Calvino gate, qualcuno l’ha definito così, scherzandoci su con un po’ di ironia e un filo di amarezza. Il gioco metatestuale delle citazioni, si sa, di norma fa sorridere, ma quando si tratta del grande frullatore dei mezzi di comunicazione di massa – e la televisione, in aggiunta al riverbero social, questo è ancora oggi -, può generare fastidio. Il fatto è che si parla di Italo Calvino, e se ne parla nel contesto del Festival di Sanremo.

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Potrebbe sembrare ovvio se mi stessi riferendo alla promozione turistica di Sanremo, di un volto della città meno noto e più letterario, che io stessa promuovevo su Turismoletterario (qui il mio articolo sulla Sanremo di Italo Calvino) proprio in occasione del Festival della canzone italiana di qualche anno fa. La verità è che, pur trovandosi il Teatro Ariston a pochi passi dalla dimora dei Calvino, Villa Meridiana, e pur riguardando questa storia la città “natale” di Italo Calvino (nato a Cuba a esser precisi, ma vissuto a Sanremo per i suoi primi vent’anni circa), il Calvino gate ha più a che fare con un meccanismo mediatico e di disinformazione che con un dato biografico-letterario.

Sabato 5 febbraio 2022, ultima serata del Festival più seguito degli ultimi decenni (13.380.000 spettatori e il 64,9% di share dice la Rai), ad affiancare Amadeus sul palco c’era Sabrina Ferilli la quale, come tutte le donne sul palco sera dopo sera, a un certo punto ha attaccato con il suo non-monologo. In quei pochi minuti di chiacchiere con il presentatore, seduta a ragionare sul perché proporre o no un monologo, la Ferilli – o meglio, i suoi autori – ha deciso di citare Italo Calvino a proposito della leggerezza. Per chi non lo sapesse: è la prima delle sue Lezioni americane.

La valanga di messaggi che mi è arrivata testimonia il mio piazzamento nel pantheon dei Calvino’s follower, oltre che l’affetto di tanti che, al solo sentire il nome dell’autore che più ho studiato, mi hanno scritto “ti ho pensata”. E dire che io, siccome lavoravo mentre guardavo il Festival, non mi ero nemmeno accorta della citazione della Ferilli perché non la ascoltavo, ed è stata mia mamma, lì a fianco, ad avvisarmi che era stato citato. Non ho dato troppa rilevanza alla cosa, se non che mi ha dato fastidio sapere in bocca a un’attrice-presentatrice, in mezzo a un monologo che nulla aveva a che fare con Le lezioni americane,  il nome di uno scrittore che poteva esser citato per ben altri motivi. Uno tra tutti, il legame con Sanremo, un piccolo pezzettino di identità di una cittadina rivierasca che sembra vivere di sole canzonette e fiori, fasti peraltro di un passato glorioso di cui oggi restano lacerti. Ma vabbè, Calvino è ormai un prezzemolino dello sfavillante mondo mediatico: sta bene su tutto, anche a sproposito, tanto “l’ha detto Calvino”. Ah, allora! Chissà cosa avrebbe pensato a proposito Giorgio Bertone, professore che, aprendo il convegno calviniano svoltosi a Sanremo nel 1986 (trovate l’intervento negli atti: Italo Calvino: la letteratura, la scienza, la città, Marietti, 1988) già lamentava – e Calvino era morto da un anno – l’impazzare e rimbalzare di studi e analisi sull’autore, spesso fuorvianti, spesso decontestualizzati.

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Una nota dissonante

Perché parlo di questo? Perché pochi giorni dopo la citazione in diretta festivaliera della Ferilli ho iniziato a intercettare qua e là spot di malumore e titoli che inneggiavano a una presunta fake news social legata proprio all’episodio. In breve, è accaduto che la Ferilli citasse Calvino, ovvero che fosse convinta di prendere a prestito le parole dello scrittore, ma quelle parole non sono affatto di Calvino, si tratta di una citazione apocrifa!

La riporto qui perché vi sarà nota: io stessa la vedo circolare in forma di post-grafico sui social, citazione a corredo di cose varie ecc da anni.

Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.

Ammetto, a mia discolpa, che non avevo mai riflettuto sul fatto che fosse una fake. Eppure quando ho letto di questi fatti e quando ne ho sentito parlare in radio da I calzini spaiati, influencer letteraria che, come me, è appassionata di classici e ama Calvino, sono balzata sulla sedia: ma come? Sono corsa a prendere le Lezioni americane, che si aprono proprio con la prima riflessione, quella dedicata alla leggerezza. Le pagine sono segnate a matita: ho ritrovato i rimandi alla figura del Perseo alato, che mi è servita per argomentare la scelta del punto di vista dall’alto, ho ritrovato Ovidio, Cavalcanti e Leopardi, e mi sono ricordata benissimo che quella citazione non l’avrei trovata.

Quando ho riportato gli occhi al testo, un testo che conosco fisicamente, per averlo letto e riletto, ci faccio caso: metto insieme i fatti e le parole e mi rendo conto, con grande stupore, che leggo questa citazione da anni sul web attribuendola senza verifica al suo autore, ma il testo delle Lezioni mi aveva già confermato molte volte, in passato, che di quella roba non c’era traccia.

Visto? È più facile del previsto farsi prendere per il naso da quel che leggiamo sul web. E allora credo sia bene parlarne, cercare di sviscerare un meccanismo di propagazione e diffusione che è il medesimo di una fake news, solo un po’ più innocuo. Capiamoci: la Ferilli non ha colpe, i suoi autori forse sì, se per colpa intendiamo l’aver abusato di uno scrittore che ormai è vessillo di solidità letteraria senza verificare, ma anche senza contestualizzare, proprio come sosteneva il professor Bertone nel 1986.

Questo è un primo segnale che mi spinge  a interrogarmi ancora – di nuovo, sempre! –  sui meccanismi di propagazione della disinformazione, argomento di cui mi ero occupata per cose apparentemente lontanissime da questa storia, come le fake news sulla xylella, ma anche i prodromi dei meccanismi mediatici che andavano agglomerandosi proprio di questi tempi, due anni fa, all’esordio della pandemia.

Sono stata a contatto con il mondo della ricerca e conosco il valore della citazione, faccio la giornalista e pratico quotidianamente la necessità di verifica delle fonti. Amo Calvino, e questo meccanismo non poteva che incuriosirmi e portarmi a scrivere qui qualche riflessione che, vedrete, arriverà anche a un simpatico lieto fine.

Altri metodi di conoscenza e di verifica

Nei momenti in cui il regno dell’umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e di verifica. Le immagini di leggerezza che io cerco non devono lasciarsi dissolvere come sogni dalla realtà del presente e del futuro

Questa è una citazione reale da Leggerezza, prima delle Lezioni americane: l’ho copiata dal libro che ho qui davanti, quello infarcito di post-it e sottolineato. Facendo qualche rapida ricerca sul Calvino gate esploso dopo Sanremo, ho scoperto che la faccenda delle citazioni apocrife di Calvino va avanti già da un pezzo. Il riferimento che ho trovato, senza impiegare molte ore nella ricerca, è tratto da un’intervista dell’estate 2021 alla figlia dell’autore, Giovanna Calvino. Al giornalista del Messaggero che, in una bella intervista  in occasione dell’allestimento alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, chiede «Qual è stato il lascito dell’opera di Calvino ai posteri?» la figlia risponde così: «Essendo mio padre scomparso da 35 anni, di generazioni future ne sono già passate alcune. Mi sembra lui sia scampato al destino di molti autori, la cui voce rimane come intrappolata nel proprio periodo storico».

Ed è vero: Calvino, quasi si realizzasse così quel che scriveva a proposito dei classici, non invecchia mai e può essere letto da ogni generazione senza perdere potere e visionarietà. Saranno i cambi di stile, la tendenza a nascondersi dietro soggetti sempre diversi, o meglio a prendere le distanze da ogni soggetto, un po’ come il signor Palomar, il cui desiderio era l’impossibile visione oggettiva, staccata da sé. Il giornalista del Messaggero chiede a Giovanna come sia possibile ciò: «Lui reinventava spesso il suo stile – risponde lei – aspirava a non essere riconosciuto da un libro all’altro, a sembrare non uno ma molteplici autori. In questo momento le sue citazioni più ripetute sui social media sono finte, non sono state scritte da lui».

Si riferiva forse, Giovanna, a un episodio social del 2018, quando a un tweet di Feltrinelli che utilizzava la citazione apocrifa rispose segnalando l’errore. Il thread è spassoso, se può definirsi tale, e accoglie sia apocalittici che fan di Calvino che rilanciano con altre citazioni autentiche. Ma come è finita questa citazione apocrifa lì in mezzo, nelle fauci del web? Chi l’ha lanciata? E soprattutto: perché ha potuto navigare così tanto, e diffondersi incontrollatamente, senza che nessuno si accorgesse che era una fake?

Rispondo con qualcosa di calviniano, esplicitamente usato fuori contesto: la citazione ha potuto viaggiare indisturbata grazie a leggerezza, rapidità, visibilità e molteplicità. Quattro su cinque lezioni americane, il che dimostra forse che, seppure per motivi che il povero Calvino non poteva nemmeno immaginare, queste parole racchiudono davvero universi sempreverdi, capaci di raccontarci il mondo attuale, e forse e sempre più quello futuro, ché il nostro presente era il futuro di Calvino.

Leggerezza: chi ha condiviso, per primo, la citazione attribuendola a Calvino? Non lo possiamo sapere, ma sicuramente è stata un’azione fatta con leggerezza, ovvero senza verificare, senza pensare alle conseguenze, probabilmente senza immaginare che il tritacarne del web, che tutto mastica e offre, amplificato, l’avrebbe trasformata in una citazione prezzemolina valida per quattro stagioni. La rapidità con cui questo meccanismo si è sviluppato è probabilmente anche, in buona parte, dovuta al portato emotivo di questa citazione. È un invito, si rivolge direttamente la lettore e evoca una disposizione positiva che valorizziamo con il segno più: la profondità (“leggerezza non è superficialità”), il cuore, il sentimento e l’emozione, al centro.

Sono stati i social a garantire visibilità a questo fenomeno: la frase, ormai sganciata dalla fonte primaria, ha iniziato a navigare, si è moltiplicata esponenzialmente, da uno a due e poi a quattro (esattamente come un virus, se ci state pensando è così), funzionava, abbinata a grafiche accattivanti, a post emotivi, a fotografie e contenuti la cui funzione non avrebbe avuto in ogni caso nulla a che fare con la lezione sulla leggerezza. Ed è qui che interviene una sorta di molteplicità: non certo quella calvinana, ma una molteplicità di interpretazioni di un elemento testuale ormai, lo abbiamo visto, totalmente autonomo rispetto alla fonte (fonte sbagliata, per giunta). Interpretazioni da cui sono partire altre e poi altre inferenze, dando vita a una foresta di percorsi che nulla avevano più a che fare con Calvino.

Di questo aspetto, ribadisco, mi dà fastidio l’uso a sproposito delle parole dello scrittore, che va a consolidare quell’orizzontalità di comunicazione così funzionale alla superficialità dei social, a scapito di un’immersione, quella sì, verticale, nel testo originale e nel suo contesto. In questo caso avrebbe permesso non solo di scoprire che la citazione era una fake, ma avrebbe garantito un approccio non dico critico – non si chiede a tutti di essere letterati! – ma solo più consapevole a un testo che, per la sua storia, per il suo portato tematico e per quel che è accaduto dopo nel mondo, rappresenta una parola cristallina in grado di illuminare menti e idee stanche.

Al di là del mio parere del tutto personale, quel che mi preme evidenziare è che la propagazione della citazione sbagliata viaggia sulle stesse dinamiche delle fake news: svincolata da una verifica, sganciata dal reale, cavalca incontrollata su media che ne sostengono la rotta, replicandola all’infinito. Prendiamo un esempio banalissimo: la serata festivaliera ha avuto uno share altissimo, da anni ormai assistiamo al fenomeno Sanremo tale per cui tutto il – o buona parte del –sistema mediatico è concentrato lì. E allora tv, emittenti radio, giornali, e social riprendono le notizie, le immagini, le clip, in un flusso gigantesco e spesso indiscriminato che amplifica, come un set di megafoni sordi che ha il solo scopo di riproporre, diffondere, far viaggiare informazioni su canali sempre più numerosi.

E così la Ferilli, con la sua citazione involontariamente falsa, è stata ripresa da giornali, social e via dicendo. Visto? La fake news ha fatto chilometri, da quel palco agli occhi e alla testa di tantissimi altri. Pensiamo a tutti i fenomeni, molto più pericolosi di questo, cui assistiamo da due anni a questa parte. Sono meccanismi che già erano abbondantemente oliati prima, acuiti dall’emergenza, irrobustiti ai margini di una complessità che, per sua definizione, non si fa impacchettare nei binari della linearità. La molteplicità è una faccenda complicata, nelle Lezioni americane si parla anche di questo.

Chi ha lanciato la citazione fake?

Se volessi scegliere un simbolo augurale per l’affacciarsi al nuovo millennio, sceglierei questo: l’agile salto improvviso del poeta-filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostrando che la sua gravità contiene il segreto della leggerezza, mentre quella che molti credono essere la vitalità dei tempi, rumorosa, aggressiva, scalpitante e rombante, appartiene al regno della morte, come un cimitero d’automobili arrugginite

La vitalità dei tempi, quella che Calvino definisce negli anni Ottanta rumorosa, aggressiva, scalpitante e rombante sembra a noi abitanti degli Venti del nuovo millennio un’immagine perfetta per descrivere le bacheche e schermate del mondo social. Beninteso che l’immagine più forte, qui intorno, per me resta quella del cimitero di automobili arrugginite: è limpida, parlante. Stare vigili, attenti, accettare la molteplicità e districarsi in un mondo aggrovigliato e complesso è necessario per non farsi ingannare. Perché passi una citazione falsa – aspetto che mantiene comunque un suo alone di fastidiosità – ma quando si tratta di fake news occorre realmente andare a prendere il libro – la fonte prima e vera – e sfogliarlo fino a non accorgersi che quelle parole là non ci sono e mai sono state scritte.

L’aspetto divertente del Calvino gate, in mezzo a questo rumore mediatico che sembra incontrollato, è che qualcuno è riuscito a tenere traccia del viaggio della citazione sbagliata. O meglio: qualcuno conosce la fonte. La fonte sbagliata, che in realtà, come la maggior parte dei fraintendimenti online, non era nata per essere tale ma come libera scrittura su un certo argomento. Ne racconta la rivista Query, emanazione del Cicap e dunque fonte affidabile, in un articolo che riassume la storia della “citazione citata” e le distorsioni nel meccanismo di replica mediatica.

Un po’ come il telefono senza fili di quando si era bambini: si parte dicendo una cosa, quello dopo se ne perde un pezzo o capisce Roma per toma, e così avanti per x passaggi, alla fine dei quali il messaggio iniziale è cambiato in qualcosa che nemmeno gli somiglia. È così che si generano le fake news, aggrappandosi a e nutrendosi di meccanismi narrativi che valorizzano storie di complotti, misteri e segreti, e che di solito colpiscono dritte al cuore di opposizioni binarie. Curioso: la dicotomia era anche una modalità consona a Calvino, che tante volte l’ha utilizzata per meglio esprimere concetti. Lo fa anche con la leggerezza, proprio nell’apertura della sua lezione: le oppone la pesantezza, e dichiara di avere più cose da dire proprio sulla leggerezza. Che è un po’ quello che ho tentato di fare io oggi qui: non una sbrodolata sulle fake news, tema sul quale la bibliografia abbonda, così come quella legata ai media (per iniziare, qualcosa di utile si trova in questi manuali di comunicazione), ma un volo su un fenomeno pop, leggero per definizione, eppure molto significativo. La stortura della Ferilli è un po’, vuoi perché andata in onda in diretta sul canale più seguito del mese di febbraio, vuoi perché intrecciata allo scrittore del Novecento italiano più noto al mondo, un esempio dei fenomeni mediatici spesso sottili e invisibili, altre volte massicci e violenti, dentro i quali sprofondiamo ormai quotidianamente.

Però, come scriveva Calvino (cito sempre dal libro cartaceo che ho sotto gli occhi),

la leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso.

E dunque, sia questo mio sparlo un invito non solo alla lettura o rilettura di Italo Calvino, ma all’attenzione al testo, qualsiasi testo, in qualsiasi forma e occasione: alla precisione e alla determinazione con cui usiamo la lingua per dire cose. Ci avete mai riflettuto a fondo, stupendovi? È lo strumento più potente che abbiamo.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!