Se dovessi trovare una parola per definire e circoscrivere un lungo e vivacissimo agosto, dai molteplici scenari e dai numerosi episodi, direi che agosto è stato il tempo. Il tempo di ritrovare il tempo: tempo per comprare un sacchetto di pane fresco, per fermarsi all’edicola e andarsene con un paccone di stampa sotto braccio, per acchiappare il marebus al volo e catapultarsi nel sole estivo giù di corsa per incontrare una scrittrice. Tempo di fermentazione di uno yogurt fatto in casa: basta plastica, in qualche modo bisogna fare in un clima impazzito che fa ripensare anche alla nozione di tempo meteorologico, l’Amazzonia che brucia e Mentana che spezza il suo tempo delle vacanze e rientra in studio, la crisi di governo ha bisogno di un direttore e di ore e ore di diretta speciali in pieno agosto, nella concitazione di un mese in cui, con tutta la calma della navigazione a vela, Greta Thunberg arriva invece dall’altra parte dell’Oceano in barca con Pierre Casiraghi.

Un agosto in cui sono accadute cose, fuori e dentro, anche se apparentemente è stato tutto immobile. Il mese estivo per eccellenza per me è iniziato a Torino, assaggi di Pavese, che si sa (anzi no, non so perché ma è così), Pavese è l’estate e la sua connaturata malinconia, casa, le tradizioni, la luna e i falò. Torino deserta, i banchi del supermercato vuoti e il tempo per una telefonata speciale proprio sotto la Mole. Scenari, letture, voci, progetti, e naturalmente libri a completare un quadro che conosco già, ma che continua a stupirmi piacevolmente.

E poi il mare, e un’infilata di eventi come perle di una collana che brilla sotto le perseidi, le stelle cadenti, le lacrime di san Lorenzo. Ed è davvero estate se al ritmo leggero di vestiti e borse di paglia scorrono le immagini de La leggenda del pianista sull’Oceano a Cervo, uno spettacolo di enorme intensità rifugiato in chiesa per supposta pioggia che poi non si è vista, e ancora Simone Tempia che riempie la piazza di lettori e firma copie mentre si chiacchiera di lavoro, e si scopre di condividere amarezze e mancanza di progettualità con colleghi. Altri paesaggi, altre bellezze nei tramonti al Monte Calvario, nella remota dolcezza di Dolceacqua, che porta il suo aggettivo nel nome ed è bellissima nel sole di agosto, il suo ponte a schiena d’asino e le rovine del castello in cui scoprire tutti i lilla di Monet e la magia di un furetto in corsa. Ritrovare casa, liguritudine che batte tra il Rossese, le michette, la focaccia e i ritmi lenti della stagione turistica che parla francese e si muove su corriere scassate che si inerpicano in Val Nervia portando sacchi di pane.

È estate, e la vita scorre piena di eventi in questo angolo di terra dove ha casa il tempo che prima non c’era più. Ora ce n’è in abbondanza per concerti, come quello di The Niro e Alexia, una spilletta, giovani che ci mettono il cuore, amici che si salutano solo d’estate, e una scappata a Dolcedo per il jazz quello bello, quello che fa stare bene il cuore. Ma i posti del cuore non smettono di bussare con la loro delicata meraviglia, e dunque agosto 2019 è anche il tempo per andare a Perinaldo a contemplare le stelle, tra libri, storie e quella speciale scia nel cielo che si è palesata dopo minuti e minuti con gli occhi all’insù. Solo la visione di Saturno al telescopio è stata più mozzafiato. E Perinaldo, lontano e remoto nella sua cresta a Ponente, resta un posto speciale. Ce ne sono però anche sotto casa, per esempio il Parasio e l’incanto delle Logge di Santa Chiara di cui riscoprire il sacrale fascino, “L’elettrocardiogramma dello stupore” (come scriveva Rosella Postorino) mi ha commossa in una notte del 10 agosto da una terrazza unica e speciale, che solo quella notte è visitabile, e che si apre maestosa su un mare piatto, punteggiato di barchette.

Inevitabile, dopo tanti avvitamenti di bellezza e bicchieri di vita, subire un arresto: il tempo cambia, arriva la stanchezza, lascia il passo al raffreddore estivo. Spossatezza, vuoto e il primo anniversario di quella immane tragedia del Ponte Morandi, la cronaca seguita passo passo, 48 ore domestiche tra lavori di casa incatenati in una surreale consequenzialità, finché dopo il bagno, la stanza, l’elettricità, non si è rotta anche la macchina, la sera del 14 agosto.

È stato il tempo, a suo modo prezioso, del recupero delle cose lette, da scrivere, appuntate. Nottate febbrili sui tasti, paginate che scorrevano e pesi che si alleggerivano. Era necessario? Non lo saprò mai: il tempo è fatto anche della gratuità di alcune azioni. Ma ogni tanto arrivano le soddisfazioni, come Cristina Cassar Scalia che condivide la mia recensione e mi fa i complimenti. Èd è poi vero che la bellezza profonda di alcune letture al mare concluse nei giorni di Ferragosto – pigro e lento Ferragosto in famiglia tra aspirina e mucolitico – resterà il perno della mia estate 2019. Libri che attendevo, che pregustavo, che ho divorato tra salsedine, onde sull’asciugamano, bagni e sole. Addio fantasmi, Breve storia dei vasi comunicanti, Tommy e Tuppence, Simenon. Sprofondata in un mare di letture: è così che ho passato agosto.

Molto solitario, venato di attimi di sconforto in fronte al mare, tanto le lacrime sono salate, si confondono con tutto il resto, anzi forse è proprio lì che incontrano qualcosa che assomiglia loro così tanto da renderle autentiche, profonde, libere. Agosto di sogni che sono solo sognati, di amici belli e storie inventate. Di malinconiche e struggenti, bellissime sere di musica jazz con Danilo Rea sul sagrato dei Corallini a Cervo.

Agosto di orizzonti che non si vedono, agosto di amarezza e paura, agosto di mail con allegati importanti inviate per sedare la coscienza, agosto di tutto che crolla, anche la spiaggia. Ha iniziato proprio a metà del mese: il muro della Galeazza ha preso a venir giù, pietra su pietra, fino alla decisione di cintare. Delimitare la spiaggia con transenne mangiate dalle onde. È successo davvero, e per due, tre settimane quasi sono andata al mare così, nello spazio vietato, balneazione interdetta, ma chissenefrega, già c’è poca spiaggia, ancora togliete questa fetta di sassetti rotondi tra cui trovare alghe, posidonie e conchiglie. Un mare vivo: lo snorkeling è sempre esaltante, anche se foriero di lattine e plastica, sempre di più. Giorni di mare strani, poco affollati nel contesto del pienone della stagione, inquinati dai mozziconi portati via, bagnanti civili in un mondo che se ne frega. Giorni di mare vietati forse, ma egregiamente portati a casa.

Un’altra settimana di agosto, c’è ancora tanto da dire: i gamberoni da sbucciare con le posate, che odio, ma che buone le linguine, se poi ci sono 40 anni da festeggiare, nonostante preventivi nati male e il solito tempo accartocciato come un foglio di carta da buttare. Tempo, ancora tempo, ne ho bisogno per correre saltando cena e arrivando all’altro lato della città, dove, per quella grazia speciale delle coincidenze, ascoltare storie che convincono e ritrovare amici. Gli amici ritrovati: la risoluzione degli incastri più dolorosi ha fatto capolino nel languore di agosto. Meno male: letture e lacrime da sole non sarebbero bastate.

Nell’agosto 2019 ci sono stati i 60 anni da Kind of blue, gli 80 di Enrico Rava, e molto jazz notturno che accompagnava progetti visionari e sabato sera di solitudine e stanchezza. Tant’è: contro i sogni ci si è messa la crisi di governo, e il jazz ha ceduto il passo al Direttore Mentana che ha proposto maratone come se piovesse. Pranzi con la maratona, lavoro con la maratona, per strada con la maratona e persino in spiaggia con la maratona: ebbene sì, lo confesso. Una presenza costante, la conferma di qualcosa di stabile in un tempo liquido, rarefatto. Come d’inverno, come le maratone elettorali. Ma era agosto, e ancora non ho ben capito cos’è successo e perché si è parlato di politica tutta l’estate. Tempi matti, tempi che solo un agosto di tempo poteva regalare.

Non che le cose non capite siano solo queste: ne sono abbondate, durante tutto il mese. Crisi di governo che si trascinano ormai da anni, dispiaceri tenuti dentro per non fare male, empatie che gridano assenze, sere complicate, simili a sere vuote eppure così piene di bellezza da stordire per lo stridore delle diversità. Dei silenzi. Le corse, però, in busta chiusa legate a una piccola speranza, di fianco a una cabina telefonica ridendo per un camerino che era vuoto. Neri Marcorè incrociato sulle strisce pedonali dell’Aurelia, un vicolo e un gelato che diventa gocce di pois su un vestito, una caccia al tesoro, una birra e va bene così.

Molti chilometri in questo mese, molta “casa”. Ne avevo bisogno? Forse. Mi serviva il tempo, che ad agosto non è scappato e mi ha regalato 31 giorni così densi che a volte non me ne sono accorta, ma loro passavano, il calendario cavalcava verso la fine. E così il mese della calma, della riscoperta, degli amici è finito.

Ha fatto come ha iniziato: pienissimo di gente. Una presentazione, un treno, una strada al volante, parole e interviste, la piazza inondata di sole anomalo per la fine del mese. Una cena con amici nuovi e gli occhi luminosi e sinceri, a ricordare che dieci anni fa c’erano i Coldplay allo stadio di Udine, gli Oasis si erano sciolti, io andavo in giro per concerti e nemmeno immaginavo tutta la vita che sarebbe trascorsa in dieci anni di foto, risate, speranze e ferite raccolte nel tempo che si è mostrato nella sua profondità in questo agosto. Ne avevo bisogno?, mi domando ancora. Forse dovevo solo fermarmi, prendere un respiro grande, riunire quel che potevo intorno a me, e capire dove mi trovo e dove vado.

Non è male come risultato di un’estate. Sono a casa, non so dove vado, ma so cosa mi sostiene mentre inizia settembre e il tempo torna a mancarmi sotto i piedi.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!