«Al termine della notte, il nostro primo vero viaggio sarà in noi stessi. Turisti della nostra personalissima storia» leggo sulla newsletter del Corriere della sera. È mattina inoltrata, Radio2 mi tiene compagnia con il Social Club di Barbarossa e Marcorè e mi lascio coccolare da una parvenza di serenità. La giornata è iniziata con le preoccupazioni per la nonna, i suoi malesseri che leggiamo come parte di una specie di patologia legata al panico e all’angoscia. All’età: a settembre saranno 93.

Insomma che le notizie sono che stamane era vestita, pronta per andare in ospedale. Ecco perché ieri ha voluto una mascherina – non esce da fine febbraio, che se ne fa della mascherina? Voleva il medico, inutile spiegare che il medico non può venire. Non si rende conto della situazione concreta, e forse è un bene, ma per certi versi è anche un male: è completamente immersa nel suo mondo autoreferenziale di dolori, fastidi. L’orizzonte è la morte. E ci sarebbe anche da capirla: è lucida, lo sa di non avere un orizzonte lungo, dice che è stufa, è stanca, se ne potesse andare nel sonno. A me sembra una bestemmia, ma per delicatezza non glielo dico, insisto piuttosto sulle pastiglie che deve prendere, sul consolarla.

Cerco di capirla, mi fa fatica ma in fondo, in quell’angolo fondo, mi sovrappongo con precisione alla sua mente e trovo la chiave di volta: la solitudine è faticosa, è paurosa, scatena mostri. Nonna vive da sola, stavamo meditando soluzioni, ché da gennaio siamo preoccupati per lei, ha evidentemente perso smalto e forza. Poi ci è piombata addosso la pandemia, e siamo rimasti bloccati. Niente cardiologo per rivedere la cura che lei rifiuta, niente geriatra per provare un approccio soft, legato alla sfera psicologica. Gestirla soli, senza essere medici, è difficile. Può snervare, e sono la prima che sente forte il fastidio, pungente come, al contempo, è potente l’affetto, la comprensione, l’empatia. A mia nonna manca la compagnia. Mi riempie la testa nella notte, quando rifletto per questo diario: compagnia, sì, è lei, è la parola perfetta per oggi.

Faccio fatica a ingranare, oggi. Ho bisogno di trovare un ritmo, calmare i pensieri, incanalarli. Mi serve parecchio tempo, ma poi ci arrivo quasi, ci riesco anche oggi. Oggi che la giornata è splendida, entra il calore della porta dello studio, si fa strada fin sulla scrivania, i raggi del sole che giocano, un profumo vegetale nell’aria. Una specie di “accordatura aurea”: non conoscevo questa storia, l’ho sentita stamane in radio mentre parlava Stefano Bollani e diceva di aver registrato con la frequenza di 432 il suo disco. L’accordatura aurea, il ciclo del cuore, capace di sottrarre angoscia, mettere in pace, in sintonia col bioritmo intero.

Ah, se ci potessero regalare, oggi, una frequenza a 432. È che forse questa grazia mi è già concessa, forse si tratta solo di orchestrare la compagnia virtuale di tutti gli amici che si manifestano da quando apro gli occhi a notte. Saluti, commenti, emozioni, risate e racconti. Sono un mondo intero, la mia compagnia di queste giornate, la reazione più viva alla mancanza. Brutta bestia, la mancanza. Volteggia sotterranea, pronta a farti uno sgambetto quando, dopo ore di lavorio incessante, credevi di sentirti a posto.

Intorno alle parole intanto gravitano personaggi buffi, racconti in gemma che potrebbero svelare mondi, pensieri di affetto, visioni di progetti, ma non di domani. Il domani resta un telo bianco. Bianco, come un cavallo da immaginare al galoppo, in sella un principe: eccomi, sono arrivato, ti sono venuto a salvare. Ed è l’immagine che mi fa notare che sto lavorando con la luce spenta, il sole è calato e non ci vedo, ma il mondo prosegue e Conte ha fatto una nuova conferenza stampa.

Staremo in casa fino al 3 maggio: ci hanno rubato la primavera, sì, nonna avevi ragione tu, già lo sapevi. Lo sapevi anche quando mi hai detto che no, preferisci non festeggiare Pasqua, faremo dopo, non ti va di festeggiare quando intorno c’è gente che sta male ed è sola e non può. Mi hai lasciato senza parole: chino il capo, c’è ancora tantissimo da imparare.

Intanto è arrivata la Pasqua, sì, oggi è il Venerdì Santo senza via Crucis, pieno di sole, e non venne buio su tutta la terra, come mi diceva l’altra nonna. O forse sono io, io distratta dalle suggestioni di musiche e scritture. Io che mi perdo a pensare a questa terra lieve, ma così fragile, alla mia compagnia piena di sorrisi che iniziano a mancare in modo palpabile. Non penso al futuro, non ci penso: vivo nell’oggi, in questa bolla sonora di visi amici che non vedo. Le mascherine coprono il volto, leggo, ma il sorriso lo si vede anche dagli occhi.

Lo avevo scritto qui nel diario uno dei primi giorni, quando ancora tutto questo era impensabile. «Leggo il tuo diario. Non sempre, non tutti i giorni, perché neanche io riesco a darmi scadenze, ordini, un metodo» mi scrive un’amica questa mattina, dando il passo alla giornata. « Ma lo leggo ogni tanto e mi fa compagnia, e se altrove cerco oggettività e precisione qui no, qui cerco empatia, perché a volte mi sembra di perderla e non voglio. Anche questo tuo diario è un lavoro utile. Ognuno di noi ha i suoi metodi di sopravvivenza. Ma il tuo aiuta anche gli altri. Che è un po’ come dire che chi è giornalista davvero, è giornalista sempre, qualunque cosa scriva».

Questa cosa è importantissima, e la scrivo qui per ricordarla, la scrivo perché mi tiene in piedi. Perché ci siete voi che leggete, e adesso più che mai siete importanti, siete – siamo, nel rapporto magico scrittore/lettore – una compagnia.

Ritorna dalla memoria: dialetto, risacca e Liguria. Perfetta: O mæ mâ, Zibba e Almalibre
Tra le lacrime e il sale
Nel fondo, nell’armonia
E poi nella ragione
La trama è un filo di lana
La leggerezza un copione.
Ancheu me riconoscio in to mæ müro.
Ch’a segge quæ o no quæ a l’ha ûn nomme solo.
Saiä che in sta seiann-a vorieiva cianze,
Che no me sento libero de fâ a mæ parte.

Leggi tutte le giornate del mio diario di quarantena: 25 giorni a casa.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!