A volte una scusa come quella di un centenario è un’ottima occasione per ripubblicare un libro arricchendolo. È quanto è successo per Pensare l’universo (Donzelli, 2023), di Massimo Bucciantini, già professore di storia della scienza e letteratura italiana all’Università di Siena. Il sottotitolo di questo volume, che apparse per la prima volta nel 2007 e nel 2023 è riuscito con una nuova (bellissima) veste editoriale e una prefazione aggiornata fresca fresca di novità dell’anno, chiarisce l’ambito della ricerca che il testo sviluppa: Italo Calvino e la scienza.

Si tratta infatti di un saggio molto articolato (note e riferimenti bibliografici sono una vera miniera, all’insegna della vertigine dell’approfondimento) dedicato non tanto alla relazione tra Calvino e la scienza, come sembrerebbe indicare il sottotitolo, quanto a come, attraverso quali letture, riferimenti e riflessioni, Calvino abbia costruito e dato forma al suo progetto di “Pensare l’universo” (l’espressione viene usata la prima volta in una lettera a Umberto Eco,  a sottolineare, se ce ne fosse bisogno, la cifra intellettuale di tutto ciò). Bucciantini è tornato su questo lavoro di recente e ha utilizzato le lettere inedite fatte pubblicare dalla figlia di Calvino, Giovanna, su Robinson di Repubblica il 7 gennaio 2023 (fonti recentissime, l’introduzione è datata marzo 2023) perché è lì che Calvino parla alla moglie Chichita di un racconto scritto a Sanremo e la cui idea era nata il giorno del suo 40esimo compleanno. Un racconto ancora vago ma dalla dimensione cosmica, anzi cosmicomica, così chiamerà un nuovo progetto letterario in costruzione.

La prima pagina dell’introduzione alla nuova edizione squaderna già un ventaglio di temi calviniani: la ramificazione di percorsi tematici nella vasta opera dell’autore, saggistica e narrativa, l’antibiografismo, le nuove fonti e studi progressivamente usciti dalla morte di Calvino in avanti. In poche parole: la complessità dell’autore. Di cui questo saggio aiuta a discernere alcuni aspetti legati a un periodo e a una linea di ricerca. Lo fa un po’ come vuole fare la collezione di recensioni e pareri di A contrainte sui testi dedicati a Calvino usciti o ripubblicati nel 2023: mettendo insieme diverse facce di Calvino utili ad avventurarsi in quella complessità e illuminare alcuni percorsi. Bucciantini spiega esplicitamente di voler esplorare un periodo, gli anni Sessanta, in cui il lavoro calviniano di rappresentazione e commento della realtà subisce delle trasformazioni, e di volerlo fare soprattutto attraverso le relazioni dell’autore con il mondo di fuori, cioè autori, teorie e riflessioni che gli hanno fornito idee e “carburante” utile a fargli elaborare una nuova strada letteraria legata alla scienza e orientata a un’indagine, che diventerà sempre più serrata, su sguardo, conoscenza e letteratura.

Pensare l’universo: il progetto cosmicomico

È la strada iniziata con quella lettera: la strada delle cosmicomiche. Eppure Pensare l’universo non è un testo critico sulle cosmicomiche, casomai ne indaga la natura di esperimento andando, con una perizia davvero encomiabile, a ricucire tanti legami di Calvino con il pensiero scientifico e con la necessità di sperimentare una voce e uno sguardo nuovi. Sarà questa necessità a diventare la voce e lo sguardo di Qfwfq (ogni volta che penso di leggere ad alta voce questo nome Calvino mi frega e vince lui: non ne sono in grado!).

Sono gli anni Sessanta, Marcovaldo viene dato alle stampe nel 1963, seguono le Cosmicomiche nel 1965 e Ti con Zero nel 1967, questo è il quadro di riferimento di racconti che in realtà esistevano nella mente di Calvino e nelle sue carte da tempo, pensati, scritti e riscritti. In quest’arco temporale è come se dallo sguardo di Marcovaldo affacciato alla finestra della sua mansarda, tra un pulsare artificiale di neon (“Gnac!”) e un’apparizione della luna, Calvino si sia mosso in forma di vettore – freccia orientata – verso quella luna, superando la prospettiva antropocentrica di Marcovaldo e forzando la scrittura verso nuovi orizzonti. Orizzonti lunari, anzi cosmici.

Le cosmicomiche sarebbero quindi un progetto di esplorazione e sperimentazione letteraria e non solo un episodio pubblicato come volume di racconti, ciascuno ispirato a un assunto scientifico e con protagonista un proteiforme personaggio impronunciabile, ma anche impossibile, costruito com’è con voce e sguardo umano, ma collocato sul ciglio di un universo in cui l’uomo non era ancora nemmeno immaginato  e pensato. No, l’ipotesi cui Bucciantini dà forma in Pensare l’universo è che quello cosmicomico fosse in realtà un percorso calviniano originalissimo, nato negli anni Sessanta dell’esplorazione spaziale, dei lanci di satelliti, dello Sputnik, delle foto del lato sconosciuto della luna, e proseguito, cangiante, lungo tutto il resto della vita creativa di Calvino. È proprio il progresso tecnologico che accompagna l’autore verso il cambiamento e lo spinge a ricercare nuove forme di narrazioni possibili. Si allarga la percezione umana del mondo, e si allarga, in Calvino, l’idea di spazio e confine letterario. La sfida è aperta.

Questa non è fantascienza

Come arriva, Calvino, alle sue nuove narrazioni, mai viste prima in una forma del genere? Non (solo) grazie alla scienza, ma soprattutto grazie a filosofi, autori, pensatori, financo disegnatori (per niente il termine cosmicomica ha in sé anche il riferimento ai comics, i fumetti). Seguiamo Bucciantini in una sorta di ricostruzione all’indietro verso l’origine del progetto di raccontare l’universo che, probabilmente, trova radice nella biografia e nei genitori scienziati. Aggiungiamo poi il fatto che siamo negli anni della rivoluzione spaziale: i Sessanta segnano la svolta cosmica della tecnologia con l’approdo sulla Luna e i tanti esperimenti che per la prima volta avvicinano quanto mai prima l’uomo alla volta celeste e ai suoi oggetti.

Davanti a questa novità Calvino, già avvezzo all’intreccio tra mondo della scienza e mondo letterario, è affascinato e si interroga sul futuro. Il mondo non è più quello di prima: c’è altro da conoscere, altro che esula dalla centralità umana ritenuta perno di tutta la letteratura finora. Come fare? Occorre cambiare prospettiva, allargare i sensi, elaborare una nuova immaginazione che consenta alla letteratura di affrontare un mondo dai nuovi confini cosmici, che fornisca il linguaggio per conoscere quel mondo, e raccontarlo.  Dunque, una nuova mitologia capace di rispondere a rinnovate esigenze di conoscenza dell’uomo, anzi una cosmologia, che risponda a un mondo rinnovato, e a un altrettanto rinnovato modo dell’uomo di sapersi e di rapportarsi all’universo come uno dei tanti punti di vista possibili. Non il solo, non più (solo) antropocentrico e soggettivo.

Ecco perché le cosmicomiche non sono affatto fantascienza: non inventano nulla, non fantasticano, sono invece un grande salto in avanti, una letteratura per una società ormai cosmonautica, un nuovo sguardo per nuovi confini attribuiti all’universo, per una nuova conoscenza di ciò che credevamo di sapere. Calvino era infatti convinto di riuscire a rispondere a tutti gli interrogativi di una nuova, brulicante e inesauribile superficie delle cose grazie alla fondazione di un nuovo linguaggio fatto di immagini cosmicomiche. Per questo lancia la sfida, e si inventa un punto di vista e una voce tesi al limite possibile: non si era mai letto nulla di simile prima, tutto rispondeva a rappresentazioni fondate, basate su abitudini e derivate dalla percezione sensibile. Qfwfq è oltre a tutto questo. Lui, personaggio inventato al limite del pensabile, è la soluzione agli interrogativi che il nuovo rapporto dell’uomo con lo spazio pone, ci permette di allargare la nostra percezione della realtà, di andare oltre alle nostre consuete esperienze sensibili. Proprio come la tecnologia, che rimodella la nostra immaginazione portandoci sulla luna.

La linea calviniana: Galileo, Ariosto, Leopardi

Pregio del saggio di Bucciantini Pensare l’universo è, io credo, la ricostruzione degli snodi che hanno accompagnato Calvino lungo questo nuovo percorso e la sua successiva evoluzione.  Oltre all’esplorazione dello spazio, tema attuale del periodo, ci sono stati tanti racconti, alcuni inediti, tante letture e autori di riferimento che, stratificandosi e colpendo l’immaginazione e la continua ricerca calviniana, hanno indirizzato la proposta dell’autore per una nuova letteratura, quella cosmicomica. È un lavoro certosino che individua un sentiero, lo segue e prova a illuminarlo. Bucciantini ricostruisce la storia e il peso delle influenze esterne che, lettura dopo lettura, pensiero dopo riflessione, hanno contribuito all’architettura del progetto di narrazione dell’universo, alle cosmicomiche. Non un punto di arrivo, per Calvino, ma una porta su una nuova strada che, in fede alla sua natura di percorso, è variata nel tempo. Trattando il tema con questo approccio, Bucciantini permette di capire la centralità, nel pensiero e nell’approccio calviniano alla scrittura, della tensione, della ricerca, del tentativo costante di risposta a un nodo di domande e interrogativi. Palomar in nuce, anche se ancora in chiave ottimistica.

Sono gli anni del dibattito pubblico sulle paginate dei giornali in cui Calvino si scontra con Anna Maria Ortese e Carlo Cassola sul ruolo preponderante della tecnologia e sulla necessità della letteratura di consolare dall’angoscia e dalla paura della nuova dimensione cosmica fornendo una consuetudine, una rassicurazione. Calvino la pensa diversamente: intravede nel salto tecnologico e nelle nuove immagini prodotte sugli oggetti del cosmo un’occasione per varcare il confine del già noto e dedicarsi alla ricerca di nuovi luoghi letterari, nuovi linguaggi, nuove forme per dare respiro al rinnovato rapporto dell’uomo col mondo. Lo fa convinto che a Galileo Galilei vada attribuito un ruolo non solo di scienziato, ma di scrittore pilastro della letteratura italiana. Mi ha fatto molto riflettere pensare agli autori che Calvino cita come riferimenti nelle Lezioni americane: Galilei, certo, per il suo modo di leggere il libro del mondo, e poi Ariosto, e poi ancora Leopardi. Solo io intravedo in questa triade di autori un avvicinamento, certo differente e certo con obiettivi ogni volta differenti, alla luna? È un’ipotesi affascinante: un’ipotesi che guarda al cielo e per questo, forse, anche lei un po’ cosmicomica. Galilei descrisse per la prima volta la superficie lunare, Ariosto mandò la fantasia fin lassù, e Leopardi ci fece specchiare gli interrogativi esistenziali del suo pastore errante. Tre modalità, tre sguardi: Calvino li intreccia e ne fa una cosa tutta sua. Ma questo è pensiero mio, sollecitato dalla lettura del saggio di Bucciantini.

Tornando invece al libro, il progetto cosmicomico è insomma un modo per reimparare a guardare il mondo, la sperimentazione di nuove forme di conoscenza che dissetano un Calvino smanioso di trovare requie ai propri interrogativi sul ruolo degli scrittori e della letteratura in un mondo lanciato verso il cambiamento. La realtà si è fatta complessa, e Calvino spinge la sua creatività a cavallo di questa complessità cercando di ristabilire un nuovo rapporto tra mondo e potenzialità della scrittura.  Come arriva a questo percorso innovativo? Con letture, dibattiti, anche scontri: Pensare l’universo ricostruisce questa linea passando attraverso lettere, scritti, riferimenti intertestuali. È un lavoro di estrema complessità, una lettura densa di rimandi che apre mille porte. Decisamente calviniana.

Verso Palomar

Certo, Calvino è coinvolto in un’operazione cosmica, ma ne conosce i limiti, insiti nella scrittura. Cerca punti di vista altri, nuovi, oltre la consuetudine percettiva: si allontana dal mondo, ma in realtà ci si immerge sempre più, nuotando nella complessità, trovando ostacoli che saranno poi i mattoncini dello scacco che inchioderà Palomar all’impossibilità di solcare l’inesauribile superficie delle cose, imprigionato da una soggettività connaturata allo sguardo. Il processo di “chiusura” riflessiva che poi arriverà alla definizione del personaggio che porta il nome di un osservatorio e che è un alter ego di Calvino ma insieme un grande occhio teso a osservare e descrivere, parte già da Ti con zero, nell’affascinante seconda parte dei racconti deduttivi, dove non c’è più il paradossale Qfwfq ma tutto si cristallizza in labirintici castelli di If che diventano nastri di Möbius deduttivi.

La ricerca di Calvino si trova in scacco: quale rapporto istituire tra mondo non scritto e mondo scritto? Quale soluzione trovare al caos rutilante del mondo percettivo sulla pagina scritta? Come rappresentare questo mondo vastissimo, infinito, con sguardo e inchiostro limitati per definizione? Ecco che arriva il mansueto e un po’ abbacchiato signor Palomar che sperimenta sguardi per catturare onde e prati inglesi, e costantemente si rende conto di essere impossibilitato. Vorrebbe essere fuori dal proprio sguardo necessariamente prospettico, perché soggettivo, ma non può; cerca di leggere il mondo ma ogni volta capisce di non potercela fare come vorrebbe.

Siamo al cuore della ricerca calviniana: occhio-mente (congegno il cui nome rubo a Marco Belpoliti) sotto inchiesta, pagina scritta come unico spazio dentro cui poter costruire tutto quanto converge nella complessità inafferrabile della realtà. Nuotano qui le contraintes dell’Oulipo (ne ho parlato bene in questo articolo), ma anche i giochi metanarrativi e i congegni letterari del Calvino sperimentale: siamo ormai lontanissimi dall’esordio neorealistico, su una china cinica dove il progetto di Pensare l’universo si consegna alla pagina scritta, il regno del Lettore e di tutte le storie possibili che prenderanno forma in Se una notte d’inverno un viaggiatore. Ma questa, appunto, è un’altra delle tante storie calviniane.

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Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!