30 dicembre, tempo di classifiche, bilanci, punti e a capo. Specialmente dopo il 2020 che tutti sappiamo. Anche per i libri, tradizionalmente, gli ultimi giorni di dicembre diventa divertente stilare classificoni e liste delle migliori letture fatte in tutto l’anno, e allora eccoci qui, pronti prontissimi con i migliori libri 2020 secondo A contrainte. Solo cinque, vi avviso, perché di classifiche impazza la rete, e perché qui non si tratta di letture dal valore critico o letterario, ma di letture che hanno scatenato empatie e passioni. Insomma: i libri del cuore del 2020, e pazienza se nelle classifiche ufficiali delle grandi testate c’è altro.

Cinque libri, dicevo: tante sono le letture, tra le più di sessanta che ho fatto in questo pazzo 2020, che mi hanno lasciato qualcosa e che ancora, a mesi di distanza, ricordo con un sorriso o con qualche immagine particolare. Partiamo dalla saggistica, che al contrario di quel che potreste pensare è stata tutt’altro che noiosa. Quest’anno sul podio a cinque vanno due delle mie passioni antiche, che fin da bambina coltivo e da cui mi lascio stregare: i vulcani, e la comunicazione.

Sì, lo so, non hanno niente a che fare l’una con l’altra, o forse un po’ sì. Perché Draghi sepolti (Il Saggiatore), di Sabrina Mugnos, che è vulcanologa e divulgatrice, ha questa magia: quella di essere non un saggio sui vulcani, ma un viaggio pieno di incontri, emozioni, bellezze, speranze, fascino e un po’ di malinconie. A conti fatti, questo volume ricchissimo sulle grandi meraviglie geologiche d’Italia (leggi: siamo seduti su una polveriera, ebbene sì, l’Etna ce ne ha dato recente prova con l’eruzione di dicembre 2020) è una storia. Si legge con estremo piacere, trasporta in luoghi bellissimi e permette di conoscere personaggi unici. Super consigliato: infatti è nella mia top five di letture!

In quanto alla comunicazione, il saggio (chiamarlo saggio ha poi senso?) vincitore è Il coltellino svizzero (Garzanti), di Annamaria Testa. Sul valore del libro, chi di voi lettori ne sa un pochino di comunicazione potrebbe dirmi che già il nome dell’autrice spiega il mio entusiasmo, e darmi quindi ragione. Ho particolare affetto per questo libro perché il suo scopo è proprio quello di fungere da coltellino svizzero: un utensile multiuso, perfetto per ogni bricoleur della vita. E in più, deviazione mentale semiotica tutta mia, quel “coltellino” mi ricorda l’Opinel protagonista di una celebre analisi semiotica di Jean Marie Floch. Leggere queste pagine – brevi e luminosi articoli-saggi sui più disparati argomenti che spaziano dalla creatività all’autostima, dal rapporto con gli altri alle leggi che governano i bias cognitivi e le leadership – è stato come spacchettare una cesta di regali sotto l’albero, tutti belli, tutti graditi. Insomma: una (ri)scoperta dietro l’altra, il libro giusto in un momento di rinnovamento personale, sfide e cambiamento scaturito dall’incastro delle pieghe dello sciagurato eppure fondante anno 2020. Agile, denso di verità e spunti, saggio, nel senso di sapiente: da leggere!

Passiamo ora alla narrativa. Tre sono le scelte tra i tantissimi, ma davvero tantissimi romanzi fatti fuori nel 2020. Ho escluso dal podio, malgrado li ami, personaggi come l’avvocato Vincenzo Malinconico di Diego De Silva o la vicequestore Vanina Guarrasi di Cristina Cassar Scalia, che pure mi hanno tenuto compagnia e deliziata in assolati pomeriggi estivi. Ho tenuto fuori lo scoglio che ha rappresentato L’appello di Alessandro D’Avenia, che però mi ha fatto anche piangere un sacco. E ancora, non ci sono libri stupendi che ho letto nel 2020 ma erano usciti nel 2019, e nemmeno altre letture con qualche finestra di luce che mi ha indicato cose, perché di fatto quelli che ho scelto sono essi stessi finestre gigantesche dalle quali ammirare incantati mondi interi.

Partiamo da quello che si è conquistato il primo posto nelle mie letture dell’anno. L’istante largo, di Sara Fruner, edito da Bollati e Boringhieri. Divorato in due giorni, con un senso di abbandono post lettura che non si può descrivere. Amato: per la storia, per i personaggi, per la scrittura. La scrittura, quella l’ho proprio invidiata: la capacità di costruzione della trama, che è pazzesca e si svela poco a poco sorprendendo fino all’ultimo; la descrizione e la visione, nei dettagli, nell’empatia profondissima, nei magoni, persino. E poi i personaggi, che sono ancora vivi qui, con me: Macondo, la Bea, la straordinaria Nonna Rocio e la sua tribù. È un romanzo davvero stupendo, una carezza sul cuore e un quadro dedicato a un’adolescenza profonda e molto adulta, con una goccia di Holden, se vogliamo, con sensibilità, ribellione e immersioni nella malinconia abissale che si sublima con la scrittura, e che se non passa a quell’età, resterà sempre: una forma della visione. Un romanzo bellissimo, da rileggere nel tempo e da consigliare. E in quanto a consigliarlo, senza che avessi mai esplicitamente detto a nessuno “leggilo!”, da qualche mia recensione sui social so di almeno tre persone che lo hanno comprato e amato dopo il mio consiglio. Le cose belle contagiano.

Per il secondo della classifica voliamo in Israele, nel giardino selvatico di Meir Shalev che nell’omonimo prezioso volume di Bompiani (Il mio giardino selvatico) con tanto di illustrazioni ad acquarello, racconta il suo rapporto con le piante del suo giardino in una terra aspra e desertica. È un rapporto fatto di bizzaria, bellezza, tanta autoironia e amore per le piccole cose, ma sguardo aperto, allargato ed entrato in profonda connessione empatica con il ciclo naturale. Si parla così di utilità della carriola e di guerre sorprendenti con gli insetti, di fiori che sbocciano quando lo vogliono loro, contro tutte le stagioni, e di raccolte di semi che non fanno che perpetuare i cicli della natura che regolano le nostre vite. Si parla di convivialità, e di grandi simboli vegetali del Mediterraneo: l’ulivo, la vite, il melograno. C’è una sacralità segreta eppure così evidente nell’amore per il giardino di Shalev che, vi assicuro, questa lettura mi ha riconciliata con la vita, e mi ha fatta un sacco sorridere.

Last but not least (ché, a dire il vero, le classifiche numeriche non mi piacciono e ogni libro parla al momento giusto e nel modo giusto), ricorderò di questo 2020 Le cose da salvare, di Ilaria Rossetti edito da Neri Pozza. Di questo romanzo mi resterà qualcosa della scrittura che, ancora una volta, ho invidiato profondamente: perché sentivo vibrare dentro qualcosa di mio, perché, leggendolo, sentivo che lo avrei pensato, detto e fatto arrivare così. O almeno che avrei voluto. La storia prende spunto dal Ponte Morandi e dall’angoscia di non voler lasciare casa, una casa che, pure, è in pericolo. C’è una ragazza che si sbatte per fare la giornalista, una città di mare mai menzionata, grosse ferite da suturare. E c’è il tema della casa: della lontananza che fa stare male, del sentirsi lontani dal proprio mondo e dagli affetti, del perdere parentesi di vita, del rendersene conto. C’è, in fondo, il tema della mia generazione di attuali trentenni, con lancinanti ricordi di infanzia che potrebbero essere i miei, quegli attimi che restano nelle caselline del nostro mosaico e ci definiscono, oggi, anche e soprattutto davanti alle tragedie più grandi, sempre domandandoci quali siano le cose da salvare, cercando di capire perché: salvando noi stessi.

Di questo 2020 salvo dunque questa manciata di libri illuminanti, nella cesta che è in realtà piena di letture e letture: ho letto moltissimo quest’anno. Se siete curiosi di scoprire altri titoli, non solo miei, vi suggerisco intanto di fare un giro sulla classificona delle migliori letture 2020 di narrativa italiana che insieme alla redazione di Lucialibri abbiamo messu su. E poi di rivedere la diretta Facebook che il 30 dicembre ha visto protagonisti La linea laterale, Radical Ging e me: una chiacchierata e brindisi di fine anno tra amici, parlando di libri e letture, e di quello che ci è piaciuto di più leggere in questo strano, pazzesco 2020!

 

 

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!