Nonostante

Le zavorre, i paracadute, i freni, i compromessi, l’età, le scelte

La storia

Matteo ha 34 anni e un’attività di famiglia dove è impiegato da anni e che non lo soddisfa e gli accende il rovello interiore del voler cambiare vita, inseguire i propri sogni e far sì che diventino qualcosa di più grande, forse un lavoro. Ci ha provato tante volte, scegliendo percorsi di studio, e accantonandone altri, prendendo voli per carriere internazionali, e poi scontrandosi con la mancanza di una passione che lo anima da sempre e che aspira a far diventare la strada maestra. Nel frattempo, gli anni trascorrevano, le esperienze passavano, il tempo sedimentava le scelte compiute. Eppure, poco dopo i trent’anni, qualcosa è tornano a bussare: la voglia di cambiare. Nonostante la sicurezza di un’attività avviata, nonostante una cornice nota e serena dentro la quale muoversi, come se non si potesse aspirare a qualcosa di diverso, di migliore per se stessi, di appagante. E così si è rimesso in gioco con un colpo di testa insolito: un master di scrittura creativa, e a seguire quel che ne verrà. Nonostante il negozio nella provincia ligure, nonostante il magma di Milano e un settore, quello dell’industria creativa, dove è molto difficile inserirsi. Questa è la sua storia, raccolta quando si sta ancora svolgendo, lungo la strada.

 

Di una zavorra che diventa paracadute

Telefono a Matteo mentre guida: sta andando a Milano, l’intervista telefonica ci sembra un modo simpatico per passare il tempo lungo l’autostrada. Gli spiego brevemente il mio progetto, del quale è già stato avvisato: «c’è un nonostante forte, un problema, e mi sembra nella tua storia sia il negozio» è quel che gli dico per avviare la discussione. «Ah, certo, è pertinente, quello è proprio il nonostante della mia vita», mi risponde lui ridendo, segno che ci siamo, possiamo iniziare a esplorare il percorso di un trentenne che alle spalle ha tanto teatro, un percorso di studi in comunicazione, e che proprio ora è in viaggio verso la città dove ha scelto di rimettersi in gioco, a 34 anni.

Matteo si è infatti iscritto nel 2018 a un master in scrittura creativa, a Milano, città dove vive, seppure per il momento senza abbandonare la provincia ligure, dove ha sede l’attività di famiglia. A Milano a breve inizierà lo stage che segue al master, e che spera gli darà occasioni per inventarsi un futuro distante dal negozio. È buffo: mentre guida so che la sua meta è proprio il corso di teatro, a Milano, e penso che sempre con il teatro avrà a che fare  lo stage post master. Eppure la prima risposta che mi dà quando gli chiedo cosa sognava di fare nella vita a 18 anni, prossimo all’iscrizione all’università, mi risponde che voleva fare il giornalista.

«La passione per la scrittura c’è sempre stata – mi spiega – poi è anche arrivato un momento, che ha coinciso con l’iscrizione alla laurea specialistica a Torino, dove pensavo di voler lavorare in una redazione radiofonica o televisiva, ecco, quella poteva essere una delle mie massime ambizioni. Il problema però è che nella mia vita c’è sempre questa zavorra che ho attaccata al piede da anni, e che mi ha sempre accompagnato. Alla fine mi ero quasi adattato all’idea che la laurea fosse il compimento di un mio percorso privato e non sarebbe stato il veicolo per uno sbocco professionale. Quel che pensavo era che il mio futuro professionale sarebbe stato ereditare il lavoro di mio padre».

Ma, gli faccio notare, non pensavi già questo a 18 anni… «Assolutamente no – mi risponde infatti lui – il mio più grande sogno è sempre stato fare l’attore, da quando avevo 15-16 anni». Eppure c’è stato il percorso delle due lauree, triennale e specialistica, in comunicazione, e ora c’è il master in scrittura creativa. Tanti interessi, più o meno imparentati, ma di certo non con il negozio.

C’è un alternarsi di visioni nella storia di Matteo: la costante presenza di una zavorra, che pesa e che frena, e poi l’improvviso trasformarsi di questo peso in una leggera vela per planare a terra dopo un volo andato male: la sicurezza di un atterraggio morbido. Ecco il motivo del titolo di questa storia, che ha conferma nel ricorrere di una serie di percorsi lungo gli anni, a cavallo di scelte, partenze e ritorni: si lascia, ma si torna.  Come se nella vita di Matteo ci fosse, al centro di tutto, un magnete che attira o che respinge, dal richiamo del quale è difficile liberarsi per andare a fiutare altre rotte, altri percorsi. Nonostante questo meccanismo di attrazione e repulsione sia attivo da anni, e abbia modificato anche significativamente alcune scelte di vita, a 34 anni, l’attuale età di Matteo, forse qualcosa sta iniziando a cambiare, frutto di crescita e consapevolezza, ma anche di tante zavorre e paracadute ormai provati, e per questo noti.

«Ti devo raccontare la mia storia con l’accademia – riprende il discorso il mio interlocutore, per proseguire sui binari temporali e aprire una finestra sul suo amore per il teatro– ho fatto i provini più di una volta: allo Stabile di Genova, alla Paolo Grassi e al Piccolo di Milano, alla Silvio d’Amico di Roma. Non sono mai andati bene, tranne quello per un’accademia privata a Roma. Era il 2008, mi presero, ma dopo giorni di riflessioni decisi per il no. Fu una decisione di natura prettamente economica: non volevo mettere sulle spalle dei miei un impegno così gravoso. Avevo 23 anni e decisi di lasciar perdere: ero convinto della mia scelta. Certo, quando mi chiamarono per dirmi che ero stato preso, la mia vita aveva preso una bella piega…».

Eccolo, il primo bivio: la rinuncia a una ipotetica carriera di attore, la scelta di un’altra strada, e forse la prima delle contraddizioni tra zavorre e paracadute. La decisione ha infatti stabilito un no definitivo, la strada della recitazione è stata archiviata lasciando spazio ad altre vie, seppure meno strutturate, con cui continuare a coltivare la grande passione per il teatro. Ma qualcosa era ancora rimediabile, come per esempio proseguire con l’università: «non ho mai voluto fare un Dams, non lo ritenevo il veicolo adatto a quel che avrei voluto fare – mi dice Matteo – mi piaceva molto di più il percorso in comunicazione, che infatti ho scelto».

E il negozio? C’era già la sua ombra? Domando io per iniziare a scoprire il nodo della contraddizione. «Quando ho deciso di lasciar perdere l’accademia c’era già, ma poi ha iniziato a essere più ingombrante – prosegue Matteo – tant’è che prima di iscrivermi alla laurea specialistica ero indeciso tra comunicazione multimediale e comunicazione per l’impresa: se avessi scelto la seconda, pensavo, sarebbe stato un percorso che mi sarebbe piaciuto molto meno ma mi sarebbe stato utile per provare a tracciare un futuro fuori dal negozio, forse avrei trovato lavoro più facilmente… Ho scelto comunicazione multimediale, che mi piaceva di più, ed è stata una scelta figlia di un “mal che vada”. Se non avessi ragionato così, forse gli studi mi avrebbero dato qualche opportunità in più».

Mal che vada, infatti, c’è sempre l’attività di famiglia. Si apre così il paracadute, trasformato da zavorra in un mezzo di soccorso: un lavoro che, nonostante tutto, c’è, è lì pronto, basta solo prenderlo, accettarlo, e tutto sarebbe più semplice. «Ma non voglio farlo! – è la risposta che mi rilancia Matteo – è il paradosso della mia vita: avere un lavoro ma passare il tempo a combattere il fatto di non volerlo fare, restando ogni volta con percorsi sospesi. Se a 18 anni avessi scelto di iscrivermi a ingegneria o medicina, forse oggi il negozio non esisterebbe più».

Lasciare il noto per l’ignoto delle passioni non è mai semplice, non dà mai vita a strade lineari, anzi spesso è un puro azzardo, nemmeno si scorge la luce, in fondo, per non parlare del senso di colpa, dei freni tirati.. E se andasse male? E se…? È allora che interviene il paracadute, che riporta inevitabilmente alla zavorra. Come è successo più volte a Matteo.

Dopo la laurea specialistica si è infatti presentato un secondo bivio, una scelta scaturita senza preavviso da una domanda buttata lì per caso, una borsa di studio per un progetto all’estero, a Bruxelles. Era il 2012, Matteo è partito per il Belgio a due mesi dalla laurea, salutando la vita in provincia e il negozio. «Sono andato là con la voglia di costruirmi una carriera all’estero, sfruttando l’onda dell’opportunità e andando a fare non sapevo nemmeno io bene cosa – mi spiega – Poi in realtà l’esperienza non è stata molto bella dal punto di vista lavorativo: sì, un bellissimo ambiente, ma non mi appassionava, e dopo sei mesi più altri sei mi sono detto che preferivo tornare a casa».

«Ma casa era il negozio…», gli faccio notare io. «Esatto: sono tornato da Bruxelles per lavorare in negozio – prosegue Matteo – mi ero detto che sì, va bene, avevo avuto questa bellissima opportunità caduta dall’alto, da una domanda senza aspettativa. Se non fossi stato preso per quella borsa di studio, non ho davvero la più pallida idea di cosa avrei fatto. Sicuramente mi sarei stancato molto prima del negozio».

Nonostante quindi la bella opportunità, l’ambiente internazionale stimolante e i 12 mesi passati all’estero, nel 2013 la zavorra è di nuovo diventata il paracadute perfetto per approdare a una situazione sicura, sedare i sensi di colpa, in qualche modo frenare le passioni e gli interessi. Sono passati cinque anni, e poi è arrivata l’idea del master. «Cos’è successo?».

«Quella vita non mi piaceva – ecco Matteo che racconta dell’ultima scelta – mi ero autoconvinto di farmela andare bene, l’esperienza a Bruxelles non mi aveva soddisfatto del tutto, e poi non mi aveva dato una motivazione per decidere di restare all’estero. Ero tornato con la convinzione più o meno stabile di rimanere in negozio, ma poi sai… Più resti lì, più ti rendi conto che non vuoi farlo».

La salvezza, questa volta, sembra essere un master in management del turismo, a Milano. Un nuovo compromesso, come già per l’università, perché mollare tutto a 33 anni alla ricerca di un lavoro stabile può spaventare: la zavorra è sempre in agguato. «Era lo stesso identico ragionamento della laurea specialistica – mi fa notare infatti Matteo – butto tutto, vado a fare un percorso che non mi fa impazzire, certo, ma almeno mi dà uno sbocco… In realtà è bastata una giornata in quel master per capire che non potevo fare quella roba. Per fare quello, allora, tanto valeva stare in negozio».

E siccome la decisione di staccarsi dal negozio pagandosi un corso di formazione per darsi nuove opportunità era frutto di lunghe riflessioni, è arrivato il cambio repentino: dal management alla scrittura creativa. Dal compromesso alla pura passione. «Mi sono accorto che sarei tornato al punto iniziale, al negozio. E allora mi sono detto che no, sta volta avrei fatto la scelta completa – così si giustifica Matteo – non potevo spostarmi da una realtà pesante per viverne un’altra altrettanto pesante: sono i miei soldi, la mia vita. E allora ho virato. Rispetto al master in management, dopo un giorno di lezione ero già un’altra persona».

Inizia così una strada di serenità e leggerezza, nonostante i prevedibili intoppi, come la selezione di uno stage, le farraginose opportunità concrete per il dopo. «Mi sono divertito – è però il commento – ho frequentato con la mente di una persona che arrivava da anni di un lavoro che non gli piaceva, da un’attività di famiglia. Tutto l’impegno di questi mesi, che non è stato poco, per me è stato come un gioco, non mi sentivo sotto pressione come i più giovani. E l’ho vissuto alla giornata: se avessi voluto fare una scelta netta avrei proseguito con il master in management, anche se non mi avrebbe ugualmente dato garanzie assolute. Il fatto di aver dato ascolto a quella che, insieme al teatro, è un’altra mia passione smisurata, è dovuto al fatto che se volevo fare un colpo di testa, dovevo farlo bene, al cento per cento».

Nonostante le zavorre, e nonostante la consapevolezza del pericolo del paracadute, penso io. È così: nonostante errori, freni e indecisioni ripetuti nel tempo, con l’ultimo colpo di testa sembra che la catena si sia rotta. Adesso Matteo inizierà uno stage di sei mesi, pienamente consapevole del fatto che probabilmente non si aprirà automaticamente una carriera professionale, ma che dovrà darsi da fare per restare dentro quel mondo, quello del teatro e dell’industria creativa in generale. «Sarò io che dovrò essere bravo a costruirmi qualcosa – mi dice infatti – se fossi rimasto all’altro master forse non sarebbe stato così, ma la scelta drastica implica che spetti a me. Dal momento che ho scelto di lanciarmi in questo master alla mia età avevo preventivato che mi sarei forzatamente liberato della zavorra e avrei dovuto inventarmi qualcosa».

Come molti loop, anche quello di zavorra e paracadute sembra essersi interrotto. La prevedibilità, oggi, non è più una prerogativa della strada di Matteo che, forse per l’età, forse per le esperienze, ha finalmente capito cosa fare, e ha deciso con consapevolezza e ragionamenti, e con tanta fatica e paure, di costruirsi una vita come piace a lui. «Non ho molto da perdere ora come ora, se non una vita che non mi piace – conclude – Certo, vivere a Milano e trovarmi a fare un lavoro che potrei fare anche a casa non è quello per cui sono partito, quindi forse sarò costretto a tornare indietro, ma sarà tutto molto più sereno, senza compromessi, perché almeno ci avrò provato. Sì, in ritardo, in modo non canonico, ma con la consapevolezza di sapere cosa c’è dall’altra parte. Per questo ci metterò tutto me stesso, cercando di non inquinare lo stage con il pensiero del poi, solo così non potrò rimproverarmi più nulla».

Postilla

Avrei dovuto svelarlo subito: Matteo è un amico, ci conosciamo da anni e a parte della storia che ho raccontato in questo scritto ho assistito di persona, affiancando scelte, osservando la vita svolgersi, e soprattutto non capendo che tutto quello che stavo vedendo avrebbe potuto essere una storia di Nonostante. Poi, una serie di ostacoli che ho visto succedersi, umori altalenanti e chiacchiere hanno insidiato nella testa dell’amica una scintilla “giornalistica”, e ho iniziato a guardare alle vicende di Matteo come a un percorso interessante dal punto di vista della mia ricerca, quella cioè di persone che nonostante ostacoli – in questo caso zavorre, che è il termine che Matteo ha da subito utilizzato per definire il negozio – non cedono alla semplicità dei fatti, e continuano a muoversi per realizzare i proprio sogni. Ecco, spero di aver raccontato la storia nel modo più neutrale possibile anche se dietro c’è un’amicizia. So benissimo però che entrambi abbiamo studiato comunicazione, un po’ di familiarità con il linguaggio e la parola scritta dovremmo averla, e spero si senta che questa non è una semplice chiacchierata tra amici, ma la narrazione di una storia perfetta per la collezione di Nonostante.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!