Premessa

Ho deciso di accettare la sfida/proposta del blog Radical Ging e dunque, prima di partire, vi spiego le regole del gioco. Il Salone del Libro di Torino 2018 prende spunto da cinque domande lanciate lo scorso marzo sull’onda della suggestione di Un giorno, tutto questo, onda peraltro accompagnata da una locandina bellissima opera di Manuele Fior. Eccole, le domande

Chi voglio essere?
Perché mi serve un nemico?
A chi appartiene il mondo?
Dove mi portano spiritualità e scienza?
Che cosa voglio dall’arte, libertà o rivoluzione?

Mentre il calendario volta giorni e pagine e il Salone (10-14 maggio) si avvicina, questi interrogativi sull’oggi e sul futuro sono già stati posti a innumerevoli personaggi tra intellettuali, scrittori, artisti, scienziati. Le risposte sono raccolte e saranno rese note durante la manifestazione.

E qui, nella raccolta, nella partecipazione e nella riflessione su questi interrogativi, c’entra Radical Ging, che in un suo post ha deciso di lanciare questa specie di contest invitando i lettori a rispondere alle domande e a postare il tutto con l’hashtag #saltonelfuturo. Si accettano post, foto, video e altre forme di espressione.

Siccome questo è un blog dove, contravvenendo a ogni regola del SEO e della scrittura online, butto righe e righe di parole pixelate, ho deciso che non solo parteciperò, arrovellandomi su queste domande, ma lo farò anche per via scritta qua sopra. Le regole (ma non avevi detto che contravvenivi alle regole? Sì, ma a certe regole!) sono semplici, e trattandosi di un sito che si chiama A contrainte, e che per sua natura ama gabbie all’interno delle quali scovare vie di fuga ed escamotage, stuzzicano la creatività: ogni settimana, una domanda, o meglio una risposta. E così, cercando di rispettare il calendario per arrivare dritti e comodi al taglio del nastro del Salone torinese: 11 aprile, 18 aprile, 24 aprile,  3 maggio, 9 maggio, e adesso iniziamo.

Perché mi serve un nemico?

Ho cercato di rispondere a questa domanda, ma c’è come un muro che mi impedisce di farlo. I mattoni di questo muro mi respingono indietro una ripsosta evidente: no, non mi serve un nemico. Un nemico non è quello che voglio, non è quello a cui punto per realizzarmi, non è quello che mi dà la carica per spronarmi e non è nemmeno l’orizzonte su cui sogno di muovermi anche una volta raggiunti i miei obiettivi. Quello che vorrei, piuttosto, è una cosa nettamente opposta: gli amici. Persone che siano dalla mia, e tante, se possibile.

Credo sia un dato di fatto per chiunque: in fondo perché avere un nemico? Nessuno vorrebbe qualcuno contro, pronto a dare addosso, a creare ostacoli. Anzi, il desiderio è proprio il contrario. Qui scatta allora un però: nel momento in cui non dovessimo avere nessun ostacolo, nessun nemico, sapremmo ancora tenere la nostra rotta?

Con questo non voglio certo dire che un nemico serva: la mia risposta alla domanda si risolve brevemente nella prima riga di queta risposta. Però è bello esplorarle, queste domande di SalTo 2018, e allora eccoci qui. Dicevamo: e se un nemico, alla fine, servisse proprio per farti tenre la barra a dritta? Già che ho usato la semiotica nella prima risposta, ne rifaccio uso anche qui. Secondo la teoria linguistica infatti (vedi: Saussure) il senso si definisce proprio per negazione, ovvero è dagli opposti che traiamo il senso delle cose, è dalla non presenza della p (e di altre consonanti) che si contrappone alla c, presente, che definiamo la parola cane, per esempio.

Se fosse dunque il nemico a ricordarmi cosa non vogliamo essere? Questo discorso lo facevo già nella prima risposta, ricordate? Un nemico è il nostro opposto, tutto quello che noi non vogliamo essere. Lo so, non basta la necessità di vedere il proprio riflesso negativo per ammettere il bisogno di un nemico. In effetti, non c’è bisogno di avere un nemico, no, non ce n’è proprio bisogno. Perché alla fine, qualsiasi opzione scegliamo, l’unica necessità che non smette di farsi urgente è quella di condividere, di avere appoggi, di avere sorrisi. E quindi, alla fine, di essere sereni, senza quella smania che preme sempre quando c’è di mezzo un nemico, senza dietrologie e pensieri cattivi.

No, a tutti gli effetti, di un nemico non si ha mai bisogno. E questa risposta, mio malgrado, si esaurisce qui.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!