volume Gli amori difficili del 1970 ritornano alcuni dei racconti già comparsi nella raccolta antologica del 1958 (e, per L’avventura di un soldato, ereditati dall’esperienza di Ultimo viene il corvo), con alcune integrazioni. Si tratta di L’avventura di un bandito (già Un letto di passaggio, racconto del primo Calvino) e L’avventura di un automobilista (già Il guidatore notturno), più gli inediti L’avventura di uno sciatore (1959) e L’avventura di un fotografo (1955), racconto ispirato all’articolo La follia del mirino uscito su «Il contemporaneo». Una storia editoriale complessa, sfaccettata, che non si è esaurita sulla carta, dal momento che Gli amori difficili sono stati nel tempo di ispirazione anche per altri tipi di racconti. C’è per esempio lo sketch cinematografico con Nino Manfredi ispirato a L’avventura di un soldato, quello teatrale firmato Franco Zeffirelli per L’avventura di un bandito, ancora la canzone di Sergio Liberovici che narra i fatti raccontati in L’avventura di due sposi, di ispirazione anche per un episodio cinematografico di Mario Monicelli. Tra i racconti esclusi dal gruppo delle “avventure”, infine, La formica argentina vide le illustrazioni di Franco Gentilini.

Gli “amori” sono però ancora, nel 1958, la parte più nuova di un progetto ben più ampio e organico che si struttura in gruppi distinti di scritti. Calvino ne aveva un’idea chiara in testa, pur messo alle strette dalla difficoltà di ordinare secondo criteri definiti, quasi questa geometria fosse una delle contraintes che più tardi imparerà a rispettare aderendo all’Oulipo francese. Un lavoro travagliato, quello per i Racconti, che si concluderà con cinquantadue scritti totali distribuiti in quattro sezioni. Un “iper-libro”, come lo definisce Francesca Serra, quasi ad anticipare la ricerca metaletteraria di Se una notte d’inverno, un volume che “contiene molti libri diversi, o meglio tutte quelle ipotesi di libri possibili che l’opzione dell’antologia d’autore tagliava fuori e sacrificava”. La molteplicità, in qualche modo, già bussava all’occhio attento di Calvino richiedendo riflessioni e accurate analisi che finiranno per attraversare tutta la poetica successiva, sfociando nelle parole visionarie delle Lezioni americane.

Difficili saranno così gli idilli, le memorie (questo il titolo di quello che diventerà il Libro II), gli amori, ovvero il nucleo originario di nove “avventure” e la vita, formata dai tre racconti lunghi La formica argentina, La speculazione edilizia, La nuvola di smog. Neanche a dirlo, è proprio sulla parola “difficile” che tutta la struttura della raccolta antologica fa perno, la chiave che, anche secondo Francesca Serra, connota il percorso calviniano degli anni Cinquanta, “emblema di una poetica che voleva andar contro la faciloneria dei tempi e l’idea edulcorata di letteratura che si portava dietro”.

Calvino si sofferma con la giusta dose di ironia sull’aggettivo difficile che ha utilizzato nei titoli di tutte le sezioni dei Racconti. Come mai questa scelta? “Perché mi ero stancato di sentire parlare, a proposito delle cose che scrivevo, di «facilità», di «felicità», di «felice facilità», di «facile felicità». E allora, ho scritto «difficile» dappertutto, quest’aggettivo che finora era sembrato quanto mai lontano dai miei scritti, questa dimensione, questo senso della vita che m’era apparso come irraggiungibile”. La critica, dice Calvino, tendente a farsi guidare dalle parole dell’autore sulla propria opera piuttosto che sviluppare un giudizio autonomo, ha gradito l’aggettivo, e così questi racconti, specialmente le “avventure”, diventate “amori difficili” autonomi nel 1970, sono stati salutati come l’esempio di un nodo importante della poetica calviniana, il tema della difficoltà.

Che sia o meno vero, e che la difficoltà sia una pista tematica da ricercare nella vasta produzione dello scrittore, la difficoltà è un tema che oggi continua a sfidarci, a solleticarci, che ci è familiare. Lo è, io credo, perché oggi più che mai siamo immersi in un mondo complesso e contraddittorio,: l’iper-comunicazione diventa spesso rumore che annulla ogni tentativo di comunicazione chiara, una bolla in cui è davvero difficile parlarsi, capirsi, dialogare e trovarsi. Quel silenzio un po’ paradossale, un po’ ironico, un po’ riflessivo dei racconti calviniani sugli amori che non si incontrano ha un’eco lunga che si riversa nel nostro quotidiano e lì rimbomba, in balìa delle difficoltà di interlocuzione che scaturiscono, paradossalmente, da un dialogo eccessivo, esacerbato.

Un mondo difficile e complesso che sarebbe piaciuto a Calvino, che già ne aveva pronosticato alcuni aspetti volteggiando sulla fine del millennio come un Perseo alato, in grado di librarsi sul caos del mondo e, con leggerezza e insieme acume, osservare tutto dall’alto, contemplando una vastità che oggi sembra ridursi ai margini di uno schermo. Una difficoltà che, tuttavia, mantiene anche l’ambiguo sapore dell’etichetta retorica e vuota che Calvino stesso aveva individuato parlando dei suoi “racconti non scritti”. Niente che, a conti fatti, possa essere utile allo scrittore nella sua ricerca: “sono rimasto al punto di prima – dice infatti Calvino commentando l’elogio della critica nel considerare la parola chiave “difficile”  – il mio dubbio sul mondo e sul rapporto con esso, se tutto sia difficile, d’una corroborante o disarmante difficoltà, o tutto sia facile, d’una entusiasmante o deludente facilità, non è stato risolto, a questa mia interrogazione etico-cosmica non è stata data risposta. Queste faccende, è inutile, bisogna saper sbrogliarsele da soli”.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!