Agosto, tempo di vacanze. Se non altro per la maggior parte delle persone (scrivente esclusa, ça va sans dire). Ma cosa sono, in fondo le vacanze? Un periodo di stacco da tutto, come dice Treccani s. f. [dal lat. vacantia, neutro pl. sostantivato di vacans -antis, part. pres. di vacare (v. vacare), attrav. il fr. vacance]. – 1. Il fatto, la condizione di essere o di rimanere vacante; 2. Intermissione, temporanea cessazione di un’attività. In partic.: a. Intervallo di riposo, di uno o più giorni.

Insomma, un periodo che associamo di norma al viaggio che ci porta lontano dalla routine, in posti che ci fanno bene all’anima perché ci permettono di scoprire cose nuove, ma soprattutto, se sono vacanze estive, ci consentono di rilassarci. Mare, montagna, non importa dove si orienta il soggiorno ma, appunto, si tratta di un periodo diverso dal solito, in un altrove pronto, salvo vacanze avventurose on the road, ad accoglierci.

In un recente post di Factanza c’è una riflessione che trovo molto interessante sul valore culturale dell’idea di vacanza. Perché siamo bombardati quotidianamente, ogni estate, da immagini e racconti di gente in vacanza, il che fa sentire a posto quelli che ci si trovano, che anzi si devono dare da fare per comunicare dove sono e come vivono questo periodo, ma fa sentire malissimo quelli che non sono in vacanza per mille motivi diversi, dalla disponibilità economica al lavoro, dalla situazione familiare al semplice averne o meno voglia. Le vacanze come ce le racconta il mondo digitale, e prima di lui paginate e paginate di giornali e rotocalchi, sono un costrutto culturale: non esistevano prima di fine Ottocento, ma soprattutto prima del loro trasformarsi in un fenomeno di massa con il boom economico del dopoguerra.

Factanza ricorda che solo nel 1948 la Costituzione italiana sancì il “diritto irrinunciabile di tutti i lavoratori a delle ferie annuali e retribuite”. E prosegue il post “da allora, le vacanze sono diventate un diritto, ma a volte si ha l’impressione che siano considerate anche un dovere: sembra infatti che decidere di rimanere a casa propria d’estate sia diventato motivo di vergogna o imbarazzo”. Vacanze dunque come dovere sociale? Sì, più o meno da sempre, almeno per i ceti sociali che già a fine Ottocento si potevano permettere esperienze del genere. Esperienze che erano molto diverse dall’idea odierna di vacanza, ma che hanno lasciato tantissimi segni in luoghi e geografie, in modi di fare e pensare alle “cose da vacanza”, in abbigliamento, persino.

Come nasce la vacanza

Nell’ultima puntata del programma Noos della stagione estiva 2023, il professor Alessandro Barbero prendeva in esame due dipinti: La spiaggia di Trouville, di Monet, datato 1870, e Bagnanti ad Asnières di Seurat, del 1884. Mentre il primo ci mostra una dama finemente vestita che si protegge con un ombrellino in spiaggia, uno dei primi stabilimenti balneari del nord della Francia che faranno la fortuna delle coste della Normandia (ne parlavo anche nel capitolo dedicato a Monet di questo libro!), il secondo ci porta insieme a dei bagnanti che si immergono nella Senna, periferia di Parigi e stabilimenti industriali in sottofondo. Perché la vacanza, come la intendiamo oggi, cioè le ferie e lo stacco dal lavoro, nasce proprio in concomitanza con il “rapimento” del nostro tempo libero da parte del sistema capitalistico, e dunque con lo sviluppo della fabbrica.

Ma non è una vacanza uguale per tutti e non per tutti si parla dello stesso tipo di svago, soggiorno ed esperienza. Se da un lato abbiamo infatti i poveri operai che nel tempo libero sfruttano la frescura del fiume in una torrida estate per bagnarsi e rinfrescarsi, impossibilitati ad allontanarsi dalla città per andare in un altrove che li accolga, nobiltà e alte sfere sociali costruiscono proprio in quegli anni, a fine Ottocento, quella che sarà la vera moda della vacanza. Come tutte le mode, prodotto artefatto, socialmente costruito e culturalmente determinato, dotato della sua grammatica, dei suoi codici, e così profondamente sviluppato e radicato da lasciare indelebili i suoi segni ancora oggi.

Se l’idea di vacanza estiva per noi oggi si associa per lo più a un lettino sulla sabbia, alla possibilità di aprire un ombrellone per ripararci e poter poi andare al bar attiguo a prendere un gelato o un cocktail, o se l’idea è invece quella di un’azzurrissima piscina, di una Spa, di una crociera, di un caftano in lino indossato con espadrillas sorseggiando granita, di una maglietta a righe marinara da sfoggiare in barca, di un abito elegante per gli eventi mondani della sera, beh… ai nobili della Belle Epoque dobbiamo molto più di quel che pensavamo.

La moda della vacanza

A svelarcelo sono Alessandro Martini e Maurizio Francesconi in La moda della vacanza (Einaudi, 2021), un libro che è un viaggio, un’immersione, una scoperta continua, un’enciclopedia densissima di riferimenti, curiosità e informazioni che, capitolo dopo capitolo, ricostruiscono esattamente quello che promette il titolo. Come mai infatti quando oggi parliamo di vacanza ci vengono in mente certi cliché, ampliati nel tempo dalla narrazione di romanzi o film? Perché dietro c’è davvero stato qualcosa di vero e concreto: movimenti sociali, culturali, estetici a loro volta generati da condizionamenti politici ed economici che hanno determinato, poco più di un secolo fa, la nascita di un florilegio di situazioni, contesti, località e usanze che oggi annoveriamo nel vocabolario delle vacanze.

La moda della vacanza è un vero e appassionante viaggio. Basta scorrere l’indice e già si intuisce un percorso geografico che ci racconterà moltissimo anche di noi e del nostro oggi. Si inizia dalle vacanze termali, soggiorni di cura pensati per il benessere e ben presto diventati così alla moda da riformulare l’idea di soggiorno, e da cambiare il volto di queste città e zone. Ho scoperto una cosa che non sapevo, e cioè l’origine del nome Spa:  una città termale del Belgio, che si chiama proprio con quella che oggi usiamo come metonimia, cioè Spa. Tra le pagine La moda della vacanza i viaggi iniziano proprio in Europa: è lì che i soggiorni termali si sono via via trasformati anche in soggiorni di piacere e destinati alla vita sociale con casinò, grandi alberghi, con l’arrivo del treno, che tante cose ha cambiamo nel modo di vivere i luoghi e il viaggio, anche quello compiuto per vacanza. E così, a seguire, ecco arrivare le mode del turismo alpino e del turismo balneare, diffusi a raggera in tutta Europa

Sul turismo balneare mi soffermo per quanto riguarda Costa Azzurra e Riviera dei fiori: gli emblemi, tra i tanti, della Belle Époque e dei suoi fasti, delle sue geografie, delle sue grammatiche, Ne parliamo tantissimo nella guida 111 luoghi della Riviera dei fiori che devi proprio scoprire perché i segni del grande turismo nobile europeo di fine Ottocento sono ancora visibilmente presenti. Non solo: hanno modificato questi luoghi, la loro vocazione, le loro architetture. Hanno costruito grandi hotel e idee, immaginari e infrastrutture. Tutto questo oggi non è stato affatto cancellato, né in Costa Azzurra né in Riviera, così come in tutti gli altri distretti turistici europei e italiani, le stazioni balneari sull’oceano o sul Mar Nero, le stazioni sciistiche i cui nomi ancora oggi ci suonano familiari. Tutto questo è uno straordinario movimento culturale che si è sviluppato poco più di un secolo fa e fino alla prima guerra mondiale è andato avanti radicandosi, e radicando le proprie idee sulla e della vacanza.

Scoprendo l’Europa e il mondo… dei ricchi

Una vacanza che restava per nobili e personalità davvero facoltose. Andando avanti nei capitoli di La moda della vacanza non si incontrano solo storie straordinarie sulle cittadine di mare e di montagna, ma anche viaggi entusiasmanti e avventurosi che, complice la tantissima letteratura dedicata, hanno davvero rivoluzionato l’immaginario nei decenni. Il nostro ne deriva ancora. Un esempio? I grandi, romantici, appassionanti viaggi in treno per l’Europa con il Treno Blu o l’Orient express.

Mentre leggevo le pagine di questo libro vedevo davanti a me scorrere immagini tratte da film oppure ricostruivo e riempivo figurativamente un immaginario romanzesco costruito lettura dopo lettura. Regina di queste scenografie della mente è Agatha Christie, lei che sui treni europei aveva viaggiato e che sopra ci aveva ambientato diversi romanzi, lei che era nata a Torquay, cittadina balneare britannica di quel tratto di costa noto come The English Riviera per la sua bellezza. Anche questo era turismo balneare nella Belle Époque. Di “Il mistero del treno azzurro” parlavo in questa recensione dedicata alla regina del crime inglese, mentre a proposito del mitico e leggendario Orient Express e del libro celeberrimo ambientato tra i suoi vagoni, avevo scritto su Turismo letterario dopo essere stata folgorata dall’incontro con il sontuoso treno alla stazione di Verona, qualche anno fa.

Non solo treni ma panfili, yacht, transatlantici. La moda della vacanza si irradia, si estende, e nel frattempo come ben descrivono gli autori cambiano le architetture, gli stili, i progetti, e cambia l’abbigliamento, che diventa più sbarazzino e informale, adatto al nuovo stile di vita “en voyage”. Sono di questo periodo magliette a righe, espadrillas, caftani: tutti capi di abbigliamento che ancora oggi associamo a determinati contesti vacanzieri. Scoprire che non è un caso, che dietro c’è una storia fatta di economie, strategie financo politiche, che c’è il meccanismo semiotico della moda con la sua potentissima significazione, dà una speciale consapevolezza ogni volta che si incappa in un contesto vacanziero dove la normalità pare non avere diritto di entrare, ed esiste solo il clima classico da vacanza. Ecco, questo libro ha il pregio enorme di ribadire che non è un clima, ma è l’approdo di movimenti sociali e storici ben precisi. Una lettura densissima di dettagli, nomi, riferimenti: la bibliografia è vastissima e davvero approfondita.

Il libro si chiude con un capitolo dedicato ai viaggi internazionali e alla scoperta dell’oriente. Non a caso, un’altra moda: l’oriente europeo inizia dall’Egitto (ricordate? Sempre Agatha Christie, il Nilo, i grandi alberghi di lusso e le crociere…) e si estende al nord Africa, all’attuale Medioriente e all’Asia più sconosciuta per l’epoca, fino all’estremo Levante del mondo. Sono tantissimi i paesi sui quali gli autori di La moda della vacanza si soffermano, rivelando ogni volta storie straordinarie di un mondo che, complici navi e treni, era in corso di lenta scoperta. Una scoperta che aveva le sue modalità, i riti, i grandi bauli con i cambi d’abito, la grande hotellerie internazionale, europacentrica, certo, e bruscamente arrestata dalla seconda guerra mondiale e dalla velocità offerta dai voli aerei. Un modo di viaggiare cancellato dalle abitudini (anche se la crociera odierna sembra proprio una degna erede di quello stile di vacanza) dei più, ma rimasto profondamente impresso in un linguaggio che è fatto di moda, consuetudini, paesaggi, persino, e stili di vita.

Prenderla con ironia, anche in vacanza

“Numerose agenzie di viaggio, in diverse città, anche di provincia, si chiamano Atlantide. È consolante pensare che non siano arrivate a metterci le mani, e i bungalow, sopra”. Lo sguardo ironico, dissacrante a volte, ma sempre così profondamente aperto sui fatti umani di Fruttero e Lucentini si tuffa a getto nella moda della vacanza. Quale altro ambito più succoso da esplorare a suon di trovate letterarie sottilmente venate di umorismo e finezze da grandi osservatori sociali? F&L scrivono un gustosissimo librino intitolato Breve storia delle vacanze che dà nuovo spazio alle loro 4 mani di scrittori ma, soprattutto, ci riporta a riflettere sul carattere artificiale e costruito di ciò che definiamo vacanza.

Fruttero e Lucentini usano la storia per prendere in giro l’abitudine che abbiamo ormai fatto radicare nel nostro immaginario: Egizi, etruschi, fenici, e persino i greci, che tutto hanno inventato, salvo la vacanza sono i popoli sulle cui abitudini Fruttero e Lucentini si interrogano divertiti. Con ironia e il classico piglio che ne contraddistingue la scrittura a 4 mani, sempre divertita del mondo e divertente con leggera profondità (qui intervistavo la figlia di Fruttero che anche di questo parlava), F&L parlano della vacanza di massa, quella delle code in Versilia, delle spiagge di lettini affollate, dei rotocalchi, e in fondo anche quella dei caroselli di foto social odierni. Chissà cosa avrebbero tirato fuori dinnanzi al nostro atteggiamento odierno per la moda delle vacanze gli autori di quell’osservatorio sociale divertito e divertente confluito poi in “il cretino”.

Lo sguardo grintoso dei due intellettuali, in fondo, non fa che pescare nel baule dove tutta questa ritualità è andata creandosi: ne individua abitudini e modi di fare, ne coglie tutta la portata storica, dall’origine, nel suo contesto, fino al paradossale che invece ne caratterizza il ripetersi quasi vuoto di oggi. Comun denominatore: lo stare dentro la società, e lì muoversi, sguazzare potremmo dire, con tutti i pro e i contro della grande e sognante idea di vacanza nobile, attorniata di comodità e lussi, diventata oggi vacanza prêt-à-porter, un diritto, come abbiamo visto, acquisito per legge. Dunque tutti al mare (o in montagna, o in crociera, o in qualche avventuroso viaggio “orientale”… Anche se in Italia pare andare alla grande la vacanza al mare, a giudicare dalla quantità di reportage sul tema) a ripetere collettivamente un rituale che abbiamo quasi impresso nel dna, ma che non è altro che una costruzione semiotica. Fruttero e Lucentini lo sapevano bene: il loro è un librino sottile quanto profondo – come sempre del resto sanno essere, con il sorriso. Si trova con difficoltà perché è fuori catalogo, ma vale una ricerca: essere consapevoli di volere, di vivere e poi di agire dentro un’onda modaiola a volte aiuta a prenderla con ironia, e quindi con più leggerezza. In fondo è questo che vogliamo dalle vacanze, no?

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!