Giugno, una spiaggia dorata dal primo sole, un poco di brezza, giusto quel che occorre a interrompere il blu turchese del mare con qualche striatura bianca. Sì, l’ambientazione era perfetta: l’ideale per leggere Lungomare nostalgia, il nuovo romanzo di Andrea Malabaila da poco uscito per Edizioni Spartaco e che mi ero procurata già in anteprima al Salone del libro di Torino guidata da una grande curiosità. Parere a caldo, condiviso privatamente via messaggio con l’autore e poi qualche ora dopo su Facebook: quanto ho pianto! Ma, come scrivevo, sono state lacrime piene, belle, lacrime di commozione per un riconoscersi pressoché in ogni pagina di una storia che va avanti e all’indietro insieme, e che ha la tenerezza, la delicatezza e tutto il peso della responsabilità di raccontare un nonno.

Tutto parte (anche) dalla copertina

Fin dalla copertina, Lungomare nostalgia mi è sembrato bellissimo e ho deciso di volerlo leggere. Innanzitutto è azzurra, e poi porta con sé un titolo che trovo meraviglioso, e che unisce insieme tre concetti che nella mia mente vanno a braccetto: il mare, la vacanza (che cos’è il lungomare se non l’anticamera della vacanza?) e la nostalgia. Ho scoperto, come il narratore, di condividere le onde esistenziali di questo sentimento così bistrattato che alimenta insanabili flussi di tristezza e bellezza insieme. Nostalgia, appunto: un’emozione cardine. Se poi uniamo il fatto che il nonno e il nipote sulla copertina sono realmente Andrea Malabaila e suo nonno, in una foto reale, la nostalgia è pronta a esplodere e così la voglia di immergersi in questa storia che mi ha accarezzata, commossa e che mi ha saputo restituire tutta quella simpatia provata davanti alla copertina. Simpatia nel senso etimologico di “provare insieme”: non c’è stata praticamente una singola pagina di questo romanzo dove io non mi sia sentita in dialogo costante, e in conseguente confronto, con le storie e i pensieri del narratore e di suo nonno. Li ho condivisi tutti, forse è per questo che ho amato Lungomare nostalgia, una storia piccola, unica, di cose intime e universali, di fatti normali eppure straordinari.

La memoria dei nonni

C’è un nonno al centro della copertina e di tutto questo romanzo. Un nonno che c’è, anche se non c’è più: una malattia rapida e fatale lo ha spento sotto gli occhi impotenti di un nipote la cui nostalgia ha funzionato da acceleratore e catalizzatore. Il nonno ha iniziato a non stare bene, e una crepa si è via via inspessita, fino a mandare tutto in pezzi. Il senso fastidioso dell’ipocrisia, la fatica di fingere, il dolore, spesso tutto interiore, il senso di impotenza, la rassegnazione e l’ostinazione: c’è tutto questo dentro la voce narrante che vive i momenti della progressiva sparizione del nonno. È proprio così che si rende conto che è troppo tardi: per ascoltare meglio, registrare, collezionare dettagli di progetti futuri. Adesso che al posto del nonno c’è solo il suo enorme vuoto, chi lo scrive il libro a quattro mani sulla sua storia? Al centro di Lungomare nostalgia c’è una riflessione che trovo importantissima e urgente sulla memoria. Ne parlavo con l’autore, Andrea, ancora prima di leggere il suo lavoro, commentando la quarta di copertina. Sì, anche io mi pento solo ora, dopo, di non essere stata più attenta alle parole dei miei nonni, di non aver collezionato con la perizia che sarebbe stata necessaria i loro racconti, i loro lasciti traghettati da un’epoca che non ho vissuto fino all’oggi, alla mia epoca. E mi sento svuotata, oggi, assai più povera, mentre ho in testa le ombre di quelle storie che erano il mio mondo di bambina, ma che da sola non sono capace a completare. A volte ci provo ma devo ricostruire i buchi con la fantasia, sapendo che saranno sempre e solo tentativi di avvicinamento a quanto mi raccontavano i nonni, alle loro vite, che ora parlano mute dalle foto in bianco e nero che cerco di riordinare mentre si staccano dallo scotch ingiallito dal tempo. Com’è difficile.

Carta, inchiostro e cura

Il tratto commuovente di questo libro, la parte bella di tutte le lacrime che questa storia fa versare, è che Andrea, raccontando di non esserci riuscito, in realtà dimostra che c’è riuscito perfettamente: ha raccontato suo nonno, rendendolo immortale con un’artigianalità che gli farebbe onore, cioè con carta, inchiostro e cura. Esattamente gli ingredienti che hanno contraddistinto la vita del nonno tipografo: la cura per le cose, l’inchiostro e la carta. Esatto, il nonno era proprio tipografo, e pensare che il nipote lo ha raccontato con tutta la cura possibile (sono svariate le riscritture del testo, come racconta Andrea in una nota) e gli ha dedicato un lavoro di carta e inchiostro è davvero una carezza al cuore: se non ce ne fosse bisogno, commuove ancora un po’.

Lungomare nostalgia ha dunque a che fare con la memoria, ed è per questo una materia narrativa che si muove indietro, avanti e torna a un presente col suo sviluppo storico. Una linea temporale affatto semplice. Per questo motivo il libro procede capitolo dopo capitolo con dei ritorni e dei flash forward che sono indicati dalle freccine in alto su ogni inizio capitolo. Da un lato c’è la storia del narratore, che ci informa del peggioramento del nonno e del suo sentirsi impotente di fronte all’ineluttabile; dall’altra torniamo indietro, alla storia del nonno che viene attentamente ricostruita a partire da un incipit bellissimo, che Andrea, si intuisce, doveva già avere in testa da molto. E poi, in qualche modo, la frizione tra il passato del nonno, lo scorrere della sua vita e il suo interrompersi e l’incessante andare avanti della vita del protagonista, con la sua nuova famiglia, crea la magia: ecco la storia. Una storia che un po’ si racconta mentre si crea: sospesa tra lo sgomento della perdita, la paura di non avere memoria, il coraggio di aprire le scatole dei ricordi e riprendere in mano, dandole voce e vestiti nuovi, quella stessa memoria.

Dentro la scatola

È un processo di cui ho apprezzato la costruzione, nient’affatto banale, e la forza, e la tenerezza. Un processo che affonda le mani in materie come la biografia e la memoria, così sfuggenti, così taglienti. Eppure, la magia di questo lavoro lo rende tutt’altro che una storia personale: è un romanzo che parla a tutti, proprio a tutti.  Forse è per questo che ho pianto tanto tra le pagine di Lungomare nostalgia: perché mi sono specchiata praticamente in ogni riga, nel processo che ci lega, bambini, alle figure dei nonni, e poi ci trova giovani adulti impreparati, e ci lacera, lanciandoci la sfida di una sublimazione che è soggettiva, personalissima. Che ci facciamo con tutto questo peso, questa frustrazione, questa mancanza, noi nostalgici? Ci riempiamo scatole che non apriremo mai più? Sarà perché ci ho fatto e ci sto facendo i conti, con le storie spezzate che mi ha lasciato in eredità nonna, e che stupidamente non ho fissato quando avrei potuto. Sono i fantasmi che si agitano tra ciò che posso ricordare, e tento di fissare come fosse una missione per dare ancora voce e senso alla vita di nonna, e ciò che vorrei poter ricostruire, utilizzando una pazienza e una perizia che a volte sembrano non avere sazietà, e mi danno la sensazione di essere persa e abbandonata. Andrea Malabaila è riuscito in questa impresa bellissima: restituire al suo mondo di carta e inchiostro l’esistenza imperfetta e tuttavia straordinaria del nonno con cui ha fatto un tratto di strada decisivo, tornando anno dopo anno su quel lungomare di Finale dove insieme trascorrevano le vacanze. Quel lungomare dove oggi, io credo, passeggia una nostalgia che fa piangere, sì, ma è un pianto bello fatto di lacrime azzurre dentro le quali sorride, orgoglioso, un nonno immortale.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!