2.37 di notte. Giro l’ultima pagina. La storia è proprio finita. Seguono i ringraziamenti, sentiti e bellissimi, dell’autore, che si concludono con un grazie a noi lettori. Adesso ci si può commuovere ancora di più, tanto è notte e nessuno mi vede. Reazioni a caldo, immediatamente dopo aver finito di leggere Le tartarughe tornano sempre, di Enzio Gianmaria Napolillo, edito da Feltrinelli.

Un romanzo che ho acquistato totalmente a caso: non conoscevo la trama, non conoscevo l’autore. Ma la copertina era azzurra, c’era il mare, c’erano una barca e una tartaruga, tutti ingredienti parte del mio archivio di cose belle. Sarà stato un segno? Fatto sta che siamo a gennaio ma questo libro si candida senza dubbio a far parte di quella serie di libri letti nel 2017 e che mi resteranno nel cuore anche oltre a questi 365 giorni da calendario. Libri da regalare, da consigliare a tutti.

È una storia di una ricchezza e delicatezza poetica tali che raccontarla mi risulta difficile, ho quasi paura di pestare con tasti le corde che vibrano tra le pagine e tengono insieme la lunga, tormentata, intensa, dolce e fortissima trama intessuta tra Salvatore e Giulia, i protagonisti. Ragazzo isolano lui, di un’isola il cui nome non viene mai pronunciato ma che capiamo perfettamente. Isolana anche lei, Giulia, ma trapiantata a Milano, figlia di genitori altoborghesi che nel corso della storia impariamo a non sopportare. Il papà di Salvatore, invece, fa il pescatore, ed è un uomo semplice, come semplici sono gli animi di due ragazzi innamorati che vivono il proprio legame nell’intensità dell’estate sull’isola, popolandolo di mare, baci e salsedine.

Ma quel mare non è solo magia e bellezza: ben presto si rivela dramma, superficie che da azzurra e indorata dal sole si riempie di corpi galleggianti e cadaveri, arrivati con carrette improvvisate dalle coste dell’Africa, che si intravede laggiù, dall’ultima caletta esposta più a sud. Nell’idillio estivo di Salvatore e Giulia, ancora ragazzini, fa breccia uno sperone di mondo, con la sua disperazione, col suo male più oscuro. E un’ombra sul loro intreccio di emozioni tanto intenso inizia ad avanzare, a rendere tutto sempre più difficile, un sogno distante e forse solo un sogno, percorso di tanto in tanto da avventurose prese di coraggio, spostamenti, treni, aerei, cambi di paesaggio, portoni chiusi, panchine, parole e gesti di amore .

Non posso raccontarvi la trama: ve ne svelerei le tappe, e perdereste la sorpresa, il batticuore, l’ansia di vedere come va a finire. Perdereste quel filo incantato che l’autore ha tessuto e ricamato dalla prima all’ultima pagina in un ambiente straordinario come è quello di un’isola siciliana immersa nel mare e nei suoi colori, profumata della sua terra e dei suoi venti. In questo dna Salvatore si rispecchia e si ritrova, crescendo ogni volta, ingoiando speranze che riscaldano il cinismo, prendendo sempre più contatto con la propria isola, dunque anche con i suoi naufraghi, cittadini di un mondo disumano al di là del mare, che bussano alla prima porta sul proprio difficile cammino e spesso, troppo spesso, sono respinti e percepiti come pericolo.

Sarà una deflagrante umanità a radicare Salvatore sull’isola, e a solidificare, parallelamente, il legame con una Giulia sempre più distante. Qui c’è la chiave della storia. Ma tutt’intorno resistono parole, immagini, descrizioni, narrazione, stile ed estrema delicatezza di un autore che con una penna incantata, imbevuta di azzurro Mediterraneo, ha raccontato una storia universale e bellissima. Inutile fare giri di frasi e cercare di dirlo in altro modo, di razionalizzarlo: questo romanzo fa battere il cuore, chiama la storia pagina dopo pagina, porta a tifare per i personaggi, a percepire il loro sentimento e farlo diventare proprio, a emozionarsi per una bellezza disarmante (e a piangere un sacco!), a fare notte per stare ancora un po’ insieme a Salvatore e Giulia, per condividere ancora un po’ pensieri, turbamenti, profondità e modi di superare la disperazione più nera, insieme.

E poi, come tutte le cose stupende, anche questo romanzo finisce, e vi sentite un po’ più vuoti, anche se ormai Salvatore e Giulia sono lì con voi, e voi siete sull’isola, ne conoscete il porto, alcune strade e calette. Ne avete solcato il mare in barca insieme a Salvatore, lui che lì sopra, col beccheggio e i riflessi, scriveva le storie dei migranti sul suo computer portatile. L’isola non vi abbandona più, e ci tornerete, con la memoria, ma forse anche riprendendo il libro, andando a cercare le frasi sottolineate e i passaggi che più vi hanno colpito, e che sono tantissimi. Farete come le tartarughe, che nascono sull’isola, e dopo aver affrontato mare, pericoli ed essere approdate su nuovi lidi, all’isola tornano ancora: perché è impossibile staccarsi dal luogo dove nasce un sentimento così forte e resistente a tutto come l’amore, quello tra persone o ancora, più semplicemente, quello tra esseri umani.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!