Giusto una settimana fa ero alla Libreria Ragazzi di Imperia a presentare il primo romanzo di Michela Cantarella, una giornalista che, dopo anni a scrivere e mettere nel cassetto, e dopo un racconto pubblicato con Las Vegas Edizioni (il titolo è tutto un programma: “Carlo Biffa e il banco dei formaggi del Bennet di san Martino Siccomario, nell’antologia Prendi la DeLorean e scappa, del 2015) ha finalmente raggiunto il traguardo dell’esordio grazie ad Augh Edizioni. Le penultime lettere di Jacopo Ortis, questo il titolo – ancora una volta, di quelli che colpiscono – di un romanzo che mescola le carte dei generi fondendo un po’ di rosa con un po’ giallo e insaporendo il tutto con della buona ironia.

Presentare un esordiente è sempre una cosa delicata: da un lato non c’è storia pregressa e tutto quello che si legge e si cerca di dipingere sull’autore è novità, strada appena iniziata. Dall’altro lato questa assenza di percorso permette di esplorare il mondo e la scrittura dell’autore con agilità, ed è quello che abbiamo fatto, sulla scorta del buon carisma di Michela e anche della sua disponibilità. Le penultime lettere di Jacopo Ortis è una storia davvero esilarante, che riecheggia il celebre romanzo foscoliano  per una scusa in fondo molto tenera: raccontare Pavia. Eh sì, questa storia è ambientata proprio lì, nella cittadina nebbiosa che ospita una famosa università, che peraltro la stessa Michela ha frequentato e che comparirà anche nel libro. Al centro dell’intreccio di storie, persone e misteri ci sono infatti loro, le penultime lettere scritte da Jacopo Ortis, un romanzo che, e qui sfondiamo il muro dell’invenzione romanzesca, Foscolo avrebbe scritto durante il periodo in cui insegnò a Pavia. Il manoscritto, narra la leggenda, sembra essere rimasto a Pavia, nascosto da qualche parte dallo stesso autore a causa del suo potere incontrollabile: far innamorare chi lo legge.

Ecco qui servito un bellissimo intreccio da risolvere, al centro del quale si trovano vari personaggi e un bar, il Cafè du cinema, ancora una volta legato all’università. Lì lavora Giulia, protagonista femminile, il cui migliore amico è Ernest, un architetto gay perennemente innamorato e appassionato di storie che tuttavia non riesce a scrivere. E poi ci sono Amanda, amica di Giulia, di professione blogger e così scottata da precedenti storie d’amore da non volerne più sapere, e Adriano, che fa l’insegnante, è tifoso del Toro ma soprattutto abita sopra Amanda, una scusa perfetta per creare un legame che porterà i nostri quattro, tutti insieme, ad addentrarsi nel mistero delle penultime lettere. Anzi, i nostri cinque: a cercare il prezioso manoscritto è infatti è Lorenzo, ricercatore universitario squattrinato che…

Bon, non vi svelo nulla, sarebbe un vero peccato perché la storia è agile e sul filo dell’ironia mette su un quadro davvero ben congeniato, che prende il lettore e lo diverte. Ci sono infatti dettagli assolutamente bizzarri che hanno a che fare con cartelli stradali ed eliche di aerei, ci sono pazzesche coincidenze come ogni romanzo che si rispetti, e ci sono tante storie e intrecci tra personaggi che danno struttura e corpo alla narrazione, che tengono desta l’attenzione e la curiosità di vedere come andrà a finire il tutto. Perché tutto, nonostante gli intoppi e gli ostacoli che arrivano lungo il percorso, si metterà davvero a posto.

Non è uno spoiler, non vi preoccupate: dalla prima pagina di questo romanzo è chiaro che si tratta di un’opera leggera, che occhieggia di buon grado al romanzo rosa. E difatti chiacchierando con Michela ho scoperto che un pizzico di ragione c’è: la nuance rosa deriva da un corso di scrittura fatto con Stefania Bertola, autrice che Michela ammira e al cui stile un po’ cerca di rifarsi. Bè, se conoscete la Bertola, noterete l’affinità, e soprattutto la presenza di tanti personaggi legati a tante storie intrecciate che via via vanno risolvendosi. La cifra distintiva è poi l’ironia, che viaggia leggera, mai fastidiosa, e che in alcuni punti si rivela in battute esilaranti.

Vero, l’anno di nascita 1983 dell’autrice si fa sentire, perché tra Bim Bum Bam e una Barbie speciale in edizione natalizia, io mi sentivo tra le coordinate di riferimento giuste, e leggevo la stessa lingua che parlo. Come del resto percepivo familiarità con l’ambiente universitario, le difficoltà di Lorenzo il ricercatore precario e soprattutto gli ostacoli nel trovare lavoro e il fatto che Giulia, laureata in lettere, faccia la barista. Non c’è polemica né retorica: solo un racconto della realtà, e di una generazione. Che peraltro, come ben dimostra questo romanzo, non si perde d’animo ed è capace di scrivere, raccontare, e anche di riderci su.

È una lettura per l’estate gustosa e fresca, quella di Le penultime lettere di Jacopo Ortis. Certo, non vi verrà voglia di andare a riprendere il volume foscoliano, con la sua tragedia finale e le forti tematiche politico-civili. L’unico legame con il buon Ugo, se vogliamo, è il romanticismo, ovviamente con la r minuscola, perché dell’eroe Romantico immerso del dramma non c’è proprio nulla, ma di intrighi romantici, di quelli che fanno battere un po’ il cuore, bè, di quelli che ne sono eccome, e queste penultime lettere di Jacopo Ortis potrebbero avere un ruolo fondamentale. A voi la scoperta!

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!