Confini, barriere, dogane, frontiere: segni sulle mappe, linee immaginarie che separano aree geografiche, ma anche lingue, mondi culturali, pensieri. Soprattutto: bacini di storie ricche perché innestate là dove si fronteggiano, scontrandosi o fondendosi a seconda dei casi, degli universi semiotici, cioè che “fanno senso”. Di confini mi è capitato di occuparmi spesso proprio in semiotica, ed è da questa antica curiosità che è stata solleticata la mia voglia di esplorare il nuovo libro di Mauro Suttora, giornalista di Huffington Post. Si intitola Confini. Storia e segreti delle nostre frontiere, lo pubblica Neri Pozza, ed è un reportage-racconto di tutti i confini d’Italia, da quello occidentale di Ventimiglia salendo su lungo tutto l’arco alpino – ma con gran pena le reca giù, ricordate? – e toccando Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino e Friuli Venezia Giulia, alle porte dell’oriente.

Sono dunque partita per il viaggio a pochi chilometri da casa, dove si apre Confini, cioè a Ventimiglia, città di frontiera e città dalle tante storie stratificate nel tempo, dalla preistoria passando per l’età romana, il medioevo dei feudatari e della dinastia dei Conti di Ventimiglia, fino a Napoleone, alla seconda guerra mondiale, e a un confine che tutt’oggi causa spesso attriti, si tratti di migranti (ne parlavo con l’ex sindaco Ioculano qui) o di transfrontalieri in improvvisa difficoltà per le restrizioni covid. Ripercorrendo la storia della mia provincia, inseguendo i personaggi che hanno lasciato tracce visibili sul territorio tra castelli, dialetti, modi di mangiare la pizza all’andrea, strade crollate con l’alluvione del 2020 e ferrovie in grande difficoltà, sono rimasta affascinata da un libro che sapientemente indaga i confini raramente silenti di questo nostro paese e prende in esame geografie, fatti storici, piccole curiosità quasi da guida turistica ricreando gli ecosistemi culturali di zone peculiari.

Porosità era la parola che in semiotica utilizzavamo per parlare di confini. Raramente infatti la frontiera rappresenta un muro invalicabile e, se non ci sono montagne aspre a dividere geograficamente crinali, è altamente probabile che dietro le linee immaginarie riportate sulle mappe esistano invece storie più complesse, stratificate nel tempo lungo della Storia con la s maiuscola, dall’impero romano in avanti. Storie di conquiste, di guerre e cessioni, talvolta di capricci, altre volte di casualità. Sapevate che un corso d’acqua italiano fa parte del bacino idrografico del Danubio? Che esistono degli enclavi, posti cioè che sono italiani ma raggiungibili solo oltrepassando il confine con un’altra nazione? E che ci sono pochi confini che non separano due ma tre stati? Ecco, Confini di Mauro Suttora mi ha svelato un sacco di queste piccole e grandi curiosità, permettendomi di riconsiderare quelle linee segnate sulle mappe e che spesso sono traforate da tunnel dalle storie avvincenti, da ferrovie utopistiche, da paesaggi unici, popolati da culture che della porosità, cioè della compenetrazione di culture, influenze e lingue diverse hanno fatto il loro tratto distintivo. Avvinta da tutta questa curiosità e piena di appunti presi su tantissimi luoghi e pagine, ho avuto il grande piacere di intervistare l’autore.

Il suo libro racconta un percorso lungo tutta la bordatura italiana delle Alpi, davvero ha viaggiato ed è andato a esplorare tutti i confini di cui parla?

«In molti posti sono stato, sì, in altri no. Il libro racconta dei crinali che segnano i confini, ma poi sono andato alla ricerca dei posti che si scostano dal crinale, confine naturale. Per esempio Livigno, che fa parte del bacino idrografico del Danubio, o San Candido, a Bolzano, e anche il fiume Roja, metà italiano e metà francese: sono confini che non seguono affatto lo spartiacque».

Sono tutti confini travagliati: forse non sarebbero nemmeno tali se non fosse così?

«Beh, non sempre, pensi al confine italo-svizzero che è il più pacifico del mondo: da mezzo millennio, cioè dal 1515, non vede guerre!»

Come le è venuta l’idea per questo libro?

«Mi è venuta passando spesso il confine con Chiasso, in Svizzera: non c’è un lago, un fiume, un monte… niente. E allora perché il confine è proprio lì? La stessa cosa accade a Ventimiglia: lavorando per tre anni su questa zona, da che ho iniziato a scrivere ho scoperto che prima includeva anche Garavan, il “porto” di Mentone, che fu spostato da un prefetto di Napoleone. Per la verità il confine con cui ho più dimestichezza è quello orientale: sono figlio di profughi, mio padre è dell’isola di Lussino, una delle due uniche isole che furono italiane solo per una ventina di anni».

Il libro ha, al fondo, una nutrita bibliografia. Immagino abbia scoperto molte storie che altrimenti non avrebbe mai incontrato…

«Ho letto molti libri, ma mi sono anche incantato per ore sugli atlanti. Per scoprire dove un confine si discosta dal crinale ho veramente guardato le cartine, scoprendo tutte le volte delle irregolarità: è accaduto soprattutto in Val d’Ossola, ma anche con i passi del Monginevro e Moncenisio che abbiamo dovuto cedere  alla Francia dopo la seconda guerra mondiale, e che dunque non appartengono più all’Italia».

Non Google Maps quindi, ma vecchie cartografie!

«Sì! È anche difficile trovarle, per lo meno dettagliate: a meno di uno a duecentomila non si trovano se non mappe militari, oppure quelle stradali che nessuno più usa perché utilizzano tutti il navigatore, quelle dell’Automobile Club. Sono bellissime, tutte colorate. E poi non solo mappe: sono anche andato in alcuni posti, ho fatto parecchie gite».

La immagino chino sulle carte a scoprire storie. Io stessa ho trovato mille aneddoti: tunnel, ferrovie, enclavi… Ci sono cose che non sapeva e che l’hanno colpita?

«Quasi tutto! Non sapevo, per esempio, che fino al 1848 Montecarlo era larga dieci volte più di adesso e arrivava fino a Mentone, scappata insieme a Roquebrune perché il principe di Monaco aveva imposto tasse troppo alte sui limoni. Oppure, per restare in questa zona, i quadri di Monet che ritraggono il ponte e il castello di Dolceacqua!»

C’è una riflessione molto bella sul concetto di confine che si lega al lessico e che riporta in conclusione: vengono messe a confronto la parola confine e la parola frontiera, che solitamente tendiamo ad assimilare. In realtà no: il confine è un blocco, la frontiera un orizzonte verso cui avanzare. Ho apprezzato molto la dinamica attraverso cui fa dialogare i due termini

«Il vero significato della parola confine purtroppo lo abbiamo scoperto tutti da 15 mesi, da quando diciamo che siamo confinati in casa e quindi siamo chiusi: il confine è chiuso. La frontiera, nel senso di John Kennedy, è la nuova frontiera, qualcosa verso cui avanziamo, un traguardo. Il che è bello, ma bisogna anche stare attenti, perché spesso, quando uno vuole andare oltre la frontiera, compare anche un esercito che vuol far guerra per spostare quella frontiera. Per noi  è inimmaginabile ora, perché il concetto di guerra da 75 anni non esiste più, ma a pochi chilometri da qui Ucraina e Bielorussia fanno ancora guerre per la frontiera».

L’aspetto intrigante del suo libro è il saper mescolare tanti punti di vista: ci sono la geopolitica, la geografia, l’antropologia e la linguistica, le varie coloriture dei confini. Come ha messo tutto insieme?

«La parola chiave è curiosità. Per esempio quando ho scoperto che in Friuli c’è un monte sul confine che si chiama Colovrat, mi è venuto in mente l’ex campione del mondo oggi commentatore tv Fulvio Collovati, discendente di una stirpe friulana che si stabilì a Udine. L’unica cosa che forse avrei dovuto inserire e non ho fatto, ma la riservo alla seconda edizione, è un di più sull’enogastronomia. Per esempio i famosi vini del Collio, famosi in tutto il mondo, sono divisi esattamente a metà tra il Collio sloveno e quello italiano».

Mi ha colpito che lei abbia citato Gli avanguardisti a Mentone, racconto di Italo Calvino contenuto in Ultimo viene il corvo, che pochi conoscono. Ci sono un sacco di fonti letterarie in Confini: Pasolini Magris… cosa aggiungono gli intellettuali alla riflessione sul confine?

«Ci sono degli scrittori di confine che sono assolutamente imprescindibili, così come altri lontani dal confine. Prendiamo Fulvio Tomizza,  autore un po’ dimenticato ma Premio Strega nel 1977. Tomizza ha scritto quaranta romanzi in quarant’anni, quasi tutti ambientati nel suo paese che era italiano e adesso è croato. Lui era istriano, di madre croata e padre italiano, e siccome come tutti gli intellettuali era alieno a forma di nazionalismo, di guerra e fanatismo, cercava di stare in bilico. Il risultato fu che venne attaccato sia dai nazionalisti italianai che da quelli jugoslavi. Quando sei neutrale o cerchi di ragionare, se ci sono fanatici da entrambe le parti e non sei abbastanza fanatico anche tu, sei odiato da entrambi».

Le storie sono davvero tante lungo le pagine, viene voglia di andare a esplorare questi luoghi, anche perché è sul confine che i riflettori si accendono di più: è lì che si mettono in moto i processi culturali, la parte più intrigante dello studio dei confini…

«Pensi che mi sono reso conto di una cosa incredibile: sia la Roja sia l’Isonzo hanno la particolarità di avere l’alta valle appartenente a Francia e Slovenia, mentre la bassa valle è italiana. I due fiumi di confine a ovest e a est sono in realtà divisi a metà!».

Postilla

La cosa divertente che racconto a margine di questa intervista è che tra le prime domande rivolte a me da Mauro Suttora c’è stata “lei da dove chiama?”. La mia risposta ha chiarito molta della mia curiosità in merito a Confini, perché io vivo proprio vicino a quel confine occidentale da cui si avvia l’esplorazione del libro. E così, tra una domanda e l’altra, ci sono scappati molti aneddoti, da quelli più drammatici sull’alluvione del 2020 che ha devastato la Val Roja, quella del confine italo-francese, e tutto l’entroterra della provincia di Imperia, a gustose divagazioni gastronomiche tra pizza all’andrea e insalata nizzarda, condite dall’interrogativo sul brandacujun che, lo capisco, a chi non è di qui può sembrare un “nome tremendo”, ma è invece una prelibatezza di baccalà, patate e olio evo di taggiasca da leccarsi i baffi.

Abbiamo parlato di migranti in autostrada e di un confine invisibile che è solo un ponte, della Roja, che è l’unico fiume di questa provincia, attraversa due nazioni e per Suttora è femminile, mentre noi qui diciamo il Roja. E ancora, ci siamo raccontati di treni – quanti ce ne sono dentro il libro! – a un unico binario, un’anomalia che affligge gli spostamenti qui a Ponente, e poi dei quadri di Monet a Dolceacqua, un racconto stupito che mi ha fatto sorridere, perché io li ho visti in mostra nel 2019 e sono rimasta incantata. Suttora invece non li ha mai visti, i Monet liguri, e non è nemmeno stato mai in quell’incanto per gli occhi e il cuore che è Dolceacqua. E poi, tra soldati senegalesi a Imperia e dinastie da capogiro come quelle dei conti di Ventimiglia, ho anche scoperto che non ha mai visto i Giardini Hanbury.

Mi sono permessa di invitarlo, perché, confine o no, la bellezza fa sempre gola. E poi vogliamo mettere le rovine di un castello appartenuto ai Conti di Ventimiglia, imparentati sia con i Doria dell’ammiraglio più famoso di Liguria, Andrea Doria, sia con i Grimaldi, la dinastia di cui è entrata a far parte anche la mitica Grace Kelly? E vogliamo aggiungere l’incanto di un giardino esotico a picco sul mare di confine (ma il mare, si sa, confini non ne ha) costruito da un inglese che acquistò il terreno da una famiglia di marchesi il cui  erede fu Nico Orengo? Le storie non stanno ferme e si succedono nella mente tra paesaggi e libri… il confine, anche qui, ogni tanto mi sembra così labile da confondermi le idee: dove inizia il libro e finisce la realtà?  [Libri consigliati per viaggiare sul mio confine dopo aver letto il reportage di Suttora: La guerra del basilico, Nico Orengo, (Einaudi) Il mare in salita, Rosella Postorino (Laterza)].

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!