Come premessa al Salone del libro 2016 oggi mi sono regalata, sempre a Torino, una gustosa anteprima grazie alla presentazione di Panorama di Tommaso Pincio ospitata dal DAMS Torino nel laboratorio Quazza di Palazzo Nuovo e condotta dal bravo Riccardo Fassone.

Tommaso pincioCosa mi ha portata ad andare ad ascoltare Pincio? Non sono una sua lettrice, non conosco nulla di lui, mi incuriosisce però il nom de plume, e ricordo di aver letto, anni fa e senza capirlo fino in fondo, un suo Contromano Laterza, L’hotel a zero stelle. La cosa più bella delle due ore di incontro di oggi è stato proprio l’aver decisamente cambiato la mia condizione di non conoscenza di Pincio, e anzi, avermi permesso, con curiosità e vivo interesse, di aggiungere un altro libro alla lista ideale che ho in mente per il Salone 2016.

Si tratta proprio di Panorama, pubblicato da NN e vincitore del Premio Sinbad 2015. Pare che si tratti di un gran bel libro, anche, ma non solo, a vocazione metaletteraria, o metaeditoriale. Ci è stato presentato come un libro sulla scrittura e sulla lettura, aspetto che non poteva non colpirmi e agganciarmi. Pare il protagonista sia un tale Ottavio Tondi, lettore per professione, coinvolto in performance strane in cui legge al pubblico, ma in silenzio, sul divano.

Secondo aspetto intrigante del libro che, ripeto, non ho ancora letto ma sicuramente leggerò presto, è il riferimento ai social network. Panorama è proprio il nome del distopico social inventato da Pincio nel suo libro. La scusa è stata un ottimo trampolino per una bella riflessione dedicata ai rapporti tra scrittura – intesa in quanto scrittura letteraria – e social network, un tema che oggi è quanto mai centrale. E lo si intuisce dallo stesso racconto che Pincio ha fatto per presentare la figura femminile del libro, Ligeia, tratta, come si dice in formula, da una storia vera, quella cioè di un suo rapporto “epistolare” via Facebook con una sconosciuta (non saprei come altro definirla) durato quattro anni. Prima che costei cancellasse il profilo sparendo senza lasciare alcuna traccia di sé.

Uso i social come una sigaretta, ha detto Pincio, sono la mia distrazione, così quando mi inceppo nella scrittura, lavorando al pc ho un facile accesso a Facebook, grazie al quale mi distraggo, ma non tanto nello scrivere e produrre contenuti, quanto nello spiare quelli degli altri. Facebook come nuova fonte di ispirazione per le relazioni e le dinamiche sociali: ecco, quindi, che la letteratura torna a chiarire come le sia connaturato occuparsi del contemporaneo. Pincio ha ricordato che i social permettono dinamiche strane e un po’ nuove, dove le persone sono spettatori e attori al contempo e la rottura del confine tra le due attività è invisibile, persa. Il lettore “vecchio stile” entrava in un universo di passività solida, nei social il lettore si intrufola semplicemente nella vita degli altri. Se Facebook, inoltre, è il luogo della biblioteca di Babele, dove tutto si conserva, è pur vero però che si tratta di un flusso, di un luogo effimero che va a costituire un paesaggio dentro al quale ci muoviamo, ormai ogni giorno. Ma in tutto questo, come la realtà, è interpretabile con meccanismi narrativi: ci sono delle identità, dei rapporti, si può stabilire la natura degli accessi e l’architettura che direziona i legami tra utenti. È insomma un luogo dove avvengono cose, dove si producono storie.

E la scrittura? Con i social, come si relaziona? Per Pincio è una faccenda altra, che ragiona con proprie dinamiche e linguaggi e su Facebook non trova dimora. La scrittura, ha spiegato in un’affascinante viaggio tra le parole, è ha una sua unicità, non la si può racchiudere in un gesto, in un atto, perché scrivere non implica fare letteratura. Se canto invece faccio musica, con i lego costruisco così come se sono architetto. Ma se scrivo la lista della spesa o un romanzo, sebbene io scriva non sto facendo la stessa cosa: ecco dove sta la differenza, l’unicità della scrittura. La scrittura che non ha aggettivo: si può parlare di pittorico, di musicale, ma non di “scrittorio”. La scrittura resta quindi una forma di comunicazione e di espressione unica e al contempo vaga, labile, ed è qui che risiede la sua forza.

Scrittura, lettura, perché ogni scrittore è innanzitutto un grande lettore. E Pincio, che racconta di una Roma alle due di notte dove si aggira, come in una scena di teatro o di cinema, leggendo un libro mentre aspetta il verde del semaforo, è scrittore ma prima di tutto lettore. Una caratteristica strana, lo ammette ricordando l’atto terzo dell’Amleto, dove il lettore è colui che sta fuori posto, incurante del resto, avulso dalla realtà ma immerso in un mondo segreto, apertogli da quell’oggetto sacrale e simbolico potentissimo.

E così dopo questo paio d’ore di dialogo stupendo in cui ho scoperto un autore, il suo pensiero, la sua voce e del quale sono curiosissima di leggere l’ultimo libro, che parla di scrittura e lettura, ancora mi lascio sorprendere, entusiasta, da un’ultima affermazione sfuggita ma bloccata dall’incedere del tempo a disposizione. Perché sono sicura che, se avesse avuto ancora qualche ora, Tommaso Pincio ci avrebbe regalato una bellissima riflessione e tante efficaci ispirazioni sul tema del confine, assai labile nel libro, per cui le cose smettono di essere rappresentazione della realtà e finiscono invece per diventare realtà. Un tema affascinante, di cui si era già occupato Umberto Eco (vedi Sei passeggiate in cerca d’autore o Sulla letteratura) e a cui, in parte, è dedicata anche la mia tesi di dottorato. Come diceva un linguista famoso (Ferdinand de Saussure): tout se tient.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!