C’è questa cosa che una giornata mediocre, seppure inconcludente, si chiude male, e questo la fa apparire come una giornata nera. Ma nera pensate, nera brutta, nera di cose che rovinano tutto. Oggi, giorno quarantasei di questa follia collettiva, è andata esattamente così. La conclusione sono occhi pesti, mal di testa, lavori che non finirò certo sta notte come pronosticato, mutismi e fragilità esposte come mercanzia a basso prezzo.

Quindi mentre ringrazio mentalmente l’amico che mi ha teso una mano in mezzo alle sabbie mobili, penso che forse sarà meglio compilare il diario, perché domani mattina la quantità di lavoro sarà immensa, e mi sommergerà. E ricomincerà la lotta in cui cerco di non affogare, di calcolare la rotta in un mare che non conosco, verso una meta che non vedo.

Sta mattina era iniziato tutto apparentemente bene, seppure con difficoltà all’orizzonte a causa della nonna e di cose che non deve sapere, pena l’affondare, anche lei. Poi mi ero messa a testa china, ci credevo. Certo, qui è una giostra in cui la concentrazione è triturata ogni millisecondo: mettersi testa china su un progetto è impossibile. E se progetto è la parola chiave di oggi, sfida è il suo lato b, perché di facile non trovo mai niente, di lineare, di snello. L’ansia trova tutto lo spazio di cui ha bisogno. Si nutre degli imprevisti, delle cose rimandate che poi non c’è più tempo, e del tempo, che è statico ma sparisce, è sfasato rispetto ai progetti iniziali: terremoto.

È faticosissimo oggi. Mille cose iniziate e nemmeno una finita, perché è stato interrotto sistematicamente tutto. Il tarlo è la mia incapacità di lavorare, come perdo tempo, come non mi organizzo. Il tarlo che rode, picchia. Saranno gli altri? Sono io? Qualcosa deve essere, se mi prende così male che non ascolto un tg, non sento un amico, non faccio niente di quello che facevo prima, sembra finito il tempo dolce della quaranten – la mia, per lo meno-, ed è regime.

Mi mancano le forze, mi manca un progetto, ma di vita. L’incubo di questo futuro che non si vede, che doveva essere così e invece è cosà, e chissà poi per quanto. Mi piacerebbe avere le energie mentali per affrontare il bellissimo testo di Stefano Bartezzaghi su Primo Levi, nelle Lezioni Primo Levi: parla di palindromi, si diverte nel linguaggio, la cibernetica e i fantasmi calviniani. Vengo sopraffatta dal tempo: è tardi e non riuscirò, e non è come vorrei, e stride. Il progetto di stories delle lezioni finirà qui, oggi: archivio il librone, che deve essere letto con il tempo che gli è necessario, con la calma, la lucidità. Così è uno spreco, sarebbe peccato.

Mille file aperti, nessuno chiuso, la testa su tutto e su niente. È davvero un giorno di mille progetti e partenze, mentre il mio, di progetto, si polverizza. Ne prendo atto osservando lo sfacelo, intorno. Amareggiata, delusa, impaurita, triste.

Oggi è così, sta mattina la radio me l’aveva preannunciato: I still haven’t found what I’m looking for, U2:

I have run I have crawled
I have scaled these city walls
These city walls
Only to be with you
But I still haven’t found
What I’m looking for

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!