Vi aspettavate la lista dei migliori libri del 2017? Ebbene: su A contrainte non arriverà. A esser sinceri, infatti, alcune delle letture più belle e dense fatte in quest’anno sono classici che, per varie ragioni, ho ripescato nel 2017, e sono La donna della domenica di Fruttero e Lucentini, Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia e la saga Malaussène di Pennac (di cui devo ancora leggere il nuovo, datato 2017). Questo non significa che tutto il resto, le cose che ho letto e di cui ho parlato in tante tante parole scritte su questo blog, non sia valido. Anzi, è parte integrante – una grossa parte – delle scoperte, delle novità, delle cose accadute in questi 365 giorni, senza la quale oggi avrei meno idee, meno pensieri, meno certezze e dubbi. Sono stata in Norvegia, in Islanda, in Sicilia, in Toscana, ho riso, risolto gialli, amato personaggi, scoperto nuovi amici senza in quali non so come avevo fatto a stare prima di allora, vissuto avventure, pianto e trovato inseparabile compagnia.

Una parete di libri ai Magazzini Oz, Torino

C’è però il fatto, molto demodé, lo ammetto, che questo non è un blog letterario, ma semplicemente il mio sito. Lo penso da molto, di esplicitare il fatto di per sé evidente, e da mesi pregusto queste righe, dirette e semplici, in cui confesso la piena apparenza: non parlo solo di libri. C’è chi storcerà il naso, chi sospirerà con un certo sollievo, chi resterà indifferente. Eppure dovevo dirlo, da qualche parte, e quale luogo migliore di un post dove mi e vi prometto di fare qualche bilancio di fine anno? Perché i bilanci, dal momento in cui toccano me, le mie letture, le mie scritture e i miei pensieri, passano anche per queste paginate di pixel, e riguardano anche questo blog/sito che dir si voglia.  Gli analytics li so leggere male, e la mole di dati che contengono mi spaventa sempre, vi basti sapere che a vincere sono di gran lunga i rari ma intensi post sulle cose che riguardano Imperia: la biblioteca, il Museo Navale, la libreria dei miei amici, la cupola del duomo. Eccezione simpatica è il mio studio-analisi-delirio sul fenomeno buondì Motta, nella top ten dei più letti. In quanto ai libri, Annie Ernaux resta il pezzo letto per più tempo, circa 7 minuti, un caso unico. Tra gli altri autori più cliccati, Matteo Caccia, Enrico Brizzi, Alessandro D’Avenia. Un po’ perché sono stati condivisi sui social, un po’ perché forse, a discapito di quel che mi sembra, su queste pagine ogni tanto ci capita davvero qualcuno esterno alla mia cerchia ristretta di amici e conoscenti. A proposito di libri, ancora una cosa: il calendario dell’Avvento 2017 che ho pazientemente portato avanti sui tre canali social di Facebook, Twitter e Instagram. 24 giorni, 24 libri, corredati da una splendida immagine realizzata dal mio amico Stefano, e da una citazione dal testo, con link che rimandava al sito. Non ho riscontri numerici alla mano, ma forse – credo, spero, mi piacerebbe, sembra, a giudicare dalla tendenza al rialzo dei click sul grafico di analytics – l’iniziativa ha avuto un suo discreto successo, e questo mi fa piacere, sia perché è bello parlare di libri, sia perché per quasi un mese ho potuto rendere ancora vivo e dinamico il materiale accumulato qua sopra.

Ok, ok: non parlo solo di libri, ma parlo molto di libri. E aggiungo: cerco di farlo in modo serio, rispettoso, non dico professionale, ma qualcosa che gli è parente, e che non mette da parte argomentazioni solide, aspetti linguistici, stilistici, sistema dei personaggi, arco narrativo. Molto si parla di libri, su A contrainte, perché molto amo i libri, li frequento, li esploro e me ne stupisco. Ma i libri non sono (ancora?) il mio lavoro, i libri non mi vengono quasi mai inviati dalle case editrici per essere recensiti, i libri li compro, li leggo, e siccome mi portano quasi sempre nuovi pensieri, ne scrivo. Ecco perché accanto all’aspetto solido delle recensioni che trovate qui cerco coscientemente di inserire sempre una finestra personale, ogni volta: si parte dalla storia che ha condotto il libro nelle mie mani, di chi me lo ha regalato, di cosa mi ha spinto ad acquistarlo o aprirlo. Insomma, sul mio sito ho pensato fosse in qualche modo dovuto raccontare non solo i libri, ma anche il mio approccio ai testi. È innanzitutto un modo per personalizzare una recensione, e poi per legarla al racconto di me stessa che conduco in questo luogo. I libri fanno parte, a loro modo, della combriccola che si muove insieme a me. Vi apparirà chiaro, ora, perché non credo di dover stilare alcuna classifica dei migliori del 2017 o di qualsiasi altro anno. Su A contrainte ci sono i “miei” libri, o meglio ci sono io, che ho letto di tutto in quest’anno, ma non solo libri usciti nel 2017, né esclusivamente quelli che trovate sul sito: molti li ho letti, ma non ne ho parlato.

Certo, tra le letture a cui sono più affezionata c’è La locanda dell’ultima solitudine, che ho letto due volte, perché è una bella storia, gioca con le parole con echi di Gianni Rodari e poi perché ho conosciuto l’autore facendo un lavoro molto bello come l’ufficio stampa di una rassegna letteraria, e poi l’ho ritrovato per un’intervista e un evento torinese. Ecco, questo è un perfetto esempio di potere delle storie: dai libri, dalle pagine, verso il mondo. È una magia che non smette di stupirmi. Come il legame invisibile che mi fa essere affezionata al commissario Montalbano di Andrea Camilleri e al vicequestore Rocco Schiavone di Antonio Manzini: tra le letture preferite di sempre. C’è Fabio Geda, di cui ho letto tre romanzi in una settimana per lavoro, e come spesso succede, la serietà professionale è stata spodestata dalla passione del lettore. Lo stesso lettore che, curioso, non si limita ad accontentarsi dell’ultimo romanzo dello scrittore da intervistare, ma scopre quelli passati, per ricostruire il percorso, le tracce, ed ecco che dai racconti del 2017 di Enrico Remmert scopre un libro di qualche anno fa e se ne innamora: Strade bianche. Ancora, lo stesso lettore che legge libri, li trova bellissimi, e poi incontra la fortuna di poter dialogare con l’autore, come è successo con In viaggio con Lloyd di Simone Tempia (una delle interviste più belle mai realizzate, credetemi).

Nido cosmico di tutte le anime, Luci d’artista in Piazza San Carlo a Torino

Lo avrete notato, e se mi seguite anche sulla pagina Facebook di A contrainte ne avrete la certezza: leggo e faccio la giornalista, spesso le due cose si sovrappongono e portano a strani miscugli, a letture non pensate, a scoperte e ad approfondimenti. Ecco perché, nella lista dei bilanci, più che i migliori libri del 2017 ci tenevo a scrivere, per me e per voi, varie tesserine ricordo di cose accadute nell’anno: interviste, storie, collaborazioni. In mezzo, spesso, ci sono i libri, e poi ci sono le città, i viaggi, le persone. Tutto insieme, filato e ricamato a dovere, questo bagaglio di “cose” va a disegnare il mio anno. Un anno che mi è parso più ricco e denso di altri, e di cui fa parte anche questo sito, con i suoi esperimenti, i suoi successi e fallimenti.

La trama del mio anno la trovate tutta nei miei scritti di Un post al mese: da gennaio a dicembre (sì, dicembre deve ancora arrivare, perché in fondo non è finito), una scrittura liberissima e svincolata di quel che mi è accaduto o passato per la testa, una palestra per non perdere traccia di quel che ho vissuto o creduto di vivere, pensato o elaborato per raccontarmi una storia o fornirmi una spiegazione, per soddisfare una curiosità e per il gusto di vederla scritta sulle pagine di word. A ogni mese ho corredato foto più o meno casuali, ma quasi sempre scattate dentro quel mese, e ritrovate scorrendo il rullino metaforico del telefono. Cosa ne esce fuori? Io lo so molto bene, ma sarebbe simpatico e curioso se me lo diceste voi, qual è la figura che emerge dall’unione di tutti i puntini.

Questo sito esisteva già da tempo, prima del 6 gennaio 2017, quando decisi di inaugurarlo con la recensione di un libro molto particolare Il pastore d’Islanda, una storia per l’Avvento, targata Iperborea e ambientata in un’Islanda di ghiaccio e tempeste di neve, ma che avevo letto la notte dell’Epifania, giusto in tempo per avere ancora una piccola scusa, una piccola festa di chiusura a coronare il periodo natalizio in cui l’idea di prendere in mano questo spazio si era rafforzata, fino a raggiungere il vigore necessario alla spinta di partenza. E via, si va. Senza regole ben delineate, lo confesso, solo un brogliaccio di massima, un piano editoriale che ogni lunedì provava a stabilizzarsi ma sfuggiva come argento vivo, ribellandosi al fluire delle idee, delle suggestioni, e soprattutto del tempo. Quante, quante volte è stato uno sforzo quello di scrivere: non restare indietro con le recensioni, rispettare la tabella di marcia, non abbandonare il sito per troppe settimane, ricordarsi di aggiornare una bozza. Ci sono stati periodi in cui ho trovato tempo e modalità per scrivere, serenità e spazio mentale per farlo, altri periodi – l’ultimo, tra novembre e dicembre, è uno di questi – in cui tutto si è come rarefatto, e ha necessariamente dovuto rallentare, cedere il passo a urgenze di lavoro, di casa. Di semplice stanchezza: gli occhi sullo schermo bruciano, la mente è già attraversata da troppi impulsi, ansie, scadenze.

Il tramonto il giorno di Santo Stefano 2017

Il segreto è stato, se c’è stato, quello di non smettere di sperarci. Infatti eccomi qui: una sola recensione di libro a dicembre, lo so e un po’ mi spiace, perché la lista dei libri di cui parlare è lunga, e un paio spero di recuperarli a gennaio, in quello spazio senza tempo che mi sono concessa prima dell’Epifania, il compleanno ideale del blog, la fine di un altro periodo di festa e il ritorno all’ordine consueto e ininterrotto del tempo lavorativo. A proposito di lavoro, una delle scuse di questo post è anche quella di riuscire a ricostruire in uno sguardo tutte le cose pazzesche che ho potuto fare grazie a Mentelocale. Gli articoli sono tantissimi, a occhio e croce circa 150. Tra loro ci sono tutte le mostre che ho visto, un viaggio assurdo da un’epoca all’altra, da un museo a una galleria, vedendo, scoprendo, imparando. Ci sono le piccole indagini sulle “cose” torinesi, tra cui deliziosi locali, libri di personaggi noti, botteghe, strade, portoni, giardini: un modo insolito per conoscere una città che non è la mia, ma in cui ho vissuto molto in tutto l’anno, dalla neve al torrido luglio, scrutando il clima dai tetti e avventurandomi per nuovi percorsi, che ho inaugurato con quest’anno. Ho incontrato una miriade di persone: non solo personaggi – quelli che ho intervistato, per esempio – ma proprio persone, dagli uffici stampa con cui ho stretto rapporti, ai librai, alla gente con cui ho parlato, che ho scoperto, incontrato, visto.

Tra le cose più impensate: l’intervista a un gruppo musicale che ha percorso il Po su una zattera, l’incontro con Elizabeth Strout, l’intervista ad Alice Basso, che poi ho presentato qualche settimana dopo dal vivo a San Lorenzo al Mare, e poi gli insetti da mangiare, e un giardiniere poeta che costruisce sogni in forma di aiuole a Torino, e mi ha insegnato a non odiare chi se la prende con la bellezza perché non ha bellezza in cui credere. Ma anche la ragazza che studia comunicazione e costruisce personaggi Disney facendosi suggestionare dai luoghi di Torino, o la spiaggia sul Po cercando la quale pensavo a Marcovaldo, gli artisti che trasformano case e condomini in progetti creativi e sociali. Ho assistito anche alla Laurea Honoris Causa di Christo, sono stata in un parco da sogno sul far dell’autunno, e ho preso un aperitivo con Gianrico Carofiglio. Ho incontrato Ian McEwan insieme a un sacco di giornalisti famosi, preso un bus fino alla periferia estrema per andare a vedere come si fabbricano le penne Aurora, conosciuto Petunia Ollister, ascoltato Tom Drury alla Scuola Holden, visto Silvio Orlando e Domenico Starnone. Ho parlato con il curatore della guida Osterie d’Italia, e ho finito per parlare anche con Piero Angela in persona, con Luca Mercalli, Nicola Ricciardi, Enrica Pagella. Ho visto cose belle, conosciuto persone, imparato, e questo è il verbo che si adatta a una tra le interviste che più mi stanno a cuore, quella con Franco Borgogno, che è stata un’immagine che si realizzava passando dalla piazzetta di San Lorenzo al Mare a Piazza Carlina, io che intervisto un collega perché ha fatto una cosa bellissima; un collega, ben più navigato di me, che accetta il fatto che io lo intervisti. Ecco, lì mi sono sentita a posto, nel giusto. Ed è uno degli obiettivi parzialmente raggiunti nel corso dell’anno: si può fare, è ammesso, ogni tanto accade, anche se tonnellate di altre occasioni sembrano voler indicare di no.

Se Franco Borgogno è un fantastico esempio di come storie, passioni e interessi inneschino percorsi sorprendenti portando a novità, di episodi del genere ce ne sono stati diversi nel corso del 2017. C’è stata la telefonata ad Ananke Lab: sono in ritardo ma vi prego, vi prego, posso iscrivermi ancora? A cui è seguito il corso di editoria, la scoperta di persone e di un lavoro che ho potuto fare, l’approfondimento di nozioni pratiche, il confronto, la redazione, le bozze con righello, penna sottile rossa, dizionario per la sillabazione, l’impaginazione del testo su Norberto Bobbio. Le persone sono state al centro, insieme alle persone che si sono ritrovate intorno al mondo dei libri, prima Elizabeth Strout e poi Gianrico Carofiglio: occasioni che hanno radunato gente che ha blog, siti, che lavora sui libri. Occasioni da cui sono nate novità, curiosità, corsi e invisibili reti che corrono sul filo dei social. Le stesse relazioni che si sono inaugurate grazie a mail inviate in un’estate che sembrava offrire novità: ed ecco la redazione di LuciaLibri, le mie recensioni e tutto il chiacchiericcio che ne è scaturito, e gli incontri persino, quelli veri di persona. Non dimentico nemmeno Turismo Letterario e la sua creatrice mia omonima, che non ho mai incontrato di persona ma con cui ho avuto bellissimi scambi di mail e un paziente e accuratissimo lavoro di redazione per i miei racconti di viaggi tra i libri.

L’albero di Natale luminoso, Torino, 2017

Mi viene da pensare che tutto questo sia il risultato di quelli che ho considerato dei colpi di testa: chiedere di iscrivermi in ritardo, chiedere a Einaudi se fosse possibile parlare con la Strout (!), chiedere di collaborare, chiedere di leggere un racconto. Poi c’è anche l’altra parte: essere così sfacciati da inviare un racconto, e avere una botta di fortuna. Nel 2017 ho inviato un racconto a BookPride ed è stato selezionato e probabilmente finirà in un’antologia, le bozze sono arrivate e l’emozione è piuttosto insolita. Sempre nel 2017 sono stata contattata da un collega per scrivere un racconto, parte di una raccolta dedicata alla mia città, ed è così che è uscito Sul tetto del mondo, contenuto in Raccontare Imperia. Ho anche scoperto una rivista, Lahar Magazine, e inviato un mini racconto che è stato selezionato e pubblicato, e poco dopo ne ho trovata un’altra, Tuffi, cui inviare una storia piccina piccina, anche lei finita online. Sembra incredibile, mi faccio tenerezza da sola a volte, e poi penso che la storia del fissare la meta che si desidera più di tutte e impegnarsi per toccarla, ma soprattutto crederci, e non smettere di farlo anche se tutto rema contro, ecco, questa storia qua, in fondo è vera.

Nemmeno a questo sito avrei dato più di pochi mesi di vita: vediamo se ce la faccio, vediamo se per l’ennesima volta non faccio affondare un progetto. Invece eccoci qui, dopo, nonostante e con tutte le contraintes che si sono intrecciate alla voglia e alla necessità di tenere vivo questo spazio. Non so voi, che state dall’altra parte a leggere, ma io alla fine un po’ contenta, e un po’ più ricca, lo sono per davvero.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!