Abbassa la tua radio, per favore, se vuoi sentire i battiti del mio cuore, le cose belle che ti voglio dire, tu sola amore mio dovrai sentire

Così recitava il testo di una vecchia canzone di Alberto Rebagliati del 1940, Silenzioso Slow. Un invito a far tacere l’apparecchio elettronico che da qualche tempo era arrivato nelle case della gente a distrarre, a portar via l’attenzione per parole dolci, parole d’amore, e battiti del cuore. Il romanzo di Marco Presta, Accendimi, sembra esser partito proprio da questa canzone, che a suo modo è un inno alla radio (perché la canta e la rende oggetto protagonista), per ribaltarne il senso. Perché in questa storia d’amore raccontata da Presta, una commedia delicata e avvolta da un pizzico di magia, la radio non va affatto abbassata, anzi, va accesa, e di corsa!


Non è un caso se ho deciso di condividere questa versione di Silenzioso Slow del 1964 cantata da Johnny Dorelli, con la sua atmosfera da studio Rai, che oggi ci sembra fintissima, il suo swing avvolgente, da vecchia orchestra televisiva, che ancora forse ci fa sopsirare, pensare malinconicamente a un tempo che non c’è più. Jhonny Dorelli è una voce maschile, affascinante e dolce mentre canta questo silenzioso motivo d’amore. Ecco perché ho deciso di preferire lui a una bellissima versione delal canzone targata Bollani-Grandi, perché Dorelli mi ha subito ricordato Antonio. Chi è Antonio? La voce alla radio co-protagonista di Accendimi. Un nome d’altri tempi, perfetto per un corteggiamento esclusivamente parlato, anzi, sussurrato alla radio.

Caterina, la protagonista di questa storia, pasticcera quarantenne con un fidanzato, un lavoro appagante e un fratello scombinato, ama ascoltare la radio. Ne ha una in negozio, un oggetto retrò anni Sessanta, che è solita tenere accesa mentre cucina o crea le sue meraviglie dolci, una a casa, una in macchina. Come per molti, anche per lei la radio è una fedele compagna del quotidiano, con le sue canzoni e i suoi speaker che chiacchiera dopo chiacchiera ci avvolgono, ci distraggono e ci fanno fare una risata.

Accade a me quasi ogni mattina con Il ruggito del coniglio, storico programma di Radio 2 di cui Marco Presta è altrettanto storico autore e conduttore. Non è un caso se nella mia testa questo romanzo ha trovato un suo suono, ed è stato quello della voce di Presta, che fungeva da narratore, insieme ironico e però anche acuto, nelle osservazioni sui comportamenti delle persone, nelle similitudini insolite e divertenti, nella naturalezza con cui è riuscito a raccontare la formazione e l’allargamento della crepa nell’apparente felicità quotidiana di una vita, e nella dolcezza di una storia d’amore bellissima e surreale.

Caterina infatti viene travolta, nel suo tran tran, dall’arrivo del fratello Vittorio, che si porta dietro una borsata di grossissimi problemi economici e con la giustizia. Tra una torta mimosa e una charlotte pazientemente composte nel laboratorio della pasticceria di famiglia, Caterina ascolta la radio per alleggerire la tensione creata dalla situazione domestica, per allontanare l’impressione che la sua storia con Giancarlo, poliziotto, sia arrivata a un punto morto, per ritrovare l’ottimismo davanti a Giulia, la figlia adolescente della sua amica che sembra essere preda di depressione. E la radio, un giorno, inizia a parlarle.

Allucinazioni uditive? Un sogno? Solo immaginazione? Marco Presta gioca molto molto bene con questa suggestione. Caterina infatti non “sente le voci”, bensì una voce ben precisa, che all’inizio sembra rivolgersi proprio a lei, finché poi non si scoprirà che è davvero così: la voce è per lei, la conosce, la osserva, e se ne innamora. Ma una voce da dove? Una voce di chi? Nulla sappiamo, e tanto meno sa Caterina, di quel suono affascinante che parla, e che si insinua nella sua vita, illuminandola, in qualche modo accendendola e dandole nuova speranza, nuovi battiti.

Caterina era interdetta. Siamo gente strana, troviamo normali le guerre e ci impaurisce una dichiarazione d’amore. Soprattutto, avrebbe voluto protestare e fare ricorso a del sano pragmatismo, se fosse stata capace di racimolarne un poco. Sapeva bene che nulla di tutto ciò che le stava capitando poteva essere vero, se ne rendeva conto perfettamente.
-Da dove trasmetti? – La voglia di conoscere la voce, però era più forte.
– Da qui dentro.
– Ma qui dentro dove?

È nella radio che albergano sussurri, parole, e un sottile filo che da dubbio si rafforza e diventa sensazione, sospiro, pensiero e infine amore. Caterina si innamora della radio? Più o meno è così. Antonio, come dice di chiamarsi, non ha consistenza fisica, ma la esprime attraverso la voce, le parole sensibili e cariche di sentimenti. E Caterina, vista la situazione paludosa in cui le capita di trovarsi a causa del variegato mondo che la circonda, “ci casca”. L’amore è cieco, del resto, ma in quanto a udito, in questa storia ci sente molto molto bene. Cercare di non svelare nulla della storia è difficile, ho già dato qualche indizio e dunque mi fermo qui, anticipando solo che il finale… Niente, il finale è una trovata che mescola insieme fantastico, surreale e divertimento, con un pizzico di malinconia che riporta alla densità di sentimenti di questa storia, e ne fa una romanticissima favola da gustare come una fetta di torta.

Però attenzione, non è una favola d’amore e basta, non è il cinguettio innamorato di una coppia che svela l’insensatezza e il vuoto di una storia precedente e della vita dei suoi personaggi. No, non è quello che Presta vuole raccontare, perché la vera storia d’amore di questo romanzo è un’altra: è quella dell’amore per la radio. Lo si intuisce fin dalla trama in quarta di copertina, lo si assapora pagina dopo pagina, dove la radio, oggetto discreto che, pure, riempie gli spazi e le giornate, si fa piano piano supporto amico, compagno, baluardo in mezzo alle tempeste della vita. Fino alla paradossale metafora per cui diventa la scatola parlante che mette in comunicazione con una dimensione diversa, dove risiede una voce talmente sensibile da potersi innamorare.

-Ti sembra normale tutto questo? – ribatté la voce con dolcezza. – Stai parlando con un apparecchio radiofonico…vuoi che la magia non c’entri? Di cose inspiegabili al mondo ce ne sono tante, non cercare di spiegarti proprio questa.

Accendimi mi ha ricordato per certi versi A neve ferma, un romanzo di Stefania Bertola dove si intrecciano insieme piccole delicatezze golose di pasticceria e vicende amorose tra dubbi, errori, incertezze tipiche di ogni relazione a due. Certo, non siamo nella sabauda patria delle antiche pasticcerie, eppure il laboratorio di Caterina nella mia immaginazione era un po’ così, un luogo con una storia da raccontare, palcoscenico di esistenze intrecciate. I personaggi, infatti, come ogni commedia romantica che si rispetti – e questo romanzo ne rappresenta una rilettura in chiave delicatamente ironica e fantastica – sono tanti, e ruotano intorno all’esistenza di Caterina creando intoppi e opportunità. Ci sono le commesse, la molisana e la cinese, incluso il suo pretendente cortese e defilato, c’è il signore diabetico che tenta in ogni modo di conquistare un pasticcino, e poi l’antagonista per antonomasia, il tabaccaio con una passione per Caterina ma un orrido laccio di cuoio al collo che allontana la nostra protagonista, e ancora c’è l’amica procace e ipocrita Susanna, e la debole Stefania che, per ristrettezza di orizzonti, non si è resa conto che quella di Giulia non è chiusura ma forse mancanza di orizzonti, fino al personaggio più assurdo e inaspettato di tutti… Che non vi rivelo, perché merita gustarselo nel finale del tutto sorprendente della storia.

Una lettura piacevole e dolce – sarà la pasticceria? – dove l’amore sboccia nel quotidiano, in mezzo a un disamore che appassisce tra la naturale incomprensione e lo stupore dei suoi protagonisti, e dove una nuova passione si accende nella, o forse con la radio. Viene facile pensare si tratti di un omaggio emozionale e personale di Marco Presta, e infatti un po’ lo è, basta dare un’occhiata alla chiusura, in postfazione, e rendersi conto che questa storia nasce dalla storia di un conduttore radiofonico innamorato del magico mezzo di comunicazione per il quale lavora e vive, capace, da decenni, di costruire immaginari, scaldare il cuore e coinvolgere senza fronzoli, senza spettacoli, ma esclusivamente con la fascinazione della voce. È lo stesso innamoramento di Caterina, lo stesso di chi, come me, passa le giornate ascoltando la radio e facendo dei suoi protagonisti amici quotidiani. Poi, capita anche che talvolta ci si trovi dall’altra parte, insieme ad Antonio, a parlare nella radio. E quella… Beh, quella è una delle emozioni più grandi della radio: amore smisurato, lo stesso distillato che in questa storia sa avvolgere di coccole e rassicurante dolcezza, come una tazza di cioccolata calda.

Esistono però oggetti, pochi certo, che meritano davvero il nostro affetto. Uno di questi è l’apparecchio radiofonico. Parla quando vuoi, quando vuoi tace, canta per te, t’informa, accetta di riempire uno spazio sulla credenza e condurre una vita sedentaria ma, se glielo chiedi, è pronto a seguirti in capo al mondo.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!