Nonostante…

Le etichette e i cliché, la pigrizia e la superficialità (spesso, degli adulti), le minacce, l’incuria

La storia

Informare è un’associazione sportiva dilettantistica costituita da biologi marini, foto e video operatori subacquei e istruttori. È nata nel 2012 e da allora, passo dopo passo, porta avanti con professionalità un ventaglio di iniziative che guardano sia alla diffusione delle attività sportive legate al mare, specialmente la subacquea, sia all’educazione sulle peculiarità e caratteristiche dell’ambiente marino, con una parte dedicata alla biologia e alla scoperta e rispetto dell’habitat che si sviluppa sotto la superficie del mare. Li conosco fin da quando hanno mosso i primi passi, e nel mese di luglio sono andata a trovarli a Cervo durante un’attività di bio-snorkeling rivolta ai bambini. Non che non conoscessi già le loro attività, ma per una volta ho considerato ciò che fanno e propongono sotto la lente del mio “nonostante”, scoprendo ancora e ancora quanto sia importante il loro lavoro di – lo dice il nome stesso – informazione, e quanto basti davvero poco, sotto la polvere della superficie spesso ingombra di cliché ed etichette, oltre che di concreta spazzatura, per ritrovare bellezza. Questo nonostante estivo è dedicato quindi a chi lavora con passione per il mare nonostante tutto quello che si trova spiaggiato sulla costa, nonostante le retoriche imperanti del turismo di massa, nonostante lo sguardo spento dietro gli occhiali da sole di tanti adulti che non sanno più vedere. Ecco la storia!

La meraviglia sopra e sotto il mare

La spiaggia del Pilone, a Cervo, è un fazzoletto di terra e ghiaia proprio sotto il promontorio del borgo che sembra sprofondare in mare e che trova qui le sue fondamenta, tra un paio di viuzze – le creuze – che digradano verso la spiaggia, le persiane verdi e il fucsia dei bouganville. È in questo spazio suggestivo che mi ritrovo alle tre del pomeriggio, aspettando i ragazzi di Informare. Nell’unico angolo di ombra prima della spiaggia, oltre a me, qualche ragazzino con genitori e nonni, tutti percorsi da una corrente di eccitazione e ansia per l’imminente uscita in mare.

Sono già stata più volte in spiaggia con i ragazzini durante gli eventi organizzati da Informare, ma questa del bio-snorkeling è un’attività particolare, che non in tutti i litorali è possibile svolgere, sia per necessità logistiche sia per la ricchezza del fondale, che potrebbe rivelarsi povero di sorprese. In questi casi l’attività pomeridiana dell’associazione consiste in una lezione di biologia marina e in quello che viene chiamato il gioco di Linneo, cioè una passeggiata sulla spiaggia alla scoperta degli esseri che popolano la battigia e gli scoglietti che affiorano dall’acqua. Ma non a Cervo. Perla della Liguria di Ponente, questo borgo non è solo splendido da percorrere a piedi, tra viuzze che si aprono su una spettacolare piazza, balcone sul mare, ma anche meraviglioso da scoprire sott’acqua. Privo di porti e costruzioni umane invasive, lo specchio d’acqua che si apre davanti al paese è infatti quello che si è soliti definire uno scrigno di biodiversità.

Basta poco, allora: una maschera, un boccaglio – anche se, mi correggerebbero da Informare, sarebbe meglio dire uno snorkelun paio di pinne e tanta voglia di scoprire, addentrandosi in un mondo che, seppure noto a tutti, dopo quest’esperienza risulterà nuovo, e ricchissimo. Questo è uno degli snodi importanti della mia ricerca di oggi: togliere il velo dalla quotidianità, dalla banalità, forse, con cui siamo portati alle volte a guardare al mare di Liguria. Negli stessi giorni di luglio in cui mi trovavo a tavolino a ragionare su questa storia legata al mare, leggevo commenti e storie relative al mare di Liguria. Qualcuno lo definiva stagno, grigio, triste, qualcun altro non si spiegava il motivo delle numerose bandiere blu, altri ancora paragonavano il Mar Ligure a quello della riviera romagnola, per concludere con una manciata di aggettivi come sporco e schifoso, nel rimpianto dei mari cristallini di Sardegna.

Non lo nego: mi sono irritata. Non solo perché è il mio mare, ma per la sciatteria e superficialità di commenti del genere. Non è un caso se parlo di superficialità: è vero, sono tutti discorsi nati dal rimescolio dei cliché e dei sentito dire, frutto di non-ragionamenti e mancate conoscenze specifiche, parole di superficie, che mancano di radici in profondità. Quelle che spiegano il perché ogni ambiente sia unico, quelle che spiegherebbero il perché del cristallo di Sardegna e del blu-verde talvolta opaco di Liguria. Basterebbe mettere la testa sotto tutta questa risacca di frasi e frasette spiaggiate da anni di turismo di massa e si scoprirebbero interi universi. Non è niente di complicato, non succede come per andare davvero sott’acqua, dove servono bombole e un’adeguata preparazione tecnica. È invece un po’ come fare un’uscita di bio-snorkeling con i ragazzini: una piccola lezione di biologia marina, qualche nozione importante sulla sicurezza in mare, le adeguate protezioni e precauzioni e poi via, a scoprire. Si noterebbe così che la Liguria, come ogni regione, ha una sua conformazione geomorfologica, una costa ristretta, rocciosa, presa d’assalto dall’uomo tra speculazioni edilizie, porti e infrastrutture di vario genere.

Eppure, nonostante tutto questo accanimento demografico, conserva tesori naturali, anche sott’acqua. Monica, la biologa marina responsabile scientifica di Informare, lo ha spiegato ai bambini parlando loro dei posidonieti, ovvero le praterie di posidonia che si allargano in tutto il SIC di Capo Berta e anche davanti a Cervo, a pochi metri dalla riva. Di cose, Monica ne ha raccontate tantissime, con il suo accento toscano e una carica di entusiasmo che la farebbe parlare ore e ore senza pausa. «Sapete tutti la differenza tra posidonie e alghe?» ha chiesto ai ragazzini che, tutto sommato, hanno dimostrato di saperne. «Sono i genitori che dovrebbero sedersi qui in prima fila» ha minacciato Monica, anticipando lo svolgersi della giornata a Cervo, tra lezione, uscita in mare, e una serata di racconti delle visioni sottomarine con tanto di consegna di attestati.

L’ho trovata un’idea bellissima: far sentire protagonisti i piccoli subacquei in erba e dare importanza a un’attività che potrebbe sembrare banale – maschera e pinne, chi non ci ha giocato da piccolo? – ma che invece, guidata da esperti, si fa preziosa e importante per la formazione degli adulti di domani. A me, per esempio, nessuno aveva spiegato, mentre bambina passavo le estati a bagno tra scogli, patelle e ricci, che la posidonia è una pianta con radici, fusto e foglie, proprio come una pianta che vive fuori dall’acqua. Quindi non era mai scattato, nella mia testa, il ragionamento per cui le piante producono ossigeno e dunque un posidonieto sott’acqua è un polmone verde per la fauna e la flora del mare.

«Non distruggiamo le foreste perché ci danno l’ossigeno da respirare – ha ricordato ai bambini Monica – per la posidonia dovrebbe essere uguale, è il polmone del Mediterraneo, una delle fonti principali di ossigeno che dà vita a un habitat tutelato dalla legge. E in quanto pianta, inoltre, per fare la fotosintesi la posidonia ha bisogno di luce: cresce quindi in mari puliti, e dobbiamo essere felici che sia presente nel nostro mare, è un bioindicatore naturale di acque pulite e limpide». (In barba a chi insulta il Mar Ligure, aggiungo io).

E le alghe? Le alghe sono una cosa differente, come ha fatto notare Monica si tratta infatti di imparare a riconoscere la differenza, e rendersi così conto delle cose: «allora non direte più che schifo, le alghe, quando vi capiterà di calpestare foglie di posidonia sulla riva, direte invece guarda che splendida pianta di mare!». Ancora una volta, l’ho trovato un insegnamento fantastico. Nonostante un cliché imperante, nonostante spiaggiamenti di posidonia che in stagione invernale diventano ingombranti e fastidiosi per le amministrazioni, nonostante la frase che da bambini credo tutti abbiamo pronunciato “che schifo, le alghe”: insegnare a conoscere l’ambiente, a rispettare gli esseri che lo popolano, a non averne né schifo né paura, ma nemmeno superficiale ignoranza. Secondo me, è questa l’unica chiave possibile per un futuro in un mare che oggi vive la terribile minaccia di tonnellate infinite di plastica buttata da noi stessi per incuria e ignoranza.

A tal proposito, tra le magie attivate da Informare c’è una piccola campagna di informazione che, anno dopo anno, è diventata virale tanto da attivare un curioso processo che noi che lavoriamo in comunicazione potremmo ascrivere ai fenomeni di ri-mediatizzazione. Vi racconto meglio. Un paio di anni fa, in vista dell’estate, Informare si è inventata la compagna Secchiello Stop. Uno slogan agile e carino, e una grafica essenziale ma molto divertente e chiara. Lo scopo della campagna, che ha affiancato la carrellata di incontri estivi lungo le spiagge della Liguria di Ponente, era quello di sensibilizzare bambini e genitori sul fatto che, portandoli via dal loro habitat e costringendoli in un secchiello dove l’ossigeno finisce presto e l’acqua si surriscalda, i piccoli animaletti raccolti a riva muoiono. «Impariamo a non toccare gli animali – è stato infatti il refrain di Monica mentre parlava di paguri, conchiglie e stelle marine – l’unico modo in cui dobbiamo catturarli è con la maschera e la macchina fotografica».

Secchiello stop si è insinuata piano piano sugli strani canali del web e oggi, a distanza di un paio di anni dalla campagna, è ritornato a galla, come fosse una notizia nuova, condivisa e ricondivisa da un sacco di gente probabilmente, oggi – ed è un mio parere – maggiormente sensibilizzata al problema. Mi auguro sia così, e che davvero questa piccola forma di educazione al rispetto dell’ambiente marino si insinui sempre più nel grande mare magnum dell’informazione, per tornare e ritornare, e passare dai bambini agli adulti, che forse sono davvero le persone più bisognose di informazioni ed educazione.

«Niente è a caso negli animali, impariamo a riconoscerli – ha fatto notare Monica – nel mondo marino tutto è fatto apposta per migliorare, sopravvivere e riprodursi». E noi, sotto gli strati del nostro egocentrismo umano, del turismo spietato e della superficialità come atteggiamento di vita, non ce ne ricordiamo mai. Pochi minuti di pinneggiata, pochissimi metri da riva, e sotto i nostri occhi eccola lì, la meraviglia sotto il mare, acqua viva che ospita tantissime creature diverse tra loro, spesso vittime anche loro di cliché e banalizzazioni. Uno su tutti? Le meduse, additate tra urla d’ansia e ancora più spesso gettate fuori dall’acqua a morire spiaggiate. L’insegnamento di Informare è anche e soprattutto questo: il rispetto. Nonostante si tratti di una medusa, nonostante sì, è vero, possa urticare un po’. Ma in fondo qui, a Cervo, niente di grave o irrimediabile.

È bastato poco per accendere la curiosità dei ragazzini, che uscivano dopo la lezione di sicurezza in mare tra bandiere di segnalazione, corretta posizione dello snorkel e raccomandazioni varie. Io e Monica siamo rimaste sulla spiaggetta, qualche bimbetto più piccolo trotterellante a fianco, desideroso di esplorare la riva e trovare esseri viventi da scoprire. Regola numero uno: non toccare, ma limitarsi a osservare lasciando gli animali nel proprio habitat. E quante scoperte, per questi piccoletti che hanno avuto la possibilità di ripensare la spiaggia facendo come Linneo, cioè osservando e imparando a guardare.

Intanto, fuori era andato via il sole ma la spedizione degli appassionati di snorkeling era conclusa alla stragrande, con un sacco di avvistamenti tra cui una cernia adulta, ospite insolita per la zona, banchi di salpe di ogni dimensione che brucavano le alghe e la posidonia, un’orata e la sorprendente scoperta di due pesci ago cavallino, che danzavano in 40 centimetri d’acqua. «Questo è un posto stupendo – mi ha confermato Gian Michele – avere la posidonia così vicina e trovare questo habitat a portata di tutti non è un fatto consueto, siamo stati da tante parti ma Cervo è l’unico posto così». La conferma arriva dalla biologa marina che, mi confessa, questo posto è talmente bello che potrebbero forse esserci anche i cavallucci marini. Tutto questo, penso, accade nel mar Ligure accusato di essere uno stagno. Che poi, per fare un passaggio vertiginoso da micro al macro, è anche lo stesso posto dove abitano balenottere e capodogli, come vi raccontavo dopo la mia giornata con Tethys.

Chi l’avrebbe mai detto, arrivando nella spiaggetta sotto l’ex tracciato ferroviario, di trovare questo tesoro? A testimonianza che, nonostante una lista infinita di ostacoli che si frappongono al mantenimento di questo ambiente e nonostante la superficialità di tanti atteggiamenti, sotto c’è davvero una meraviglia sommersa. Credo che ad alimentare le attività di Informare, che per tutta l’estate sarà in giro a raccontare il mare (il calendario delle attività è qui sulla loro pagina facebook) sia proprio questo: la meraviglia. È quello stesso sentimento così irresistibile e così legato alla bellezza che illumina gli occhi e accende le menti dei bambini. «Un signore – mi racconta Monica a fine giornata – mi ha detto che dopo aver fatto lo snorkeling l’anno scorso suo nipote è stato un anno intero a parlare di quello che aveva visto, ed è voluto a tutti i costi ritornare. E poi una mamma ci ha mandato una mail che ci ha commossi; un bambino durante il nostro snorkeling ha visto una murena e a scuola la prima parola che ha imparato a scrivere è stata proprio murena. I bambini sono davvero incredibili, assorbono tutto».

Per fortuna!, sorrido tornando a casa e ripensando alla giornata, alla sua semplice ma esemplare potenzialità nel seminare bellezza in ragazzi che già domani si troveranno, se saranno sufficientemente sensibili, a lottare contro i nonostante che la cura del mare rigetta come onde sulla battigia. Plastica e rifiuti sulla spiaggia e in acqua, conseguente minaccia agli animali che vivono in mare, e secchielli e voglia di toccare e prendere gli animali, altre cose a cui pensare, genitori distratti che spengono la sigaretta in spiaggia e così via. Dopo il bio-snorkeling, ripensando alle voci che si accavallavano entusiaste raccontando di pesci e altre meraviglie sottomarine, sono stata sfiorata dal luminoso pensiero che nonostante tutto questo, ci sia la possibilità di salvare il nostro mare.

Postilla

Se siete frequentatori abituali di questo sito vi sarete accorti che le questioni ambientali e la natura, specialmente quella legata al mondo marino, mi stanno a cuore. Grazie a Monica, alias la dottoressa Monica Previati, conosciuta durante i miei primi mesi di lavoro giornalistico nel 2011, ho iniziato a conoscere passo dopo passo sempre più sfaccettature del mare di casa mia, in Liguria di Ponente, e a metterci la faccia con un’attività che faccio ogni volta che posso, ovvero la pulizia della spiaggia. È stato grazie a lei e alla sua pubblicazione Ponente nel blu che ho scoperto il SIC di Capo Berta, ed è stato con lei e Informare che ho organizzato e assistito a diversi incontri in contesti vari, tra bambini, librerie e il Museo Navale di Imperia, imparando di volta in volta cose sulla posidonia, sugli animali del mare, sul coralligeno (qui c’è una puntata radio dedicata al mare dove parliamo anche io e lei).

È anche attraverso Monica che ho scoperto l’esistenza di Ocean Literacy, un movimento che si occupa – riassumendo all’osso – di implementare la consapevolezza sul mare, nelle scuole e non solo. L’Ocean Literacy, come ben spiega la sua emanazione italiana, di cui potete trovare qui il sito, si basa su sette principi, il primo dei quali recita La Terra ha un unico grande oceano con diverse caratteristiche. Ecco, io credo che sia fondamentale. Come nelle migliori storie, dove tutto si ritrova collegato a costruire una rete grande e coerente, ho ritrovato questo principio nel libro di Franco Borgogno Un mare di plastica. Franco è un giornalista che ha iniziato una splendida attività di ricerca: parlavo di lui un anno fa con Informare, e nel frattempo è successo che ho letto il suo testo, l’ho intervistato e lui è partito per una nuova spedizione.

In un anno, credo, la ricchezza di tutti noi è aumentata tanto. Basti pensare che, alla luce di quel che ho imparato guardando con nuove nozioni e consapevolezza al mare, sono capitata anche sul fiume, e ho avuto l’occasione di parlare con il presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta per un progetto legato al Po. Questo per ribadire che, da uno scenario locale all’altro, si arriva sempre a un unico grande scenario globale, e per tornare a osservare come tutti i mari e i corsi d’acqua siano legati, nonostante confini, regioni, stati, continenti. Un po’ come le persone, che a rileggere questa storia sono diventate tante e sempre più accomuncate da un unico grande obiettivo: quello di conoscere e proteggere il mare, nonostante tutte le minacce.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!