Romanzo, c’è scritto sulla copertina, ma è un termine che non basta a descrivere questo volo della fantasia che pesca a piene mani dalla biografia di Italo Calvino e dai tanti, tantissimi rivoli che si aprono da Villa Meridiana e da quel giardino paradisiaco rievocato nel titolo. Il giardino di Italo, di Enzo Fileno Carabba, è uscito da poco per Ponte alle grazie e mi ha stupefatta, sorpresa e divertita tantissimo con la sua sapiente leggerezza. Non saprei come classificarlo: è una storia che da Calvino prende spunto per inventare un personaggio, un po’ come Il bambino e le isole di Marino Magliani, ma no, non è esattamente così, perché è anche una particolarissima biografia del Calvino bambino nella sua Sanremo fatta di piante rare ed esotiche, della sua infanzia tra Corriere dei piccoli (la storia di Pier Lambicchi e dell’arcivernice vale la lettura del libro) e fascinazione per le parole. Ed è anche percorso di domande e tentativi di risposte che prendono le forme divertite del romanzo, giocando con una voce che dice io e che, stando all’indicazione di copertina, dovremmo immaginare come un’entità narratrice che nulla a che fare con l’autore. Molto, molto calviniano. Delizioso per me.

Ho letto queste pagine sulla riva del mare, le ondine che mi lambivano: neanche a farlo apposta una situazione perfetta per lasciarsi solleticare da questo alfabeto calviniano in forma di storia e insieme all’autore, o forse all’io che parla, inseguire alcune delle suggestioni che potrebbero aver incontrato la fervente fantasia del futuro scrittore quando era ancora un bambino e viveva nell’allora stazione sperimentale di floricoltura di Sanremo a Villa Meridiana. Il giardino incantato, appunto: uno dei titoli di Ultimo viene il corvo, un racconto che intreccia infanzia, magia, scoperta, e Sanremo. Proprio al giardino è dedicato questo articolo, nel quale sono stata ospite di Blufiordaliso e La Jeune Botaniste!

Scoprendo la “potatura calvino”

C’è un’introduzione dove lo scrittore ci avvisa: questo è un “viaggio dentro un grande amore” e come tale qualcosa potrebbe non essere fedelissimo alla verità. Ma che importa la verità in un lavoro del genere? Tant’è (!) che i nomi, dice sempre l’io che parla, saranno detti perché tanto oggi è tutto diverso, quindi non hanno più importanza. Cercare di definire questo lavoro, come dicevo, è complesso: dice e non dice, finge e ammette verità. Per esempio, il riassunto della trita e ritrita nota biografica che più o meno tutti i saggi calviniani che riempiono gli scaffali in questo 2023 recitano è proposto così: “Villa Meridiana a Sanremo era una casa di campagna in città che rotolava verso il mare, ma i genitori di quel bambino erano gente di terra e si voltavano dall’altra parte”. Pulito, preciso, luminoso.  

Nella storia troviamo tantissimi riferimenti reali e un ritratto di Sanremo, la Sanremo vera vissuta da Calvino e trasfigurata nelle narrazioni e tra le pagine  (già ne ha parlato Gianmarco Parodi): c’è Libereso Guglielmi, il giardiniere della Villa, detto Tarzan, c’è Antonio Rubino, altro sanremese, celebre disegnatore, già direttore di Topolino e mente fantastica dietro tantissimi dei personaggi del Corriere dei piccoli (non a caso in 111 luoghi della Riviera dei fiori che devi proprio scoprire abbiamo dedicato una scheda a lui e alla sala del Museo civico di Sanremo che lo riguarda), c’è persino il Corsaro Nero di Salgari che (la guida 111 lo cita, anche lui) pare fosse di Ventimiglia, e il sedicente scienziato Voronoff che mescolava uomini e scimmie. Davanti a questo florilegio di spunti che restituiscono quel giardino incantato che era la Villa e insieme l’infanzia del piccolo Italo, resta però sempre vero che “tutti coloro che nascono in un giardino incantato sentono il desiderio di uscirne”. La fantasia corre veloce e con lei sono in rincorsa anche dubbio e interrogativi sul mondo.

Ed ecco un percorso, quello lungo la poetica dell’autore e le regole che l’hanno determinata, quasi una “potatura Calvino”, per la quale pare fosse noto il padre Mario. Questo romanzo è anche la ricerca di tanti perché calviniani, a partire da una rosa di dualità che si ritrovano lungo tutto il percorso dello scrittore, perennemente “in bilico sul crinale di queste forze opposte”. Ci sono la lingua perfetta, che non vuole dialetto, la lingua di cristallo che rifiutava la nomenclatura scientifica del dna familiare – tutti scienziati tranne lui, la pecora nera -, e rifuggeva però anche l’autobiografismo, le “parole molli” che l’io del racconto, giocosissimo, chiama così per presentarsi, dichiarando di essere affascinato dal rigore che lo scrittore si era imposto. Dall’altro lato, una strabordante fantasia: non poteva essere che così in un giardino incantato tra alberi su cui arrampicarsi, cantine piene di fumetti, genitori rigorosi, apparentemente freddi ma appassionati (meravigliosa la frase dedicata al loro opporsi al fascismo: “me ne frego” il motto del fascio, “me ne importa” il motto di casa Calvino). Due facce che si parlano: fantasia (botanica, anche: i nomi delle piante Calvino li inventò perché non era in grado di ricordarli) e rigore, mare e terra, pagina e mondo…  Potremmo andare avanti per binomi e binomi citando per esempio La strada di San Giovanni: un idillio splendido riuscito così proprio perché Calvino non voleva scriverne uno. Il romanzo di Carabba insegue questa linea di tensione: un campo di battaglia, lo chiama, dove le forze della lingua e della fantasia si sono fatte lava incandescente solidificata in mare, raffreddate con una volontà ferrea in una mente a forma di nassa, piena di pezzi che cambiano posto. Una mente che aveva due occhi: uno fantastico, l’altro razionale, uno giocoso, l’altro severo. Doppia, proprio come tutta la vita di Calvino, fin dal giardino incantato.

Italino da piccolo camminava sui muretti e saltava sui massi del molo. Seguiva traiettorie precise in ambienti delimitati. Percorsi: e dietro un percorso c’è sempre una regola

La disidratazione della soggettività

Dentro il romanzo di Carabba troviamo un Italo Calvino adulto, scrittore, e un bambino attratto dalla parole, dalle onde e dai fumetti, Italino. “Ci piace immaginar[li] connessi”. Seguiamo la storia di Italino senza la pretesa filologica e critica di individuare nessi e contingenze biografiche. No, Italino è un bambino che vive in un giardino incantato, il mondo magico e pieno di personaggi e stimoli dove troverà tutte le idee e gli spunti che faranno di lui Italo Calvino, lo scrittore adulto, e tutte le numerose medaglie a due facce che lo inseguiranno tra le pagine (o forse era proprio lui abituato a seguire sempre due punti di vista insieme?). Scrittore del dubbio, lo hanno definito, scrittore realista, rigoroso, fantastico: le tante identità di un percorso, i rischi di questa prismatica attitudine incontrati passo dopo passo. Carabba ci racconta, in forma di storia trasognata e intrisa di dati reali, un’idea dei perché della ricerca di Calvino. E del suo amore di lettore.

All’inizio di questo racconto il piccolo Italo, futuro scrittore adulto che sarà conosciuto come Italo Calvino è sulla spiaggia col fratello Flori (Floriano) e incontra un’onda. È un annuncio del signor Palomar, ma è anche una giocosa metafora che per me sprigiona meraviglia perché a quell’onda Italino parla. Dà del lei, del voi, ci prova in tutti i modi perché vorrebbe riuscire a pensare all’onda, finché non usa l’io, ed è lì che l’onda lo prende con sé e lo travolge. Un momento di meravigliosa e inebriante perdita di controllo. In una pagina, trasformato nella giocosità di un racconto-gioco dalle profondità d’abisso (per niente ci rotola dentro un’onda) appare uno dei perni sui quali ho basato la mia tesi di dottorato, nonché pilastro della poetica calviniana: il rapporto dell’io con la percezione del mondo, la limitatezza del punto di vista soggettivo, il signor Palomar che vorrebbe descrivere tutta l’inesauribile superficie delle cose e non ci riesce perché il suo io è troppo ingombrante, forse perché racchiude il mondo intero.

Quando Italino arrivò al limite della terre emerse, il mare non disse niente, non fu minimamente impressionato dalle sue oscillazioni mentali, perché il mare è fluido e unito e passa sopra: la più lunga carezza del pianeta

È contagiosa, questa scrittura felice: sguazzare dentro l’infanzia di un autore rincorrendone le ispirazioni e cucendo in una trama colorata ciò che di lui sappiamo, ciò che gli ruotava intorno, è un esercizio di fantasia con molte contraintes, sarebbe piaciuto a qualcuno dell’Oulipo, a Calvino chissà. Forse alla sua penna del Cavaliere inesistente, di cui ha l’allegra giocosità e l’inganno metaletterario, appunto, forse al Lettore di Se una notte d’inverno un viaggiatore, per l’incastro dei livelli, la lettura delle letture e il prisma di libri citati. Ce lo dice anche l’io che parla: “Lui forse non era una creatura delimitata e misurabile, come aveva imparato, ma un libro abissale fatto di onde difficili da arginare”.

Onde come idee

Tutto parte dal mare, quasi come nella ricerca della Città invisibile di Gianmarco Parodi, che osserva il riflesso di Sanremo dal suo mare, nello specchio acqueo del porto dove solo alcuni giorni, in determinate condizioni di luce, appare una Sanremo trasfigurata, che apre porte a mondi sognati, a volte distanti solo un pizzico dalla realtà. Anche Gianmarco in quel mare si immerge, solleticato da un racconto “Un bastimento carico di granchi” contenuto dentro Ultimo viene il corvo, e guarda caso il mare e i suoi tesori inabissati sono il filo ispiratore anche di Carabba, del suo romanzo fantastico e giocoso che incontra Italino e lo insegue nel suo viaggio di scoperta tra giardini incantati, alberi della vita, onde che parlano e insegnano cose sull’io, fumetti e personaggi, granchi dalle chele digrignanti e asfalti sicuri. Personalità oceanica: piena di moltitudini rotolanti come onde, dai punti di osservazione cangianti.

“Quando vieni capovolto da un’onda per un centro tempo e ti si rimescolano le parole dentro, impari qualcosa” si legge a un certo punto. Sono diverse le onde che arrivano sui piedi del nostro Calvino, potremmo immaginarlo mentre cerca la città sott’acqua, o mentre passeggia sulla spiaggia di Roccamare, già un po’ Palomar. Un lettore di onde insomma. Non a caso tra le pagine più belle di Carabba per me c’è il riferimento alle onde, a Palomar che le legge, e a un terzo racconto splendido, L’avventura di un lettore, raccolto in Gli amori difficili, che si svolge ancora vicino al mare, su una spiaggia.

Del romanzo di Carabba colpisce la capacità di condensare in questi passaggi narrativi di raro incanto, frutto di finzione e gioco, gli snodi che definiscono il lavoro di Italo Calvino durato una vita. Mi sono spesso domandata cosa arrivi, di questo romanzo multistrato dai mille livelli, a chi non abbia studiato a fondo Calvino come è capitato a me, a chi non lo abbia letto tutto, non ancora, a chi non si sia mai posto interrogativi legati ad aspetti di critica letteraria o storia della letteratura e abbia affrontato Calvino solo da lettore, per il gusto di leggerlo. Come nuotare in questo mare di riferimenti e occhi che si strizzano complici? Come trovare il filo e non venire acchiappati, senza nemmeno accorgersene, dalla nassa? Mi piacerebbe poter leggere questo esperimento metanarrativo, o metaletterario, con l’incoscienza del lettore, farmi stregare dalla magia del giardino di Italino e dai suoi spunti fantastici, senza stare a cercare i riferimenti reali, anzi, senza che l’automatismo che deriva da una conoscenza approfondita me li indichi da sé, una strada che già conosco, mentre saltello a passi di scoiattolo sul sentiero che Carabba costruisce tra la carta e i ghirigori di inchiostro. Quel sentiero Calvino lo frequentava da tempo, aveva imparato lì “l’arte di non dire le cose come stanno, non perché si mente ma perché le cose non stanno”. E infatti una verità non c’è: casomai c’è un modo dello sguardo, una postura, “un moto ondoso in cui tutte le ipotesi giocano un ruolo”.

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Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!