Scacchi, stelle e Gianni Rodari: questi gli ingredienti. La preparazione della ricetta, invece, andrebbe chiesta direttamente ad Alessandro Barbaglia, che di Scacco matto tra le stelle (Mondadori ragazzi, 2020) è l’autore, e che è anche un ottimo cuoco di idee letterarie, sapiente mescolatore di ingredienti capaci di restituire storie che fanno insieme piangere e ridere. E scusate se è poco.  Scacco matto tra le stelle è una storia che è arrivata all’improvviso sul mio comodino – un comodino metaforico: ho avuto il piacere immenso di leggerla al mare, proprio sulla spiaggia, sì, mentre novembre si travestiva da giugno – e ha portato un vento di bellezza inaspettato. È una storia per ragazzi, è vero, ma da lettrice allenata e sportiva non mi sono posta il minimo problema: si legge di tutto per imparare, per sorridere, per sognare, e questa di Tito, Vichi e Nonno Ingranaggio è una storia universale che piacerà davvero a tutti.

Sul lago d’Orta con Gianni Rodari

Ma andiamo con ordine. Come forse saprete, lo scorso 23 ottobre si è festeggiato il centenario dalla nascita del Maestro Gianni Rodari. Dico maestro perché per me, come per tantissimi, è stato davvero una guida alla fantasia, alle storie e ai racconti. Sono convinta sia stato così anche per il giocoliere di parole che è Alessandro Barbaglia, autore che avevo già conosciuto per La locanda dell’ultima solitudine e L’atlante dell’invisibile, storie di incanto e parole che fanno le capriole, storie che mi hanno accompagnata anche durante un meraviglioso trekking letterario in Liguria di Ponente con l’autore, organizzato dal festival Due Parole in Riva al Mare.

Insomma che il 23 ottobre, volendo celebrare Rodari, ho postato un mio articolo-itinerario di quelli che ogni tanto Turismo Letterario ospita. Si trattava di una rilettura in chiave geografica di un cult di Rodari, C’era due volte il Barone Lamberto. Un romanzo a cui sono particolarmente affezionata per motivi che si intrecciano dentro e fuori dal libro, ma soprattutto una storia con un’ambientazione unica e bellissima: il Lago d’Orta e l’Isola di San Giulio.

Ecco che, scoperto questo mio lavoro, bussa a casa una sorpresa in forma di libro: Scacco matto tra le stelle, la nuova storia per ragazzi di Alessandro Barbaglia. “Per chi a Miasino è stato bimbo”, leggo nella dedica in apertura di volume.  E così scopro che dietro quella dolcissima copertina uscita dalle mani acquarellanti di Ilaria Urbinati, dietro quel titolo e quella storia, c’è proprio il Lago d’Orta, c’è il paese di Miasino, e c’è ovviamente l’Isola di San Giulio. Quello che scoprirò leggendo, è che c’è anche un grande, enorme e bellissimo omaggio a Gianni Rodari. Ma di questa ulteriore sorpresa non vi svelo di più, perché il sorriso interiore (per me, anche esteriore) che questa scoperta tira fuori va gustato in ogni sua sfumatura di dolcezza.

Oggi, se c’è una cosa che amo davvero è questo piccolo paese fatto tutto di case antiche, salite, discese e di una grande chiesa in cima alla collina, da cui si vede il lago d’Orta. Un posto in cui il verde è il verde degli alberi e non quello della croce al neon delle farmacie, e il grigio e quello del cielo quando piove e non quello delle strade d’asfalto, e il viola è quello delle viole e non il bagliore freddo degli schermi al plasma. Qui i colori sono gli abiti di cui si veste la natura

Scacchi e stelle: una partita in cielo

Tito ha dodici anni, parla per espressioni matematiche perché è appassionato di numeri, e ha due genitori scienziati molto particolari. Vichi – Vittoria – è la sua migliore amica, tiene un quaderno dove raccoglie le cose noiose e conosce molto bene Nonno Ingranaggio, un vecchietto che aggiusta tutto in un batter di ciglia. Siamo a Miasino, Lago d’Orta, un posto dove il cielo è così sgombro che le stelle si vedono benissimo: un luogo perfetto per due astrofisici che stanno progettando una navicella capace di raggiungere i confini dell’Universo, la New Voyager.

Ma poi, come in tutte le storie, accade qualcosa di strano, qualcosa di non detto, e qualcos’altro si rompe. Inizia qui l’avventura dei due amici e del saggio nonno che aggiusta tutto e aggiusterà anche lo strappo dietro una storia che ha al suo centro gli scacchi e il cielo di stelle. Tito e Vichi sono abili giocatori di scacchi, hanno imparato a scuola e si sono specializzati da nonno Ingranaggio, tanto da pensare di fare la bravata di iscrivere il papà di Tito, a sua insaputa, a un famoso torneo che si terrà sull’Isola di San Giulio. Doveva essere uno scherzo, e invece i due vengono selezionati, o meglio, l’adulto che fingono di essere viene selezionato. E adesso? Che si fa? “Se hai un problema, gli scacchi ti aiutano a risolverlo. Perché sono un gioco: un gioco serissimo” dice una voce saggia. Che poi il doppio binario tra gioco e serità è proprio l’anima più intima di questa storia: una storia di fantasie e entusiasmi, ma una storia serissima, dalla morale limpida e profonda come un lago d’estate.

Tito è il classico ragazzino timido, tutto cervello, grande sensibilità e molta abitudine a trovarsi piuttosto solo, perso dietro i suoi progetti e i suoi disegni di vita che, già sa per esperienza, spesso gli altri non capirebbero al primo colpo.  “Uno si abitua a tutto – dice a proposito del suo papà triste e di Miasino dove non succede mai nulla – E infatti, io mi sono abituato a essere me”. Tutto cambierà con la grande avventura del torneo che, come in tutte le belle storie, darà il la a un cambio di rotta delle esistenze ormai rassegnate dei personaggi dell’inizio, trasformandoli nei personaggi nuovi della fine della storia.

C’era un gioco bellissimo sulla parola “rotta” nel primo libro di Alessandro Barbaglia, e lo riprendo qui, in questa storia dove c’è qualcosa di rotto, una rotta spaziale, una che riguarda i personaggi e un nonno che aggiusta le cose rotte e che la sa lunga: “se non si rompesse mai nulla – dice infatti – non avremmo nemmeno le farfalle”. Niente paura, dunque, delle cose rotte: si possono riparare mettendosi al riparo (lasciatemi giocare, dai!) da tristezze, solitudini e finali che non ci piacerebbero. La soluzione potrebbe essere una partita a scacchi molto speciale, perché “Solo chi ha paura delle soluzioni non è fatto per gli scacchi. E tu? Tu hai paura delle soluzioni?” dirà ancora il saggio nonno.

Quanta imprecisione nelle parole…

Ma è lì che si apre il ventaglio delle magiche possibilità della lingua, e delle parole che usiamo. Di queste acrobazie e giochi, Alessandro Barbaglia è grande esperto e appassionato, e lo si coglie al volo già dai precedenti libri per adulti. Le capriole di parole – a me piace visualizzarle così – non potevano dunque mancare nemmeno in Scacco matto tra le stelle, dove ancora una volta grazie a capovolgimenti e passi un pochino distaccati dal percorso dei cliché che ormai ci sono entrati in testa volente o nolente, è proprio il nostro linguaggio a diventare rivelatore di nuove idee, nuove visioni.

Le parole, Tito che ama i numeri e la loro precisione lo sa bene, non sono mai precise, ed è in quella faglia che si insedia tutto il loro magico potere. È lì che si può giocare, esplorare, smontare e ricostruire come più ci piace. Nonno Ingranaggio questo trucchetto lo ha capito da tempo, non sarebbe altrimenti il saggio della situazione e colui che è in grado di aggiustare sempre tutto avanzando un pezzo. Ci avevate mai pensato? Avanzare si riferisce sia agli avanzi lasciati, per dire, nel piatto, sia all’azione di avanzare, procedere. Si scarta per procedere, si alleggerisce, si va avanti.

Ecco, dopo tante peripezie di parole, posso dire che tutto il talento di Barbaglia in questi giochi molto rodariani (sono sicura che dietro l’ispirazione c’è ancora una volta il maestro Gianni e la sua grammatica della fantasia!) è effettivamente una risorsa enorme e serve a dare alle storie quella pennellata di magia che incanta. Rimaniamo lì: incantati, cioè bloccati a fissare la doppia o tripla anima di parole che ci sembravano monolitiche, e incantati però anche dalla delicatezza con cui l’autore è capace di suggerirci una tale enormità con una leggerezza da acrobata. Mille punti, e sempre enormi sorrisi felici di farsi trascinare in questa giostra che è la nostra lingua.

Di estate, amicizie, ingranaggi

E di passione per le storie. La mia nasce proprio lì, nasce così: insieme a Tito e Vichi in bicicletta per Miasino (leggi: sulla spiaggia), mangiando lo stecco-ghiacciolo al limone (leggi: lo stecco ducale Algida), correndo a giocare a scacchi da nonno Ingranaggio (leggi: correndo tra un canotto e una pista di biglie) e investendo energie e voglia di avventure in progetti strampalati come il torneo di scacchi. Ecco, immergermi nella lettura di Scacco matto tra le stelle è stato come salire a bordo di una navicella – una New Voyager temporale – e ritornare indietro alle estati di quando ero ragazzina. Dodici anni e una pila di libri e sogni: ecco cosa ho ritrovato dentro questa storia, un motore di bellezza.

Mi son detta che forse è proprio lì il segreto di quella commozione che mi ha stretto la gola di tanto in tanto leggendo i pensieri di Tito, e che mi ha offuscato la vista di lacrime sulle immagini che riguardavano il papà sprofondato sul divano, o il saggio Nonno Ingranaggio. Mi son detta che deve essere stato questo incantesimo a stregarmi da bambina, a farmi appassionare alle storie, mondi dove tutto è possibile, anche le cose più bizzarre, dove le cose a volte si capiscono anche senza dirle, perché succede davvero così, e perché uno scrittore è estremamente attento a dosare gli ingredienti. Ma quest’ultima cosa l’ho capita da grande, prima ci “cascavo” e basta, e mi piaceva un sacco, come mi piace tutt’ora tuffarmi in un mondo dove, pur nelle piccole-grandi difficoltà di ogni giorno, posso rispecchiarmi nelle storie di ragazzini brillanti e talvolta un po’ soli, che hanno già in sé tutta l’energia e le domande giuste per venire a stanarmi e farmi pensare “ma è vero!” o “anche io!”.

Leggere storie per ragazzi da adulti, io penso, ha questo potere meraviglioso: di riportarci a quella dimensione di possibilità e brulicante avventura che ci dava la carica quando avevamo dodici anni. Ed è bellissimo, è come quando si riprende la bici dopo decenni di abbandono: all’inizio fa un po’ strano, l’equilibrio vacilla, ma bastano un po’ di pedalate per ritrovarsi a proprio agio. Per riconoscersi, un po’ più grandi, un po’ più noiosi, un po’ più facili alla commozione durante la lettura. Eppure sempre noi, là sotto, sempre dodicenni con lo sguardo al cielo, una grande amicizia a sostenerci, progetti giganti a cui star dietro, pieni di paure e di speranze. Quindi grazie a Tito, a Vichi, a Nonno Ingranaggio, grazie ad Alessandro Barbaglia e a Gianni Rodari per questa gita al lago: tornerò presto, è una promessa!

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!