Un decennio interamente dedicato al mare. Utopia? No, realtà. È quella del Decennio delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile (Decade of Ocean Science for Sustainable Development) dichiarato dalle Nazioni Unite dal 2021 al 2030. Un’iniziativa che bussa alle porte della comunità scientifica, ma anche dei governi, dei privati e della società civile proponendo un programma comune di ricerca e di innovazione tecnologica. Il Decennio per il mare è stato presentato il 22 ottobre con un evento in streaming causa covid, il primo evento italiano con l’obiettivo dichiarato di creare un movimento globale capace di dare voce all’oceano. A me già solo questo intento basterebbe per sognare in grande, e sognare un futuro blu come il mare.

Ogni 10 respiri che facciamo, almeno 7 li dobbiamo all’oceano. Genera tra il 50 e l’80% dell’ossigeno che respiriamo e assorbe un terzo dell’anidride carbonica (CO₂), emessa nell’atmosfera. Ospita l’habitat più vasto del pianeta, eppure l’uomo ha esplorato, ad oggi, solo il 5% dei fondali marini.

Francesca Santoro lavora alla Commissione Oceanografica Intergovernativa dell’Unesco a Venezia ed è anche citata nell’ultimo libro di Franco Borgogno Plastica, la soluzione siamo noi (Nutrimenti) tra i personaggi che propongono soluzioni verso una sostenibilità ambientale. Durante la presentazione del Decennio dedicato alla scienze del mare e allo sviluppo sostenibile, ha ricordato come l’idea di proporre questa iniziativa pluriennale sia nata nel dicembre 2017 in seno all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. «È stato un percorso lungo – ha ricordato – come Commissione Oceanografica Intergovernativa avevamo avanzato la proposta di dedicare il decennio alla ricerca oceanografica interrogando portatori di interessi, e stati membri. Il lavoro è partito da lì, ed è stato una grande vittoria».

La Commissione ha oggi il mandato di implementare il decennio coinvolgendo i diversi soggetti interessati con l’obiettivo di segnare davvero la differenza rispetto ai precedenti 45 decenni tematici già dichiarati. Come fare? «Abbiamo voluto sviluppare una visione forte, una specie di rivoluzione nel modo in cui studiamo l’oceano cercando soluzioni – ha spiegato Francesca Santoro – vogliamo che il Decennio sia trasformativo per la ricerca, il lavoro, l’arte, la scienza e i privati: ci piacerebbe che tutti agissero insieme per un cambio di passo di cui abbiamo bisogno. La chiave è nel cambiamento del modo in cui facciamo ricerca, per creare soluzioni e chiamare a partecipare il mondo dell’impresa, della tecnologia e della politica, andando oltre i confini delle discipline e dei settori».

Noi siamo oceano

Io sono oceano, questo lo slogan della campagna, che vuole dare voce al mare per la prima volta, e che vorrebbe accompagnare la nascita di quella che viene definita generazione oceano, una generazione di persone consapevoli della centralità del mare. Perché, ed è stato questo il cuore degli interventi che si sono succeduti durante la presentazione del Decennio, il mare – o meglio, in senso globale, l’oceano – è davvero un elemento essenziale del nostro pianeta, e ci permette di vivere.

La consapevolezza è il vero obiettivo sociale di questo enorme progetto, un concetto che presuppone l’azione e che si intreccia con la conoscenza e con il fare comunità. Il perno di quest’onda blu è ciò che i media ci restituiscono con sempre più frequenza, cioè snodi cruciali per il nostro futuro sul pianeta, come la sostenibilità o l’inquinamento da plastica. Temi che ci invitano a riflettere su come tutelare l’oceano, quali soluzioni trovare per le sue emergenze, che sono anche le nostre: il mare è vita, noi siamo vita, e dunque noi siamo il mare.

L’oceano è il nostro più potente alleato contro i cambiamenti climatici e ci assicura benessere, cibo, economia. I prossimi anni saranno cruciali per rispondere a sfide che ci riguardano tutti senza eccezione.

Il mare ci fornisce l’ossigeno e insieme assorbe la Co2. Eppure, anche se i dati ci dicono che una persona su cinque dipende dal mare per il cibo, per il lavoro e per le energie, conosciamo pochissimo l’oceano. Abbiamo esplorato solo il 5% dei fondali, ma è lì che nasce la vita, che si trovano batteri capaci di dirci novità importanti su malattie tra cui lo stesso Covid. Da qui l’importanza di azioni di educazione che riportano l’attenzione, specialmente dei più piccoli, sul mare, come quelle di InforMare di cui avevo parlato in una delle “puntate” del mio Progetto Nonostante, quella dedicata proprio alla scoperta dei fondali di Cervo.

Ocean Literacy: tra oceano e mare

La cultura nuova, che ancora non emerge e che il Decennio vorrebbe coltivare, è infatti l’assoluta centralità del mare – dell’oceano – nelle nostre vite. Nel mare abbiamo le radici, e lì, nei fondali dell’oceano, risiede il segreto della nostra vita e di quella di tante altre forme biologiche sul pianeta, come raccontava con moltissime suggestioni Morten A. Strøksnes nel suo Il libro del mare(Iperborea). L’Ocean Literacy nasce con l’intento di agevolare questa visione complessiva, quella che non considera l’uomo staccato dal resto, ma parte di un sistema vasto e complesso che ha al centro l’oceano.

Lo avevo già scoperto in Tutti al mare, il mio piccolo reportage domestico portato avanti con telefono e ricerche sul web a maggio 2020, appena usciti dal lockdown: nel mare tutto si collega. Dalla ricerca scientifica all’ambiente, dalla nostra salute alla cultura: parlare di mare è parlare dello stesso elemento fondamentale. L’Ocean Literacy parla di oceano perché, sebbene noi italiani siamo abituati a usare la parola mare, l’oceano che rende vivo il pianeta è uno solo: tutti i mari, per come li conosciamo dalle cartine geografiche, sono collegati. Tutti siamo connessi e tutti lo siamo per via del mare, ecco perché è determinante promuovere la cooperazione e la solidarietà come valori tra le nuove generazioni, guardando al futuro.

A occuparsi e sostenere la Ocean Literacy, non a caso, sono proprio la Commissione Intergovernativa Oceanografica, Intergovermmental Oceanographic Commission-IOC, e il suo Ufficio Regionale BRESCE di Venezia per la scienza e la cultura in Europa. La Ocean Literacy è promossa come strumento per rafforzare la consapevolezza dell’importanza dell’oceano per il nostro pianeta e per portare avanti azioni positive. Lo scorso 22 settembre è stata lanciata la pubblicazione in italiano di un toolkit dedicato alla Ocean Literacy.

Si tratta di una pubblicazione uscita nel 2017 in inglese che punta a fornire a docenti, educatori e student del mondo risorse e metodi innovativi per comprendere i processi complessi e le funzioni dell’oceano in relazione alla vita sul pianeta, sottolineando alcunu problemi urgenti. La pubblicazione è scaricabile online, ma sul tema mi sento di consigliare anche la lettura dell’ultimo romanzo di Amitav Ghosh, autore impegnato esplicitamente sui temi del cambiamento climatico. L’isola dei fucili (Neri Pozza) ha infatti il pregio, nella fiction romanzesca, di mettere in evidenza questa importante connessione di elementi globali che confluiscono nel mare, dal cambiamento climatico alle migrazioni, dalla biodiversità all’impatto sulla vita dell’uomo.

Una nuova mentalità per salvare il pianeta

Per quanto l’oceano contenga in sé risorse nascoste utili anche all’uomo, ci troviamo in una fase storica in cui questa risorsa sta cambiando a una velocità altissima, e proprio a causa dell’azione umana. Siamo noi i responsabili dei cambiamenti chimico-fisici alla base dell’acidificazione dell’oceano, noi la causa del riscaldamento globale e del sovrasfruttamento delle risorse che giorno dopo giorno depreda il mare.

Parlare di problemi del mare significa affrontare una tematica complessa che tocca tutti, davvero tutti noi, e il Decennio dedicato alle scienze del mare vuole proporsi come momento di esplicitazione culturale delle difficoltà legate all’oceano davanti alle quali in questa fase storica l’umanità intera si trova. Possiamo infatti ancora correggere la rotta, siamo in tempo.

La scommessa del Decennio è quella di agire su quel che oggi ancora non funziona nella tutela del mare, e di rendere la sua gestione sostenibile. Parliamo dunque di investire in conoscenza, consapevolezza, tecnologia per migliorare una situazione ahinoi già gravemente compromessa. Sono decisioni fondamentali che andranno prese nei prossimi dieci anni e dalle quali dipenderà la vita sul pianeta nel futuro. Una responsabilità enorme che non a caso si accompagna ai goals dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Temi e obiettivi del Decennio del mare

Il Decennio partirà il 1 gennaio 2021 e si concentrerà su due pilastri, da un lato gli obiettivi attesi, dall’altro le sfide che dovremo affrontare nei prossimi dieci anni, dall’oceano che abbiamo oggi a quello che vogliamo, e di cui avremo bisogno. Ma quali obiettivi e sfide precidi si propone questo progetto decennale delle Nazioni Unite? Sette sono i risultati attesi per la società:

  • Un oceano pulito, in cui le fonti di inquinamento vengono identificate e rimosse
  • Un oceano sano e resistente in cui gli ecosistemi marini sono mappati e protetti
  • Un oceano predicibile, ovvero prevedibile, in cui la società ha la capacità di comprendere le condizioni oceaniche attuali e future
  • Un oceano sicuro, in cui le persone sono protette dai pericoli oceanici
  • Un oceano sostenibile, utilizzato in modo sostenibile che garantisce la fornitura di cibo
  • Un oceano trasparente con accesso aperto a dati, informazioni e tecnologie
  • Un oceano ispirazionale, infine, che ispira e coinvolge

Tre, invece, sono le tematiche su cui l’evento italiano dedicato al Decennio si concentra, ricollegandosi a due dei risultati attesi qui sopra

  • Il cambiamento climatico e il conseguente innalzamento del livello del mare. Si tratta di un processo complesso che coinvolge diversi fattori legati dall’importanza dell’acqua per il pianeta. Un pianeta più caldo significa, per l’oceano, perdita di ossigeno, maggiore acidificazione, ondate di calore marine sempre più frequenti e più intense.
  • La sicurezza alimentare. Nel mondo ci sono 7,8 miliardi di persone da sfamare e per farlo senza decimare le risorse del pianeta sarà necessario esplorare quante più opzioni possibili. La maggior parte della popolazione mondiale ha accesso a calorie adeguate, ma per contro 2-3 miliardi di persone soffrono di carenze alimentari. Puntare su una pesca e un’acquacoltura sostenibile, oltre che ad un consumo consapevole, sarà estremamente importante nei prossimi decenni.
  • La connessione tra salute del mare e salute umana. Esplorare queste relazioni è la base di una meta-disciplina scientifica emergente chiamata “Oceano e salute umana”. Questo campo di ricerca è intrinsecamente interdisciplinare e richiede collaborazione tra esperti in medicina e sanità pubblica; scienziati marini, ambientali e sociali; economisti; avvocati; politici, cittadini e molti altri. Gli organismi marini sono una fonte eccellente di nuovi enzimi e sostanze chimiche, e molti sono gli studi che dimostrano la connessione tra salute umana, sia fisica che mentale (wellbeing) e la vicinanza al mare. Alcuni ricercatori chiamano questa connessione “Blue gym effect”.
Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!