Sabato, giorno di libertà. Ma oggi siamo in clausura, ho perso il conto delle settimane, forse è la quarta, fatto sta che l’ennesima volta il frame domestico a cena è il medesimo: pizza fatta in casa, birretta sul tavolo, commenti sull’impasto, è buona, stai migliorando. È la seconda pizza realizata senza lievito di birra ma con questa specie di lievito madre che sto tenendo in vita in un’arbanella di vetro. Funziona, o almeno pare. Si bucherella, si autoalimenta di glutine, e poi ci regala la pizza.

Insomma niente, è sabato, il primo sabato di aprile, col sole e i profumi dei fiori. Davvero una festa. Nella vita com’era prima sarei uscita dribblando il caod del mercato, magari per qualche commissione. Oggi invece indugio: sì o no? Sì, anche se è tardi. Vado in edicola, come sempre prendo Robinson e La lettura, e poi devio per casa di nonna. Non la vedo da tre settimane. Lo so che è rischioso, ma io più che casa ed edicola non ho frequentato.

E quindi eccomi qui, le fa piacere, e anche a me. Si sente in gabbia, fa confusione con le medicine, è concentrata sui suoi mali, e forse la televisione (o meglio, i canali allucinanti che guarda) le restituiscono idee non troppo aderenti alla realtà. Insomma che, dopo avermi detto una grande verità al telefono l’altro giorno “te ne devi fregare altamente”, me ne dice un altra: “ci hanno rubato la primavera”, e io che le ho portato Gardenia per guardarsi un po’ di fiori chiusa dentro casa, lei che ama il verde, mi sento un po’ ingenua.

Mi dà un orologio fermo che ha lì da trent’anni, mi dice di buttarlo, è rotto. Quasi una metafora di questo blocco del tempo che ci stritola tutti. Ma invece, magia, tocco a caso cose e la lancetta dei secondi si riprende, tic toc. Esco che è quasi l’una, il sole è caldo e fermo, non c’è un’anima mentre ritorno a casa coi giornali sotto braccio, l’orologio a cuore blu che comunque ha voluto darmi e i guanti sporchi (leggi: usati) nel sacchetto. Le foglie di edera giovani, sui muri, sono di un verde freschissimo, sembrano di plastica, e invece è solo la natura che si spiega nella sua potenza.

Sabato: tutto più rilassato e disteso. Me ne accorgo dal silenzio, o forse solo da una mia silente disposizione mentale? Non so, ma all’una passata i vicini di fronte si spostano a prendere il sole sul terrazzo, e mettono a volume alto Vasco. Nascosta dietro la tapparella ascolto Sally e dopo anni ancora mi emoziono: “Perché la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia. Sopra la follia”.

Oggi i pensieri sono davvero tanti, complessi e sfaccettati. Non credo di avere le forze per tenerli insieme, non credo nemmeno di avere le forze per accettare ben tre piccole e apparentemente stupide delusioni ed errori che mi ricordano che non sono così in equilibrio, non saggia e nemmeno forte. La soluzione è tuffarsi dentro un libro. Oggi, 4 aprile, scelgo di riprendere Un incantevole aprile di Elizabet Von Arnim. Ritrovo il mio rifugio, il gradino di ardesia spalmato al sole, e in questo cantuccio tra una telefonata, un messaggio e un auricolare, riesco a ritagliarmi almeno un paio d’ore per cavalcare su metà romanzo e, dalla grigia Londra, trasferirmi con le protagoniste in Liguria. È aprile, il castello medievale brilla sul mare tiepido e in mezzo alle chiazze colorate dei fiori che io stessa ho intorno. C’è un magico potere della bellezza in questo libro, e mi arriva tutto, e mi fa sorridere.

«Lei voleva soltanto starsene un po’ da sola. Quanto, oh quanto!, desiderava essere lasciata in pace per un mese, per riuscire magari a fare qualcosa della propria vita»

Nel tramonto lungo di questo sabato di aprile faccio la prima videochat di gruppo di questo periodo: è divertente, quasi irreale. Ed è vero, la distanza sembra paradossalmente ridursi, lenisce un po’ la solitudine, il silenzio che ha accompagnato questo pomeriggio di dolcezza e lettura. Il sole è sempre più basso, arriva il freddo, l’umida nube olfattiva in cui l’erba si riprende il suo spazio, le pratoline sono chiuse e si diffonde l’odore vegetale delle prime fave. Le sbucciamo insieme, i miei ed io, nella cucina dove riguardiamo per la centesima volta Indiana Jone e l’Ultima Crociata.

«Ma sono passati 700 anni!» si stupisce Indy. «Un’attesa molto lunga», conviene il cavaliere a guardia del sacro Graal. Sì, siamo quasi alla Pasqua, anche questa scena me lo ricorda. E sì, bisognerebbe prendersi un po’ di respiro, pensarci, allargare lo sguardo fuori da questo nido attonito. La sera approfitto di una bellissima iniziativa del Festival Cinemambiente e guardo The Human Element, il documentario di James Balog, che ritrovo sullo schermo dopo aver avuto la fortuna grande di intervistarlo lo scorso maggio. Un reportage inquietante, che ci riporta all’emergenza per la nostra Terra, ci riporta al cuore dei nostri problemi di specie che ha radicalmente cambiato tutto. Virus compreso, non dimentichiamolo.

Leggerezza e un filo di ironia malinconica:  Mrs Cold, Kings od Convenience

Hey baby, Miss Cold
Acting so tough
Didn’t know you had it in you so be hurt at all

Leggi tutte le giornate del mio diario di quarantena: 25 giorni a casa.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!