Ricordavo nettamente l’immagine dell’incipit: l’apertura del rubinetto della doccia. Rimasi affascinata da quell’immagine, e da tutto il racconto che seguiva: per il linguaggio, per il vertiginoso viaggio che con quel filo d’acqua si era aperto davanti agli occhi, per la debordante attualità del messaggio e del tema. Erano anni fa, ero alla Biblioteca nazionale di Torino e stavo assistendo a un incontro di cui non ricordo titolo né obiettivo, ma che era dedicato all’eco-critica, cioè ai rapporti tra letteratura e ambiente. E la professoressa Daniela Fargione fece riferimento a Italo Calvino leggendo un passaggio da un testo che non conoscevo e mi suonò di rara bellezza. Un testo di cui non sapevo il titolo né avevo i riferimenti bibliografici, e che fino a qualche mese fa non avevo mai più ritrovato.

Poi accade l’impensabile: vado a una mostra sui libri di Calvino a Milano, scorrono testi rari, chicche e prime edizioni. E tra questo florilegio di meraviglie per bibliofili calviniani noto un libro dalla copertina blu scuro, piuttosto anonima: Acquedotti ieri e oggi, anno 1976. Il curatore della mostra ce lo fa osservare e ci scherza su, chiarendo che no, non è un caso se il testo, che parla di cose ingegneristiche, financo importanti eh, per carità, ma distanti da Calvino, è lì in mostra. Non è un caso perché quel testo lì, fuori catalogo da millemila anni, sconosciuto ai più, contiene una prefazione di Calvino.

Due paragrafi, due storie: nel terzo la conclusione, che le unisce. Perché io, incuriosita da questa rarità pazzesca, la cerco su google e, non mi sia chiesto come dove né quando, perché non lo so davvero e perché anche se ripercorressi le tappe della ricerca incorrerei in qualcosa di non propriamente legale, temo, trovo un pdf con il testo. E, indovina indovina? Quel testo mi prende e mi trascina con sé fin dall’incipit, che è per l’appunto quel famoso incipit che mi stregò, quello della maniglia della doccia, e fa così:

Avanzo il braccio verso la doccia, poso la mano sulla manopola, la muovo lentamente facendola ruotare verso sinistra. Mi sono appena svegliato, ho gli occhi ancora pieni di sonno, ma sono perfettamente cosciente che il gesto che sto compiendo per inaugurare la mia giornata è un atto decisivo e solenne, che mi mette in contatto con la cultura e la natura insieme, con millenni di civiltà umana e col travaglio delle ere geologiche che hanno dato forma al pianeta

Crisi idrica: è emergenza

Non vado oltre: sono certa che i veri surfisti del web potranno ritrovare i miei passi esplorativi sui motori di ricerca e bearsi del racconto, che immagino si trovi anche nei Meridiani che contengono i testi di Calvino. Quelli o siete ricchi, o siete fortunati, o li trovate in biblioteca. Vi basti sapere che con questo incipit quotidiano e già letterario, con questa immagine così vivida che mi fa pensare a tante docce del commissario Montalbano, atti purificativi, necessari e snodi per giornate difficili, Calvino non apre solo un rubinetto ma un fiume di pensieri che per tre pagine sgorga limpido e fecondo sul rapporto che abbiamo sviluppato con l’acqua corrente domestica, sui rischi dell’attuale panorama di crisi climatica, sui giornali che leggo ogni giorno e la quotidianità che vivo da due estati.

Liguria di ponente (qui come altrove: in tutta Italia si vivono situazioni analoghe e ognuno ha il suo Roja, ahimè), estate 2022: son l’ufficio stampa di un Comune che si ritrova, nel pieno della stagione turistica (abitanti e residenti quintuplicati) in piena crisi idrica. Cosa significa? 12 ore senza acqua, nel senso che se apri il rubinetto per farti una doccia una volta tornato dal mare, non esce niente. La siccità ha fatto il suo, prosciugando parte delle risorse idriche che non si sono ricaricate, l’afflusso turistico ha contribuito a una richiesta di acqua oltre i livelli che l’infrastruttura può reggere (le pompe che dovrebbero spedire l’acqua dalla condotta litoranea alle alture non pescano abbastanza, i livelli non bastano a mandarle in funzione, dunque l’acqua non viene pompata in alto), e la stessa infrastruttura, risalente a 40 anni prima e oltre, non ce la fa più, minata metro dopo metro da danni e perdite.

In provincia di Imperia esiste un solo bacino idrico dalla portata di fiume, il Roja, ed è da qui che si dipana l’acquedotto che serve l’intero territorio provinciale, toccando inoltre Andora che è già in provincia di Savona e che negli ultimi due anni sta vivendo una situazione incresciosa, con acqua salata che esce dai rubinetti. Un acquedotto che risale agli anni Settanta e che in larga parte scorre sotto al mare. Un acquedotto vetusto, acciaccato, pieno di problemi. Un acquedotto che regolarmente, da anni ormai, e in una ideale curva crescente, si rompe, generando geyser che spaccano l’asfalto (siamo secondi solo all’Islanda, è la battuta ormai ricorrente) e causando interruzioni del servizio idrico. In poche parole: manca l’acqua. Manca spesso l’acqua, improvvisamente e in territori più o meno estesi. Quella linearità raccontata da Calvino, filo diretto dal rubinetto della doccia all’acqua, non è più così scontata. Anzi, ci si trova a ragionare su quanto ci siamo ormai abituati ad avere l’acqua in casa e quanto faticheremmo a tornare indietro, su quando, come e perché sia stata costruita l’infrastruttura – l’acquedotto, appunto – che ci permette di vivere questo lusso, e ovviamente ci si arrabbia per tutto quello che riterremmo ormai scontato e che invece non funziona.

Combattere con l’acqua

L’estate scorsa una grande siccità si è abbattuta sull’Europa del Nord, le immagini sul video mostravano distese di campi dall’arida crosta screpolata, fiumi già opulenti che scoprivano con imbarazzo il loro letto in secca, bovini che frugavano col muso nel fango cercando sollievo all’arsura, code di gente con anfore e brocche davanti a una magra fontana. Mi coglie il pensiero che l’abbondanza di cui ho diguazzato fino a oggi sia precaria e illusoria, che l’acqua potrebbe tornare a essere un bene raro, trasportato con sforzo

Parole di Italo Calvino tratte dal racconto-prefazione di Acquedotti ieri e oggi, anno 1976. Sul Secolo XIX del 15 agosto 2023 leggo, in un pezzo di Luca Rebagliati dedicato alla situazione di Andora: “Due estati a combattere con l’acqua, che talvolta sgorga salata dai rubinetti, talvolta non ne sgorga proprio e che quando c’è non può essere bevuta o usata per cucinare, ma solo per lavarsi”. Temi, modalità, titoli, urgenze e richiami che avevano già costellato l’estate 2022: l’acqua non è più scontata, con l’acqua, anzi, si combatte. Quando e come siamo arrivati a questa totale inversione senza accorgerci, cosa che invece Calvino già presentiva, che l’acqua non è un bene scontato, che non è affatto ovvio che arrivi tranquillamente nelle nostre case?

Dal 2022, estate torrida, di caldo innaturale, di ripresa turistica dopo anni di crisi, di angoscia per un mondo in virata verso un cambiamento esacerbato, difficile, spesso incompreso, ricordo fioccare le ordinanze antispreco, viaggiare le autobotti. Ricordo le discussioni sul livello dei torrenti sotto la portata consueta, oppure addirittura asciutti, e ancora ho i brividi a pensare alla mancanza di riserve di neve su in alto, alle sorgenti in secca, ai problemi delle falde, generati pare dalla violenza delle recenti alluvioni. Ricordo, dal 2022, l’agitazione dei sindaci che esortavano a non sprecare l’acqua per riempire piscine o per innaffiare giardini, i provvedimenti urgenti con cui i comuni chiudevano l’erogazione nelle ore notturne per permettere alle vasche di riempirsi e tornare a pompare acqua in alto, e poi le paginate di giornali, i titoli cubitali. Crisi idrica, Ponente senza acqua, siccità, incubo e un’altra serie di retoriche linguistiche e giornalistiche che sottolineavano i caratteri di gravosità della disastrosa situazione. Tutto questo è tornato, come se nessun avviso fosse stato lanciato e diffuso tra la gente, nel 2023.

Acqua: bene mai scontato

Ma se tutto questo già si vedeva benissimo, se perfino Calvino, nel 1976, aveva intuito che l’acqua non era (non è) un bene scontato e bastava un’estate siccitosa per mettere in seria difficoltà l’intero sistema, per minare sicurezze e ricordarci cosa siamo e quale posto occupiamo nel mondo… Perché il 19 maggio 2023 sulla Stampa leggevo “incubo siccità” come titolo a un articolo che richiamava la possibile (poi rivelatasi certa) crisi idrica estiva? Secolo XIX del 6 luglio: “Reti idriche, in difficoltà i paesi del medio entroterra”, mentre il 15 agosto le stesse pagine parlavano della seconda estate di passione “con la spada di Damocle di vasche e cisterne che potrebbero rimanere a secco da un momento all’altro”.

Vero è che si tratta di una situazione generata da un gomitolo di problemi tale da dare vita a una perfetta complessità che sarebbe stata consona al pensiero di Calvino. Perché la crisi idrica nel Ponente ligure è inasprita dalla siccità, certo, e dalle conseguenze del cambiamento climatico, ma anche da un turismo di massa tale per cui, dopo decenni in cui il territorio è stato dato in pasto e scarnificato dalle orde di vacanzieri, ora non ce la fa più. E poi certo, lo dicevo già sopra, è una crisi generata dalla mancanza di manutenzione di un acquedotto vecchio i cui problemi pare siano ora in via di (lenta, per forza) risoluzione (Qui c’è un video intervista realizzato da Paolo Vassallo dove si spiega il sistema Roja con il suo funzionamento).

Cosa c’entra dunque un testo raro e per lo più sconosciuto di Calvino con un nodo di problemi sistemici che hanno a che fare con territorio, politica, ambiente, comunicazione e opinione pubblica? C’entra tantissimo, perché Calvino ci fornisce uno sguardo e una voce limpidi sul mondo che stiamo vivendo. Ci lancia un interrogativo, e lo fa da quasi 50 anni fa, quando il mondo di certo non era sulla soglia della crisi climatica che stiamo vivendo nel 2023. Ci accompagna con una lingua cristallina e una serie di immagini che, nitide, ci stregano i pensieri e li portano in un viaggio a ritroso nella civiltà. Lo fa dal passato, per illuminarci il presente e il futuro: ecco in cosa è geniale, visionario, un classico. Si scopre, e ci sorprende, umile di fronte alla preziosità di un bene non scontato, di un’infrastruttura frutto di una storia millenaria. Una doccia quotidiana, il gesto scontato di aprire il rubinetto e lasciarci svegliare dalla piacevolezza degli spruzzi d’acqua, diventa un trattato di sostenibilità delle risorse idriche che, oggi, potrebbe salvarci, rendendo ogni nostro gesto idraulico un’occasione per una crescita di consapevolezza.

Calvino dà voce alla storia, non sempre facile, non sempre lineare, di come un getto d’acqua possa uscire dalla doccia di casa nostra con un semplice movimento della mano, e regalarci un momento di relax che ci permette di iniziare bene la giornata. Banale, direte voi? Non quando si aspetta un’autobotte perché in casa non scorre acqua, non quando quell’acqua non può essere usata per buttarci la pasta, non quando l’acqua devasta intere regioni (Emilia Romagna, maggio 2023), oppure manca, tanto che la terra si spacca, le radici muoiono, di fianco spruzzi in piscina, una vena d’acqua esce solitaria da un tubo vecchio e corre anonima lungo l’asfalto, cola giù in cascate di acqua dolce, preziosissima, che sparisce in mare diventando anch’essa salata. Rileggiamolo tutti, questo Calvino defilato e sconosciuto: gestori, amministratori, turisti affamati di servizi, abitanti di luoghi difficili come la Liguria mia e di Calvino. Avrà l’effetto di una doccia fresca, servirà a riaprirci gli occhi così che,  meravigliandoci di quanta letteratura possa uscire da un rubinetto, re-impariamo a considerare la quotidianità che sta cambiando come un’abitudine che ogni giorno può essere messa, nostro malgrado o per il nostro bene, in crisi.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!