È maggio, è il 2018, e anche quest’anno ci siamo: è arrivato l’appuntamento immancabile (poi vedremo anche perché dico immancabile) con il Salone del libro di Torino. Cinque giorni per tuffarsi, sguazzare e crogiolarsi nell’affollato, caotico, sognante, divertente, funambolico, loquace ma anche un po’ stancante mondo dei libri e dell’editoria.

Beh, potreste dire voi, è che a te questa roba interessa, quindi è per questo che hai iniziato il post con una frase roboante, ed è per lo stesso motivo che attendi l’evento, e che da oggi, il lunedì prima, nella tua vita non ci sarà praticamente spazio per altro. Sì, in effetti è vero. È anche vero. A fianco all’interesse personale per scrittori, case editrici, persone conosciute in anni di lavoro e concreta necessità di racconto del Salone attraverso articoli sul giornale, c’è infatti un altro sottile piacere che ritorna ogni anno a maggio mentre prendo la metro per andare al Lingotto, ed è il piacere della ritualità.

Perché sì, il dubbio è legittimo: che gusto c’è ad aggirarsi cinque giorni per infiniti padiglioni (quest’anno ne hanno pure aggiunti, viste le richieste numerosissime di adesione) da mattina a sera, fare code per entrare in stanze che hanno l’aria condizionata a palla e ti garantiranno un mal di gola, attendere altrettanto per autografi, uscire di casa con un foglio su cui non solo c’è un fittissimo programma di azione compilato la sera prima, ma ci sono anche i piani b e c nel caso in cui la prima ipotesi per x motivi sconosciuti non dovesse realizzarsi? Quale certosina e meticolosa pazienza c’è nel ponderare la spesa per prepararsi il pranzo al sacco ed evitare cinque giorni di panini di gomma cucinando la sera e predisponendo l’allestimento dello zaino nemmeno fosse tetris? C’è sicuramente della pazzia, ve ne accorgerete leggendo quel che segue.

Scherzi a parte, credo però che ci sia anche il gusto delle cose che fai da talmente tanto da essere diventate abitudini che ti conciliano un po’ con il mondo, come preparare la moka al mattino, gesto che a me dà la sicurezza di iniziare bene la giornata, come scegliere il vestito con cui ti senti meglio per un’occasione particolare, il libro che ti ispira di più per quel viaggio lunghissimo in treno, e se di un romanzo ti manca un capitolo, metterne in borsa anche uno nuovo, perché non si sa mai.

Psicopatologie da lettore? Può darsi. La cosa ancora più divertente di questa osservazione però è guardarsi da fuori, valutare tutta questa pazzia, rendersene conto, meditare. E poi allargare lo sguardo, girarsi, e notare che tutto sommato ci sono persone che conosci, o che segui da anni online perché come te sono in qualche modo satelliti del mondo editoriale, che scalpitano per il Salone come o forse anche più di te, e che all’esperienza della cinque giorni si preparano con altrettanta gioia e paranoie. Studiano con cura il programma, stilano piani d’attacco che includono anche un sofisticato menu per evitare code e panini dalle dubbie origini in fiera, e allo stesso tempo, proprio come te, già sanno che tutta questa attenzione piano piano sarà erosa e porterà al caos. Ma sarà un caos ridente e ricchissimo: una girandola di cambiamenti di piani, di incontri inaspettati, di scoperte, di libri comprati sull’onda dell’entusiasmo, di opuscoli conservati in borse e zaini che si fanno di piombo. Il lunedì sera, il Lingotto che si svuota, uscirete tutti soddisfatti e un po’ strapazzati dall’esperienza, consapevoli di esservi portati a casa altri cinque gloriosi di giorni di libri e storie. Un po’ come quando tornate dalle vacanze al mare abbronzati da far paura e vi sentite in formissima.

Constatata l’esistenza di un microcosmo che, come me, non vede l’ora arrivi il Salone, e un po’ ne teme l’affollatissimo e ingestibile programma che regolarmente sovrappone eventi di pari interesse costringendo a scegliere, e constata l’abilità di queste persone nell’aver sviluppato strategie degne delle signore che, come me, anni fa correvano al green point per i biglietti di ingresso alle conferenze come gazzelle inseguite dai leopardi della savana, ho pensato di compilare un piccola e simpatica guida semiseria che racconta come sopravvivere al Salone del libro. Intendiamoci: qui non troverete la soluzione su come far quadrare le cose del programma che vi interessano e che stanno a mezz’ora ma a quattro padiglioni di distanza. Non troverete nemmeno una spiegazione su come sopravvivere a un vagone della metropolitana affollato o resistere alla voglia di un caffè perché la coda è epocale. A tutte queste impellenze, c’è un’unica soluzione: vai, vivi, e in qualche modo vedi come arrangiarti.

Ecco, in questa piccola guida troverete dei pensieri così, nati dall’arte della frequentazione del Salone (perché trattasi di un’arte, per chi lo fa con costanza e disciplina) e scaturiti dalle penne di alcuni amici che hanno a che fare con il mondo dell’editoria. Ve li presento. C’è Marco, studente di lettere (sì lo so che non è lettere così come lo dico, ma è per capirci), e poi c’è Davide, che è un biologo ma fa il traduttore: loro due sono le mani e le teste dietro al blog letterario Radical Ging. Poi c’è la super blogger letteraria, Elisa alias La lettrice rampante, che è un onore ospitare qua sopra. Non è finita, perché c’è anche Danilo, già protagonista della mia rubrica Nonostante e nella vita biologo (sì lo so, c’è un’abbondanza di scienziati in un ambiente che lo stereotipo vuole privilegio esclusivo dei letterati: questo fatto vi serva da lezione!), ma anche redattore editoriale, coordinatore di una ciurma di aspiranti scrittori e autore del blog La Linea Laterale. Last but not least, c’è Michela, che è giornalista, social media manager, ma soprattutto scrittrice.

Ognuno di questi personaggi vive con intensità il Salone, ha esperienza spesso pluriennale e in questo tempo ha imparato e scoperto tecniche interessanti su come sopravvivere a un evento che «Maratona Mentana, lévati!». Per questo mi sono rivolta a loro, che gentilmente hanno acconsentito ad aiutarmi nel compilare questa guida semiseria, utile più che altro a ridere riconoscendosi in gesti, abitudini e pensieri da frequentatori del Salone. Sistemando le risposte, io mi sono divertita un sacco!

Dunque partiamo, che già abbiamo fatto abbastanza chiacchiere: penna e taccuino alla mano per appuntarsi le strategie migliori, e ci si vede al Salone!

Parteciperai al Salone per tutti e 5 i giorni? Qual è il motivo che ti spinge a partecipare?

Marco

Ovvio, mica siamo qui a pettinare le bambole, se una cosa va fatta, va fatta bene! Il motivo principale che mi spinge a partecipare sono gli eventi con gli autori, sia quelli più conosciuti che quelli meno noti, ma anche tutti gli altri eventi e discussioni su tutti i temi possibili e immaginabili, che al Salone sono infiniti. Poi ovviamente si partecipa anche per dare un’occhiata alle varie case editrici indipendenti, sia per guardare cosa pubblicano sia per conoscere chi c’è dietro i libri che vediamo in libreria.

Davide

Sì, parteciperò tutti e cinque i giorni. I motivi sono tanti. Gli eventi, come sempre, sono imperdibili, e vuoi mettere respirare libri per tutto questo tempo, con al fianco la migliore delle compagnie, e incontrare ovunque facce sorridenti (e un po’ stanche)?

Elisa

Quest’anno sarò presente solo il sabato e la domenica, ovvero i giorni più affollati, per un po’ di sano masochismo. Ma soprattutto perché gli incontri che più mi interessano sono concentrati in quei due giorni. È il programma la molla principale che mi spinge a partecipare e che stabilisce il quando. Ma anche se non ci fosse nessun evento per me interessante, un giro al Salone lo farei comunque: mi piace vedere tutti quegli stand, tutti quegli editori e tutti quei libri tutti insieme; adoro passeggiare tra i vari padiglioni e incrociare scrittori che a loro volta stanno passeggiando; e, più in generale, amo il clima che si respira lì dentro.

Danilo

Ci sarò tutti e cinque i giorni. Si tratta di uno strano impulso, davvero difficile da analizzare. Ci vorrebbe il parere di un esperto. Ma ti posso dire che in quei giorni il mondo del libro punta lo sguardo su Torino e io, che nei libri ci sguazzo, non posso perdermi quella bolgia, quel formicolio, ammassata dentro Lingotto Fiere.

Michela

Siiiiiiì! È come per Lucca Comics: ogni anno, sul treno del ritorno, circondata da shopper di tutti i colori straripanti di libri e covando l’immancabile raffreddore del post-Salone/post-Lucca, mi dico che basta, è l’ultima volta, sono troppo vecchia per queste cose, non c’ho più il fisico! Poi arriva marzo e parte il «Beh, ma se ci andassi un giorno? Due? Facciamo tre stavolta, dai», e ricomincia tutto daccapo.
«Sì ma ci vai perché c’è il tuo libro…» no, in realtà ho badge e biglietti che attestano le mie partecipazioni fin dal 2006. Quindi, sì, ci vado ANCHE per il mio libro e per lavoro, ma ci andrei comunque perché il Salone è come il Natale, quando arriva arriva. Magari a volte non faccio tutti e cinque i giorni, ma di sicuro non me lo perdo mai. Un po’ per gli amici che sono lì, un po’ tanto per girare fra i libri, tantissimo per l’atmosfera.

Con che mezzo arrivi al Salone e con quali orari? Hai un pass? E le code ai cancelli, come le affronti?

Marco

Per arrivare al Lingotto ovviamente prendo la metro. Per il mio primo Salone avevo un semplice biglietto salta coda, e con tutto che l’organizzazione delle file e dei controlli di sicurezza era andata benissimo, son riuscito a litigare con un vecchio – che si trovava dietro di me, che ero il terzo in fila davanti ai cancelli – che voleva saltare la coda, ma questa è un’altra storia. Quest’anno ho il pass blogger, da bravo #influencer #instagrammer, quindi non dovrei avere troppi problemi con le file, che di solito affronto con uno spirito molto leggero, tanto bisogna sempre attendere, non ci si può fare molto.

Davide

Il mezzo d’elezione, ma anche l’unico possibile, è la metro. Da quest’anno, con l’apertura del blog, ho un pass stampa che mi permette di entrare liberamente tutti e cinque i giorni. Da quello che ho capito la coda dovrebbe essere più rapida. Altrimenti non resta che armarsi di sana pazienza e tanta crema solare per chi, come me, ha una pelle che dire bianca è un eufemismo.

Elisa

Di solito arrivo in auto, che poi lascio in uno dei parcheggi convenzionati proprio sotto al Lingotto. È il metodo per me più comodo, per non avere vincoli di orari di autobus e treni; forse è un po’ dispendioso (siamo intorno ai 10 – 11 euro per l’intera giornata), ma per due giorni all’anno si può fare.  Arrivo sempre di primo mattino, a volte a fiera ancora chiusa, altre proprio appena iniziata. Da anni riesco ad avere un pass (o stampa o professionali), che mi permette di evitare le code alle biglietterie, ma ovviamente non quelle ai controlli pre-ingresso che hanno messo da un paio di anni. Comunque sono code che scorrono abbastanza velocemente, basta avere un po’ di pazienza, tanto il Salone non scappa e nessuno ti ruba il posto per niente. Di solito approfitto di questi momenti per guardarmi un po’ intorno: vedere cosa è cambiato dall’esterno (saranno vent’anni che vado al salone e la risposta è sempre la stessa: niente), vedere quanta gente c’è e di che età, e magari scambiare due chiacchiere con qualcuno.

Danilo

Una volta, quando abitavo dai miei, ci andavo a piedi. Era molto bello, perché percorrevo la passerella olimpica al mattino, pieno di attesa per la giornata (e la ripercorrevo alla sera, con un male boia a ogni singolo ossicino dei piedi). Ora ci vado in metropolitana, che è piena zeppa di gente che va al Salone; quindi, ora, il viaggio è una specie di pre-Salone su rotaia. Ci resto tutto il giorno. Dal mattino di giovedì, quando l’aria dei padiglioni sa di nuovo, fino alla sera di lunedì, quando alcuni editori sono già andati via e fra uno stand e l’altro si aggirano strani zombie in attesa che allo stand di Adelphi mettano gli sconti (cosa, peraltro, mai successa nelle trenta edizioni precedenti…).

Michela

Vado dal mattino verso le 10 e torno per le 17, quando la misantropia inizia a scorrere potente in me, giovane padawan. Di solito ho il pass. Le code all’ingresso non mi seccano, perché sto andando a divertirmi. Mi seccano molto di più quelle all’uscita quando ormai sono stravolta e il Dinamite Bla che alberga in me esce allo scoperto! Ci vado di solito in treno (e metro). Ci sono andata una volta in macchina. Ma sto ancora cercando di capire adesso dove l’ho parcheggiata…

Di solito mangi là o ti porti cose da casa? Nel secondo caso: panino o cibo “sano”? E come/dove/quando ti fermi a mangiare? Qual è il tuo rapporto con le code per il bagno?

Marco

Non mangio al Salone, perché preferirei non rimanere schiacciato né dalle persone in fila né dai prezzi esorbitanti #poraccio. Soffro della sindrome della domenica al mare, molto diffusa nel sud Italia, quindi ho cominciato già dalla settimana scorsa a immaginare il menù per questi 5 giorni: rotazione di panini con gusti diversi per non annoiare il palato, acqua a volontà e qualche dolce o snack per tirarsi su nel pomeriggio, quando la digestione porta verso un coma leggero. Non so dove e quando mangerò, probabilmente però sarà tra un evento e l’altro, anche se lo scorso hanno ho mangiato un buonissimo panino con la mortadella durante un talk su Elena Ferrante, con grande approvazione di due signore vicino a me che, purtroppo, non si erano portate nulla e che forse volevano proprio appropriarsi delle mie vivande. Giammai! E per il bagno, c’è la regola della vita: chi tardi arriva male alloggia.

Davide

Dunque, di solito affronto la maratona con panini accuratamente preparati a casa, ma sanissimi, eh! E a mangiare ci si ferma dove capita, su qualche rara panchina, a terra, contro uno stand, o ancora di soppiatto in sala, poco prima di un evento. Per quanto riguarda le code ai bagni, sarò stato fortunato, sarà il fattore maschio, ma non ricordo di aver trovato mai situazioni particolarmente stressanti. In ogni caso anche lì vale la cara e vecchia pazienza.

Elisa

I primi anni compravo i panini all’interno, in qualche bar o chiosco dei padiglioni. Poi però mi sono resa conto che il pranzo da solo mi costava quasi di più del parcheggio e del biglietto d’ingresso messi insieme, quindi ora porto cibo e acqua da casa. Sempre panini:  sono la cosa più rapida e si riescono a mangiare più o meno in ogni luogo e situazione… perché, ahimè, una delle grandi mancanze del Salone, ma delle fiere in generale secondo me, è proprio l’assenza di un’area pic-nic con spazio sufficiente per tutti dove potersi sedere, riposarsi e mangiare. Quindi di solito mangio per terra, dopo aver cercato un angolo magari un po’ nascosto o comunque con meno passaggio possibile. (Ricorderò sempre quell’anno in cui io stavo addentando un panino vicino a un’uscita di sicurezza in fondo a un padiglione e mi è passato accanto Roberto Saviano che, molto gentilmente, mi ha augurato buon appetito).
Per quanto riguarda i bagni, cerco quelli in luoghi un po’ più nascosti e meno affollati (e ci sono, ma non vi dico dove se no poi la mia tattica non funziona più). In generale comunque, la parola chiave è una sola: pazienza.

Danilo

Non ho mai mangiato là, perché non ho intenzione di morire nella ressa mentre tento di aggiudicarmi un trancio di margherita da Spizzico. Porto le razioni k da casa. Non si tratta di cibo sano, credo, ma di panini dai contenuti improbabili. Ricordo che durante un’edizione, forse era la ventottesima, mangiai soltanto panini con formaggino spalmabile e cetriolini sottovuoto. E durante un’altra io e il mio amico Fabio sopravvivemmo grazie alle Focaccelle date in omaggio all’ingresso. Mangio nel cortile del terzo padiglione, guardando le auto blu parcheggiate attendere i ministri e ascoltando i discorsi degli studenti che bivaccano sui gradini. Se volete fare due chiacchiere, mi trovate lì. I bagni? Ci sono i bagni?

Michela

Di solito mangio lì: quella settimana la mia alimentazione fa rabbrividire la mia parte salutista. Verdura e frutta, manco a parlarne (dove le trovi a meno di non andare al costosissimo ristorante interno?) e…ehm… schifezze varie:
«Prendo un panino, così mi tengo leggera»
«Eh però un dolce lo potevo pure prendere, in fondo ho bisogno di energie»
«C’è Tizio, prendiamo un caffè insieme!»
«È porchetta quella che vedo innanzi a me?».
Il cibo sano al Salone non riesco mai a trovarlo! E pensa che mio marito, che mi accompagna, è anche celiaco: quindi la cosa è così:
«Ho fame, prendiamo qualcosa da mangiare»
«Certo, cosa vuoi?»
«Mah, un panin… AH, GIÁ», e scatta il lungo viaggio alla ricerca di qualcosa che possa mangiare anche lui. Anche perché io ho un’autonomia di un paio d’ore… dopo devo fermarmi e mangiare/bere qualcosa!
Le code per il bagno cerco di evitarle facendo lunghi e tortuosi ragionamenti (Dunque, se aspetto dopo pranzo è la fine, adesso che è mattina è meglio ma non qui che entrano tutti)… che non me le fanno evitare.

Parliamo dell’inevitabile peso che a metà giornata ci si ritrova sulle spalle tra opuscoli libri e carta: usi uno zaino oppure le classiche shopper di stoffa?

Marco

Utilizzo il mio zaino pieno di tasche, così da portare le vettovaglie, lo spazio per il taccuino per gli autografi al volo (non quelli che chiedono i miei fan, meglio specificare), altre tasche per i libri che voglio far autografare e magari ci scappa anche uno spazietto o due per qualche libro che acquisterò in fiera. Vorrei tanto portare una shopper diversa per ogni giorno, ne ho una modesta collezione, ma il Lingotto è un campo di battaglia, quindi bisogna partire attrezzati per sopravvivere.

Davide

Di solito vado sullo zaino. Oppure, se sono assolutamente sicuro che quel giorno non compro nulla (cosa che richiede una grande forza di volontà), mi butto anche sulla shopper di stoffa.

Elisa

Di solito uso le shopper di stoffa o le borse di carta che ti danno gli editori quando compri un libro. Ogni anno mi riprometto di portarmi uno zaino e poi ogni anno mi dimentico di farlo. Quando il peso diventa davvero insostenibile, cerco una faccia amica in qualche stand a cui chiedere di lasciare lì i miei acquisti per poi tornare a recuperarli più tardi.

Danilo

Negli anni ho sviluppato un amore sconfinato per le shopper a tema letterario. Tuttavia trovo che sia rischioso utilizzarle al Salone. Rischioso perché il troppo peso potrebbe sfondarle o strapparle (è già successo, più volte). Per cui utilizzo lo zaino. Lo stesso delle razioni k. Non è raro che i resti delle razioni impiastriccino i libri, ma ormai è arcinoto che io tratto i libri malissimo, quindi poco male (quando li leggerò troverò di che nutrirmi fra un capitolo e l’altro).

Michela

Shopper, shopper e ancora shopper! Le adoro, ne avrò cinquanta diverse a casa! Chiuse le tengo in borsa, appena mi servono, voilà, eccole pronte! Peccato che quando si riempiono, la spalla inizi a dare segni di cedimento…

E i libri? Vai al salone con degli obiettivi precisi, ti lasci ispirare da ciò che scopri, oppure aspetti il lunedì per i leggendari sconti?

Marco

Dipende, solitamente non compro al Salone. L’anno scorso ho preso solo uno libro, magari quest’anno mi rifarò. Rimane il fatto che di sconti fantastici e dove trovarli non ho mai visto chissà che cosa, forse bisogna indagare meglio.

Davide

Cerco sempre di resistere e aspettare il lunedì e gli sconti (che non sono poi chissà che scontoni, beninteso) ma quando l’ispirazione prende il sopravvento e un titolo mi parla in qualche misura apro il portafogli e mi lascio andare.

Elisa

Parto sempre con una lista che stilo con attenzione nelle settimane precedenti (già a febbraio in realtà mi ritrovo spesso a dire «questo lo compro poi al Salone»), ma che una volta lì non sempre rispetto. A volte compro tutto e anche di più, altre quando mi ritrovo poi effettivamente davanti a uno dei libri in elenco per qualche motivo lascio perdere. E poi sì, ovviamente, c’è anche l’ispirazione del momento. Non sono mai stata al Salone di lunedì, quindi non ho mai potuto approfittare di questi sconti leggendari… però anche negli altri giorni di solito uno sconticino c’è, soprattutto negli stand degli editori indipendenti, quindi da questo punto di vista non mi posso comunque lamentare.

Danilo

A dire la verità al Salone non vado per i libri. Shock del pubblico. No, ritratto. Al Salone vado, ma la priorità non sono i libri. In che senso? Nel senso che vado per salutare persone che conosco, conoscerne altre, esplorare le piccole case editrici, assistere ad alcuni incontri e lavorare (interviste e simili). Frequento poco gli stand delle major, Adelphi a parte – lì dentro mi ritiro per piangere sui prezzi o per pregare davanti a qualche novità dai tratti divini. Il libro nel mio Salone è, diciamo così, centrale e al tempo stesso marginale. Per quanto riguarda gli sconti, come dicevo sopra, sono un mito, creato per giustificare il lunedì di fiera (avanti, qualcuno mi dimostri che non è così!).

Michela

Di solito, a partire da metà marzo non compro più libri perché aspetto di prenderli al Salone! I Cazalet, l’anno scorso, ho aspettato di prenderli lì. Ho tre/quattro titoli che so già di volere. Poi girando, più e più volte, mi faccio idee più precise e decido… ma non sempre riesco ad aspettare il lunedì per gli sconti. DEVO avere i libri prima!

Ora la domanda clou: qual è il tuo rapporto con il programma? Lo studi giorni prima e ti organizzi per tempo? E gli eventi interessanti che si sovrappongono? Come affronti le code? Quali tipi di eventi ti piace seguire? Pensi che riuscirai a vedere tutto ciò che ti interessa? 

Marco

Dal momento che il programma diventa pubblico, inizio a spulciarlo da cima a fondo. Il mio essere pignolo cerca di incastrare più eventi possibili senza sovrapposizioni, lasciando abbastanza spazio per pause bagno, pause cibo, pause aria fresca, inconvenienti e altri problemi del genere. Le code si affrontano con sfrontatezza e rispetto, io non la salto, tu non la salti, se lo fai, sei una persona morta. L’anno scorso è stato un tour de force, avendo partecipato a quasi tutti gli incontri dell’Autore Invisibile, poi a vari incontri sulla Ferrante, ai vari omaggi a King e a Tolkien, per non parlare degli eventi fuori salone, spero veramente di replicare e allo stesso tempo di rilassarmi un po’.

Davide

Partendo dall’assunto che, visto il numero esorbitante di eventi sarà matematicamente impossibile seguire tutto, mi studio con largo anticipo (uscita del programma permettendo) tutti gli eventi, li segno su un foglio di carta e poi vedo quelli che si sovrappongono. Lì vince quello che non si può assolutamente perdere. Poi c’è anche il fattore code, sempre molto faticoso, dove, anche lì, spiace essere ridondanti, ma bisogna armarsi di tanta pazienza e un filino di aggressività nel caso qualcuno cerchi di sorpassarti ingiustamente (e succede più di quanto uno potrebbe desiderare). Di eventi ne seguo tanti e molto diversi tra loro, forse quelli che più mi attirano sono quelli della rassegna dell’Autore Invisibile, dedicati alla traduzione, e quelli con gli autori. Ma anche omaggi e letture. Insomma, forse un po’ di tutto.

Elisa

Il momento in cui il programma viene pubblicato online sul sito del Salone è uno dei miei preferiti. Lo aspetto sempre con ansia, mi chiedo sempre «quanto manca?» oppure «ma sono in ritardo quest’anno?» pur sapendo benissimo che no, non sono in ritardo perché esce sempre più o meno tre settimane prima. Il primo impatto, di solito, è puro panico: «oddio, come faccio a leggere tutta questa roba?». Poi nei giorni successivi inizio a fare mente locale, a sfogliare il programma distrattamente, a pensare quali giorni sarebbe più comodo andare ma anche quali autori mi piacerebbe proprio incontrare. Una volta fatte queste cose, studio il programma dei giorni più papabili in modo più approfondito (e di solito scopro qualche perla che a prima vista mi era sfuggita. Tipo quest’anno la domenica ci sono sia Fernando Aramburu sia Eric-Emmanuel Schmitt… ma io di quest’ultimo l’ho scoperto solo più tardi!) e cerco di incastrare bene tutto.  Mi porto sempre dietro un foglio in cui segno l’ora e il luogo di ogni evento e anche quando sono lì approfitto di ogni momento libero per guardare di nuovo il programma e scoprire se per caso mi sia sfuggito qualcosa.

Ovviamente non riesco mai a vedere tutto quello che mi interessa, per svariati motivi: la coda è uno di questi (e per me è indicativa di quanto io davvero voglia assistere a quell’incontro: se mi scoraggia, vuol dire che non ero poi così interessata; se mi accampo lì e nemmeno un terremoto potrebbe smuovermi significa che ci devo proprio andare); ma poi ci sono anche le chiacchiere e gli incontri imprevisti tra gli stand, che ti fanno arrivare tardi o proprio rinunciare (senza in realtà percepirla come una vera rinuncia, perché secondo me una delle cose più belle di queste fiere è proprio incontrare gli altri); o il fattore stanchezza e male ai piedi, quando gli incontri sono sul finire di giornata.

Di solito alterno gli incontri un po’ più “seri” ad altri di puro intrattenimento: credo di essere una delle poche a non aver apprezzato del tutto la scelta di togliere gli show-cooking e una delle poche blogger ad ammettere senza nessuna remora di aver fatto coda per incontrare Antonino Cannavacciuolo o essersi infiltrata a un laboratorio per bambini per disegnare insieme al fumettista Sio.

Danilo

Certamente, studio il programma nelle settimane precedenti. Il risultato è un piccolo foglio, pieno di orari e di nomi. Ovviamente non l’ho mai rispettato, perché dentro al Salone rispettare un programma è di fatto impossibile. Le sovrapposizioni sono odiose, così come le code. Tento di non andare agli incontri che puzzano di coda chilometrica (anche perché, di solito, Gramellini & Co. non sono nel mio programma). Devo dire che sono attratto da quegli incontri che si svolgono fra gli stand, dove ci sono due o tre persone, al massimo, sedute ad ascoltare (sfrutto questi incontri per sedermi e riposare i piedi). Per chiudere, no, non penso che riuscirò a vedere tutto quello che mi interessa MA, come ho già detto, affronterò la maratona più che altro per ritrovare amici e farmene di nuovi. Questo è il bello di quella bolgia che si ostinano a chiamare Salone.

Michela

C’è una cosa che mi succede sempre: entro, prendo la cartina… e la perdo all’istante. O la metto nella borsa (e allora ciao, la ritroveremo l’anno prossimo svuotandola) o la do a mio marito (che la perde subito anche lui)… dovrebbero cucirmela addosso! Quindi se vedete una tizia in giro, carica di shopper, che spia le cartine degli altri… c’est moi! Gli eventi me li studio prima e cerco di seguirli anche se sono in contemporanea correndo qui e là. Mi piace più di tutto seguire gli scrittori che mi appassionano di più e scucire (se ci riesco) anche una dedica J Ci riuscirò anche quest’anno? Forse, se non perdo la mappa…

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!