Era autunno, era una mattina nello spazio circoscritto di un vagone ferroviario, era un messaggio sul telefono e, qualche settimana dopo, una foto fatta a un libro e un altro messaggio «lo sto leggendo, e mi sto anche divertendo!». Spazio e tempo, nel 2018, erano ancora una cosa sicura, due entità distinte. Poi mi sono ritrovata su quel treno a leggere Buchi Neri, viaggio dove il tempo finisce, della mia amica ricercatrice Elisa Nichelli, e le cose hanno assunto un aspetto molto più complesso. Così complesso che i mesi sono trascorsi con un file sul computer pieno di appunti e la necessità di rimandarle la loro elaborazione, vuoi la mancanza di tempo, vuoi la difficoltà nel cercare di restituire il tema di cui tratta questo agile manuale per non addetti ai lavori.

Va da sé che oggi, quando ho sentito l’annuncio della Nasa a proposito della prima foto della storia di un buco nero, ho drizzato le orecchie. Il libro di Elisa lo diceva che stavamo per arrivarci, io lo sapevo! E quindi eccomi, con colpevole ritardo, a cercare di elaborare quei complessi ma affascinanti appunti su uno degli argomenti più “estremi” della scienza, così complesso da afferrare con la mente e con la logica, così remoto nell’immensità dell’universo, così invisibile. Fino a oggi.

Quella di oggi (la vedete qui vicno) non a caso è stata definita “la foto del secolo”: è una scoperta davvero fuori dall’ordinario, frutto di decenni di studi puramente teorici, speculazioni della mente di grandi fisici, astrofisici e cosmologi. Cose che se provo ad afferrarle, immediatamente sento sgonfiarsi le capacità, povere, poverissime di fronte all’immensità di un oggetto come un buco nero, quello che Elisa Nichelli definisce un mostro cosmico protagonista di affascinanti paradossi spazio-temporali.  «Abbiamo visto l’invisibile» hanno detto gli scienziati davanti a questa scoperta, chiosando con un «Einstein aveva ragione». Non è un caso se, mentre scrivo, la rassegna stampa di RaiNews24 mi sta anticipando le uscite dei giornali di domani, 11 aprile, tutte con la foto dell’anello color lava intorno al buco nero in prima pagina.

Credo dunque che sia un momento perfetto per ritirare fuori Buchi Neri di Elisa, ricercatrice e divulgatrice scientifica che ho conosciuto nel 2015 a una scuola estiva dedicata alla comunicazione della scienza. Eravamo un gruppo di ricercatori delle più disparate discipline, ma quelli più cool erano sicuramente loro, gli astrofisici. Innegabile il fascino di studiosi che passano le giornate a osservare l’universo, ad analizzarne le leggi che sembrano così astratte, eppure ci riguardano così da vicino. Elisa si occupa da anni di divulgazione, e questo libro dedicato ai buchi neri è un frutto riuscito di questa sua attività (oltre che di anni di ricerca, ça va sans dire). Non si tratta infatti di un manuale di complesse teorie, ma di un libro relativamente (mai parola fu più centrale in uno scritto sui buchi neri) semplice. Se l’ho capito io, che di fisica ho sbiaditi ricordi del liceo, potete andare sul sicuro e, anzi, sulla scia della curiosità attivata dalla scoperta del secolo, potreste decidere di leggerlo proprio per capirne di più. Funzionerà!

Tra un telegiornale e l’altro, oggi, è rimbalzata nelle mie orecchie la coppia di concetti “orizzonte degli eventi”. Ebbene, come ho comunicato a Elisa, senza aver letto il suo libro non avrei onestamente compreso questo termine così poetico, eppure anche così scientifico. Pur essendo una dimensione fisica, detto con terribili parole mie “la soglia oltre la quale non si può più sfuggire all’attrazione gravitazionale del buco nero”, questo concetto, ne converrete, ha colpito come un colpo di gong la mia immaginazione.  Un orizzonte, come quello che contempliamo osservando un tramonto: uno spazio, o per lo meno una barriera nello spazio (astrofisici che mi leggete, sto usando un vocabolario letterario e non mi riferisco a oggetti fisici ma a immagini mentali!); una linea su cui accadono degli eventi. Eventi che, in questo caso, sono terribili. O meglio, si suppongono, date le leggi fisiche, essere terribili: peccato però che nessuno potrà mai raccontarcelo, perché dal buco nero non si torna indietro.  Oltre questo orizzonte, inizia il grande boh, il buco nero in persona: un oggetto che ha una densità pazzesca, così forte che non ci può stare dentro nemmeno la luce. Quindi non lo vediamo (vedevemo).

Il buco nero è un oggetto finora solo presupposto dalla teoria e dal comportamento di altre varie entità che gli stanno intorno, ma mai verificato con dati empirici forniti dalla ricerca, ed è legato a doppia mandata ai concetti di spazio e di tempo, ovvero alla relatività proposta da Einstein e oggi, con la foto del secolo, definitivamente provata. Ecco perché i giornali titolano “abbiamo visto l’invisibile”. Finora i buchi neri erano conosciuti solo attraverso  delle controprove. Ma come si è arrivati a queste prima supposizioni e poi certezze non dimostrate?

È quel che racconta Elisa nel suo libro, che non a caso fa parte della collana La scienza per tutti. L’autrice parte dall’inizio, dall’origine della sua passione per l’astrofisica. Quell’inizio ha un nome: Stephen Hawking: e chi, altrimenti? E poi raccoglie tante esperienze, tanti colleghi, tante ricerche che si intrecciano con la carriera accademica nel campo dell’astrofica delle Alte Energie. Io, prima di leggerlo qui, non avevo mai sentito parlare delle alte energie. Eppure è proprio questo il “settore” nel quale collocare i buchi neri e altri oggetti dell’universo che nel libro sono passati in rassegna con meraviglia e curiosità crescente per il lettore medio, di cui credo di essere una rappresentante abbastanza valida: pulsar, stelle nane, galassie, buchi neri supermassicci. Non spaventatevi: è tutto spiegato con chiarezza estrema, esempi lampanti e tanta, tanta ironia, che a Elisa non manca e che permette di alleggerire anche un argomento così denso e massiccio (o supermassiccio) come questo.

Perché non è solo questione di fascino per l’ignoto, per l’universo: è proprio che, leggendo ve ne accorgerete, e in generale se seguite questi temi lo sapete già, davanti a fatti, oggetti, supposizioni così cosmiche, la nostra piccola mente radicata sulla Terra va in tilt. Ci vuole una conoscenza approfondita delle leggi fisiche, e va bene, ci vuole moltissima immaginazione, e va bene, ma ci vorrebbe anche la prova di san Tommaso: toccare, vedere, esperire con mano. Ma il buco nero no, il buco nero non si può toccare, non si può (poteva!) vedere.

In Buchi Neri viene ripercorsa la storia della scienza, in gran parte anche una storia orgogliosamente italiana, attraverso cui si è approfondita via via la conoscenza intorno ai buchi neri. È una ricerca che va di pari passo con la tecnologia, il suo sviluppo e l’aumento vertiginoso della sensibilità degli strumenti di misurazione, grazie ai quali, anche, oggi si è potuta vedere una foto “scattata” in realtà due anni fa, e rielaborata con una quantità spaventosa di dati durante tutto questo tempo.

Torno dunque alle alte energie studiate da Elisa, perché si tratta proprio dello studio di oggetti che non possiamo esperire direttamente, e che sono rilevabili solo attraverso misurazioni come quelli ai raggi X o gamma. L’avreste mai detto? Io, nella mia broda di ignoranza cosmologica e fisica, no. Leggere la storia delle scoperte e dell’avanzamento tecnologico che ha portato allo sviluppo di questi studi è stata un’avventura di grande respiro.

Un altro concetto ricorrente in questa storia dei buchi neri è quello di teoria della relatività. Esatto: abbiamo a che fare con Einstein e se, come me, vi girate in testa la teoria della relatività perché tutti ne parlano, ma non avete idea di cosa in realtà dica, e a quali fenomeni dia via libera, ancora una volta il libro di Elisa Nichelli vi verrà in aiuto, perché l’autrice ripercorre il passaggio graduale dalla speculazione alla teoria sui buchi neri, imprescindibile dalle ipotesi di Einstein. Curiosi?

Nel 1915, infatti, Albert Einstein pubblicò la teoria della relatività generale, in cui si afferma che i corpi dotati di massa producono una distorsione nel tessuto spazio-temporale. L’interazione gravitazionale non è più legata a un’azione a distanza tra due corpi dotati di massa, ma è l’effetto dovuto alla presenza nello spazio di oggetti massicci.

Il buco nero è infatti un oggetto densissimo, una regione dello spazio così deformata che la luce non può uscirne, ma Einstein ci ha detto che, siccome spazio e tempo sono interconnessi, non è possibile deformare uno senza deformare l’altro. Qui, vi leggo nel pensiero (o forse leggo solo nel mio e già mi basta), parte la fantascienza in noi lettori non addetti ai lavori: film, stravolgimenti di concetti quotidiani, Ritorno al futuro, viaggi nel tempo e passaggi tra cunicoli nello spazio-tempo.

«Quello che succede dopo – spiega Elisa nel libro – è così lontano dalla nostra esperienza quotidiana da sembrare più vicino alla fantascienza che alla scienza. Inoltre, dato che non possiamo in alcun modo sperimentare ciò che accade dentro a un buco nero, possiamo considerarlo letteralmente al di fuori del nostro Universo, estraneo a tutto quello che possiamo misurare e conoscere».

Chissà cosa (ri)scriverebbe Elisa oggi, alla luce della fotografia del buco nero. Chissà che effetto fa, a uno scienziato, vedere finalmente l’oggetto dove «la materia collassa fino a ad avere una densità infinita». Tra le pagine di Buchi neri non mancano i riferimenti ai recenti grandi salti della ricerca, tra cui l’osservazione delle onde gravitazionali, scoperta a cui si è arrivati grazie, ancora una volta, all’affinamento delle tecnologie di osservazione e studio. Sono loro, le onde, le «increspature del tessuto spazio temporale» che possono rilevare fenomeni celesti che interessano i buchi neri, segnandone in negativo – cioè indirettamente – la presenza.

La foto di oggi, intanto, è la prima prova diretta del fatto che Einstein ci aveva visto giusto, e che dopo più di un secolo di ricerca su queste regioni dello spazio tempo dove la materia si comporta in modi che ancora non si conoscono, l’uomo ha fatto un nuovo passo avanti. Non è poi questo il fascino estremo della scienza, e in particolare di quella scienza che studia l’origine del nostro mondo? A me piace lasciarmi suggestionare ancora una volta dal concetto centrale di questa storia dei buchi neri: l’orizzonte degli eventi. Chissà cosa direbbe Galielo, dal suo orizzonte degli eventi necessariamente limitato, davanti a questa scoperta; chissà cosa diranno (se esisteranno ancora, sob) gli umani tra un secolo ripercorrendo i passi che la ricerca ha compiuto negli anni Duemila per arrivare a scoprire nuovi orizzonti degli eventi!

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!