Com’è gennaio? Lungo, prima di tutto. 31 giorni distillati con lentezza, vari, divisi tra sole, pioggia, neve, vento, mare, Genova e Alpi, treni, tram e passi. Tanti, eppure pochi. Gennaio è un mese di ripartenze pigrissime, oscurità che presenta un annuncio nascosto di primavera verde e gialla, serate infinite tra i tetti e le pagine, solitudini consapevoli di un tempo sospeso che, come gennaio, è lungo ma di certo finirà.

Gennaio inizia in una bolla spaziale tra la mezzanotte e le cinque del mattino del primo giorno dell’anno, la voce che manca, le occhiaie profonde, un maglione verde foresta e una manciata di certezze tipo la felicità. Nell’avvio di gennaio ci sono un totano, un genepy per gli amici, un pandoro e qualche dolia romano sparso sul fondo del mare. Ci sono dieci anni da confrontare con tutto quello che è passato nel frattempo, e che sembra ieri, sembra incredibile. Eppure. Gennaio 2019 ha un inizio preciso, definito e un po’ trentenne, perché sì, sono davvero passati dieci anni, anche se la sciarpa scozzese è la stessa, e alcuni visi anche. Sono quelli vincenti.

Gennaio, tra un malanno e un colpo di tosse (ma davvero era già/ancora gennaio, quando mi è venuta l’influenza?!) trascorre placido, tra le mura di casa. E poi c’è una novità, che serpeggia dal 3 al 31 del mese, e fa rima, e abbraccia tutto il mese, inaspettata, strappa un sorriso. Un articolo in una grammatica per le scuole medie, un racconto che vince un concorso. Piccole cose, ma accadono, e nel vorticoso succedersi dei giorni pienissimi di to do list e impegni sembra quasi impossibile raccogliere i frutti di una semina distratta.

Non è nemmeno trascorso un terzo del mese quando gennaio mi porta all’università, in cattedra al corso di semiotica del mio stesso percorso di laurea. C’ero io tra i banchi dell’aula due dove il 9 gennaio conto pochi studenti e seguo i loro sguardi su di me, sulle mie slide dove compare Italo Calvino, mescolato a terminologia semiotica e a brani di Dall’Opaco. Mi sono ricordata della mia tesi, l’avevo abbandonata. E mi sono stupita di quanto abbia lavorato dietro quelle trecento pagine, di quante idee abbia accarezzato e costruito, e strutturato insieme per definire una forma, erigere un condominio di concetti tutti collegati. Mi è venuta un po’ di nostalgia: dello studio, delle ore trascorse solo sui libri, tra le idee dell’autore e le mie, in divenire. Ho letto e riletto testi, ho sfogliato i miei scritti e per l’ennesima volta ho provato a immaginare di riprenderli in mano e, accomodandoli, di farne qualcosa di nuovo. Chissà, chissà…

Tra un’aula e una tesi, è stato bello incontrare nuovamente il mondo universitario e gli amici che lo popolano, aprire piccole nuove strade, non perdere la curiosità. Che è poi il concetto che il 31 gennaio ho sentito ribadire da Nico Ivaldi a un incontro ai margini della città al quale doveva essere presente Bruno Segre, centenario partigiano, avvocato e difensore dei diritti civili. Un’influenza e a letto: peccato, è la seconda volta che succede. Ma non è stato un pomeriggio vuoto, con la sua ora di pullman verso l’ignoto e amici e chiacchiere.

Gennaio è stato un mese con tanti libri, studio, scrittura ed editoria dentro. Strade tutte intrecciate, strade che, dai e dai, scavano un percorso coerente. Sempre di più. Ci sono state le serate del collettivo di scrittura a cui partecipo, con esilaranti interpretazioni dei bravi e di Don Abbondio, e poi con prove di scrittura divertenti e costruttive. Ci sono stati tanti incontri, piccole avventure tra una presentazione, una corsa in metro e un tram che si ferma in mezzo alla strada. Ci sono state letture condivise e la conoscenza di Marco Lupo e di un libro che non avrei mai letto senza la scusa: Hamburg (Il Saggiatore).

In effetti, ora che ci penso, nonostante gennaio sia generalmente un mese un po’ fermo per il mondo dei libro, ho assistito a parecchie presentazioni, da questa a Emanuele Altissimo, arrivando al bell’incontro di Imperia con Paola Mastrocola per La Riviera dei libri, a raccontare di Leone (Einaudi), di scuola, di Montale e dell’importanza della preghiera e del senso del mistero. Ho scoperto novità, ho parlato con un sacco di persone, sono andata all’Auditorium Rai ad ascoltare un meraviglioso concerto diretto da Tan Dum con lo straordinario Simone Rubino alle percussioni, e poi a teatro tra i volti di casa e una bella comunità a scoprire la storia di Sandro Pertini.

Forse è stata la lunghezza di gennaio a permettermi di fare tutto quel che mi vedo alle spalle: non credevo di farcela, tra impegni, scadenze, urgenze. Una lezione all’università, il lavoro, i viaggi a Genova, le scadenze per altri lavori, le ore davanti allo schermo, un paio di ore d’aria per diminuire la pressione, gli occhi su un libro, praticamente sempre, e nei momenti liberi un paio di ore sulla meteorologia e un incontro civico sulla raccolta di spazzatura porta a porta. Il contatto con “casa” è sempre importante, anche se a volte casa è un posto davvero difficile dove stare. Però c’è il mare, e con il mare passa tutto.

Tra letture folli e urgenze, la destrezza di infilare un appuntamento a Ventimiglia presa da una voce nella testa che suggerisce di fare pazzie. E io eseguo. Non mi fermo un attimo, nonostante i turni di 48 ore tappati in casa a lavorare, prendo e vado al confine: il vento è gelido e le sorprese tante. Ma la soddisfazione di tornare con il bottino è ancora più grande, sposta orizzonti, mette alle spalle propositi e lascia presagire nuove sfide, nuove spunte alla lista dei “mi piacerebbe”.

Mi piacerebbe, per esempio, completare una collezione di interviste nel migliore dei modi, gestire il mio tempo, finire quel che c’è in progetto, intervistare Enrico Brizzi, uno dei miei scrittori preferiti. Ed eccolo, una mattina che Torino brilla sotto il sole che riflette la neve bianca dei tetti e delle piazze. È davvero Enrico Brizzi, mi parla da un treno in cammino per la pianura Padana e mi racconta del suo primo anno di Scienze della Comunicazione e del professor Umberto Eco. Tutto si tiene: l’università, il mio lavoro, le mie piccole grandi sfide quotidiane. Come quella di fare salti mortali per un caffè, perdersi nella dolcezza di ritrovare gli amici, acquistare un libro a Genova e sedersi un attimo in piazza De Ferrari sfogliandolo veloce, che dentro c’è la storia di un’amica, e la leggi col sorriso.

Se il sorriso manca, in una sera fredda e piena di tensione, c’è poi l’acquisto di un panettone fuori tempo massimo, il Natale è passato, è davvero tempo di togliere decori e albero. Via, le coccole servono, e tanto questo sembra panettone ma non è: a metà prezzo, che fai lo lasci lì? Certo che no, prendi anche la crema di nocciole. E in un attimo è come avere 15 anni, la tensione si dipana, torna il sole, tornano agende piene di futuro e progetti per scavalcare il limite. Si galoppa: le scadenze, la gestione del tempo, i weekend in casa, le serate con una tazza di tisana e una candela davanti allo schermo, la leggerezza di aderire a una reading challenge (ma come, con tutto quello che già devi fare?) su Agatha Christie, e divertirsi un sacco a riscoprire pagine di un passato che suona di anni Novanta.

Il suono di gennaio 2019 è partito con una playlist del Festivalbar e torna lì, tra un Alex Britti, un Neffa, un Pino Daniele, negli anni Novanta. A ricordarmi com’era e com’ero io. A ricordarmi che di anni ne sono passati dieci dal 2009 (e no, è un caso che proprio a gennaio 2019 ci sia stato l’impazzare della challenge dei dieci anni, io a queste cose già ci pensavo davanti a una birra con 5 ore di sonno il 1 gennaio), venti dal 1999. E due da quel gennaio 2017 quando cominciai la sfida: un post al mese, almeno uno, mentre annaspi e non riesci a scrivere le recensioni dei libri come vorresti, a curare il sito come vorresti. So che li leggete, a volte li apprezzate anche, così come sono, del tutto casuali e a ‘mo diario in flusso di coscienza libero. Un post al mese: fermati, c’è da fare un respiro, voltarsi e raccogliere quel che è stato, ricostruire il racconto, intrecciare i tasselli in una trama chiara. Questo è stato gennaio 2019: e sono 25 puntate di Un post al mese che raccontano me, il mio mondo, la mia storia, i miei umori e i miei progetti, che talvolta diventano realtà.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!