È uno di quei personaggi che, dopo il primo avvincente romanzo con cui fare notte, pagina dopo pagina, la tensione crescente e la voglia di vedere come finisce, non ti molla più. Contrera è diventato un amico, e come tale lo aspetti, anno dopo anno. E lui puntuale torna.

È in libreria la terza avventura per il detective di Barriera di Milano creato da Christian Frascella: L’assassino ci vede benissimo. Non a caso questo romanzo ha un sottotitolo, che è La lunga notte di Contrera. Perché una delle caratteristiche che più saltano all’occhio è l’arco temporale di questa storia, ovvero 24 ore. Una giornata sola che è in realtà un libro intero, ed è lunghissima, e fitta di eventi, e dei soliti casini dentro i quali finisce il nostro eroe tragicomico, ex poliziotto e ora detective in Barriera di Milano, quartiere periferico e multietnico della zona nord di Torino, dove ha per ufficio un angolo della lavanderia a gettoni del suo amico musulmano.

Dopo Fa troppo freddo per morire e Il delitto ha le gambe corte, i lettori affezionati hanno imparato a conoscere Contrera e ad aspettarsi di tutto da lui, tranne ciò che sembrerebbe forse logico, e che potrebbe garantire alla sua esistenza lavorativa e personale un attimo di tregua. Invece no, al nostro detective piace sfidare la sorte, non la sa nemmeno lui bene perché, e in questa terza avventura se lo domanda spesso, sentendosi un po’ sbagliato, un po’ difettoso, e tuttavia senza trovare un aggancio per poter cambiare, migliorarsi.

Sul blog avevo già parlato di quanto i romanzi di Frascella con Contrera siano un’interessante riflessione che ha a che fare con la barriera tra bene e male, dove barriera è parte del nome del quartiere che dà identità forte e precisa a queste storie (tant’è che di questo aspetto ho parlato anche in un saggio accademico contenuto qui), e dove è però anche un confine molto labile, una sorta di zona franca dove vigono leggi altre rispetto alla morale comune, dove non si può evidenziare con chiarezza cosa è giusto, cosa sbagliato, cosa distingue un uomo per bene da un criminale. Tutto si mescola, nel mondo di Contrera, ed è per questo che lui è l’emblema più fulgido di un mondo dove la verità, come si dice proprio in L’assassino ci vede benissimo, non esiste, compare solo ogni tanto, a tratti.

Siamo a novembre, a Torino la nebbia cancella l’orizzonte a avvolge Barriera di Milano in un “latte scaduto”. Contrera viene coinvolto in uno dei tanti, soliti casi che lo metteranno di fronte a rogne con piccoli mafiosi e corrotti di quartiere, in difesa dei suoi amici della comunità araba, identità forte del quartiere, dai quali, lo sappiamo dalle puntate precedenti, si è fatto apprezzare e ben volere nonostante tutti i suoi pasticci. A Barriera ci sono i soliti giri di spaccio, mafia, corruzione, è una landa torinese dove “domina la feccia umana”, come ben ci esplicita Contrera, e dove i palazzoni hanno “color sconforto e miseria”. Non a caso, ho fatto entrare le storie di Contrera anche in Torino di carta, insieme ad altri colleghi eroi di libri gialli.

Lo scenario, in questo romanzo, è perfetto per un delitto, e infatti ecco che, mentre il detective è impegnato a districare la matassa della sua vita personale tra una sorella da cui abita e il cui marito lo odia, una ex moglie e una figlia che non lo sopportano, una fidanzata che potrebbe volergli bene, arriva il delitto, e lo sfiora da vicinissimo, tanto da farlo comparire, per caso, sulla scena del crimine, salvato in corner solo per un kebap piccante che lo fa correre in bagno.

L’indagine si svolge tutta in una sola notte, polizia da una parte, Contrera dall’altra, il suo amico Eddie da proteggere perché primo indiziato della morte del marito della sua amante, e un’onda di rancore e risentimento che si agglomera tra le vie del quartiere disegnando fazioni e sfociano in atti di violenza.

Nebbia. C’è qualcosa di più inquietante della nebbia in una notte violenta? No. Il buio e il freddo e la pioggia, persino una tormenta di neve – niente raggiunge il livello della nebbia. Il quartiere sembra un fantasma che si sposta col suo lenzuolo di anonimato e spavento

Tra echi di Taxi Driver, una montagna di pasticci che portano Contrera a vederne di ogni, ma anche uno spiccato fiuto da detective che lo farà procedere un passo avanti alle forze dell’ordine, portandolo a risolvere il caso entro la mattinata, si srotola la tragicommedia del romanzo, che ha il pregio secondo me raro di dispiegare insieme i volti peggiori dell’umanità e di un quartiere, con tutti i suoi problemi di legalità e convivenze etniche, i rovelli interiori di un personaggio bruciato eppure tremendamente umano, e l’ironia vivacissima che farà ridere e sorridere più e più volte.

Anche Erika, la fidanzata di Contrera, osserverà questo aspetto e gli farà notare che non si riesce proprio a capire se è un personaggio comico o tragico. Contrera non potrebbe trovare una soluzione ai suoi rovelli, altrimenti smetterebbe di esistere, e con lui si esaurirebbe la sua serie di romanzi: di questo avevo parlato proprio con l’autore, quando l’ho intervistato in occasione dell’uscita del secondo libro. “Non c’è peggior Contrera di chi non vuol essere Contrera”: rivolgerà a se stesso questo pensiero il detective, sottolineando il cuore, il motore del romanzo e della serie stessa, cioè la sua insanabile contraddizione interiore.

Se infatti la vicenda della notte di violenza in Barriera si risolverà con una geniale trama poliziesca e con tanto di sorpresa finale, come ogni giallo ben orchestrato che si rispetti, falsi indizi inclusi, il legante autentico del romanzo è proprio lui, Contrera, il suo pensiero, il suo percorso, il suo modo di vedere gli altri esseri umani, in mezzo al buio, mentre l’assassino, appunto, ci vede benissimo, e lui procede a tentoni usando il suo istinto. E mentre Barriera esplode sotto una violenza implacabile, si stende sulla città la nebbia che cancella tutto e schiaccia contro la propria oscurità, le proprie ombre interiori.

Mi prendo la testa tra le mani, i gomiti appoggiati al tettuccio, e mi domando dove cazzo vivo e chi cazzo sono davvero, se uno stupido o uno che ha una sua forma di lealtà o solo un tizio a cui capitano cose che non hanno alcun significato – vaghe girandole di luce accecante nella più nera oscurità

Il perno intorno cui ruota tutto è sempre il solito: da che parte si vuole stare? Il bene o il male? La giustizia o la corruzione? La luce o il buio? La tragedia, o la commedia? Contrera sceglie, suo malgrado, lo spazio nel mezzo, dove tutto è possibile, tutto si mescola e niente resta mai definito, tra piccole esistenze desolate e desolanti in un quartiere che rispecchia il suo eroe, baratri coperti per impossibilità momentanea di esplorarli, intuito e destrezza, un pizzico di fortuna, e anche di follia.

Tu da che parte vuoi stare? È la domanda che tiene insieme questa storia, tra apparenze e nebbia che inganna, nell’ingranaggio letterario perfetto di una trama densa di incastri e colpi di scena, di trame e sottotrame che porteranno in un fiato al finale, con la solita voglia immensa di rituffarsi quanto prima nello sporco, incasinato e irrisolto mondo di Contrera.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!