Qualcuno potrebbe essere in difficoltà davanti alla domanda “Qual è il tuo incipit preferito della letteratura italiana?”, ma io ho da anni la risposta: Enigma in luogo di mare, un romanzo di raffinata intelligenza scritto a quattro mani da Fruttero e Lucentini e uscito nel 1991. È un giallo, con tanto di omicidio e indagine, ma è soprattutto il romanzo di un luogo e uno spaccato sociale con una magistrale costruzione del cast di personaggi. Un romanzo bellissimo, che con questo articolo c’entra perché è tutto ambientato nel luogo che fin dall’incipit è protagonista: la letteraria pineta della Gualdana, alias la pineta di Roccamare alla quale Alberto Riva dedica il suo Ultima estate a Roccamare (Neri Pozza, 2023), storia e ricerca in cui confluiscono tante storie e voci di artisti e intellettuali che proprio dal quel luogo hanno tratto linfa e che su quelle spiagge hanno tratteggiato momenti di vita comune.

Una certa segretezza incombe, dovuta in parte alla natura stessa del luogo, in parte ai suoi caratteri acquisiti, artificiali. Nelle bacheche girevoli che le cartolerie, tabaccherie e bigiotterie del vicino paese espongono d’estate, non c’è per esempio che un’unica cartolina, sempre la stessa da anni, in cui figuri la pineta. e siccome il fotografo, per darne una veduta d’insieme, l’ha inquadrata dall’alto e d’infilata, tutto quello che ne risulta è una larga e ininterrotta striscia di verde lungo il mare. “Pineta della Gualdana”, dice la scritta sul retro, che si ripete in tedesco, in inglese, in francese. Sembra un tratto di litorale tirreno rimasto vergine, e degno perciò di essere spedito a parenti e amici in terre lontane. Ma sotto quel nitido strato di chiome combacianti le cose stanno poi in altro modo.

Siamo in Maremma, provincia di Grosseto, Castiglione della pescaia. La pineta è il posto del cuore dove Fruttero aveva una villetta e dove, vuoi il caso, vuoi le segrete e magiche influenze del mondo letterario, andarono a vivere anche personaggi come Italo Calvino o Pietro Citati. Una sorta di hub, questo era la Maremma negli anni Ottanta: scrittori, critici letterari, registi, sono tantissimi i nomi che Alberto Riva intreccia e le storie di estati e trasferte che riprende per allestire un quadro che, proprio come una marina dei Macchiaioli (che non a caso è in copertina) restituisce un piccolo grande mondo dove il destino permise a tante teste e idee di trovarsi insieme. Una confluenza, casualità prodigiosa e segreta alchimia di un posto speciale anche nella geografia di uno degli scrittori al centro di questa ricerca, Italo Calvino, e dunque una nuova bandierina sulla mappa dei suoi tanti cambi di orizzonte, spostamenti e luoghi di rifugio. Un libro, questo di Alberto Riva, che non poteva non rientrare nel progetto dedicato alle pagine di  e su Calvino.

La spiaggia del signor Palomar

Ricordo bene che, nell’intervista che avevo fatto qualche anno fa a Maria Carla Fruttero, nota come Carlotta, figlia di Carlo Fruttero, avevamo parlato della pineta di Roccamare. Questo mi aveva detto:

Per altre ragioni mi è rimasto nel cuore “Enigma in luogo di mare”. Parla infatti della pineta dove vivo e dove si è svolta tutta la mia vita. Tutte le cose più importanti sono successe a Roccamare. La descrizione di questo luogo, della sua gente, è talmente fedele: fa entrare in questo mondo, che è la mia anima. Quando rileggo il romanzo vedo la sabbia che calpesto, il pino, i merli e le cicale. Quello è il mio libro dell’anima, perché Roccamare è la mia anima. Sono indissolubili.

Carlotta Fruttero, che ora vive quei luoghi tutto l’anno, custode della villa di famiglia e del suo archivio, all’epoca era bambina e ragazzina e ricorda le estati in cui quei luoghi erano ritrovo di tanti scrittori e artisti come periodi dedicati alla leggerezza, all’amicizia. Non erano estati di lavoro, ma in fondo la vita di intellettuali e scrittori è sempre lavoro, ed è per questo che quei momenti, vissuti in quei luoghi, sono entrati dentro le scritture di Fruttero e Lucentini, e anche di Calvino. Basta leggere Enigma in luogo di mare o Palomar: i personaggi di questi due capolavori si muovono tra quelle pinete, su quella spiaggia sabbiosa così diversa dalla costa rocciosa della Liguria ponentina di Calvino.

Avevo letto in Mutandine di chiffon, di Fruttero, che le villette di Calvino e dello stesso Fruttero erano in mezzo alla pineta e distanti cinque minuti a piedi, per cui gli incontri erano frequenti, tra la spiaggia e Castiglione, dove erano spediti dalle donne di casa a fare la spesa, a volte in bici. È a Castiglione che Calvino consegna a Fruttero il dattiloscritto del Viaggiatore, tra la piscina della villa, voluta dalla moglie Chichita, e il  mezzanino, piccolo e stretto, dove stava tutto intento a scrivere. Un posto tranquillo dove lavorare, ecco cosa è stata Roccamare. Un posto familiare, da vivere tra nipotini in piscina e gite in barca, dove fare passeggiate e lasciar correre lo sguardo all’orizzonte, così che i pensieri e le fantasie trovassero una soluzione narrativa in un paesaggio conciliante.

Qualcuno mi avrebbe poi raccontato di aver visto Calvino camminare di notte, d’estate, su questa spiaggia, la camicia chiara e i pantaloni azzurri, con un libro in mano e una torcia. Non leggeva, ma consultava la mappa delle costellazioni, un planetario. L’immagine ha qualcosa di fantasmatico

La segreta alchimia di una geografia

Alberto Riva fa un lavoro che ho apprezzato tanto: è il lavoro che avrei immaginato di poter fare io su un tema analogo collegato agli spazi e alla storia dei personaggi in quegli spazi. Non saprei come definire questo libro: non è un romanzo, non è un saggio. È un lavoro giornalistico raffinato, frutto al contempo di molte letture e di ricerca, di viaggi reali, di interviste, o piuttosto chiacchierate e colloqui, il tutto ordinato nelle tappe di una ricerca che l’autore deve aver realmente compiuto, palmo a palmo tra pagine e strade, e proposto con una forma elegante, con un’essenza narrativa che tiene insieme le tessere, i quadri di vita raccolti e ricostruiti.

Ecco, sì, è un libro giornalistico ma di taglio letterario, e che prende vita da un piccolo nocciolo narrativo, quello cioè di ricostruire i fatti del settembre 1985, dell’ultima estate a Roccamare, quella in cui Calvino venne colpito dall’ictus che lo portò a morire pochi giorni dopo all’ospedale di Siena. Questa è la scena quasi iniziale (in realtà il libro ha una premessa il cui senso si coglierà, per una promessa di tenuta e circolarità testuale, solo al fondo, come è giusto): Alberto Riva coglie quello slancio e va indietro, ma in realtà non lo fa cronologicamente. Direi piuttosto che va a zonzo in modo ordinato, con in mano i sapienti fili della sua ricerca giornalistica e un piacere narrativo, e intreccia, ciocca dopo ciocca ricostruisce atmosfere, personaggi, voci e sguardi di quelle estati tra la pineta di Roccamare e il borgo di Castiglione della Pescaia.

Si inseguono pagine, aneddoti tratti da memoir e racconti, testimonianze raccolte di prima mano e descrizioni che ricostruiscono il paesaggio grazie alle sensazioni di chi c’è stato. Personalmente, lo trovo uno splendido esempio di giornalismo letterario e, ribadisco: quando immaginavo progetti di scrittura su Calvino e i suoi luoghi, immaginavo esattamente questo tipo di lavoro che si muove in due direzioni molto consone a come sono abituata a lavorare, cioè tra biblioteche e libri, in reti di rimandi intertestuali, e poi andando a verificare sul campo, parlando con le persone. Deve essere stato un lavoro poderoso, che ha richiesto ovviamente aiuti (sono tutti nei ringraziamenti, così come i riferimenti bibliografici danno un quadro di come si è mosso l’autore per lo studio preparatorio) e una struttura mobile. Dietro alla linea narrativa che si snoda capitolo dopo capitolo, accendendo riflettori su uno o sull’altro personaggio di questa storia-reportage, ci sono soste, deviazioni apparentemente slegate dal resto, salti indietro e salti avanti. E tutto sta meravigliosamente insieme e restituisce esattamente quel quadro: quelle estati, quei luoghi, la geografia intellettuale che vi si sviluppava in momenti che devono essere stati speciali nei ricordi privati di chi li ha vissuti, e che sono stati al contempo lo scenario privato di creatività all’opera.

Italo Calvino a Roccamare

In La malattia dell’infinito Pietro Citati racconta del rapporto tra Calvino e Castiglione della pescaia. Citati che, tra l’altro, come Calvino era profondamente legato alla mia Liguria di ponente: aveva vissuto l’infanzia a Cervo, luogo di cui racconta in Elogio del pomodoro e che gli resterà nel cuore. La linea geografica è curiosa e non smette di intrigarmi: la Liguria di Ponente e Sanremo, e poi Torino (di Calvino in città racconto non a caso in Torino di carta), e ancora a Parigi (qui un articolo interessante su Calvino a Parigi) e poi a Roma. In mezzo, le estati a Roccamare: è un altro paesaggio rispetto a quello metropolitano e a quello aspro ligure, e siamo ormai lontani dai soggiorni sanremesi per trovare la madre, Eva Mameli, a Villa Meridiana, e dalle estati a Ospedaletti, alla villa La cicalina dove Calvino trascorse un periodo intenso di scrittura e amore con Elsa De Giorgi (lessero lì, insieme, il dattiloscritto del Barone Rampante: finivano gli anni Cinquanta, Calvino avrebbe ancora fatto tanta strada).

Ecco dunque come descrive questo ennesimo cambiamento Citati:  

il suo paesaggio cambiò. Se aveva vissuto a Parigi come un estraneo e a Roma come un ospite, ora la sua vera casa era la pineta di Roccamare, presso Castiglione della Pescaia. In qualche modo, ripeteva il paesaggio ligure. Anche qui tutto era limitato: una striscia di sabbia chiusa tra due promontori, una pineta, una macchia, un piccolo giardino dove tutto sembrava miniaturizzato. Scriveva nel cuore della casa, in alto, in uno studiolo raggiunto da una scala pericolosissima, come in un pollaio aereo o in una colombaia. Sotto i suoi piedi, la moglie parlava con le amiche o con la domestica, entravano i fornitori, arrivavano gli amici; e lui continuava a scrivere, immerso nel rumore dell’esistenza, vegliando sulla casa come una cicogna. Non diceva mai di no alle cose. Ma si era ormai allontanato profondamente dalla realtà, chiuso nel suo mondo di ombre leggere.

Ultima estate a Roccamare scorre il gomitolo dei ricordi dei tragici giorni del 1985 in cui Calvino accusò il malore, fu trasportato in ospedale e lasciò questo mondo. Questo è il filo conduttore del reportage che in realtà apre altre e nuove pagine, e intreccia a quella trama vite, storie, ispirazioni. Ma è al 1985 che torna verso il finale l’autore, chiudendo l’intreccio di fili di una stagione d’oro di cui il primo personaggio portante a sparire fu proprio Calvino. Che, insieme alla moglie, riposa oggi nel cimitero di Castiglione della Pescaia (nella lista dei luoghi che mi piacerebbe vedere). Ne ho trovato una foto su Tumbas, Tombe di poeti e pensatori, un libro di Cess Nootemboom uscito per Iperborea nel 2015. Ogni volta mi stupisco pensando che i genitori di Calvino sono sepolti al cimitero monumentale di Sanremo insieme al fratello Floriano, e lui riposa invece affacciato sul Tirreno, in quella Roccamare il cui fascino e magia Alberto Riva ha saputo leggere e raccontare con raffinatezza, accuratezza, rigore e insieme creatività e poesia. Sono strani gli incroci della vita, a volte impensabili, a volte capitano e basta, come quell’ictus che si portò via Calvino proprio in Toscana, privandoci troppo presto di una mente che chissà quali altre geografie avrebbe sfiorato.

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Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!