Potevo forse non scrivere del primo giorno dopo i “25 giorni a casa”? Forse, se non ci fosse stato il mare, con tutto quello che ne consegue, sì, avrei anche potuto evitare di riaprire questo diario per l’ultima pagina, quella come nei romanzi, che sei alla fine, ti mancano già tutti quanti, e poi giri e trovi una postilla, un messaggio, un ringraziamento, insomma qualcosa.

E quindi oggi c’è bisogno di un epilogo. Perché io la stanza l’ho pulita oggi, straccio e polvere nel naso, dopo due mesi. Le telefonate importanti le ho fatte oggi, e sempre oggi ho inviato le mail quelle decisive. Rinascita, ripartire, la vita riprende, o così pare, anche se piano piano, discreta e leggera come questo maggio che, oggi ne soppeso davvero la portata rimettendo gli occhi sulle cose del lavoro, sarà un maggio inedito, tutto da passare a casa, dove non ero quasi mai stata in questa stagione. Si iniziano cose, altre si prospettano, magicamente, sarà l’effetto della fase due, sembra tutto più sopportabile, anche se le salite sono tutte lì. Ma intanto, eccoci.

E così alle sette meno qualcosa esco di casa, il sole ancora alto che batte sulla finestra di camera mia creando quella luce speciale che c’è solo d’estate. Un presagio. Esco di casa con una tuta, la maglia lunga solo per precauzione, perché l’aria è calda. Con me ho un borsino dove tengo documenti, guanti e mascherina, che non si sa mai, ma spero di non doverli mettere. Giù, lungo la strada. Incontro persone che conosco, hanno la mascherina, ci teniamo a distanza, sono volti della vita precedente e anche se c’è paura e rabbia nelle loro parole, io sono contenta lo stesso di vedere visi noti. Scalpito, la strada la conoscono i piedi da soli. Attraverso, il traffico è pressoché nullo. Scendo la mulattiera, più pulita di come pensavo. Salto dall’ultimo scalino e probabilmente si vede, da fuori, che sto sorridendo da sola: ho visto il mare.

La sensazione è un’emozione forte, è un’emozione azzurra che spruzza un po’ di magone nelle pupille e gonfia il cuore, mentre nelle cuffiette arriva, perfetta, l’intro di City of blinding lights degli U2. Eccomi: ci sono. C’è parecchia gente, e mi sembra bello, abbraccerei tutti: chi corre, chi è in bici, chi passeggia, con la mascherina. Perché sì, in questa rinascita che sa di iodio ci sono le mascherine, c’è un silenzio nuovo, c’è la bellezza delle cose semplici come una passeggiata sul mare. È tutto splendido, vengo inebriata da un’energia bella e tenace. In spiaggia qualche bimbo gioca, i piedi in acqua e i calzoncini tirati su sopra le caviglie: felicità, mi arriva a ondate, come il profumo del mare che ci mette un attimo a riempire l’aria e a entrarmi nel respiro. Respirare: un verbo chiave di questa pandemia. Respiro grande, respiro a fondo: faccio andare questo profumo di sole sui sassi bagnati di mare dentro i polmoni. È l’odore dell’estate, mi commuovo, ritrovo tutto, mi sento così a casa che sorrido da sola.

C’è la gente in giro: li schivo, non ci guardiamo quasi, cammino sostenuta perché il corpo ha bisogno di macinare, e io ho bisogno di andare, vedere, ascoltare e annusare. Ragazzini procedono a gruppi, bambini con le bici, chi è col cane, chi passeggia. Sono così inebriata da tutto e da tutti che metto a fuoco solo all’altezza della Rabina: vedo una coppia di ragazzi che si tiene per mano, mi scappa un sorriso, mi si inonda ancora una volta il cuore, mentre intorno esplode il profumo dei pitosfori sul lungomare, e quello sì, quello è l’estate che arriva, è inconfondibile e magico, e delicato e persistente: sono a casa.

Procedo così, gli occhi che si allagano di azzurro: è una giornata serena e il mare è una tavola, è splendido, profumatissimo di sale e sole. E tutto è uguale proprio come l’ho lasciato quel sabato 7 marzo, solo che quel giorno era ancora mare d’inverno, adesso ha la gamma dei colori dell’estate, e rende tutto più lieve, più bello, più incanto da vivere. Mentre cammino mi cade l’occhio su un cespuglio che vedo sempre, ma che d’inverno è anonimo: oggi lo vedo perché è fiorito, è la prima ginestra, e la ginestra è il mio fiore preferito, perché è questo periodo qui, il periodo più bello di tutto l’anno. Altri sorrisi: ci sono le ginestre, ho fatto in tempo.

Mi fermo alla Galeazza: c’è ancora, c’è sempre. Procedo su questo assurdo percorso che chiamiamo Incompiuta, e che forse in questo appellativo si tiene stretto i suoi segreti di fascino incalcolabile. Una striscia di asfalto che crolla, letteralmente, in mare: la roccia incombe sopra, dorata di raggi che le si riflettono contro, e giù erbe ed erbette, fiorellini gialli, viola, qualche precoce ginestra che sventola nel blu, un pino cresciuto storto tra le rocce, la ringhiera che va giù, il corrimano per l’infinito. La camera procede in piano sequenza riempiendosi di luce e colori, finché non gira sull’orizzonte, che da qui è curvo, sì, è talmente ampio che si nota la curvatura terrestre. Ed è tutto così azzurro che improvvisamente Giacomo Leopardi diventa la realtà, il naufragare è sublime, la luna bianca in cielo, l’increspatura dolce di un’acqua che è azzurro smeraldo, perché non è nè blu nè verde: è il mare di maggio quando la spada del sole ci si tuffa dentro e annuncia l’estate. I sensi esplodono: la vista annega felice, il naso capta tutto, ancora stordito dall’infilata di pitosfori dolcissima, la brezza accarezza le occhiaie e il viso pallido come i muri di casa.

Mi salutano: è un amico, l’amico del mare, quello che mi dice “Neverending summer, tra un mese ci vediamo qua sotto in spiaggia”, e io dico di sì mentre mi deve tenere a distanza, che il corpo è andato da solo con la mente ancora sospesa sull’azzurro, e mi stavo avvicinando per salutarlo, e invece non si può, ci facciamo ciao, parliamo filtrati dalla sua mascherina. Mi sento bene, è bello, la vita esiste ancora: proseguo con la faccia rivolta al mare, dritta, spedita fino al Galeazzone, ché dopo è chiusa, incompiuta per definizione. Penso che se mi chiedessero una definizione per l’espressione “riempirsi gli occhi di azzurro”, mi limiterei a dire di fare un giro qui, una strada che è assurda di nome e di fatto, il sentiero dell’anima, dove tutto si mette a posto, dove i pensieri si prendono lo spazio di cui hanno bisogno, si svagano come i bambini che oggi sono usciti correndo. Aria, azzurro, libertà e salmastro sulla pelle e nel naso. È un balsamo dello spirito, tutto riprende, ed è l’incanto che si ripete come per magia.

Sono quasi le otto quando, il sole ancora alto dritto negli occhi sulla via del ritorno che mi abbaglia, intuisco nella bolla luminosa l’inconfondibile figura del mio amico col cane al guinzaglio. Si allarga un sorriso grandissimo e leggerissimo, una sensazione proprio bella, rassicurante, pacificante, vorrei saltargli al collo ma mi devo trattenere, anzi, passa pure la municipale e dobbiamo fare una sceneggiata di incroci e finzioni, ma alla fine eccoci, da un lato e dall’altro della strada, a passeggiare a tre metri di distanza e dirci che è tutto bellissimo, e pieno di profumi e sensazioni e voglia di stare insieme, ma adesso ancora no, adesso è una panchina a me e una a te, tanto non c’è nessuno perché sono passate le otto di sera. Ma c’è ancora tanta luce, energie positive ovunque e bellezza a tonnellate, e io sono molto felice, posso chiudere il diario con una pagina azzurra di cui, credo, mi ricorderò molto a lungo.

Mentre scrivo è quasi mezzanotte e Radio Montecarlo manda a sorpresa What a difference a day made, versione di Jamie Cullum. Penso che sia perfetta, proprio perfetta, come questa giornata: 4 maggio 2020, il giorno che sono uscita di casa, ho visto il mare e ho incontrato per pura coincidenza il mio migliore amico, e tutto mi è sembrato più semplice, più normale, persino più bello. (Ah, la parola di oggi era mare, ma forse si era già capito).

What a difference a day made, twenty four little hours
Bought the sun and the flowers, where there used to be rain

Leggi tutte le giornate del mio diario di quarantena: 25 giorni a casa.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!