Conoscevo Serenella Iovino perché, facendo ricerca per la tesi di dottorato, avevo già incontrato qualche suo scritto su Calvino, e conoscevo Italo Calvino’s Animals, testo da cui ha avuto origine Gli animali di Calvino pubblicato in questo 2023 da Treccani e da me prontamente acquistato al Salone del libro, con tanto di dedica dell’autrice. Autrice alla quale ho spiegato che un intero capitolo della mia tesi sulla spazialità in Calvino era dedicato agli uccelli. La questione dello sguardo dall’alto, il terrazzo di Palomar, gli storni, il Barone… Insomma, ora che il libro l’ho letto (e apprezzato tantissimo, spoiler nel primo paragrafo) posso confermare che se io questa tesi l’avessi avuta da scrivere nel 2023 probabilmente mi sarei addottorata con due anni di ritardo per recuperare tutto quello che sarebbe uscito su Calvino, tra cui questo testo di Serenella Iovino. Però sarebbe stata una tesi diversa: più ricca, densa di nuovi spunti e riflessioni tra cui anche quelle sull’approccio di Calvino allo sguardo – e al mondo – animale.

Perché? Perché dentro Gli aninali di Calvino si parte dai testi dell’autore e si arriva a parlare di linguaggi, di sistemi di comunicazione, quindi di semiotiche, ma anche di ecologia e Antropocene. E se le seconde due tematiche meriterebbero, connesse a Calvino, svariate tesi, a me sarebbe bastata la prima per approfondire un’attitudine che avevo già individuato, quella cioè di Calvino di mettersi dalla parte del punto di vista degli animali. Nel mio caso lo sguardo da uccello giustificata una metaforica posizione dello sguardo, che tuttavia rimandava a una certa familiarità con i mondi naturali. Quello che fa Serenella Iovino nel suo libro è invece aprire un campo tutto da scoprire e indagare. Lo fa selezionando alcuni testi più o meno noti, e sviluppando con un’argomentazione cristallina le sue tesi. Il tutto infarcito di note e rimandi bibliografici che, mi sento di dire, sono la ricchezza aggiunta di questo testo. Perché per i letterati che approcciassero questa lettura serve un po’ di bibliografia scientifica, servono notazioni e precisazioni, e in questo testo tutto l’apparato paratestuale non perde un colpo, anzi, si distingue per efficacia. Concludo questa introduzione con una nota del tutto aleatoria e fuori tema rispetto a Calvino: per i casi fortuiti che solo nei libri e tra i libri accadono, la stolta me non aveva credo mai sentito nominare Rachel Carson finché ne ha letto, appassionandosi, in L’uomo con lo scandaglio. La lettura di Gli animali di Calvino è avvenuta una settimana dopo, e non doveva essere legata, non doveva c’entrare niente con quel saggio narrativo: e invece ci ho ritrovato dentro Rachel Carson. La bellezza dei libri, dicevamo. E di imparare sempre, costantemente.

Un modo di vedere la realtà

Serenella Iovino non è affatto nuova a riflessioni dedicate al tema generale dell’ambiente, all’ecocritica e all’Antropocene. La curiosità di questo libro, e il suo valore aggiunto, è la capacità di far parlare Calvino di cose attualissime e metterne in luce la clamorosa potenza visionaria: Calvino aveva già capito, Calvino sapeva. Se solo lo avessimo ascoltato! Ma come arriva Iovino a parlare di tutto ciò? Partendo dallo sguardo, quel particolare sguardo che Calvino ha sempre dimostrato di avere su tutto ciò che era fuori dal self, fuori da sé (odiava la biografia, come è noto): la società (il suo impegno politico lo dimostra), ma anche la natura, gli altri animali. “C’è un’unica tensione di fantasia nella sua scrittura” ci dice la studiosa.

È una postura un po’ più larga quella assunta da questo testo, una postura da cui considerare l’atteggiamento di Calvino verso gli animali e l’ambiente e da cui rileggere alcuni racconti così da sviscerare un percorso, una linea di pensiero capace di raccontarci cose sul mondo di oggi, sul “ground zero” dell’Antropocene che pare essere databile proprio ai tempi in cui Calvino iniziava a scrivere. Mi è piaciuto questo approccio: allarga la complessità e la abbraccia, affiancando alla critica letteraria anche strumenti di altre discipline che si occupano di animali e ambiente. Ed è per questo che leggendo questo saggio non solo scopriremo un Calvino forse nuovo, forse solo più acuto, visionario, ma scopriremo anche moltissime cose sul mondo animale.

Per questo è un libro utile: perché è attuale. E riuscire nell’impresa di attualizzare senza banalizzare Calvino nel calderone delle uscite editoriali del centenario è impresa non da tutti. Iovino ci porta là, in quella posizione dello sguardo di Calvino che gli ha permesso di anticipare, vedendole in mezzo alla miopia assoluta di altri, molte cose che oggi sono temi scottanti. Non credo di aver letto, finora, un saggio così nuovo, così attuale e insieme rigoroso: un modo di guardare alla critica letteraria nuovo, anche lui, come il modo di guardare al mondo di Calvino si era rivelato fin dagli inizi. Diverso dagli altri, per questo unico, per questo utile ancora oggi, a cento anni dalla nascita di uno scrittore che viveva i prodromi di un futuro diventato il nostro presente.

Ho già detto della comparsa in questo testo di discipline varie, con tanti rimandi, tra cui anche comparse della semiotica riferita al mondo degli animali, ai loro sistemi di comunicazione. Perché di animali si parla senza alcun dubbio: compaiono nella grafica, fresca come l’approccio del libro, e a loro è dedicato ogni capitolo, organizzato in modo tale da coinvolgere una specie singola per volta. Formiche, gatti, conigli, galline, gorilla. I primi due capitoli sono discorsi dedicati a temi specifici, cioè l’invasione di specie alloctone, quali la formica argentina – omonimo titolo di racconto ma pericolo reale e storicamente documentato in Riviera dei fiori – e lo spazio urbano in relazione alle sue comunità. Questo secondo discorso parte da un racconto che ho riscoperto meraviglioso: “Il giardino dei gatti ostinati”, in Marcovaldo. Leggendo le riflessioni di Iovino mi sono accorta che le posture di Marcovaldo, i pensieri, ciò che attraverso la creatività Calvino mette in scena del racconto a me era già arrivato, eccome. Era successo alle elementari.

Marcovaldo tra le serre e le foglie d’autunno (parentesi personale)

Qui apro una parentesi sulla fortuna e la bravura di certi insegnanti, sulla loro visionarietà. La maestra Giovanna non è solo colei che mi ha fatto capire che mi piaceva scrivere e leggere, è anche colei che mi ha fatto scoprire Marcovaldo, perché lo usavamo come testo a scuola (sulla fortuna del Calvino “scolastico” con Marcovaldo e il Barone, rimando a Calvino fa la conchiglia di Domenico Scarpa). Sulle pagine della vecchia edizione Mondadori ho imparato cos’è un incipit e come si struttura un racconto: ci sono ancora i segni a pastello blu. Trent’anni dopo aver letto dei gatti che abitano una città segreta dentro la città, mi sono accorta oggi di sapere ricollegare a questo racconto la parte più sommersa ed emotiva del discorso critico-scientifico di Iovino sul sentire di Marcovaldo, sullo spazio di ribellione, il rifugio e la prigione, la città come spazio ambiguo grazie alla lettura alle elementari.

Questo accade non perché sia un genio io, ma solo perché incontrare questa storia che ha più piani di lettura interlacciati, da quello più semplice ai significati tematici profondi, nell’età in cui mancano tutte le sovrastrutture successive, quindi nell’infanzia, mi ha permesso di vedere tutto, senza malizie. La maestra Giovanna ci portava le foglie autunnali in classe invitandoci ad andarle a cercare, di forme diverse e colori, e ci parlava delle serre che avevano ricoperto imbruttendola tutta la nostra Riviera. E io nemmeno sapevo, all’epoca, la storia della floricoltura in questi luoghi di Liguria, non sapevo di Mario Calvino, della coltivazione intensiva dei garofani, della terra già difficile di una regione arsa dai fitofarmaci, davvero ignoravo come l’Antropocene stesse già avanzando e mangiandosi ciò che aveva fatto bella e preziosa casa mia.

Ma della maestra mi fidavo, e la maestra leggeva Marcolvado e parteggiava per lui, cercatore di natura e cose piccole e semplici, e quindi io credevo a lei e alle parole di Calvino, e imparavo uno sguardo, un modo di guardare ai testi, e al mondo. Mentre leggevo il saggio di Iovino mi ha sorpreso, folgorandomi, questo pensiero: l’importanza abissale delle letture nella prima infanzia. È da quando ho 7 anni che Calvino mi parla di casa mia e dei pericoli che il mondo naturale, che qui è preponderante più che in città, subisce a causa dell’uomo. Non mi sento di escludere che la coscienza ambientale che ho sviluppato fin dalla tenera età sia anche conseguenza del modo di guardare di Calvino, di Marcovaldo e della maestra Giovanna. Di questo li ringrazio.

Una guida alla biosfera

“Non è un bestiario calviniano. È una guida alla biosfera del nostro presente geologico” scrive a un certo punto l’autrice a proposito dei capitoli di Gli animali di Calvino. I capitoli dal terzo al quinti sono uniti da una piccola parentesi a ‘mo di interludio che Iovino utilizza per spiegare cosa intende per “la vita altra”. Gli animali cui dà spazio dopo infatti rappresentano tutti modalità attraverso cui Calvino, giocando sempre con la creatività e la narrazione, si pone in relazione a quelle che sente come alterità da rispettare. Le scelte dei testi analizzati si ricollegano a spazi specifici che rappresentano zone oscure dove l’alterità animale è confinata. Incontriamo dunque un coniglio in laboratorio (sempre Marcovaldo), una gallina in fabbrica (un racconto che non conoscevo, La gallina di reparto, inserito nei racconti del 1958) e infine il nostro signor Palomar in visita allo zoo di Barcellona dove incontra un gorilla albino, Fiocco di neve (episodio peraltro ripreso anche da una soluzione narrativa recente dedicata a Palomar).

Dai racconti Iovino parte per svariati discorsi che ruotano tutti intorno al perno dell’Antropocene: l’epoca della prevaricazione del nostro punto di vista (punto di vista peraltro miope, visto che ci stiamo ammazzando da soli, aggiungo poco elegantemente) a discapito di interi mondi “altri”. Che non significa solo non prestare attenzione alle condizioni di altri viventi, ma non lasciare loro spazio né possibilità per esprimere la propria natura altra, atteggiamento che invece Calvino, attraverso i suoi personaggi, ha. Questo il riassunto all’osso di pagine dense di riferimenti e teorie che aprono ogni volta porte e corridoi con altre porte: partendo da Gli aninali di Calvino i saperi si moltiplicano.

Del resto la complessità era la cifra e la sfida insieme verso la quale Calvino era proteso: dentro al testo di Iovino c’è tutta la complessità insita nella fase che chiamiamo Antropocene. Ci sono le teorie su che cos’è, quando nascerebbe, e perché lo definiamo così. C’è tanta geologia, ma c’è anche moltissima politica: perché se si tratta di considerare “gli altri”, si tratta di fare politica, e Calvino come abbiamo detto ne era decisamente consapevole. Insomma, occorre uno sguardo ampio per accogliere questo testo, che è molto coinvolgente perché, lo ripeto, parlando di Calvino ci parla di noi, oggi. Lo scacco è così evidente che colpisce, è come se tirasse un pizzicotto. Le tante discipline coinvolte apportano mattoncini di un sapere variegato, tutte insieme suggeriscono ed evidenziano fenomeni, idee che li hanno creati o accompagnati. Iovino ci fa capire come Calvino, molto prima di noi, usasse la letteratura come chiave di lettura per questa complessità che si stava agglomerando a velocità sempre maggiore. Con Marcovaldo, con Palomar e tanti altri gettava l’amo per interrogativi sull’estinzione, sull’etica animale, sul paesaggio. E solo dall’interrogativo, si sa, può nascere l’ipotesi di un nuovo sguardo. Quello che seminò in me la maestra Giovanna, quelli – i tanti – che Serenella Iovino ricompone con questo intelligente saggio che interpreta Calvino in chiave direi quotidiana, talmente è fresco, nuovo, e utile.

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Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!