Nonostante…

…Il numero scarso di lettori in Italia, la chiusura di molte librerie, le difficoltà di un’attività in proprio, la scarsità di tempo.

La storia

L’Armadilla è una libreria indipendente di Imperia. La gestisce Cristina Pinna, lettrice e appassionata libraia classe 1987. La notizia? La libreria è in via XX Settembre, proprio nei locali di un’altra libreria, la storica Mauriziana chiusa nell’estate 2017. Pochi mesi dopo, il 18 novembre 2017, Cristina ha inaugurato il suo delizioso angolino, salutato da uno strano animaletto dal nome bizzarro – l’armadilla – e zeppo di meraviglia e felicità che prende le forme di libri, barchette di carta, mongolfiere e piccole sorprese. L’apertura di questa nuova libreria indipendente ha portato a Imperia un venticello di novità dopo la chiusura di tanti altri luoghi culturali, alcuni dei quali storici. E così se nella parte est della città, Oneglia, hanno via via salutato i clienti La Talpa e Orlich, Porto Maurizio, versante ovest, aveva da tempo visto chiudere la libreria Pozzoli, poi la Ricci e infine la Mauriziana. Finché è arrivata l’Armadilla, e allora è tempo di varcare la soglia della vetrina e conoscerla!

L’Armadilla: una libreria indipendente

«Sono 11 euro, facciamo 10, il caffè lo offro io!». Cristina sorride dietro la scrivania bianca che funge da banco a L’Armadilla, la libreria indipendente che ha aperto pochissimo tempo fa. Quando vado a trovarla è un sabato mattina di febbraio, via XX settembre è percorsa da un pigro passeggio, e in libreria, nel tempo in cui sto dentro ed esploro, chiacchiero e faccio foto, entrano tre o quattro persone, tutte per comprare, o per chiedere se gli ordini sono arrivati. Insomma, L’Armadilla funziona, funziona davvero. Ne sono felice e lo noto, sebbene sia colpita da mille stimoli visivi ed emotivi al secondo nel rivivere uno spazio che ricordavo fatto in un certo modo e oggi ritrovo accogliente fin dal primo passo, ripensato in una veste chiara e pulita, pieno di libri, piccoli deliziosi oggetti e decori. C’è ancora la soppalcatura che rende l’ambiente altissimo, scaffali sotto e scaffali sopra, la scala che unisce i piani e porta su, tra poltroncine di vimini dove sfogliare La lettura, l’inserto culturale del Corriere della sera, curiosare tra i titoli, affacciarsi dal balconcino e respirare l’aria di qualcosa che non è facile definire a parole, perché le cose belle vanno viste, vissute.

E così mentre Cristina si occupa dei clienti io giro, percorro il perimetro, assaporo la passione e dedizione con cui ogni singolo angolo è stato pensato, decorato, allestito per sorridere, e far sorridere di conseguenza chi vi passi accanto. L’Armadilla è un posto dove sentirsi a casa, e infatti bastano pochissimi minuti, e la mia sintonia con Cristina e con il suo locale è perfetta. «È il mio piccolo guscio di felicità – mi accoglie la libraia, mostrando la meraviglia di questo posto – Benvenuta all’Armadilla!».

Ho pensato fin da subito che questa storia fosse perfetta per inaugurare una raccolta di storie di persone che fanno cose nonostante una serie di ostacoli. Cristina ha all’incirca la mia età e vive nella mia città, il posto dove negli ultimi tempi hanno chiuso tantissime librerie. Eppure, ecco la sfida: aprire una libreria indipendente. Non solo: farlo negli stessi locali che per decenni erano stati abitati da libri, storie e persone, quelli della Mauriziana. Credo che sia un gesto bellissimo, sono grata a Cristina per aver avuto la decisione, la visionarietà e la voglia di farlo, imbarcandosi in un progetto che potenzialmente aveva in sè mille ostacoli. Nonostante tutto, invece, l’imbarco è avvenuto, il progetto ha preso il largo, e la barca ora naviga, pronta ad affrontare viaggi di ogni tipo, anche quelli più impegnativi.

Se ho scelto la metafora della barca non è solo perché accompagna questo mio progetto dei “nonostante” fin dal principio, come vi spiegavo qui, ma perché di barche all’Armadilla se ne trovano in abbondanza. Barchette di carta: azzurre, bianche, gialle, di ogni colore e ogni dimensione, occhieggiano tra uno scaffale e l’altro, si accumulano come biscotti in graziosissimi barattoli, accompagnano copertine, segnalano passaggi. In particolare, quelli dell’amica di Cristina che incontro mentre sto esplorando la libreria e che, mi spiegano, è l’esperta nonché autrice di tutte quelle barchette. Un simbolo che non a caso compare anche nel logo della libreria. Perché dietro le storie belle, si sa, ci sono le persone, e dunque capisco subito che nella storia di questa libreria ci sono un paio di belle amicizie, di quelle importanti, quelle da romanzo. Basta sentire cosa mi racconta la creatrice di barchette appena Cristina scivola in cassa: «è un vulcano – mi dice riferita alla sua amica libraia – lei lo fa per passione, lo fa a trecentosessanta gradi perché vuole occuparsi di tutto. Èd è bello, lo è perché è necessario scoprire cose nuove e ricercare cultura per sé e per gli altri».

Io penso che di cose belle qua dentro ce ne siano davvero un sacco, a partire dalla storia stessa del posto. Prima di aprire l’Armadilla, nel novembre 2017, Cristina ha lavorato sei anni in un’altra libreria di Imperia. «Ho abbandonato l’università – mi racconta – studiavo giurisprudenza, ma non era il mio mondo, così ho detto basta e sono ripartita. Sotto i portici un giorno ho visto un cartello fuori dalla libreria “cercasi apprendista”: non me lo scorderò mai, è stato un segno! Ho portato il curriculum e tra tante persone mi hanno chiamata. Mi si è aperto un mondo, e non ho più avuto dubbi su quello che avrei voluto fare!». È una cosa bella trovare limpida davanti a sé la strada da seguire, possono arrivare difficoltà, qualche dubbio, ma se la visione è chiara, tutto è possibile. Infatti…

Dopo aver lasciato a malincuore la libreria che l’aveva iniziata al mestiere, Cristina ha seguito un punto vendita libri stagionale a Mondovì, e avrebbe voluto replicare l’esperienza a Imperia per la stagione estiva. Le complicazioni non hanno tardato a farsi vive, con problemi e incognite. «Questo progetto – svela – era partito in un modo e poi si è trasformato: quando ero tornata da Mondovì avevo sentito l’annuncio che Pino della Mauriziana avrebbe chiuso. Shock: ma come, a Porto non c’è più niente? Aveva già chiuso la Ricci! Ero venuta così a chiedere se fosse possibile avere in gestione la libreria, ma lui avrebbe venduto anche i muri».

A questo punto, arriva il bello della storia. Arriva la zia, che grazie a un intervento, una specie di “cordata familiare”, compra i muri. «L’atto di vendita è datato 5 ottobre, il 18 novembre io ho aperto. L’Armadilla è stata creata in un mese e 13 giorni perché sono un po’ pazza, e senza l’aiuto delle mie amiche non sarei mai riuscita!». Capirete che avevo ragione ad annusare belle storie dietro la vetrina della libreria, che ha un libro tutto personale, anzi un quaderno, una sorta di guest book che si apre con il primo giorno di vita della libreria e che prosegue ricco di commenti, pensieri e auguri di amici e parenti di Cristina. È conservato tra le cose belle dell’Armadilla, così come la bacheca zeppa di biglietti e buona fortuna dei tanti amici che il 18 novembre hanno affollato questo posto per festeggiare la sua nascita: «da allora sono successe un sacco di cose – mi dice Cristina con lo sguardo che torna indietro a recuperare momenti e immagini – e si continua ad andare avanti, questo posto si arricchisce e mi arricchisco anche io».

Di lei racconta di essere nata nei libri e nella carta, con due genitori accaniti lettori e una zia altrettanto appassionata. Non fa strano allora che Cristina, all’Armadilla, sembri sempre esserci stata. Il fatto è che quando un sogno trova la strada e il modo per avverarsi, non fa altro che realizzare qualcosa che era stato coltivato fin da prima. Eccolo, quel prima: Cristina mi concede in esclusiva di spiare dentro un album tutto personalizzato, una sorta di grande cartellina creativa dove, nei mesi precedenti all’apertura, immaginava e andava ideando il suo sogno. Ecco il logo: l’Armadilla, pensato da lei e solo affinato dalla matita di un grafico. Ma c’è già tutto: il libro, la barchetta e il palloncino, che sono le amiche, e l’armadilla.

Finalmente eccoci al punto: L’Armadilla?! Ma perché? Cosa? Dove? C’è un trucco, cari miei, ed è un trucco speciale, un trucco per lettori! La libreria dell’armadillo è un romanzo del 2012 di Alberto Schiavone di cui avevo parlato qui e che racconta la dura, resistente, tenace e appassionata lotta di un libraio per tenere in piedi il suo angolo di meraviglia, e continuare a vendere storie. L’avevo annusato, nel nome L’Armadilla, perché quel romanzo mi era piaciuto un sacco e lo ricordavo bene. Non mi ha quindi stupito entrare da Cristina e trovare, sorta di altarino di fianco alla scrivania, proprio diverse copie de La libreria dell’armadillo. A me anche questa storia, che dalle pagine si passi alla realtà attraverso una metafora così pazzesca come quella dell’armadillo, sembra una cosa geniale, e bellissima.

«Non le piacciono i cani?»
«No.»
«Davvero? E che animale le piace?»
Il libraio riflette. È una domanda sciocca, cui non ha voglia di rispondere. Indeciso tra l’elefante e il germano reale, ha un’illuminazione.
«L’armadillo»
«L’armadillo? E che animale è?»
«Scorza dura ma sostanza dentro.»
La signorina si toglie gli occhiali, finalmente incuriosita.
«È piccolo, coriaceo, antico. Come me. Come un libraio.»
«Non ne ho mai visto uno.»
«Ci stiamo estinguendo»

Se poi Alberto Schiavone non fosse a conoscenza di questa libreria e del motivo per cui si chiama così, e stesse leggendo queste righe, lo invito a proseguire, e invito anche voi, perché le sorprese mica sono finite. «Quel libro lì l’ho salvato da una resa – mi indica Cristina – Stavamo facendo le rese nella libreria dove lavoravo prima, la mia collega aveva preso dei libri a scaffale e li aveva portati giù dove io avrei inscatolato. Io salvavo sempre un sacco di libri dalla resa, e quando mi è capitato quello ho detto no, non si può, me lo prendo!». Un segno anche questo? Sarà, ma io ho visto davvero la clientela, all’Armadila, felice come accade nel libro di Schiavone. «Secondo me funziona» annuisce la libraia quando le chiedo se ha già avuto la percezione che qualcosa nel quartiere stia accadendo, che questo posto stia funzionando e le persone reagiscano. «Tutto questo – mi fa notare quando la interrogo sui suoi nonostantenonostante un certo numero di ostacoli, imprevisti e malumori. C’è della roba in uno zainetto che ogni tanto tira fuori la testa, ma non mi arrendo: non ho pensato una volta di aver sbagliato, non c’è niente che non rifarei e non ho dubbi su questo, nemmeno uno. Per fermare tutta questa cosa dovrebbero spararmi due volte, perché la prima non basterebbe. Come dice Schiavone nel libro è una questione di cuore, di amore. Io nella pancia sento che è giusto».

Vuoi allora non stupirti se ogni libro sullo scaffale è stato scelto personalmente da una libraia così? Vuoi non continuare a farlo quando scopri che i progetti per il futuro sono tutt’altro che conclusi e, anzi, c’è un gustoso work in progress al piano di sotto? «La cosa che mi hanno chiesto è se mi specializzerò – mi spiega Cristina dopo avermi confessato che è un’amante di saggi, romanzi “quelli schietti” e libri illustrati per bambini – no, non mi specializzerò: vorrei tutto per tutti, e libri per tutte le tasche. Tutti devono potersi permettere un libro e ognuno deve poter uscire di qua con un libro. Ci sono libri a pochi euro e quelli che vedi scontati li ho cercati apposta reminder per avere un buon prezzo».

Insomma, c’è dietro un lavoro enorme, faccio notare alla libraia. Ma la risposta la intuisco già, perché da una coriacea sognatrice come Cristina, ormai l’ho capito, posso aspettarmi solo un nonostante leggero come quel palloncino rosso tra le zampette della sua armadilla, carico di futuro e bellezza, più che pesantezze e fiatone per gli ostacoli. «Dietro le librerie c’è sempre un lavorone che la gente non vede – mi fa notare – la gente pensa che la libreria sia un negozio, invece no. È più… una stazione. Non c’è niente di fermo in una libreria, neanche i libri: è un intrecciarsi di cose, strade, persone, energie, colori e odori, è una cosa in continuo movimento, un magma che si muove. Niente di statico».

Postilla

È il 22 febbraio e sto chiudendo questo racconto. Sono a Torino, sfrutto i portici per ingannare la pioggia e muovermi lo stesso a piedi. Piazza Carlo Felice, più o meno nei pressi del tristemente noto Hotel Roma dove si suicidò Pavese. Cammino veloce e supero la gente, ma l’occhio in automatico si gira verso le bancarelle di libri usati. E lo acciuffa, in volata: Randagio è l’eroe, Giovanni Arpino. Inchiodo, incredula scatto una foto e volo di nuovo via perché sono in ritardo. Invio la foto a Cristina, lei può capire. Può capire perché questo libro è oggetto di ritrovamenti, furti, sparizioni e peripezie varie lungo tutto La libreria dell’armadillo, un po’ un filo conduttore di cui si perdono le tracce, ma poi riappaiono. Allora ecco che mentre lavoro ripenso a quella bancarella, e dopo due ore scalpito, voglio verificare se c’è ancora, e se c’è… Beh, è troppo un segno: lo devo prendere! Come va a finire questa storia? Per la magia che solo le storie di libri e librai sanno attivare, tra una goccia di pioggia e l’altra il libro è ancora lì, nella sua edizione ingiallita del 1972, sulla bancarella, e in un attimo tra le mie mani, pronto a partire per un nuovo viaggio insieme al mio baule di storie. Come partenza per questo progetto credo non potesse esserci segnale migliore!

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!