Giovanna Cosenza è una docente di semiotica dell’Università di Bologna. La conosco come tale, ne ho studiato i libri, credo di averla incrociata a qualche convegno durante gli anni di dottorato, l’ho seguita diverse volte sul suo storico blog Disambiguando. Insomma, so che si tratta di una persona con la dote preziosa di saper leggere i fenomeni sociali che nella contemporaneità sempre di più si legano alle forme della comunicazione che impazzano nelle nostre vite quotidiane e le riempiono.

Studiare, fare e disfare comunicazione: Disambiguando ha questo sottotitolo e io credo siano proprio le azioni che ben si adattano anche al nuovo libro di Cosenza pubblicato da Enrico Damiani. Studiare, fare e disfare discorsi sociali sugli studenti e i cosiddetti “giovani”. Non mi aspettavo di leggere qualcosa come Cerchi di capire, prof, e al contempo invece me lo aspettavo eccome. Stupore e consapevolezza si sono mescolati nel trovare una voce che conoscevo, declinata però in un progetto curioso e utile come questo libro che si unisce alle letture di Mafe de Baggis o Pietro Roberto Goisis a conferma del lavoro di ascolto della contemporaneità portato avanti dall’editore.

La prof in ascolto

Giovanna Cosenza chiarisce subito la sua posizione accogliendo in Cerchi di capire, prof, le voci, tante voci dei suoi studenti. Del resto lo capiamo già dal titolo: ampio spazio è dato proprio al punto di vista dei tanti che affollano le aule dell’Università di Bologna. La prof, in questo caso, apre le orecchie e si lascia raccontare. Difficoltà, malesseri, inceppamenti, malfunzionamenti di un mondo del lavoro il cui ritratto ci è restituito spesso deformato dalla narrazione giornalistica e mediatica.

I ventenni, chiarisce Cosenza, sono sempre esistiti: non si tratta quindi di intercettare dei mali generazionali per analizzarli da studiosa e spiegarli. No, si tratta di individuare caratteristiche della società odierna e, dentro a questo calderone, contestualizzare le voci dei ragazzi che si affacciano al mondo del lavoro, alla vita. Forse alcune spine pungono di più, oggi che tutto è veloce e complicato più di sempre, forse dipende in realtà solo dalla prospettiva con cui consideriamo alcuni fatti sociali e culturali come spine.

Parlando degli e con gli studenti, l’autrice conferma di avere una visione chiara, ampia, approfondita e mai pregiudizievole della situazione: non c’è affatto una cattedra rialzata sopra l’aula, ma c’è uno spazio di dialogo che spesso è disposto a farsi spazio di aiuto in un vero scambio. Non a caso il sottotitolo di Cerchi di capire, prof è un dialogo tra generazioni. “I giovani di una volta ci sono” ci ricorda Cosenza: basta saperli riconoscere, ascoltarli. E però “dove sono gli adulti quando i ragazzi si perdono?”.

Mi ha molto colpito la lucidità con la quale l’autrice coglie quella persistente vena di angoscia che ho conosciuto anche io poco dopo la laurea, sballottata in un mondo pazzo. Servirebbe tempo per pensare, capire, analizzare: questo ci insegna lo studio, e funziona. Ma nel mondo del lavoro non sempre è possibile, e così tra tirocini gratis, contratti farlocchi senza futuro, fughe all’estero per disperazione più che per progetto, non c’è mai tempo per capire, analizzare davvero, per pensare. L’ascolto non giudicante di Cosenza aiuta a riprendere le fila di questa esplosione di coriandoli poco festosa che accoglie chi esce da un percorso di laurea umanistico. C’è il metodo: dati alla mano, confronti, e schiettezza. Ascolto, sì, ma anche l’aiuto di una visione razionale e consapevole che riporta sul pavimento, riporta alla logica.

Costruire ponti

Così, se come spesso accade, “il lavoro ti ruba i sogni e la vita” perché spesso non funziona come avresti voluto, tu che studiavi comunicazione, perché le crisi si sono mangiate tutto, perché l’editoria versa in condizioni disperate (oh, se conosco questa cosa, e se mi ha dato mal di stomaco in passato!) e così la paura dell’ignoto costruisce ipotesi e contesti solo negativi, Giovanna Cosenza ti dà un metaforico schiaffetto e ti fa risvegliare, ti riporta a te, alle competenze e possibilità concrete.

Attraverso tantissimi racconti spesso narrati dalle voci degli stessi studenti della prof, opportunamente rielaborati per apparire non riconoscibili ma veritieri, entriamo dentro storie di persone che si sono scontrate con realtà diverse dalle aspettative, storie di studenti brillanti bloccati da qualcosa, di altri arresi, di altri, ancora, incapaci di presentarsi strategicamente a un datore di lavoro. E allora Cosenza, con la lucidità di un adulto che ha già percorso i tortuosi percorsi del mondo del lavoro e con il piglio da prof, bonario ma severo laddove necessario, invita a respirare, riagganciarsi alla realtà, applicare un metodo.

Ecco, il metodo è forse l’approccio che più ho apprezzato in questo libro, individuandomi da sola come lettrice un pochino sopra il lettore modello, con qualche esperienza già alle spalle, ma con ancora tanto da imparare. Devo ammettere che qualche consiglio molto valido in questo libro l’ho rintracciato. Per esempio l’essere miopi sulle proprie competenze, atteggiamento da correggere imparando a rileggersi e proporsi. Oppure la faccia tosta, la schiena dritta, quelle caratteristiche che servono per rifiutare tirocini dove non si impara niente e nemmeno si ha diritto a rimborsi, condizioni di lavoro che è persino buffo definire tali, e stereotipi vari sulla società e sul mondo che abbiamo intorno. Serve aprire gli occhi, stare in ascolto. E la semiotica, in fondo, a me ha aiutata proprio in questo: è bello trovare la sottile traccia di questo atteggiamento in un libro dal taglio assai diverso da un manuale di semiotica (del tema si parla nell’intervista che i miei ex colleghi semiotici di Torino hanno fatto a Giovanna Cosenza in questo video).

La difesa è sempre lei: il metodo. Numeri, realtà, e poi mettere alla prova smontando e non arrendendosi allo schianto contro  chi vince anche se non ha ragione. Cerchi di capire, prof, è una lettura gustosa anche e soprattutto perché è un invito a guardare avanti, a ritrovare visioni, a crescere. Lo è attraverso le sue storie autentiche di ragazzi e docente universitaria che in tanti anni non ha mai smesso di restare in ascolto per capire. “In un paese sempre più anziano […] solo un’alleanza fra generazioni ci può salvare – scrive Cosenza lanciando un ponte – Purché sia autentica, profonda, libera da pregiudizi e non discriminatoria di nessuna età, giovane o meno giovane che sia”.

Un ancoraggio alla realtà. E qualche domanda

Gli studenti della prof in questo libro sono ritratti mentre si aprono, si confidano con la loro docente di semiotica, parlando di affetti, anche, di relazioni. Come farebbero, ho pensato io, con un docente delle superiori. Niente contro questo metodo, che dà i suoi frutti e che è una libera scelta di Cosenza, studiosa di comunicazione e dunque, io credo, sensibile a fenomeni discorsivi e di linguaggio come questo. Io non mi sarei mai aperta così tanto con un professore all’università, ma se i ragazzi di Bologna lo hanno fatto e lo fanno è forse proprio merito di quell’ascolto e di quei ponti che citavo sopra. E se, così stando le cose, hanno l’opportunità di aprire uno spazio di dialogo proficuo con la loro docente… Beh, li invidio un po’.

È tuttavia curioso come, constatata questa realtà, Cosenza racconti, introducendo qualche riflessione attualissima e calata in tempo pandemico, come gli studenti siano talvolta timidi, muti a lezione e assai più loquaci nelle chat delle videolezioni. Cerchi di capire, prof, è anche un libro di domande, ipotesi e inviti per il futuro. Proprio come le domande sulla pandemia, tempo in cui questo volume è stato parzialmente scritto. Cosa ci aspetterà dopo? Ce lo domandiamo tutti, mentre cerchiamo di capire quando sarà il dopo. L’invito dell’autrice è saggio: forse, ci dice Cosenza, questo tempo è quello giusto per raccogliere gli spunti di questo libro che esplora relazioni, mondo e cultura del lavoro, stereotipi di genere senza dare risposta, ma analizzando e cercando di capire i fenomeni. Bisognerebbe raccoglierli e farsi contagiare – restando nella metafora – dalle domande che portano, e così non avere paura di rifiutare un tirocinio non pagato, un lavoro che impoverisce perché schiaccia e non valorizza, scagliarsi contro ingiustizie di varia natur diventate ormai “normali”, negarsi alla cultura dell’apparenza e dell’opportunismo perché no, non è normale.

Questo libretto smuove qualcosa, mette a confronto la legittima comprensione del mondo, neutrale e basata su dati e osservazioni, con l’adeguamento passivo a quel che fanno tutti, la giustificazione a tanti fastidi, a tante solitudini. “Ma come, non lo sapevi? Il mondo va così” mi sembra di sentirle, le voci. Eh beh, il mondo allora va male, vorrei che fosse diverso: posso fare qualcosa? Secondo Giovanna Cosenza sì, a partire da piccoli atteggiamenti personali di consapevolezza e maturità, di cambiamenti significativi che potrebbero fare grandi differenze domani. A patto, insomma, di non abituarsi, di non dare per scontato e di non smettere di leggere la realtà, ovvero di stare in ascolto, proprio come fa una brava prof.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!