Il giro di boa. È scritto qua sopra: 25 giorni, ma oggi è il giorno 26, abbiamo oltrepassato la soglia. Ma la soglia di cosa? Non esiste futuro, oggi come oggi non ce lo possiamo permettere, e mi fa riflettere arrivarci da sola, dopo non aver ancora sentito il pezzo di Stefano Massini di ieri a Piazza Pulita che, scopro, raccontava proprio questo: l’abuso del futuro, una smania che, scopriamo oggi, non era scontata.

Fuori è aprile, oggi è quel famoso 3 aprile che doveva essere: un venerdì. Un tempo sarebbe stato giorno di ritorno, giorno di meta, settimana finita, arriva il relax, giù le tensioni. Ma queste tensioni forse non erano del tempo, erano mie e basta, perché non passano. Non si assottiglia la lista delle cose da fare, non capisco perché, sono troppe. La mente non riesce a seguirne una sola, sempre, dedicarsi in modo esclusivo. Eppure non c’è alcuna fretta, non c’è niente, se proprio vogliamo parlare di quel futuro che oggi mi accompagna come parola chiave di questi pensieri.

«Sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno» Cremonini canta Dalla in una diretta Facebook con Jovanotti che mi passa un amico. Quaranta minuti di delirio, ecco forse perché non riesco a finire niente di quello che inizio o dovrei, perché ho, come sempre e come tipico dei tempi, un sacco di distrazioni. Però non è male riflettere con due personaggi che hanno riempito vent’anni e più della mia vita mediatica e sociale, quella che ora sembra estinta, come non fosse mai esistita, fuori da casa il vuoto.

Esco da casa, mi cade l’occhio su una margherita cresciuta in una fessura del marciapiede, così ambiziosa da inoltrarsi sotto una grata di metallo, calpestata da tutti. Anche il suo futuro è poco certo, ma lei probabilmente non ci pensa, e splende. Vorrei riuscire a farlo, in questo aprile dolce e insieme amarissimo. Sono qui seduta alla scrivania ingombra, ho tutto quello di cui ho bisogno. O forse no? Ogni tanto me lo domando, il dubbio incrina la certezza, cerco di stare su ma se poi è un abbaglio? Se sto sottovalutando questa solitudine?

«Ho visto un posto che mi piace si chiama Mondo», me la ricordo eccome, la canzone. Mi ricordo l’album: stagione festante della mia vita, tutto davanti, amici e viaggi, esplorazioni e avventure, senza paura, con meno amarezze e pessimismo e cinismo. Poi c’è stata la frattura, il divario si è aperto, non ci pensavo al futuro, non ci pensavo che l’avrei pagata. Però adesso ascolto e mi manca il mondo, mi manca la serenità di un concerto a cui non vado da… Boh, da mesi, forse da anni. Dove è sparita la mia vita? Quando è successo? È stato quando il lavoro mi ha tirata sotto con le sue false sirene che non erano altro che tenacia e disperazione intrecciate insieme, ambizione frustrata, e poi schiacciata, derisa, uccisa?

Non è tempo di pensarci, dovrei fare altro, me lo suggeriscono articoli e fogli che ho qui intorno mentre ascolto la radio, le dirette instagram, mentre faccio prove di novità sui social, come il primo post a pagamento, mentre smanetto con InDesign e non mi ricordo nulla ma gli appunti sono a Torino. Torino, che grande mistero, che lontananza. È mai esistita? Le cose da fare sarebbero migliaia, ma il tempo si esaurisce troppo velocemente.

Cremonini dice una cosa che mi incolla lì allo schermo: «Il 900 ce lo siamo giocati ora – dice – Faremo uno scatto davanti a questa lezione di vita che ci ha dato la storia». Sarà vero? Cerco di immaginarmi il futuro, ci stiamo provando in tantissimi, è un florilegio di articoli e pezzi di intellettuali che si sforzano, provano la visione avanti, ma poi chi lo sa? Le diseguaglianze di cui nessuno o quasi parla, i problemi economici e materiali, e quelli, abissali, psicologici, di cui magari non ci eravamo curati prima. Bisognerà scavare, scavare, scavare… Usciremo forse in un altro posto, a stupirci di quel che ci circonda. È come se una corda fosse stata tesa, tesa e tirata al massimo: sentivano gli scricchiolii, o almeno io li percepivo, li sentivo, mi facevo un sacco di dubbi e domande, ma non agivo. Come ora, ora che non posso materialmente agire, son qui con le mani sulla tastiera che scrivo cose autoreferenziali con scarsa attenzione e altrettanta ne metto in argomenti che mi sarebbe piaciuto approfondire, quanta ruggine, quanto poco slancio in avanti, poco senso del futuro.

Esattamente l’esatto contrario di quel che dovrei fare se investissi nella scrittura più energie, più bellezza, più futuro, se ci credessi tanto e mi ci potessi dedicare totalmente. Perché in questo momento di stasi, che pure è parente di tanti altri momenti passati e non mi atterrisce portandomi a fermarmi totalmente, a disperarmi, l’unica cosa che continua a brillare e indicarmi una via è la scrittura. Sono patetica? Può darsi. Ma è quello che ho sempre trovato immediato, la strada che si è sempre srotolata da sola, senza ansie, senza incertezze, senza muri insuperabili.

Con la scrittura ce la posso fare, ne ho la certezza. So fare, praticamente, solo quello. E dovrei allenarmi, come in tutte le cose del mondo. Ma oggi salto la seduta di cyclette perché le occhiaie si fanno pesanti da portare addosso, ed è la stessa mesta pigrizia, la stessa mancanza di concentrazione e frammentarietà del tutto che mi impedisce di immergermi totalmente in quello che vorrei fosse la mia vita. Perché poi il concetto è semplice, lo ha detto Cremonini in questa diretta di deliri, ricordi e processi creativi improvvisati, di sorrisi e riflessioni e intese che sono il tempo migliore, l’oggi che riesce a non agitarsi davanti al futuro. È così perché il pensiero pesca nel passato, e il passato è una certezza, nonostante catene montuose di ostacoli: «poi alla fine è tutto lì: quello che sognavamo da bambini è la cosa che ci riuscirà meglio se riusciremo a raggiungerla. Il problema è che per raggiungere quella cosa là devi fare un percorso allucinante».

Oggi ci ha lasciati Bill Whiters, non è proprio un Lovely Day, ma fingiamo lo sia:

When the day that lies ahead of me
Seems impossible to face
When someone else instead of me
Always seems to know the way

Leggi tutte le giornate del mio diario di quarantena: 25 giorni a casa.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!