La parola per oggi, diciottesimo giorno di quarantena, giovedì, mi viene in mente a notte già fonda, motivo per cui anche oggi scrivo questo diario un giorno dopo, anche se la data è quella del 26 marzo. La parola, dicevo, è ascolto. Mi balza agli occhi dalle pagine di Ascoltatori di Susanna Tartaro (Add editore), che ho qui da mesi e, come decine e decine di libri, non ho avuto ancora tempo e voglia di leggere. Ebbene, questa sera lo prendo, lo inizio, e arrivo alla fine.

Dentro ci sono un sacco di storie di radio, e di ascoltatori. Non tanto ascoltatori di frequenze, canzoni e parole, quanto ascoltatori di persone, di anime. Quanto bisogno di ascolto, penso. Quanto ce n’è in quest’epoca di ebeti da schermo: da giorni grafici senza fonti o con fonti equivoche rimbalzano sui social, tutti sanno, tutti profetizzano. Mi domando quanto ne sappiano sugli esponenziali, perché io me li ricordo dal liceo, e poi basta, ci arrivo a intuito e taccio. Perché non so, non è il mio compito.

Il mio compito, al momento, non esiste. Sono una tra miliardi: devo stare a casa, occuparmi della salute mia e dei miei, della nonna che è sola tutto il giorno e non ci possiamo andare, che rimugina e ascolta solo la propria ansia, il proprio dolore. Il mio compito non ha riconoscimento fuori dalle mura di casa, ma non importa, sto imparando che va bene così, perché tanto siamo in emergenza, tutte le cornici e gli ordini sono saltati, che mi arrovello a fare?

Oggi è il quarto giorno che mi alzo e non ho un lavoro. Me la cavo ancora bene: faccio le cose con calma, e ho ancora cose da fare, come mettermi al pc e scrivere due puntate radio. Me la prendo comoda, devo anche fare ricerca, e mi capita di ascoltare vecchie puntate radio con interviste, da cui prendere appunti. Intanto viaggio nello spazio, ché è quello il tema di una puntata, e poi mi immergo nelle scritture della Resistenza. Mondi interi, occhio in ascolto. È un’immagine strana, me ne rendo conto, ma se davvero passo in rassegna tutte queste scritture, tutti questi autori, tutte queste storie, mi sembra di sentire il vociare ogni volta diverso. Posso entrare? È permesso? Nessuno ha mai detto di no.

Solo che per fare di queste visite un vero tesoro, qualcosa che resta, c’è bisogno di ascolto vero, profondo. Serve che la mente resti sgombra, stabile, pulita, ferma. Che sia arrivato il tempo, quello vero, per riprendere la lettura vera, profonda, per mettersi in ascolto? Ci spero. Faccio di tutto perché sia così. Del resto che altro potrei fare, visto che non c’è altro? Furi fa un freddo gelido, è fine marzo e sembra la furia dell’inverno di un lungo gennaio. Brividi, mani gelate, voglia di coperte dentro cui sparire. 

Ascolto un sacco di radio, la radio è una compagnia, le voci bellissime, la sensazione di stare insieme, vecchie canzoni che si ritrovano. La calma. E poi le playlist degli amici, suoni che si diffondono. Cercare di stare tranquilli, di non pensare a dopo. Ascoltarsi: tutto bene, sono tranquilla. Mi adatto. Arriverà una crisi? Esploderò? Impazzirò? «E se poi non hai più niente da fare?» chiede mia mamma quando le squaderno i piani per smaltire gli ultimi arretrati dei para-lavori. Leggerò, forse. Ascolterò, mi ascolterò: quando, se non ora? Era un sacco che desideravo farlo, era un sacco che rimandavo.

Intanto, le mani avanzano, lavorano. Il lievito sta maturando nell’arbanella di vetro, sembra la mia rivincita, la fermentazione dei miei pensieri su come salvarmi da quest’onda inaspettata che tutto ha spazzato, i miei ultimi quattro anni di vita che fingevano di essere qualcosa, di sapere dove andare. Sono giorni che la cucina è in funzione: ieri farinata, oggi biscotti, polenta. Impegnare la testa, svuotare la dispensa. Tanto, che altro c’è da fare?

Segnata tra gli ascolti che avevo dimenticato e fanno parte di un decennio passato: Cast no shadow, Oasis

Here’s a thought for every man who tries to understand
What is in his hands (What is in his hands)
He walks along the open road of love and life
Survivin’ if he can (Survivin’ if he can)

Leggi tutte le giornate del mio diario di quarantena: 25 giorni a casa.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!