Calvino è ubiquo in questo 2023 del centenario: “tutti scrivono di Calvino”, verrebbe da dire, o, variando preposizione, “tutti scrivono su Calvino”. È più raro, invece, che si scriva “con Calvino”. Non tanto una scrittura a quattro mani con Italo, che sarebbe davvero un progetto visionario e, io penso, irrispettoso. No, proprio con Calvino come materiale narrativo. Mi sono accorta, con sorpresa, che l’autore può diventare, e lo ha fatto già da tempo, materiale di scritture altrui. “Ma sei proprio un personaggio”, faceva dire Camilleri da Montalbano al suo vice Mimì Augello. Ecco, qui sarebbe un’esclamazione da rivolgere a Calvino. Non so dire se gli sarebbe piaciuto: penso di no.

Fatto sta che accade. Ne ho parlato per un esempio recente e italiano: Il giardino di Italo, di Enzo Fileno Carabba, che mescola insieme aspetti biografici, domande da lettore e delicata poesia in un racconto. Poi ho scoperto che, specie la penisola iberica, aveva già fornito ben prima del centenario gustosi esempi di come la forza poetica di Calvino potesse entrare dentro la materia narrativa e l’immaginazione di altri in uno strano mix che coinvolge la figura dello scrittore e la sua biografia letteraria, ma anche e soprattutto i suoi personaggi. Tra questi, eccelle Palomar, immortale ritratto poetico dello stesso Calvino, che incarna nella sua figura anonima il grande dispositivo che ha connotato tutta la linea di ricerca calviniana, cioè l’osservazione-descrizione. Palomar sa essere insieme ironico, principe della leggerezza, ma anche cosmico: un occhio-mente (sempre la definizione di Belpoliti che uso spesso perché condensa alcune istanze della poetica calviniana, da L’occhio di Calvino, Einaudi) al lavoro nel mondo.

Nel barrio del signor Calvino

Il signor Calvino, del portoghese Gonçalo M. Tavares, è un libricino che ho visto esposto alla mostra alla Kasa dei libri di Milano lo scorso inverno e che non conoscevo. Ho quindi recuperato, scoprendo che Tavares è uno dei più importanti scrittori portoghesi contemporanei. Quanto al libro, Il signor Calvino, pubblicato in Italia da Guanda, si tratta di un racconto lungo parte di una serie poi confluita in un unico progetto editoriale che in italiano si intitola Lor signori ed è pubblicato da Nottetempo (uscito nel 2014). In originale i quattro racconti inclusi fanno parte del progetto El barrio – il quartiere: si tratta di un ideale quartiere popolato da personaggi della letteratura e della filosofia. Dentro troviamo, oltre a una mappa (tenete a mente questo elemento) Calvino, Beckett, Walser, Valéry, Krauss, Borges, Wittgenstein, Foucault… La volontà dell’autore era quella, un po’ ironica e un po’ visionaria, di costruire sulla carta “una storia della letteratura in forma di narrativa”.

Ecco dunque il nostro Calvino trasportato nel mondo della narrativa. Nella penna di Tavares diventa così un personaggio: il signor Calvino, che sembra un po’ il signor Palomar, anche se tutti i personaggi sono signori, per esempio il signor Valéry, il signor Beckett… Hanno insomma la dignità di figure modellate su un originale in carne, ossa e idee. Perché, così come accade per tutti, anche il Calvinoalter ego finzionale di Tavers ha modi di fare, ossessioni, manie, ma anche una sottile vena poetica. Tutto questo si respira grazie all’accompagnamento della voce narrante che allestisce il ritratto di questi “signori” con piccole azioni, con il tono del racconto e con qualche dettaglio che occhieggia al lettore arguto. Insomma, “una perfetta sintesi di fantasia e mimesi comica”.

Come già mi domandavo per il romanzo di Carabba, anche nel caso del signor Calvino mi sono domandata come reagirebbe chi non conoscesse nulla dell’autore. Riuscirebbe, senza sapere nulla della poetica e dello stile di Calvino, a percepire l’ironica e a volte poetica leggerezza, e a cogliere i richiami interstestuali con il mondo etereo e i modi posati e discreti del signor Palomar? Il racconto del signor Calvino inizia con tre sogni che portano il lettore dietro una farfalla. Il signor Calvino è un Palomar che osserva tutto, si impegna in esercizi allo scopo di testare il suo rapporto quotidiano con il mondo, e così si lega palloncini al polso e li porta ovunque con sé, oppure trasporta rette parallele in giro per il quartiere. Come Calvino, Italo, quello vero, questo personaggio di carta ha il desiderio di trovare una posizione dello sguardo, un modo di guardare: per riuscire a “descrivere in modo imperfetto l’esattezza” delle cose, per fare stare quanta verità possibile dentro alle frasi fatte di parole. Esercizi di visione dentro una realtà brulicante e con un universo “birichino”, senza togliere una goccia amara data dal disincanto, esattamente quello di Palomar-Calvino, che tuttavia è pulsante di fantasia e leggerezza, sospinte avanti dall’incessante esigenza del pensiero di ragionare e macinare. Esercizi di visione, voli di farfalle e palloncini, un’ostinazione molto ironica, molto “calviniana”: è questa la vita del signor Calvino, un omaggio e insieme una proposta di lettura della poetica dell’autore. Per chi lo conosce e ha letto qualcosa di critica letteraria, un’irresistibile caramella.

a volte si emozionava per le idee, non per il mondo. Avere una vita propria non era – per il signor Calvino  – soltanto passare per esperienze tribolate nel gioco degli avvicinamenti e degli allontanamenti umani: per lui chi non aveva pensieri propri non aveva una vita propria. Calvino sentiva un’idea che gli passava per la testa come sentiva il freddo alla gola; chiaro che tale sensazione non era toccabile come un mobile, era una sensazione effimera, tuttavia eccitante

Il signor Palomar a Barcellona

Un giorno, per caso, ho scoperto un titolo che ha attirato la mia attenzione Il signor Palomar a Barcellona. Lo pubblicava nel 2021 in Italia Solferino, lo ha scritto la catalana Tina Vallès, e la copertina è quanto meno affascinante: una testa – immaginiamo, quella del signor Palomar – con dentro una mappa, quella della città di Barcellona. Tutto troppo curioso per non scoprire questo romanzo: perché in effetti di romanzo si tratta, una narrazione che fa proprio il personaggio di Calvino e lo inserisce in una cornice di tempo specifica – agosto 2019, e il successivo anno – e in una geografia altrettanto nitida, la città di Barcellona. C’è persino una contrainte, ed è quella reale che tutti ci ha accomunato nel corso di quell’anno: il lockdown. Vissuto davvero dall’autrice, mentre scriveva (cosa che ha plasmato e modificato il progetto di scrittura, racconta in postfazione) e vissuto dal signor Palomar, che di lavoro cammina e osserva la città, per comprenderla.

Ma chi è, davvero, questo signore che così tanto assomiglia al personaggio calviniano? Possibile sia lui? Diciamo che molto gli assomiglia, e che molti tratti li ha in comune anche con Italo Calvino: una moglie e una figlia adolescente, l’aver vissuto a Parigi e Roma, un amico che si chiama Marcovaldo. La sua occupazione è insolita: dopo essersi trasferito a Barcellona si dedica a camminare per la città osservandola, descrivendola, quindi cercando di capirla. Il meccanismo classico, ma in un altrove in cui Palomar arriva fuori dal suo tempo e dai suoi spazi. Per 52 settimane l’autrice ci racconta il girovagare di questo personaggio e parallelamente la città, le sue vie, piazze, monumenti. “Sarà sufficiente cambiare città per trovare un nuovo modo di descriversi?” si domanda la voce narrante. Palomar sperimenta, cammina, si guarda intorno: vuole trovare un modo per descrivere ciò che vive. Non è morto infatti, come chiudeva Calvino: si ostina a cercare un modo, e cambia città per trovare nuovi spunti. Bizzarro, a volte “stonato” rispetto al mondo chiassoso che ha intorno, introverso e un po’ stravagante, solo, chiuso nella propria testa, specie quando intrappolato in casa a causa del virus, ma anche intensamente tenero e poetico, così è questo Palomar che gira per Barcellona e si scontra con contraddizioni continue. Sono per lo più sensazioni visive, ma Vallès sperimenta con i sensi e con gli oggetti, recuperando due velleità di Calvino, e dunque Palomar è alle prese con il naso, con i suoni, persino con il tatto. Una piccola sfida deliziosa alla percezione della vita, da un punto speciale inedito, che è la Barcellona, anche quella dei due mesi di lockdown.

Nel Palomar autentico, quello di Calvino, il protagonista andava realmente a Barcellona, allo zoo. Tina Vallés prende spunto da lì e cita, nel suo universo metaletterario, quel racconto, insieme a tanti altri di Palomar (e Marcovaldo). La mia domanda torna: cosa recepisce di questo testo chi non conosce Calvino? Perché questa esplorazione romanzesca della Barcellona di Palomar è un intreccio sorprendente di citazioni vere e proprie, di riferimenti, di intertestualità: si sono il gorilla, le tartarughe, il terrazzo, la baguette, il negozio di formaggi, le onde, c’è Perec (ah, l’Oulipo!) e c’è persino Raymond Queneau con Zazie nel metro. Match con i miei gusti letterari al cento per cento insomma. Ma, appunto, io sono una lettrice informata sui fatti, per cui girovago per la città con Palomar Secondo (da non confondere con l’originale) e a volte riconosco e sorrido. Come già per Taveres, incontro anche elementi per un percorso dentro la poetica di Calvino, che si alternano in questo caso a situazioni nuove: come avrebbe reagito quell’occhio-mente pensante davanti a certi fatti? E davanti al lockdown? Siamo in piena metaletteratura, e devo dire che immaginare Palomar passare da un romanzo all’altro, saltando anche il confine linguistico, ha qualcosa di curioso e sorprendente, è in effetti un esercizio per l’equilibrio, ma non sempre è una prassi che mi convince. Palomar resta comunque il personaggio di Calvino, inventato da lui. Pensare di riprenderlo può lasciare poco spazio all’inventiva personale, e infatti laddove l’autrice forza la mano, attualizzando i contesti perché del resto attuali sono i tempi del racconto, Palomar appare, alla me lettrice che già lo conosceva, quasi un altro, trasfigurazione che tradisce la presenza di un altro personaggio, somigliante ma non lo stesso. Resta qui, sospesa tra due mondi, la lettura di questo curiosissimo omaggio narrativo a un autore amato, con tutto lo sforzo di attualizzare le domande di Calvino, la sua perenne ricerca che, quella sì, coinvolge un altro Palomar come tutti noi, ogni giorno: cercare di guardare capire il mondo in tutta la sua complessità e, descrivendolo, restituirlo sulla pagina scritta.

È in ogni caso interessante osservare questi universi letterari e questi esperimenti. Sono tutti, chiaramente, il portoghese e il catalano, omaggi letterari e tentativi usciti dalla penna degli autori come dedica a uno scrittore che evidentemente li ha ispirati molto, o che ha lasciato segni tangibili nel mondo della cultura (e che Calvino l’abbia fatto, nessuno lo mette in dubbio). Che Tina Vallès sia la seconda studiosa iberica che “inciampa” in questo omaggio a Calvino mi fa riflettere: il romanzo è uscito nel 2021, così come del 2020 – quindi sempre prima della frenesia del centenario – è la biografia di uno spagnolo, Antonio Serrano Cueto, un lavoro certosino e approfondito dedicato al “nostro” italico scrittore. Come mai questo interesse da parte del mondo ispanico e portoghese? Forse per l’origine sudamericana della moglie di Calvino, e quindi una vicinanza linguistica? Davvero, non lo so: se trovate delle risposte fatemi sapere!

Qui, intanto, le altre pagine per Italo

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!