Alzino la mano quanti conoscono la vera origine del nome Imperia, la mia città. Alle elementari ci hanno spesso insegnato che si trattava di un nome figlio della retorica fascista: la mia città nasce nel 1923 ed è oggi neo-centenaria, venne costituita a un anno dalla marcia su Roma dopo un progetto di lunga gestazione che mise insieme 9 comuni prima autonomi. Ecco perché il riferimento alle retoriche del ventennio. La verità? Non è così. La conferma me l’ha data la mostra “Imperia È. Un ponte tra passato, presente e futuro”, allestita dall’Archivio di Stato dal 2 dicembre 2023 e visitabile fino al prossimo 8 giugno 2024.

La raccomandazione, per tutti gli imperiesi soprattutto, ma di certo anche per i turisti, è di non perderla, magari sfruttando uno dei tour guidati che in genere si svolgono il sabato (per info potete seguire i canali social dell’Archivio – qui Fb, qui Ig – curati e aggiornati, oppure telefonare allo 0183650491 o inviare una mail as-im@cultura.gov.it). L’archivista che ha condotto la visita guidata alla quale ho partecipato è stato di una bravura rara: ci ha accompagnati lungo un percorso che prende spunto dall’idea del ponte, elemento di unione delle due principali parti della città, e attraverso le carte ci ha mostrato quanto sia tutto tremendamente attuale: l’idea di una città in fieri, l’identità da plasmare, gli screzi e le fazioni, ma anche la storia e i contesti dietro le logiche locali.

Ultima nota tecnica: in mostra sono esposte tante carte dell’Archivio, ma anche una generosa dose di fotografie dell’Archivio Ragazzi, archivio fotografico privato che ben conosco (le foto della guida che ho scritto sono frutto del lavoro del bisnipote di Giuseppe Ragazzi) e che mette a disposizione la sua galleria ricchissima di immagini storiche della città per studiosi e ricercatori. Ci sono poi alcune fonti di archivi privati anche industriali che mi sono sembrate uno spunto interessantissimo sia nel contesto della mostra sia, più in generale, nell’idea che sia necessario sfruttare gli archivi e guardarli come bacini di storie potenziali, esattamente nel solco di quanto proposto a Torino con Archivissima!

L’Archivio di Stato di Imperia

Proviamo nuovamente con le mani alzate: quanti, che non siano interessati e studiosi imperiesi, sanno che dal maggio 2023 l’Archivio di Stato si è trasferito dalla sede storica di via Matteotti nella nuova sede nel complesso delle “Ex Caserme Crespi”? Io, faccio ammenda, avevo registrato l’informazione senza mai elaborarla. Sabato scorso, 24 febbraio 2024, sono salita a piedi nel nuovo complesso che, essendo attualmente ancora coinvolto in una serie di lavori, ha accesso dal  portone di ponente (via G. Strato 8A). Le informazioni sono tuttavia variabili, per cui non esitate a guardare i social o contattare la struttura.

L’Archivio di Stato è un luogo della città, per tutti: è quindi possibile accedere alla documentazione per consultazione o ricerca. Chiaramente è necessario prenotare per agevolare il lavoro degli archivisti e per avere un posto garantito: le informazioni sono tutte qui. Nota aggiuntiva: ci sono anche due ulteriori sezioni dell’Archivio, quella di Ventimiglia, che di recente a riaperto in orario limitato, e quella di Sanremo che scopro essere chiusa per carenza di personale. C’è da riflettere. Gli archivisti che ho incontrato a Imperia, preparatissimi, arrivano da parecchi chilometri fuori Imperia, dopo aver vinto un concorso. Sono arrivati non prima del maggio 2023, e hanno dovuto mettere le mani in pasta subito, preparando la mostra sul centenario di una città che non è la loro.

Ho anche scoperto che qualcuno tra coloro che hanno lavorato alla mostra era precario e non gli è stato rinnovato il contratto. Mi stupisco? No, purtroppo: siamo nell’Italia del 2024. Però, se non mi stupisco, mi arrabbio. Mi sembra assurdo che noi cittadini di questa Imperia appena centenaria, formatasi anche attraverso carte e documenti, siamo all’oscuro di come funziona l’Archivio di stato che ha dato vita a un racconto così bello come “Imperia È. Un ponte tra passato, presente e futuro”. Mi sembra anomalo che non se ne parli. E altrettanto surreale che gli ingranaggi che fanno funzionare tutto siano persone preparatissime ma spesso precarie. Chiudo la parentesi e passo alla mostra, ma nemmeno troppo: è una mostra piena di contraddizioni questa, e sono quelle tipiche della mia città così come dei tempi che viviamo.  

Imperia è… ed era

L’elemento del ponte è centrale mentre si procede a scoprire la mostra in Archivio di stato: il ponte è un legame, ed è infatti così che la città di Imperia ha iniziato a prendere forma, da un ponte sul torrente. Esattamente quell’Impero che, lui sì, ha dato il nome alla città. Anche lui non è fascista: lo chiamavano così già all’epoca dei Doria, nel Cinquecento, forse proprio perché per andare da Porto Maurizio a Oneglia si passava da un territorio della Repubblica di Genova a uno dell’Imperium. La storia ci racconta di come, dopo i Doria, il feudo onegliese fu venduto a Casa Savoia. Porto più “ligure”, Oneglia più sabauda: eccoci qui, ancora oggi.

Tra oggi e domani, con la proposta di un ponte che parte proprio dallo spunto tematico del centenario, è costruito il percorso di mostra che vuole, cito dalla presentazione perché mi sembra molto efficace: “illuminare i nodi critici più spinosi che, a livello culturale, sociale e politico-ideologico, prima ancora che economico e infrastrutturale, tra il 1848 e il 1923 hanno diviso i nostri padri e, di conseguenza, gli sforzi prodotti per poterli risolvere”. Non è stata questione di un documento, e neppure di un aiuto da parte di Mussolini, come insegna la vulgata che ci raccontano spesso: il processo di unificazione è stato lunghissimo, una strada piena di salite, voltafaccia, ma anche opportunità, e chiaramente contraddizioni. In tal senso, se c’è un aspetto intrigante che tiene viva l’attenzione in mostra, specie di chi Imperia la vive e la conosce, è l’attualità direi esplosiva di alcune tematiche.

Per esempio: Imperia era un progetto legato alla costruzione di un porto unico e di una ferrovia per il Piemonte. Lo era a fine Ottocento, e lo è ancora oggi, anno 2024 in cui Imperia non ha un porto unico, forse non l’avrà mai, e per andare a Torino servono 4 ore di treno via Savona (il Frecciarossa Torino-Roma impiega lo stesso tempo), oppure si può sfruttare, quando l’orario lo consente, la spettacolare ferrovia Cuneo-Ventimiglia, progetto che in epoca risorgimentale fu voluto dal deputato subalpino Biancheri, che era un ligure del ponente e ci aveva visto lungo sull’opportunità di unire i due territori. Temi di tutti i giorni, insomma: temi che rendono complicata Imperia oggi come cento e più anni fa. È stato davvero sorprendente rendersene conto attraverso le carte. Sono convinta che sia proprio lì, in quella storia e in quelle carte, che risiedono i tanti perché e i tanti percorsi incompiuti del posto dove sono nata.

Processi lunghi e contraddizioni

La cosa pazzesca è che questo famoso progetto di unione, che alla fine coinvolse non solo Porto Maurizio e Oneglia ma altri 9 comuni (qui parlavo un po’ meglio del centenario di Imperia) non è ancora concluso nonostante il suo secolo di storia. Un cantiere aperto, insomma. E ritrovarlo testimoniato in Archivio di Stato mi ha sorpresa, da cittadina. Mi sono chiesta se abbia o meno colpito anche gli archivisti che non sono di qui e che si sono trovati a mettere le mani in carteggi che raccontano di una storia vivace, veramente originale e curiosa. Quale altro posto nel mondo nasce unendo due centri con secoli di storia diversi per struttura urbanistica, per ideali, per un sacco di caratteristiche evidentissime ancora oggi?

La mia città è una sconosciuta, e più la scopro più credo di capirne un pezzetto in più. Lo dice anche la stessa descrizione della mostra: la “natura dualistica […] ha animato storicamente le due cittadine maggiori”. Difatti c’è un doppio percorso: sei di Porto o di Oneglia? Cacelotto o Ciantafurche? Anche le definizioni delle storie delle fazioni opposte della città rivelano molte più storie di quanto ci insegnarono alle elementari. Perché la verità è che dietro alla città di Imperia c’è una complessità inusuale con la quale, concretamente, facciamo ogni giorno i conti, e con la quale dovremmo tornare a dialogare per intessere un rapporto nuovo con i luoghi che abitiamo. C’è contraddizione, eppure c’è un processo durato decenni per unire due città. C’è la volontà di farlo, ci sono dazi da pagare, e poi un ponte, e poi progetti di sviluppo diversi

C’è l’Imperia di oggi, che ancora sguazza nel suo mare di contraddizioni accarezzate dalla bellezza dei suoi paesaggi dove ogni tanto un complesso industriale in disuso fa sobbalzare il cuore. Una città che amo – è la mia e ci sono nata, mi verrebbe impensabile voltarle definitivamente le spalle – ma di cui non posso nascondere criticità e percorsi quanto meno strani che la rendono un unicum rispetto a tante realtà analoghe della provincia. Una città che, nelle sue storie frastagliate di più centri confluiti in un’unica unità amministrativa, rivela un ventaglio di colori, storie e percorsi davvero ricco. È una storia in continuo fluire, come il suo mare: onde che vanno e che ritornano, problemi che leggiamo sulle carte storiche e che ci appaiono ancora vivissimi guardando fuori dalla finestra. Ma dove la si trova un’altra città del genere?

Turismo e giardini: il futuro che guarda indietro

Mi piace tantissimo il modo in cui la descrizione dell’Archivio riporta questa considerazione ricostruita nell’allestimento, e cioè un “gioco di cortocircuiti espositivi e continui rovesciamenti di prospettiva”. Non svelo troppi dettagli sulla mostra (in ogni caso potete avere accesso da qui a un utilissimo e approfondito focus il cui merito va interamente al lavoro degli archivisti, che dovremmo tutti ringraziare per aver messo a disposizione dei cittadini inconsapevoli come me queste storie e questi percorsi), ma dico solo che attraverso le carte esposte sono uscita dalla mostra con una serie di domande. Significa che il punto è centrato, e che qualche cortocircuito è in effetti esploso.

Ho studiato a lungo la Riviera e la sua storia per la guida 111 luoghi della Riviera dei fiori che devi proprio scoprire, incontrando moltissime volte la figura del botanico Ludwig Winter, creatore di tantissimi sontuosi e rigogliosi giardini dalla regale Bordighera alla Sanremo della Belle Epoque. Imperia non c’era, se non per i cosiddetti “giardini Winter” (quelli della vecchia stazione di Porto Maurizio) che però – cortocircuito, lo dicevo – di Winter non sono. Lo sono, invece, i giardini del Prino, quelli che si aprono vicino alla chiesa delle Carmelitane. Perché, mi sono chiesta, nessuno mai ne parla? La risposta non l’ho trovata, ma mi è venuta molta voglia di saperne di più. Analogo discorso è valido per i giardini pubblici di Oneglia, che si trovavano alla Foce del torrente e che, da un certo punto della storia in avanti, sono stati soffocati con il cemento e le ciminiere delle Ferriere. Non è casualità: a fine Ottocento, sulla scia dell’industrializzazione, Oneglia era chiamata “la piccola Manchester”. Oserei dire che la “lungimiranza” dei progetti commerciali che resero grande il nome di Oneglia (terzo porto ligure!) ci racconta molto dei cortocircuiti dello sviluppo capitalistico dentro i quali stiamo precipitando oggi, crisi climatica inclusa.

L’avevo detto: questa mostra è pura complessità. Come spiegarsi, altrimenti, i progetti turistici di Porto Maurizio, scaturiti nel sontuoso albergo oggi palazzo della Provincia, col suo elegante percorso verde e lo stabilimento balneare poi demolito per far posto alla Sairo? E cosa dire degli analoghi tentativi di Oneglia, con tanto di manifesti pubblici per il turismo in città, e di guida turistica in inglese?! (qualcosa di pazzesco, riporto qui l’immagine e mi scuso con gli archivisti qualora non fosse possibile diffonderla in rete: contattatemi e la toglierò senza problemi, ma era davvero troppo rappresentativa) A distanza di oltre un secolo, Porto e Oneglia, soprattutto, hanno segnato la propria via: meglio l’industria che il turismo balneare, non siamo mica come Bordighera qui. E così altri centri della Riviera vivevano le vite parallele che Imperia tenta solo oggi, con fatica, di fare proprie, trasformandosi per l’ennesima volta in abiti da città turistica. Come è stratificata, complicata e infinitamente contraddittoria la storia della mia strana città doppia, formata da undici comuni. Se non ci credete a sufficienza, passate all’Archivio di stato: capirete molte cose della città di oggi, attraverso un’accurata ricostruzione delle città di ieri!

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!