Difficoltà, contraintes, schermi e intercapedini, gusci di conchiglia. Un repertorio vago e astratto, ma solo se letto senza l’indizio fondamentale. Sono infatti tutte “cose” di Calvino, che a unirle a penna come nel gioco della Settimana enigmistica forse uscirebbe proprio il suo profilo. Il repertorio è l’esito di un viaggio, l’ho da poco finito e mi ha portato lungo oltre 700 pagine che, senza filtri, definisco meravigliose fin dal titolo di questo scritto. Sono quelle di Calvino fa la conchiglia. La costruzione di uno scrittore, immenso libro che Domenico Scarpa ha pubblicato per Hoepli.

Fin dalle prime pagine, le note dell’autore per introdurre e istruire alla lettura di quello che è un oggetto-congegno complesso, ho avuto la sensazione che questo fosse un libro totale.
Un libro, cioè, che con la pazienza di anni di studio e la passione di uno sguardo critico che vuole comunicare ad altri le sue scoperte e il suo lavoro, è capace di raccontare la varietà di facce e approcci e temi e contraddizioni dello scrittore. Se vogliamo usare una sua parola, possiamo dire che dentro Calvino fa la conchiglia trova agile spazio la molteplicità dello scrittore.

Giochi di comunicazione

Parlare di questa varietà implica un dinamismo, un gioco (nel senso etimologico: spazio di movimento) e una tensione. Domenico Scarpa si è preso tempo, idee e pagine per dare struttura a questa linea di tensione. Come ho recentemente appreso da lui stesso, l’intento di questo poderoso volume era proprio mettere insieme biografia di Calvino, nel suo percorso cronologico, ma anche sviluppo e approfondimento di linee tematiche, rovelli, contraddizioni costanti che hanno contrassegnato tutta la produzione dello scrittore. Per questo il libro di Scarpa è un meraviglioso esempio di critica letteraria fresca, appagante, che non ha niente a che fare con gli accademismi.

Parlo di produzione calviniana, con questo termine abbastanza tecnico, perché nelle pagine di Scarpa si incontrano i libri di Calvino, certo, ma anche una miriade di apologhi, saggi, articoli di giornale che servono per arredare la storia. Perché questo libro è avvincente e appassionante come la storia che racconta: quella di un intellettuale (Calvino odiava questa parola, mi perdonerà) che nella vita ha avuto il grande dono della scrittura, e l’ha piegato alla comunicazione in senso totale. Il lavoro redazione all’Einaudi ha segnato questa capacità, ma anche quello giornalistico non è stato da meno. È forse da questi ambienti che Calvino ha attinto una consapevolezza sempre attiva, amplissima, sul proprio modo di presentarsi e raccontarsi.

Un comunicatore nato, penna cangiante, mago dei mascheramenti: chi era davvero Italo Calvino, e quale filo possiamo intercettare nella sua vastissima opera caratterizzata quasi sempre da testi super controllati, rigorosamente costruiti, strutturati tra disciplina e controllo, fuoriuscita dal self e gioco à contrainte, vincolato proprio per essere maggiormente agile? Domenico Scarpa si è interrogato per centinaia di pagine su questo percorso più o meno sommerso che ha intrecciato tutta la vita e la scrittura di Calvino, e il suo racconto è da un lato profondissimo, curato con perizia fin nei minimi particolari attraverso fonti minime e letture preziose, dall’altro godibile come un romanzo. Perché è la storia della costruzione di colui che conosciamo come Italo Calvino, lo scrittore più amato del Novecento italiano, un percorso fatto di tappe progressive, di progetti scavati a fondo, di specchi, prismi, giochi semiotici e rapporto costantemente interrogativo con l’io, entità sfuggente fatta di occhi, di mente. Questo di Domenico Scarpa, per me, è stato un viaggio: ho messo a fuoco tasselli della storia calviniana che non erano così ben arrotondati, ho riletto con nuovi occhi testi che conoscevo, anche bene.

La storia di un guscio e di un’intercapedine

La teoria che costruisce Domenico Scarpa (è un libro di grandi costruzioni, questo, è forse il motivo per cui è avvincente nonostante il poderoso numero di pagine e la vastità degli apparati paratestuali!) ha qualcosa di estremamente affascinante. Secondo il critico, infatti, Calvino avrebbe fin da prestissimo ingaggiato una sfida con la propria scrittura e con il proprio io. Una sfida per il nascondimento: togliere l’io, mettersi al riparo dietro la barricata della distanza. Eppure, esserci, presente e con grandi occhi con cui guardare il mondo da un passo più in là. Questa è l’intercapedine che, con una destrezza da investigatore, Scarpa ha rintracciato in un’intervista dei primissimi anni einaudiani e, per contro, della quale ha individuato la sparizione da una serie di prime stesure di racconti.

Il mondo di Calvino è affrescato a contraddizioni e poli opposti dal cui dialogo e a volte scontro si accende la carica che ha dato origine allo scrittore. E dunque per contrasto a questo schermo difensivo dietro cui fanno capolino tutti gli io non detti e i tanti alter-ego nascosti nei personaggi di racconti e romanzi, c’è qualcosa di evidente e costruito. C’è un guscio di conchiglia. Al di là della metafora che, personalmente, mi riporta ai racconti “di mare” di Ultimo viene il corvo, e mi vedo in testa Sanremo e il suo porto vecchio, so che siamo dentro al mondo cosmicomico. “La spirale” è il racconto delle Cosmicomiche più riuscito secondo Calvino, e Scarpa ne coglie la centralità nell’intera opera dello scrittore. Si colloca nel 1965, a metà esatta tra gli esordi sulla carta stampata del ’45 e la morte dell’85. Un testo che nelle cangianti voci e sembianze di Qfwfq rivela una consapevolezza estrema di sé e del mondo circostante.

L’operazione di Scarpa non è solo quella di entrare nel testo e mostrarci come sia forse il più biografico dei racconti di Calvino (Calvino, lo ricordo, in tante interviste ha sempre lasciato intendere di detestare l’autobiografia, eppure se guardiamo bene ai suoi testi scopriamo che per tutta la vita non ha fatto che parlare di sé. Ah, le contraddizioni calviniane!), ma di accompagnarci lungo tutto il libro al disvelamento di questo guscio protettivo. Come ci è arrivato Calvino, come ha fatto, letteralmente, questa conchiglia intorno alla quale ci interroghiamo, affascinati, ancora oggi? Conchiglie e intercapedini, intrecciate, in una cura puntigliosa per la propria immagine disegnata nella scrittura, una scrittura che è sempre stata estremamente consapevole e misurata. Scarpa ce lo dimostra, illustrando con dovizia di particolari il lavoro raffinatissimo e pressoché continuo di ripulitura e riallestimento che ha coinvolto Calvino e la sua produzione scritta lungo tutta la vita. Un “farsi” senza fine, costruendo un guscio per nascondersi, e tuttavia dirsi. Un nastro di Möbius, mi viene da pensare.

Un libro “calviniano”

Mi perdonerà Domenico Scarpa se azzardo questa ipotesi: a me “Calvino fa la conchiglia” è sembrato per molti versi un libro calviniano. Uso l’aggettivo nel senso di “costruito razionalmente, con una struttura dietro”. Prima di tutto c’è la storia della conchiglia, che è al centro del percorso di questo libro ma anche della vita dello scrittore Calvino, e questo itinerario tiene con coerenza perfetta, intrecciandosi, come dicevo, all’altro itinerario, quello dei nascondimenti nell’intercapedine. Le antinomie sono del resto una caratteristica da inseguire lungo tutto Calvino: nascondersi e rivelarsi, così come l’aprico e l’opaco. Questa storia, come dicevo, è raccontata con una lingua sempre molto aperta, chiara, coesa (ci sono, per esempio, tantissimi rimandi, mani che accompagnano il lettore nei ragionamenti di ampio respiro, per es. “ricordiamoci questo punto, perché tornerà”, oppure “scopriremo questa cosa, ma adesso occorre ancora aggiungere dettagli”), una lingua che non respinge ma accoglie. E per un saggio dagli orizzonti così vasti e dalle profondità così importanti, io la trovo una caratteristica eccezionale. Un invito a partire per un viaggio con una guida che ha desiderio di condividerlo. La passione, si sa, è un motore straordinario.

Un’altra caratterista del libro è la cura redazionale: anche questo aspetto rende la lettura davvero molto agile. Una ricerca del genere ha chiaramente bisogno di una rete di rimandi e fonti estesissima. Come predisporla in 700 pagine che, già di loro, sono “ingombranti”? La scelta di Hoepli e dell’autore è stata quella di “normalizzare” le citazioni e le conseguenti note. Ovvero: il testo si legge tutto di filato, senza numerini né note né partentesi. Al fondo, una sistematica e incredibile appendice riporta tutte le citazioni con numero di pagina, riferimenti bibliografici ed eventuali note sulle riedizioni. È un sistema di una pulizia incredibile, ed è efficacissimo. Immagino il lavoro immenso che c’è dietro (già su 300 pagine di tesi una cosa del genere sarebbe complessa) e apprezzo la volontà di presentare ai lettori un libro così ambizioso rendendolo leggibile. Significa agevolare l’approccio, avvicinare davvero alla conoscenza di Calvino, senza perdere in rigore scientifico, anzi.  

Considerata la vastità del lavoro – una ricerca di anni e anni – e le chicche ritrovate dalle ricerche di Scarpa, come articoli e citazioni da varie fonti, anche la bibliografia di questo volume è uno strumento di grandissima utilità, e va a completare, o almeno ci prova (e ci riesce, dico io, che frequento le bibliografie su Calvino da una decina di anni, pur senza scendere nelle perizie più microscopiche) quella di Luca Baranelli. Confesso che tutto questo parlare critico di Calvino a volte mi proietta in realtà testuali labirintiche, ma per un ricercatore strumenti del genere sono autostrade del sapere. Non ultimi, gli inserti iconografici che intervallano il libro: sì, ci sono anche quelli, a colori. Riportano articoli non solo interessanti, sui quali Scarpa concentra le analisi, ma anche “belli da vedere” per impaginazione, forma, perché sono testimonianze d’epoca. E poi ci sono le copertine di diversi libri, calviniani e non solo, che corredano la grande storia di scritture e letture, il mega-mondo dell’intertesto di Calvino che i libri li scriveva, li leggeva, e li curava per Einaudi. Calvino viveva dentro una grande metaforica (e anche un po’ reale) biblioteca: il viaggio con Domenico Scarpa lo tiene ben presente, e lo ricorda spesso, perché senza aver chiaro questo aspetto molto ci perderemmo di questo itinerario. Sarebbe come procedere senza mappa.  

Sullo sfondo, il paesaggio

Calvino fa la conchiglia parte con una storia che sembra non c’entrare nulla con Calvino. Scarpa usa spesso questa tecnica che a me ricorda – neanche a dirlo – il movimento di una spirale: partire da lontano e via via, progressivamente, raccogliere materiale per scavare nel centro esatto del ragionamento. Lo trovo un metodo che, prima di tutto, permette di chiarire il contesto e allestire un mondo, e che, seconda constatazione, ha in sé un grande fascino capace di incollare il lettore alla pagina. Insomma che nella prima pagina del libro si legge di Pirandello e del suo incarico di direzione del Teatro Stabile del Casinò di Sanremo. Nel 1933 Pirandello diresse proprio al Teatro del Casinò Quando si è qualcuno. Sono storie in parte note (sono ottimista?) per chi vive in Riviera dei fiori e conosce Sanremo. Ma, per esempio, non mi ero mai soffermata sul testo di Quando si è qualcuno, cosa che Scarpa invece fa, aprendo alla doppia suggestione di immaginare il piccolo Calvino ragazzino vivere nella stessa cittadina di provincia dove soggiornava Pirandello (ma ci pensiamo? Tutto questo a una manciata di chilometri da casa mia, posto del quale lamentiamo sempre la staticità culturale, e tutto questo in conseguenza della storia turistica di Sanremo) e di ammiccare ai futuri giochi di nascondimento intrecciati all’io che farà, a suo modo, lo stesso Calvino.

Affascinata da questo incipit, ho scoperto che “la conchiglia” avrebbe avuto nel suo guscio alcuni intarsi dedicati al paesaggio ligure, ritenuto anche da Scarpa un dato tanto centrale da meritare una posizione a sé. Si intitolano “Dall’alto degli anni” i capitoli che ritornano a raccontare del rapporto sempre contrastato e cangiante di Italo con casa sua. Si possono leggere consecutivamente, oppure ci si può approdare tra una tappa e l’altra del viaggio, per avere coscienza più approfondita di cosa accade nel mezzo, di come procede la costruzione della conchiglia. Una conchiglia che, come dicevo, guarda sempre al mare di Liguria. Per chi sia pratico di testi autobiograficamente espliciti di Calvino, “Dall’alto degli anni” è immediatamente La strada di San Giovanni, è la posizione rialzata di Villa Meridiana, il beodo, è Dall’opaco e Pin che corre nei carruggi scuri e umidi della Pigna dove ogni tanto la “spada” del sole apre squarci di Mediterraneo. È stato emozionante trovare “casa mia” in questi capitoli: il mondo da cui Calvino arrivava è lì, squadernato con la perizia di qualcuno che, non conoscendolo, l’ha studiato fino ad arrivare a sapere della cattedra ambulante di agronomia di Mario Calvino, indetta dal comune di Porto Maurizio (Imperia nascerà solo nel 1923, è centenaria insieme a Italo Calvino) , di Libereso, giardiniere della Stazione Sperimentale, e di tanti piccoli dettagli “locali” che oggi risuonano nell’inchiostro di Calvino come suoi, e quindi di tutti, di tutto il mondo.

Lo avrei tanto apprezzato mentre scrivevo la tesi, questo libro di Domenico Scarpa. Forse, avendolo come guida tra le tante biografie e analisi, avrei avuto l’impressione di trovarmi davanti a un autore che per una vita intera ha giocato con quello sfizio che mi aveva colpita così tanto: chi è l’io che vede e che parla? E come si destreggia nella grande contraddizione aprico-opaco da cui, dice, conforma la propria idea di mondo nello spazio reale della percezione e nel ragionamento? Forse la tesi sarebbe stata diversa? Ci tornerò sopra: mi ha invitata a farlo Domenico Scarpa, e un consiglio lanciato così, col sorriso che accomuna due appassionati, non può che essere inseguito al galoppo, un po’ come una Bradamante che gioca coi fili di inchiostro.

Qui ho raccolto tutti gli articoli in cui parlo di pagine dedicate a Italo Calvino

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!