Di Italo Calvino e della Resistenza si legge e si parla molto: vuoi la fama dell’esordio letterario con Il sentiero dei nidi di ragno, vuoi la provincia medaglia d’oro alla Resistenza (quella di Imperia, dove combatté anche lui), vuoi le tracce forse più evidenti di un autobiografismo dal quale l’autore si è poi progressivamente allontanato. Se ne parla ma, io credo, non se ne sa mai abbastanza, sia perché quel periodo si allontana sempre più nel tempo, sia perché le fonti vive e orali spariscono, e delle fonti scritte spesso non si conosce ancora tutto.

Il lavoro di Daniela Cassini e Sarah Clarke Loiacono aiuta nell’operazione di memoria. Italo Calvino. Il partigiano Santiago è uscito per Fusta editore spalleggiato dall’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia. In una provincia medaglia d’oro alla Resistenza le storie, i personaggi e di conseguenza le fonti non mancano: è da qui che parte questo lavoro, un libro che ha il pregio di presentare tra le pagine le riproduzioni di svariati documenti esistenti in archivio che io stessa (lo raccontavo qui) ho potuto vedere e consultare qualche mese fa. La memoria di Italo Calvino, come quella di tanti partigiani, si conserva anche qui, tra le carte di archivio nella sede dell’Istituto in via Cascione, e in piacevoli scoperte di archivi privati come quello Giacometti-Loiacono, che contiene carte della partigiana Lina Meifret.

Tra le fonti storiche ritrovate

Tra le carte dell’Istituto riprodotte nel libro ci sono il Questionario e il Certificato del Comando Operativo I zona Liguria, la domanda di ammissione all’ANPI, la dichiarazione del CLN Sanremo e il Certificato Alexander al patriota Italo Calvino. I documenti aiutano a ricostruire le date, e mi sono appassionata, sfogliando alcuni percorsi biografici di Calvino e mettendoli a confronto con questo libro dedicato al partigiano Santiago (nome di battaglia scelto per omaggiare i natali cubani) alla ricostruzione dei due anni che videro Italo Calvino, futuro scrittore, giovane universitario incastrato in un periodo sciagurato della storia italiana, renitente all’arruolamento nella Repubblica Sociale, fuggiasco, cospiratore, partigiano, in fondo sempre e già scrittore.

Non è facile venire a capo di un periodo complicato, ma anche grazie alle carte dell’ISRECIm è possibile cercare di avere dei puntelli sui quali squadernare la vicenda autobiografica di Calvino. Documenti militari e non, testimonianze raccolte in volumi, scritture in prima persona di Calvino. Tutti questi tipi di fonti sono riportati nel volume, con alcune preziose novità. Non ci sono infatti solo i documenti originali riprodotti, ma anche diversi articoli di giornale firmati Calvino, risalenti al 1944-45 e pubblicati sulla stampa resistenziale, nonché quattro manoscritti conservati in un fondo privato, il fondo Giacometti-Loiacono, che a sua volta deriva da un lascito testamentario di un’altra protagonista della Resistenza nell’imperiese, la partigiana Lina Meifret.

Mettendo insieme tutto questo materiale, studiandolo, accostandolo, osservandone gli scostamenti o, al contrario, l’incastro, è possibile aggiungere materiale tra il realistico e l’autobiografico ai riferimenti del periodo partigiano che abbiamo su Santiago. Contribuiscono anche alcuni di manoscritti, che non sono altro che le versioni ancora non definitive di alcuni dei racconti a tema guerra confluiti poi in Ultimo viene il corvo. La raccolta di racconti più autobiografica di Italo Calvino contiene infatti diverse narrazioni che pescano direttamente in quel periodo realmente vissuto dallo scrittore: La stessa cosa del sangue, Angoscia in caserma, Gli avanguardisti a Mentone, Le notti dell’Unpa. A questi aggiungerei, per chi stesse leggendo questo articolo e avesse bisogno di approfondimenti legati al tema, anche Autobiografia politica giovanile, un articolo oggi contenuto in Eremita a Parigi.

Due anni complessi

Testimonianze di archivio e narrazioni di Calvino si intrecciano nella ricostruzione storica del suo periodo da partigiano. Molti riferimenti utili a mettere giù una sorta di “linea del tempo” degli anni 1943-1945 sono contenuti nella biografia di Calvino di Antonio Serrano Cueto uscita nel 2023 per Mondadori e altrettanti riferimenti si trovano in Italo Calvino a Sanremo di Pietro Ferrua, edizioni Famija Sanremesca reperibile in biblioteca.  Ma il libro di Cassini-Clarke Loiacono aggiunge dettagli utili alla ricostruzione che ho provato a fare per sommi capi in occasione dell’8 settembre 2023, a 80 anni dall’armistizio che cambiò le sorti dell’Italia in guerra. Alcuni periodi non sono chiari: poiché ho trovato versioni differenti che andranno verificate, mi riservo di integrare questa cronologia che, lo metto nero su bianco, non è completa:

  • Prima dell’8 settembre 1943, a luglio, Calvino è al campo militare di Mercatale di Vernio (Firenze)
  • Non presta giuramento alla RSI e, renitente, si nasconde con molta probabilità nel podere di San Giovanni, in una sorta di grotta costruita dal padre tra le fasce la cui apertura era occultata da letame per confondere i cani tedeschi. Da quanto possiamo desumere da ciò che dice in alcune interviste, fu un periodo di letture e studio che apre una nuova prospettiva su San Giovanni: non solo luogo di ricordi legati al padre e alla “forma del mondo”, ma rifugio in tempi bui
  • Sappiamo che tra maggio e giugno 1944 era scritturale al tribunale militare di Sanremo e forse già cospirava con il Fronte della Gioventù, il Partito Comunista e i gruppi partigiani. Sicuramente aveva ricevuto la notizia della morte di Felice Cascione, giovane medico partigiano, fatto che scosse la sua coscienza avvicinandolo sempre più alla decisione di salire in montagna
  • L’estate 1944 è un periodo sul quale ho trovato fonti differenti che devo verificare
  • Nell’autunno del 1944 vengono arrestati i genitori. Il 15 ottobre 1944 entra nella brigata cittadina Matteotti, distaccamento di Jaurès Sughi (detto Leone), dove resta fino al rastrellamento di San Romolo, esito di una soffiata nemica, che avverrà il 15 novembre 1944. È arrestato e portato nel carcere di Santa Tecla sul porto vecchio di Sanremo: lì starà tre giorni e incontrerà il padre. L’episodio è narrato in La stessa cosa del sangue e Angoscia in caserma
  • Non è denunciato come partigiano grazie a un finto foglio di licenza che ha con sé, viene arruolato nella RSI e mandato al Deposito Provinciale di Imperia da cui fugge, non è ben chiaro come. Non ci sono sue tracce del 19 novembre 1944 al 1 febbraio 1945, ma molti anni dopo la moglie Chichita troverà due poesie scritte, come da indicazione sui fogli, nel dicembre 1944 “sottoterra”
  • Il 1 febbraio 1945 raggiunge il I battaglione della V Brigata d’Assalto garibaldina L. Nuvoloni che fa parte della II Divisione d’Assalto intitolata a Felice Cascione: è in questa fase che, il 10 marzo 1945, parteciperà alla battaglia di Baiardo che narra in Ricordo di una battaglia del 1974 (oggi in La strada di San Giovanni)

La storia è piena di lacerti, a volte trasfigurata, come nei racconti, a volte lontana, senza possibilità di verificare con facilità da fonti dirette. Questo tema della memoria vacillante, oltre a invitare a una compilazione cronologica come quella che ho tentato di fare io, era un rovello che già Calvino aveva, come spiega in alcuni articoli che usciranno in occasione del 25 aprile tra cui, appunto Ricordo di una battaglia, ma anche Tante storie che abbiamo dimenticato (Repubblica, 23 aprile 1985).

Calvino giornalista resistente

Un altro tentativo di ricostruzione interessante dedicato al partigiano Santiago è quello che Cassini e Clarke-Loiacono dedicano al Calvino giornalista. Lo fanno presentando la riproduzione e i testi di alcuni degli articoli che videro il giovane futuro scrittore impegnato sulla stampa resistente ancora clandestinamente, nei primi mesi del 1945, e poi nei primi mesi dopo la Liberazione. Erano diversi gli organi sanremesi dedicati all’informazione, e con grande accortezza il libro di Cassini Clarke Loiacono ce li presenta per ricostruire la memoria di quegli anni.

La voce della democrazia era il giornale del CLN di Sanremo, uscì dal gennaio 1945 per 13 numeri, 11 dei quali preparati clandestinamente in montagna, e due a Italia liberata. Diretto da Lodovico Luigi Millo, vide Calvino collaborare al numero 13, uscito il 1 maggio 1945. Gli articoli erano “Primo maggio vittorioso” e “Ricordo dei partigiani vivi e morti”. In questo secondo articolo lo scrittore menziona tanti dei partigiani reali che diventeranno personaggi dei suoi libri: Lupo Rosso, che era Sergio Grignolino (Ghepeù), ma anche il commissario Kim, Ivar Oddone (Kimi), e il comandante Ferriera, Giuseppe Vittorio Guglielmo (Vittò). Nel numero del 17 maggio Calvino firmerà il pezzo “Che cosa succede al confine occidentale?” dedicato alla situazione di Ventimiglia nell’immediato dopoguerra.

La nostra lotta era l’organo del PCI sanremese, uscì con tre numeri clandestini  e il quarto il 7 maggio, a Italia liberata. Anche questo era diretto da Millo, mentre Calvino, responsabile per il partito della stampa e propaganda, ne era vicedirettore. Nel numero del 7 maggio compaiono i suoi “Epurazione” e “L’odissea di una internata. Intervista con Lina Meifret”, pezzo questo che vedrà diverse puntate. Lina Meifret (cui Cassini ha dedicato un libro per Fusta editore) era animatrice di un nucleo partigiano e faceva parte di un gruppo di intellettuali di Bordighera che intrattenne rapporti con il mondo intellettuale torinese. Una storia tutta da scoprire: c’entra anche Ada Gobetti, moglie di Piero, ispiratore del pensiero antifascista torinese fin dalla prima ora (vedi Torino di carta). Calvino e la Meifret erano amici, a lui lei raccontò la sua esperienza di deportata e, concludono le autrici del libro a proposito del lascito che include documenti inediti presentati in questo libro, è probabile che per i suoi contatti col mondo intellettuale Calvino le lasciò i manoscritti di alcuni racconti.

Ma torniamo ai giornali e alle pubblicazioni del dopoguerra firmate Calvino. Su La nostra lotta Calvino pubblicherà anche il 16 maggio 1945, un pezzo titolato “Nord e sud”. Sarà infine anche su Il garibaldino, il settimanale della II Divisione Felice Cascione, con l’articolo “Ventimiglia!”. Extra giornali, ho scoperto tra queste pagine che Calvino compare anche in L’epopea dell’esercito scalzo, volume che uscì nel 1945 grazie a Mario Mascia per l’ISRECIm, con due racconti: “Le battaglie del comandante Erven” e “Castelvittorio paese delle nostre montagne”. Entrambi gli articoli sono riprodotti nel libro di Cassini-Clarke Loiacono: meno male, perché questo libro è pressoché introvabile al di fuori delle biblioteche e degli archivi degli Istituti Storici della Resistenza del nord ovest!

Ricostruire le storie

Il ventaglio di documenti originali che il libro di Cassini e Clarke Loiacono presenta è dunque molto ricco. Calvino, al contrario di quanto il suo autobiografismo in terza persona, sempre rifuggito, sembra suggerire, ha dedicato molte pagine all’esperienza partigiana. Pagine che fanno sicuro riferimento a episodi reali, e che rispecchiano da un lato fatti e avvenimenti, dall’altro pensiero e orientamento politico, ogni tanto anche emozioni e stati d’animo. Dietro, naturalmente, c’è Sanremo: la ricostruzione storica del paesaggio è parte integrante di quei racconti, spaccati di storia per noi lettori di oggi. Nel libro c’è anche una preziosa testimonianza di un personaggio che è mancato una manciata di mesi fa. Si chiama Alfredo Schiavi, era partigiano e faceva il tipografo a Torino. Daniela Cassini è riuscita con immensa fortuna a raccoglierne le parole sul primo incontro con Calvino, allora giornalista all’Unità di Torino, avvenuto nella tipografia di via Saluzzo. Me lo ricordo bene: qualche anno fa, nel bar che affaccia su piazza Colombo a Sanremo, Alfredo Schiavi lo raccontò anche a me. Quella conversazione faceva parte di una ricerca sulle fonti dirette legate a Calvino che avevo iniziato. La registrai e, per quei casi sfortunatissimi della vita, una serie di eventi disgraziati fece sì che io perdessi l’unica copia di quel file audio, non per volontà né colpa mia tra l’altro. C’era anche l’audio della mia intervista a Piero Angela su quella memoria esterna coinvolta nel disastro. Piansi di rabbia, ancora oggi provo amarezza per aver perso in modo stupido testimonianze di persone che oggi non sono più qui.

Ma, appunto, ogni tanto dalle nebbie del tempo saltano fuori anche testimonianze nuove che possono ancora parlarci. È quanto è accaduto grazie al fondo privato Giacometti-Loiacono dove una cartellina reca per titolo “Italo Calvino”. Dentro ci sono 4 racconti: tre resistenziali, uno ambientato a Torino durante la seconda guerra. Tra questi “Radura”, diventato poi Andati al comando, che rientrerà in Ultimo viene il corvo. È un autografo ed è un’assoluta novità: non era stato infatti censito finora tra gli autografi dei racconti di Ultimo viene il corvo (lavoro eseguito da Bruno Falcetto nel 2005 che ne individuò 17 tra le carte dei Calvino). Ancora, Angoscia in caserma, La stessa cosa del sangue, che sappiamo essere firmati e attribuibili a Calvino, e poi un racconto lacunoso cui mancano un foglio e la firma, si intitola Visita medica e il fatto che sia contenuto nel dossier Calvino potrebbe far pensare che si tratti di un suo racconto inedito. Il libro contiene tutte le riproduzioni di questi documenti e le loro trascrizioni, fonti interessantissime che attestano cambiamenti e revisioni effettuati da Calvino nel lungo lavoro di redazione che accompagnava i suoi testi prima manoscritti e poi dattiloscritti.

A questi documenti si aggiungono altri inediti, scritti del partigiano Giovanni Nicosia, di cui viene ricostruita la carriera partigiana, e ancora notizie sul Gruppo di Bordighera, composto da Guido Hess Seborga, sua moglie Alba Galleano, Beppe Porcheddu, Renato Brumati e Lina Meifret. Sono storie che in questo libro appaiono in tralice ma già dense, come in effetti sono, di biografie, coraggio, passione intellettuale: sarebbe bellissimo avere il tempo per approfondirle. Ultima chicca del libro, e regalo per i lettori, sono altri documenti che avevo visionato all’ISRECIm, cioè alcuni testi e spartiti dell’esperienza dei cantacronache cui partecipò Calvino. Sono testi degli anni 1958-59 in cui ritrovare parole e musica di Canzone triste, Oltre il ponte, Dove vola l’avvoltoio, Il padrone del mondo. Insomma, dentro questo libro si apre un forziere-mondo: storie di storie e di vite, storie della Storia maiuscola che, per quanto mi riguarda, sento particolarmente vicina per la geografia che mi riporta ai miei luoghi, e le cui radici sono da riscoprire tra le carte che, sorprendentemente, a volte regalano vere sorprese-gioiello come i racconti calviniani del fondo Giacometti-Loiacono.

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Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!