Se c’è un’immagine che, più di altre, può riassumere il mese di marzo appena trascorso, è quella di una Panda. Sì, dico una Panda nel senso della Fiat Panda, possibilmente il classico pandino “vecchio stile”, quello che figura sulla copertina di uno dei tanti libri che sono saliti a bordo del mio scaffale a marzo, Km 153, di Andrea Camilleri, uscito fresco fresco a marzo 2019 per celebrare i 90 anni del Giallo Mondadori. Di giallo, in questo mese, ce n’è stato in effetti molto.

Ma torniamo alla Panda. Perché se questa gloriosa auto è un po’ l’emblema di chi, nel suo piccolo, ce la fa, allora è perfetta per rappresentare la tendenza che si è manifestata tutto il mese, quella cioè di trovarsi a fianco di eventi grandi, importanti, nomi grossi e noti, a bordo di un mezzo scalcagnato e scassato e mai sul carro dei vincitori. Non è un’invidia, beninteso: a me piace viaggiare in Panda. E soprattutto, viaggiando in Panda ci si affianca alle cose grandi, restando però defilati, senza i problemi e le responsabilità della ribalta conclamata.

E quindi ecco, un marzo in Panda, un mese lungo per sua natura, 31 giorni con uno scavallamento di stagione importante al suo interno, dal buio inverno alla primavera, e poi l’ora legale, le giornate che si allungano e si deve tornare a imparare come si fa, se è chiaro quasi fino a cena. Si deve tornare ad apprezzare il sole che scalda la pelle color delle pareti di casa, l’odore del mare e magari una bici da qui all’estate.

Marzo è iniziato a Torino con un vento insolito, piantine che volavano dai terrazzi e una strana aria, a portare cambiamento e forse un po’ di polvere di Mary Poppins. Tanti, davvero tanti gli impegni di un mese che, così affollato, è passato alla velocità di un proiettile lasciandosi dietro una quantità di fatti, volti, persone, incontri da farlo sembrare lungo un semestre. Ma no, marzo è durato come sempre, tra corsi universitari, grandi notizie da seguire per il giornale, piccole gite e incontri, idee, weekend di luce, letture che aspettavano fiduciose da tanto.

«Le persone che curano – animali, piante o una scala – sono le uniche resistenze di cui il mondo dispone contro la dispersione». Così iniziava marzo, con una citazione da Raffaele Riba, La custodia dei cieli profondi. Curare: gli impegni, il lavoro, gli amici. Tra caffè al solito posto e una merenda al latte di unicorno costruendo progetti, tra un pomeriggio di sole e shopping improvvisato e messaggi vocali che raccontano emozioni teatrali. Mai fermarsi a riflettere sul tempo trascorso: basta pensare di essere a bordo della Panda, sbirciare appena indietro e accorgersi che è la strada giusta. Un po’ defilata, spesso incerta, piena di sobbalzi e soste, eppure porta alla meta, unisce provincia e città e, nell’intreccio piuttosto complesso e contrastato, fa quadrare tutto.

Quadrare tutto è stato anche il principio regolatore di questo mese così denso: orari, impegni, agende. Salti mortali e zaino in spalla, che non si sa mai. Una galleria di personaggi impensati incontrati tra le lezioni di linguaggio giornalistico e quelle di storia dell’editoria, partecipando a corsi universitari per i quali non ero né studente né docente, una cosa  a parte, un po’ aiuto un po’ curiosa. E così marzo è trascorso tra giornalismi televisivi, politici, di costume, nuove tecnologie e nuovi pubblici, editoria scolastica e bilanci aziendali, tra telecamere, liberatorie e microfoni, corse, incastri, caffè terribili alla macchinetta. La galleria delle strette di mano lunghissima, il premio, la gita alla Stampa con la visita a una redazione che nemmeno nei sogni, l’ingresso in riunione con il direttore Molinari, il Museo attiguo e un caffè parlando di video e condomini, il primo sole di primavera a sgranchire le idee.

È stato bello ripassare la mia professione, riprendere contatto con la teoria, raccontata però da professionisti, e quindi un po’ meno vaporosa di un manuale e più concretamente ancorata alla realtà di tutti i giorni, tra difficoltà, forme di pensiero, viaggi, ore di sonno perse e ruggine nei rapporti con le persone. Tra un Papersera acquistato in edicola e un Origami guadagnato in mezzo ad altri giornali, è stato bello fare i salti mortali per seguire un corso nuovo dove ogni giorno il docente cambiava e una nuova voce raccontava trucchi e verità della professione che svolgo ogni giorno.

Marzo è stato, insolitamente, due sere a teatro, grazie a due bellissimi spettacoli de Lo spazio vuoto di Imperia, L’invenzione senza futuro e Serafino Gubbio operatore, casualmente legati a costruire un discorso sul cinema e la visione dentro alla cornice del teatro, sulla pellicola che restituisce i ricordi, sulla potenza di un sogno e sullo sguardo. Due occasioni di estrema piacevolezza e bellezza nate nel cuore della mia città, per questo ancora più belle e importanti. Imperia, a marzo, è stata anche citata come città con il miglior clima di Italia, e questo non può che portare un po’ di orgoglio, che si è riacceso con il passaggio della classicissima di primavera, la Milano Sanremo, atteso momento a due ruote che segnala il passaggio ufficiale alla bella stagione. E allora basta davvero una suggestione sul palco di un teatro mista a una lettura sul mare trasparente, e tutto sembra calmarsi, diventare stupendo.

Alle 8 impastare la pizza;
alle 9 intervistare un regista;
alle 14 ascoltare Bruce Springsteen a lezione di linguaggio giornalistico.
No, la noia non è di questo mio mondo.

Questo lo scrivevo circa a metà marzo: era una giornata qualunque, una delle solite giornate che partono al mattino e la sera hanno raccolto un cestino intero di storie, parole, persone e cose da fare. Marzo, sarà la lunghezza, sarà il risveglio di primavera, è stato sorprendentemente ricco di notizie e incontri. Uno su tutti, lo Sciopero per il clima del 15 marzo: un fiume in piena di ragazzi, cartelli, voci, mani alzate a raccontare la protesta contro un mondo che cambia in peggio. È stato emozionante essere là in mezzo con la macchina fotografica, intervistare Luca Mercalli, sentirsi parte di una cosa nuova e di un futuro che bussa chiedendo rispetto e sostenibilità.

E se marzo si è concluso con l’intervista al portavoce del Treno Verde, ritagliata in improbabili salti mortali come sempre e una mattinata a Sanremo parlando di mare, plastica e biologia, in mezzo c’è stato di tutto: Biennale Democrazia e la fortuna di poter assistere al Teatro Regio alla lettura di Fabrizio Gifuni di I sommersi e i salvati per il centenario della nascita di Primo Levi, ma anche la Giornata della poesia e l’istituto di fonetica che ho conosciuto grazie alla ricercatrice che ci lavora e che ha chiacchierato con me. Chiacchiere ce ne sono state in quantità, con l’intervista al pianista Emanuele Sartoris, quella a Elena Ascione parlando di Stand Up Comedy, con l’avvocato Rossotto per discutere della rinascita de L’Incontro di Bruno Segre, e ancora il teatro con il giovane regista Nicola Bremer, il cinema a fumetti con Roberto Gagnor, progetti di cortometraggi letterari come Il Vate e il meraviglioso viaggio del Carnet itinerante.

Ma non è finita, perché a marzo c’è stata anche la presentazione della nuova mostra del Museo Egizio, Archeologia Invisibile, un affascinante progetto uscendo dal quale ho avuto la faccia tosta di fermare il direttore per complimentarmi e poi balzare su un tram correndo ad altri impegni, e ancora la mostra sulla Torino vista dall’alto, e il Polo del 900, che con un format radio ha raccontato i suoi primi tre anni, ripercorsi in una giornata campale iniziata con lo sciopero sul clima e conclusa con la visita al Parlamento Subalpino, aperto per la ricorrenza dell’Unità di Italia.

Ne avete già da far girare la testa? Anche io, ma il bello è che continua, con tutto un filone di argomenti legati ai libri, come sempre un grande filo conduttore tra il mio lavoro, i miei interessi e una serie di altre attività che porto avanti. Marzo infatti è stato il mese della prima conferenza stampa del Salone del libro, che ha acceso di aspettative e novità l’edizione 2019, e ancora, della bellissima mostra di fotografie di Steve McCurry, Leggere, ospitata a Palazzo Madama, in occasione della quale mi sono trovata seduto casualmente di fianco niente meno che Giuseppe Culicchia.

Marzo è stato il mese della gita a Milano per Bookpride, di scalette per racconti che da immaginarie sono diventate qualcosa di più concreto, e de Il nome della rosa in tv, con tutto il suo portato di ricordi e citazioni dal mondo della semiotica del sempre geniale Umberto Eco. Questa, per esempio, dà un po’ senso a tutto quello che mi piace fare: «I libri non sono fatti per essere creduti, ma per essere oggetto di un’indagine». E anche se la serie in tv è stata oscura come da toni del romanzo, è stato bello ripercorrere questa storia, i suoi protagonisti e il suo grande e immenso autore.

Un altro grande autore che ha contraddistinto il mese di marzo, per me, è stato Primo Levi, del quale a Torino e nel mondo si celebra nel 2019 il centenario dalla nascita. Per approfondire la questione sono andata al Centro Primo Levi di Torino a intervistare il suo direttore, Fabio Levi, facendomi raccontare gli appuntamenti che arriveranno e l’approccio dei ragazzi di oggi a questo scrittore poliedrico, testimone dell’orrore innanzitutto, ma anche scienziato e autore di tanti altri racconti e romanzi che lo nobilitano come scrittore a tutto tondo.

Di libri e autori è stato intriso il mio marzo, iniziato con alcune recensioni per Lucialibri tra cui quella al divertente libro di Ilaria Gaspari e proseguito con Paola Cereda in finale tra i 12 del Premio Strega, ma anche con il Premio Bancarella a Torino e la sorpresa di trovarci Marino Magliani, lo scrittore “di casa mia”. Mese di bozze, marzo, mese di gialli, con il progetto della reading challenge su Agatha Christie che prosegue imperterrito, e con i due ultimi romanzi di Manzini, con protagonista Rocco Schiavone, che mi hanno fatto dannatamente amare questo personaggio di carta, distraendomi da tutto il resto.

C’è un’altra storia, con il suo personaggio, che mi è entrata nel cuore questo mese, ed è Sabbia Nera, di Cristina Cassar Scalia: vi avevo avvisati che in questo mese c’era un sacco di giallo. Giallo come una delle ultime letture del mese, anche se non si tratta di un poliziesco ma da un libro che di giallo ha la bellissima copertina, Benevolenza Cosmica, di Fabio Bacà, romanzo gentilmente segnalatomi da Adelphi, di cui presto vi parlerò. Senza i libri forse non avrei potuto trascorrere un mese così profondamente ricco e vario, e mi risuona così in testa questa frase di Leonardo Sciascia che correda la mostra di Steve McCurry, affascinante percorso intorno al mondo con l’obiettivo sorpreso a immortalare persone immerse nel piacere senza tempo e spazio della lettura: «Il nome di uno scrittore, il titolo di un libro, possono a volte, e per alcuni, suonare come quello di una patria».

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!