Prendi una manciata di personaggi ben costruiti, nessuno solido e limpido, ma tutti ombreggiati, entrati nella storia in chiaroscuro, insomma complessi, in tensione verso qualcosa. Prendi una città, i suoi quartieri e le sue strade, riportala in una chiave un po’ postindustriale, e per questo un po’ grigia, decadente, palcoscenico perfetto per un omicidio e successive indagini. Ecco che due elementi gestiti con spiccata abilità sapranno restituire lo scenario di un noir tutto italiano, e tutto d’esordio. Questo infatti è il clima di La copia infedele, primo romanzo di Stefano Trinchero, edito da 66thAnd2nd e uscito circa un anno fa. Un anno in cui ha riposato tra la mia libreria e il mio comodino in attesa del momento giusto per essere letto. E poi è arrivato, rendendomi felice di proseguire con la lettura degli esordienti che per tre anni mi ha tenuta impegnata su Artintime.

Questo di Stefano Trinchero è un bel romanzo. Un noir di sapore contemporaneo e un po’ defilato, che parla di Torino, di giornalismo, di sport e di corruzione, e dove la figura centrale dell’investigatore o del poliziotto è assente. Al suo posto, un giornalista e un agente assicurativo, che non hanno quasi rapporti e che procedono ognuno sulla propria pista per recuperare il filo di un’indagine. Ma di che indagine si tratta?

Il campione della Lungodoriana, romanzesca terza squadra cittadina, viene investito da un’auto e, dopo giorni di coma, muore. Un incidente o qualcosa di più sordido? Il compito di scoprirlo, sotto l’insistenza del direttore del suo giornale, va a Guido Riberto, cronista sportivo annoiato e stufo della vita, quella di redazione e quella che sta anche fuori. Riberto coltiva cinismo e lo innaffia con troppo alcol, e non vede di buon occhio l’idea di trasformarsi in un cronista di nera quando il suo compito è da anni quello di descrivere le partite di calcio e riportarne i risultati. Eppure qualcosa lo pungola, c’è una voglia sotterranea, quella di mettersi a fare ricerca sul campo, di riscoprire la passione del proprio mestiere, che lo porta a spolverare la superficie e ad azzardare i primi sospetti. Truffe assicurative. Ecco quindi che su questo campo, non da calcio, la sua indagine si incrocia a quella dell’ispettore assicurativo Dominici, anche lui tipo interessante, nascosto dietro una criptica sicurezza di sé che gli farà fiutare verità sotterrate.

L’impasto della trama ha a che fare con la falsità e le ipocrisie della borghesia bene di Torino, e arriva a un finale amaro e, in rima con le ombre del noir, non del tutto risolto. Quello che però colpisce per solidità e coerenza è l’infedeltà del titolo: nessuno in questo romanzo è quello che dovrebbe o potrebbe. Socialmente, eticamente: chi mente, chi nasconde, chi ha soffocato aspirazioni e passioni, accomodandosi su un pratico nastro trasportatore che non fa che riprodurre una copia infedele della personalità originaria di ciascuno, di quello che avrebbe potuto essere “se solo”. La copia infedele, ovviamente, è anche e soprattutto il verbale dell’assicurazione, costruito su attenti dettagli rielaborati e studiati per apparire la copia di un reale che, però, non è mai esistito.

C’è tutta la nostalgica malinconia del noir in questa storia, quella costruzione dei personaggi che, come già dicevo, smitizza buoni e cattivi e mescola le carte, contaminando i ruoli, umanizzando le voci e le vite. Una malinconia color grigio, come la Torino che le fa da sfondo e che contribuisce, con le sue vie notturne, le ville in collina, gli scantinati e i teatri, a farsi solida, un personaggio non svelato ma presente, una luce soffusa che, in qualche modo, crea atmosfera. L’atmosfera è coerente, non perde un colpo, e guadagna la simpatia del lettore grazie a una screziatura ironica che, nel mélange nostalgico di questo spaccato umano infedele ai propri ideali, non manca mai, e regala un pizzico di umanità in più alla tragicommedia.

Che dire poi della scrittura di Trinchero? Curata, intelligente e brillante. Mi ha colpita per l’assenza di banalità nelle descrizioni, quelle di ambienti e quelle di sentimenti umani, i sottili punti in cui si sfiora la psicologia dei personaggi per restituirne un ritratto completo, nella costante complessità che ricostruisce ogni voce e ogni volto di questa storia. Allo stesso modo i dialoghi: ritmati, screziati di ironia. Irresistibili quelli di Riberto in redazione, con il direttore e i colleghi. Ma si sa: il mio punto di vista è del tutto pilotato dal mio mestiere, e da un po’ di letteratura e cinema che, rievocando le mitiche figure di giornalisti-investigatori del noir, riecheggiano per somiglianza e per ironica differenza nella figura del protagonista di questo romanzo.

Chiudo questo commento al libro con un brano tratto dal capitolo 22, per farvi saggiare l’atmosfera e la scrittura calibrata ed efficace che si coglie pagina dopo pagina:

Isabelle si era dileguata e Dominici non riusciva a smettere di cercarla con lo sguardo. L’immagine di lei gli trascinava gli occhi verso il marciapiede deserto, scandito dai cartelloni pubblicitari infilzati nel cemento. Un vento leggero agitava le infiorescenze tardive dell’ambrosia e si disperdeva attraverso le chiazze di vegetazione spontanea insinuata tra le crepe di quello scampolo abbandonato di città.
Il teatro adesso sembrava ancora più vecchio e diroccato di come lo ricordasse. Non credeva possibile di avere trovato il coraggio di mettere piede in quel posto in rovina. Immaginò le travi marce scricchiolare sotto il peso del tetto e le radici insidiose degli alberi minare le fondamenta, scorrendo sotto i pavimenti per infilarsi tra i vecchi mattoni e tessere un paziente disegno di sabotaggio ai danni dei muri portanti. E il ricordo dei lunghi, morbidi riccioli di Isabelle, la scia diradata del suo profumo e l’eco smorzata della sua voce stavano facendo lo stesso con il suo stomaco; lo sentiva strizzarsi mentre un malessere sconosciuto scendeva ad attorcigliargli le viscere, affaticandogli il respiro e affliggendolo con quella sensazione di soffocamento che sorprende i polmoni quando respirano l’aria contaminata dalla mancanza di qualcuno.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!