Se dovessi riassumere giugno direi che è stato un mese pieno zeppo. Lungo, nonostante i 30 giorni, e al contempo breve, velocissimo, perché tutto si è svolto senza interruzioni, al limite del frenetico, incastrato e incasellato in spazio e tempo dentro le giornate e le settimane del mese. E così dopo il raccolto abbondantissimo, ci si sveglia una domenica ed è luglio. Piena estate, quella sensazione – sole, caldo, mare piatto e blu – che non era ancora entrata troppo nelle corde, perché il pensiero era “sì, tanto poi”. Eppure giugno è il mese del solstizio, e in fondo è già estate, nelle giornate lunghissime e chiare, nella dolcezza dello stare fuori, riprendere contatto con la natura, cercare un respiro.

Il punto è che talvolta, come quest’anno, il respiro non è mai fondo. È sempre sincopato, perché non ha il tempo, perché deve star dietro ai mille impegni, quelli del lavoro e quelli cercati, in più, per vocazione e idee, e ancora quelli voluti, quelli del tempo dello svago. A giugno c’è stata una mescolanza in equilibrio pericolante di tutto questo, e a guardarla da qui sembra impossibile, il tempo di due mesi, dopo un maggio già sfiancante e densissimo.

Giugno è iniziato con il nuovo governo, le maratone Mentana, Propaganda Live e un interesse mediatico ancora molto vivo nonostante il mese che si approssimava alle ferie. Sarà per questo che non ero nelle idee, che mi sono accorta, sì, ma ho dato poco peso al fatto che fosse arrivata davvero l’estate. Il primo vestitino indossato alla Festa della Repubblica per l’evento di Imperia, Prefetto e autorità e i bambini a recitare un omaggio al tricolore senza retorica e cliché. Di quella giornata, già calda ma dove per pudore ancora ci stava una maglietta a maniche lunghe – sono bianca come i muri di casa, che fastidio vedermi di questo colore – ricordo le parole del Prefetto, il circo mediatico (cit. Camilleri) e istituzionale, il tricolore e una voglia rinnovata di impegno etico, che forse è stata proprio una delle cifre distintive del mese, nella vita personale, nel lavoro, nell’approccio ai fatti politici.

«Credo che noi adulti dobbiamo imparare a rispettare i vostri sogni. A darvi esempi positivi di rispetto della legalità e di rigore morale. A voi però dico: sappiate diventare parte attiva di quel complesso di forze che devono dare una direzione al paese, partecipando generosamente e costantemente alla vita pubblica. Informatevi, confrontatevi, discutete, controllate, occupatevi di quello che non funziona pretendendo che migliori. E soprattutto non rassegnatevi mai alla mediocrità, all’inefficienza e all’inerzia, perché il futuro di questo paese dipende anche dalle piccole azioni quotidiane di ciascuno di voi». Silvana Tizzano, prefetto di Imperia, 2 giugno 2018

Perché giugno è stato anche il mese delle elezioni amministrative e del ballottaggio, il mese in cui ho esaurito i timbri sulla mia prima tessera elettorale ritrovandomi una situazione cittadina al limite dell’assurdo, e rinvigorendo così la voglia di coscienza e impegno, tra gli slogan della politica nazionale che in questo suo primo mese di governo ha esasperato la sua comunicazione e il suo approccio alla realtà, e la voglia di accompagnare un’evoluzione positiva della mia città. Lo stesso è valso per il lavoro, le sue responsabilità, il suo impegno martellante: la notizia, serve la notizia; e poi la gente, che scrive cose a caso e ti dimostra che solo il 10% del tuo lavoro arriva là fuori, dove ti aspetti gli altri leggano come te e invece no, tutto è aleatorio, spesso sciatto e triste, finanche volgare e penoso. Lavorare così è piuttosto pesante, il venerdì è un incudine superata la quale si apre una ventata di possibilità da conservare, preziose e felici, solo per sé.

Ecco perché talvolta le giornate si trascinano pesanti, si dimentica che è giugno. Finché poi non si entra in una realtà come Casa Ugi, dove sei chiamata a fare un laboratorio per i bimbi. Ma i bimbi non arrivano, che è estate e dopo le cure se possono escono al parco, godono del giardino e della sua grazia. A Casa Ugi tocchi con mano il dramma, c’è Ananstasia, 5 anni, bimba Ucraina in Italia con la mamma per farsi curare al Regina Margherita da un male che spaventa anche solo a pensarlo, neanche troppo celato sotto al cerottone che questa bimba tutta vestita di rosa porta sul petto. La sua vocina che non capisci illustra il disegno, che però si riconosce eccome: un fiore che sorride. Se non viene voglia di riprendersi la vita, così… Per questo giugno è passato tosto, non lo nego, ma con una serenità di fondo che ha rimbalzato tra le pozzanghere di pioggia, i colori dell’estate e una sensazione salda, consapevole, che tutto stesse proprio andando come doveva. Me ne sono stupita, però mi sono anche trovata a pensarlo più volte, e a dirmi convinta che era vero: tutto sereno, tutto bene. All is well: la colonna sonora del mese.

Perché se ben guardiamo in questo mese esteso nel tempo, ci sono anche state le parentesi gratificanti, piccole ricariche necessarie che, con il mio lavoro, si scovano abbastanza di frequente. C’è stata per esempio, nel mezzo di giornate agitatissime, ferrovie e corse, l’intervista a Gabriele di Fronzo per il suo libro Cosa faremo di questo amore, oppure la visita a Torino 12 giugno 1940, un’esperienza immersiva per vivere l’angoscia dei bombardamenti sulla città a 12 metri sotto terra in un rifugio antiaereo originale. È stato lì che ho incontrato e ascoltato raccontare di prima mano i fatti della guerra dall’avvocato Segre, 100 anni e una lucidità sorprendente. Poi c’è stata anche la visita al bioparco, alias lo zoo, che ho trovato invece tristissima, per quanto abbia riservato scenari e momenti da Jurassick park, con tanto di finta capanna da spiaggia americana, ombrelloni di paglia e frescura con chiacchiere intorno al prato verde e alla urla lontane dei gitanti, biologi sorridenti e poveri animali che mi hanno solo fatto una immensa pena.

E poi in un attimo è arrivata la metà del mese. Dentro ci si sono infilate davvero tante, tantissime cose. Scadenze, di progetti importanti che si sono conquistati l’attenzione massima e che per ora, scaramanticamente, fingo non esistano, di concorsi e doveri lavorativi vari, necessità di rispettare la tabella, ma quando la tabella è pienissima e fuori c’è il sole e la voglia di libertà, diventa tutto più pesante. Però si va avanti, e nella girandola si mette un segnalibro sulle cose più belle, quelle che a riguardarle ora, perle di una collana, sembra di aver fatto il giro del mondo in soli 30 giorni, a giugno.

Tra un impegno di lavoro e l’altro, conferenze stampa e interviste, ho provveduto, per non lasciare nulla al caso, a incastrare magicamente altri impegni, che hanno dato forma al mese, nonostante salite durissime che sono sembrate davvero inesauribili. C’è stato per esempio il mio incontro intervista per il Progetto Nonostante, di cui ho già archiviato cinque storie. Questo mese sono andata in montagna, a Mendatica, provincia di Imperia, e a giudicare dall’entusiasmo e dalle condivisioni importanti del mio articolo, la storia che ho raccontano è piaciuta. E poi c’è stata l’assurda coincidenza di intervistare un ragazzo di Imperia che fa cose a Genova e ora casualmente vive a Torino, e raccontando il progetto sentire l’accento familiare, condividere lo stesso orizzonte pur da lontano. Situazioni simpatiche, che calmano l’anima.

Giugno, nonostante la sua pazzia e i suoi due volti – due città, lavoro e progetti, cose belle e cose fastidiose – è stato anche un mese di cose strane, come una serata di teatro a tavola, con Play With Food e lo spettacolo del Teatro delle Ariette Attorno a un tavolo. In una stranissima situazione in cui 32 commensali erano seduti intorno a un tavolo-palco, si è mangiato – benissimo – riflettuto, ci si è emozionati e ci si è sentiti in modo stranissimo e mai provato prima. Una situazione davvero insolita, ma che ha saputo toccare corde sopite. E poi un’altra cosa pazzesca, come andare al concerto di Mirkoeilcane e, fermandosi a mangiare e chiacchierare con le amiche, non sentire manco mezzo minuto di Mirkoeilcane che suona, e dispiacersene, che già lo si era perso a un altro concerto. Però poi accade che si vada in stazione e mentre si aspetta un treno, biglietti alla mano, quel ragazzo a un metro da te con la chitarra sulle spalle sia proprio lui: Mirko, in arte Mirkoeilcane. Scenetta successiva da ragazzina 15enne esagitata garantita.

Di evento in evento, anche giugno in Liguria ha avuto i suoi appuntamenti fissi e belli. C’è stato il jazz del Percfest, con la scoperta della musica di Oliva Trummer e la magia di Enrico Rava dal vivo, palco sul mare e atmosfera che, come sempre, solo il jazz a Laigueglia nelle sere di luce lunga sa regalare. Una certezza che sancisce il passaggio all’estate, fa bene come sentire il sale sulla pelle dopo il primo bagno, come sapere di essere a casa. Casa è anche Cervo, col suo balcone sul mare, e da quando a Cervo si ritrova la cinquina finalista del premio Strega, c’è un’occasione in più per andare ad ascoltare storie, ritrovare tanti colleghi giornalisti e amici lettori conosciuti di libreria in presentazione. Eccola, la rete di sicurezza che non fa precipitare mai: è a casa, basta tornare per ritrovarla.

C’è altro bello, e si è infilato in spazi chiusi nelle mattine e pomeriggi assolati e invivibili di Torino. C’è per esempio il Teatro Carignano trasformato in un teatro elisabettiano, mezza platea sostituita da un prato inglese, verde e rilassante, dove performeranno attori giovani che ritroveranno la forza dei testi di Shakesperare, in uno spazio rinnovato e bellissimo, piume, leggerezza metateatrale e persino una fontana da cui sgorga acqua. Un’idea meravigliosa, un rifugio all’ansia e al caldo dove riappropriarsi di quel che conta.  È stato invece in mezzo a una stanza bianca e luminosissima che ho conosciuto il progetto del censimento delle raccolte fotografiche italiane, portato avanti da Camera, il centro per la fotografia di Torino, in un progetto ministeriale. Finalmente, e con una storia davvero bella, sono tornata a fare la parte del mio mestiere che mi piace di più: parlare con le persone, farmi raccontare cose curiose.

Se poi toccasse a me di raccontare una cosa curiosa di questo mese, la scelta ricadrebbe tutta su San Giovanni 2018, un 24 giugno che probabilmente resterà nella storia locale della comunità di cui bene o male sono parte. Domenica, giorno di ballottaggio e seggi aperti, il 24 giugno a Imperia faceva freddo e pioveva, motivo per il quale, nonostante preparativi e chiesa gremita di statue, confraternite e persone, per la prima volta dopo – pare – 32 anni, la storica e tradizionale processione non si è tenuta. Droni luminosi a Torino per la prima volta, tradizione che si inceppa a Imperia: c’è stato qualcosa di insolito in questo san Giovanni, nell’agitarsi del vociare mentre il vescovo cantava i Vespri, sguardi interrogativi – si esce o no? la rimandano? – e un silenzio irreale, di sconcerto e tristezza, tra la folla non di applausi come sempre ma di ombrelli. Un San Giovanni inaspettato, in sordina, che invece di battezzare ufficialmente l’estate ha steso sulla città, o forse solo su di me, il velo della sensazione di attesa, come l’idea che qualcosa debba accadere, perché quel pomeriggio la festa non è esplosa. Credo lo ricorderemo negli anni, questo palloncino pronto a volare che all’improvviso si ritrova sgonfio senza quasi capire perché.

I fuochi hanno a loro modo sancito l’inizio dell’estate, in un clima strano, con il silenzio del pomeriggio di San Giovanni, le spalle strette nella maglia visto il freddo, l’attesa dei risultati del voto. In un attimo siamo arrivati a fine mese, travolti dal clima pazzo, dagli avvenimenti, dagli imprevisti. Il tempo si fa vischioso, di piombo e gomma, quando è già successo di tutto, il mese sgocciola e le forze sono esaurite. Arriva il caldo, tremendo e intollerabile nella bomba di asfalto e smog della città, che pure riesce sempre a sorprendermi con i suoi angoli d’ombra e irreale serenità estiva, ma che poi torno a detestare per le zanzare, l’insopportabilità della temperatura che non lascia scampo, nessun refolo d’aria, nessun orizzonte azzurro su cui distendere il fiato e la mente. C’è stato come, di fianco al flusso incessante di impegni e doveri, una specie di filone delle beffe: ogni giorno un problema imprevisto sempre più sgradevole, ogni giorno una nuova sfida fastidiosa e problematica, come a voler alzare l’asticella, mettermi alla prova per vedere se ce l’avrei fatta, ridere della mia amarezza, del mio bisogno di aria. Della mia enorme stanchezza. Parlo di stanchezza mentale, di testa che vorrebbe liberarsi, fiorire e stare leggera e mentre pensa di volerlo fare sa che non può, e si inceppa, perde colpi e se li perde, poi ne paga.

Giugno è stato un mese dove tutto questo ha inciso: preoccupazioni enormi, riflessioni, tutele. Sentire poi vicino qualcuno che pensa le stesse cose e meditare che forse non si è soli, ma continuare a chiedersi se a 30 anni sia normale vivere un mondo del lavoro così precario. E allora insieme ai pensieri sulla politica e l’impegno hanno preso forma analisi anche ciniche sul futuro, ad abbracciare la complessità del tutto, a cogliere un riflesso che è tutto fuorché superficiale. E mentre si cerca di tenere tutto insieme, da qualche parte giù in fondo si insinua come il rumore del fusto che cresce a terra, le screpolature della corteccia, il radicarsi al suolo dove, nonostante tutto, ho deciso di restare saldamente piantata. È una sfida continua, à contrainte non è mai stato così vero, e quindi è ragionevolmente bello prenderne consapevolezza, e scriverne scoprendosi forte nei valori, i pilastri che arrivano da casa, scuola, letture.

Le letture di giugno sono state in effetti poche, ma estremamente belle. C’è stato Enigma in luogo di mare, di Fruttero e Lucentini, una cosa completamente fuori moda, e ben venga. Mi ha dato lo spunto per un post al contrario molto modaiolo sui libri di mare, che ha inaugurato la stagione estiva. E sempre in fatto di mare, c’è la copertina azzurra de L’atlante dell’invisibile, di Alessandro Barbaglia, libro di coincidenze, meraviglie e ricami tra la geografia, nella sua dolcissima trama e anche nella sua storia di lettura che mi ha accompagnato lungo il mese, da un treno a una spiaggia, dal Circolo dei lettori di Torino a un ristorante vista mare a Borgo Foce, Imperia. Ma di questa meravigliosa storia, e dei suoi azzurri, è bene che vi racconti in un post dedicato.

Pagina letteraria fuori dalle pagine consuete è stato invece il trekking letterario che ha inaugurato la rassegna 2018 di San Lorenzo, Due Parole in Riva al Mare, in compagnia – e questa è una coincidenza di quelle lampeggianti come frecce sul cammino – della torinese Lettrice vis à vis. Tema, la casa, in un percorso immerso nella natura che, per quanto a un tiro di schioppo da casa mia, quella vera, non avevo mai fatto. A dirla tutta non avevo mai nemmeno camminato così tanto fuori da strade e marciapiedi, inerpicandomi per sentieri, mulattiere, scalando insomma una collina dal livello del mare di San Lorenzo a Lingueglietta e alla sua chiesa fortezza, e poi tra ginestre e ulivi e qualche ciuffo di lavanda fino a Cipressa, fino a degradare nella magica discesa verso una luna piena che posava la sua lampada luminosa sul mare “che faceva le creuze” di una notte di plenilunio. È stato qualcosa di stupendo. Un po’ faticoso, la salita si è sentita, ma è stato un attimo, perché a prevalere è stato lo stupore, le gambe calde e attive, muscoli in funzione, occhi che catturano bellezza, poter andare, scoprire, vivere l’esperienza. È stato come uno smacco di meraviglia in coda alle fatiche del mese, ai dubbi, al cinismo. La memoria della bellezza, che basta poco per riscoprirla, per camminarci dentro, anche se la si incastra tra le cose meno belle, anche se dura poco. Ma quando dura, in quelle 4 ore di cammino, è folgorante e fa tornare il sereno, prendere tempo e respirare a pieni polmoni il profumo di pini, erbe e salsedine, il profumo dell’estate che è qui.

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Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!