C’è una molla che mi spinge a riprendere su questo blog alcuni post di riflessioni dedicate ai media. Questa molla sono due programmi partiti con il 2020 ed entrambi dedicati all’ambiente, alla natura, se vogliamo al mondo e alle sue fragilità e bellezze. Parlo di Eden, di Licia Colò, in onda da gennaio su La7 e al suo esordio o prima stagione che dir si voglia, e di Sapiens, di Mario Tozzi, in onda per la seconda edizione da febbraio su Rai3.

Programmi simili, certo non identici, ma accomunati da una serie di scelte linguistiche e tematiche che mi hanno portata a interrogarmi su quanti passi avanti abbia fatto quella lancetta che di indica con sempre più urgenza e pressione che il mondo che ci ospita sta cambiando, e che dovremmo muoverci a fare qualcosa.

Viviamo gli anni del cambiamento climatico, gli anni della crisi che si mangia tutte le altre – quella economica, quella sociale, quella sanitaria, quella culturale – gli anni di Greta Thunmberg e della sua voce incrinata nel domandare “how dare you?” davanti al mondo, gli anni del Papa che ci invita a lodare Dio per il fatto che al nostro pianeta sia ancora concesso di vivere un nuovo anno. È l’epoca dei miei trent’anni, che coincide con le bicilette, i monopattini, le borracce e il car sharing, scenari sviluppati nelle grandi città, quelle che possono – e sanno – guardare avanti, un po’ più arretrati in alcune province abituate a star sedute sugli allori, come la mia, dove tuttavia grazie a un team di persone belle prendono forma iniziative importanti, e arrivano ospiti prestigiosi a portare informazione.

Insomma, tutti gli occhi sono puntati sui termometri impazziti delle estati che sono ormai trappole infernali, sull’inverno che non arriva più, sul futuro che si è fatto opaco, precario come tante esistenze. Ecco che, finalmente, la tv punta anche lei i suoi occhi, e lo fa con due divulgatori di eccellenza secondo me, che da anni si spendono con coerenza per la causa. Licia Colò io la ricordo fin da quando ero piccina, ha sempre amato la natura e i viaggi, e quella sua passione me l’ha trasmessa attraverso i suoi programmi che guardavo con la stessa curiosità con cui mi immergevo in avventure cinematografiche o letterarie. Insomma, mi piaceva proprio tanto. Mario Tozzi, un mito fin da quando sono ragazzina, il risveglio della mia parte scientifica di cervello, quella che ogni volta si domanda perché io non abbia scelto una facoltà scientifica, magari proprio geologia.

Passione da un lato, competenza e scienza dall’altro: trovo che siano queste le componenti essenziali dei due programmi – Eden e Sapiens – che, in barba alla concorrenza tv e a tutti i discorsi di target, canali e via dicendo, considererei parti complementari di un unico discorso al quale dovremmo dare ascolto. Certo, Eden ha un focus più legato al viaggio, come è tipico del curriculum della sua conduttrice, e infatti il sottotesto che ne accompagna le esplorazioni è la narrazione delle bellezze del mondo. Sapiens, e lo dice il titolo stesso, si lega all’homo sapiens, e in qualche modo alla sua ragion d’essere, la conoscenza, snocciolando un discorso in cui le scienze dialogano tra loro, naturalmente a spasso per il mondo, attraverso le sue varie facce.

Se la Colò, viaggiando, riscontra pericoli e cerca di spiegarli, ribadendo ogni volta quanto è fragile il pianeta, quanto sono diversi ma sempre legati e in equilibrio attenti tutti i suoi habitat, Tozzi parte proprio da loro, gli habitat, i luoghi, e percorrendone diversi su tutta la terra crea un discorso legato ogni volta a un tema. La sua prima puntata, andata in onda il 15 febbraio 2020, era dedicata al cambiamento climatico, e forse non a caso partiva da un fiordo norvegese: proprio lì dove è partito anche il viaggio della Colò nella sua prima puntata. La bellezza di un ambiente, e il suo peso nell’equilibrio che regola tutto il pianeta: vi avevo anticipato che i due programmi potevano essere letti come due volumi diversi di una stessa collana, quella dedicata alla divulgazione televisiva sulla natura.

«Non c’è più tempo», è il messaggio comune di questi programmi, che ogni volta, parlando di questioni differenti, tornano con evidenza di dati scientifici sul delicatissimo problema del cambiamento climatico in corso, di cui siamo protagonisti e di cui forse non abbiamo ancora davvero toccato con mano, compreso e digerito, la sostanza più amara.

Senza accumulare tensione nello spettatore – anche se un po’ è questo ciò che io sento accadere in me – questi programmi dicono la verità e proiettano scenari futuri di inquietudine. Ma sia ben chiaro: non mentono, non giocano, non prendono in giro e non fanno fiction, ci dicono solo la verità, e ce la mostrano accompagnata da risultati di studi scientifici verificati, e di valore, con ricostruzioni visive, spesso grafiche, del racconto di quegli stessi dati, così che sia più facile per noi comprendere, così che possiamo, finalmente, vedere e capire la portata di quel che ci viene spiegato.

Se c’è un pregio di questi programmi, che ritengo ben fatti nelle loro diversità e insieme nei loro legami, è il ruolo che l’autorevolezza della scienza assume, per una volta tanto chiamata in causa non solo con rispetto, ma con legittimità: ascoltiamo la scienza, rendiamola comprensibile al più ampio pubblico possibile. Solo così ci potremo rendere conto di tutto il processo, dalle cause, ai fenomeni, alle conseguenze. Dunque, potremo agire.

Non c’è solo infatti un discorso legato al pianeta e alla natura in questi programmi, ma un’attenta costruzione e un altrettanto solido montaggio. In entrambi i casi, si viaggia tanto: ci si sposta da ambienti glaciali a deserti, luoghi di contrasti, spazi contraddistinti da climi particolari, e dove talvolta i fenomeni si fanno estremi. È lì che gli eventi sono maggiormente visibili. In entrambi i casi, chi parla è presente in scena, in qualche modo “ci mette se stesso”, e così se la Colò scala una pala eolica, Tozzi è infilato in un kayak in mezzo al ghiacciaio. Entrambi ci portano con sé nei luoghi del mondo, ce li fanno vedere, e insieme approfondiamo quel che serve osservare e capire per allargare il discorso.

I nessi sono forse la parte più interessante della costruzione del discorso di questi programmi, la trama da cui deriva il senso della puntata. Perché spostarsi dalla Norvegia al Bangladesh? Per parlare di clima. Si procede per accostamenti tematici, per rimandi, per esempi, e in questo spostarsi c’è tutto il mondo, proprio perché tutto il mondo è interessato dal grande tema comune di questi due programmi, cioè la salvaguardia dell’ambiente.

Uno dei messaggi più nitidi che arrivano grazie a questo intreccio di linguaggio e di temi è quello legato all’equilibrio, la sua delicatezza. Spostarsi da una zona all’altra inseguendo le tracce dei ghiacciai, o dell’evaporazione delle acque, dà modo di toccare quasi con mano la rete che governa l’ambiente che ci ospita, dove tutto – correnti, mari, piogge, deserti, ghiacci… – è collegato in una delicata quanto affascinante struttura che ci permette di vivere, e talvolta di godere anche di tutta questa meravigliosa bellezza.

Sono messaggi importanti, che ogni volta mi colpiscono – e sì che io sono già predisposta ad accoglierli fin da quando ero piccola – e che potrebbero, dal momento che sono molto ben costruiti, fare da cardine per una nuova presa di coscienza dello stato del mondo. Il clima impazzito, i poteri economici, l’informazione, che è protagonista in questi due programmi tanto quanto la scienza, e che spesso viene smontata e mostrata, verificata, sezionata, persino spiegata, perché ormai è così complessa da aver bisogno di un discorso dedicato tutto per sé.

Equilibri, linguaggi, informazioni stratificate che come fa Tozzi con i suoi strumenti vengono esplorate e di cui è svelato il valore. Un’informazione bella, ben fatta, utile e coerente, dritta al punto, e mai banale. Anzi, la parola d’ordine in entrambi in programmi è proprio la complessità. La complessità della vita sul pianeta, dei suoi ambienti, delle relazioni che permettono agli equilibri di mantenersi, o che viceversa li fanno crollare. Complessità di catene causali, di fatti e di conseguenze, di comportamenti e di scelte che potremmo fare. Non c’è niente di semplice nel mondo, nemmeno il cambiamento che programmi del genere, come mi auguro, potranno instillare nel pubblico per riuscire davvero a volere un po’ più di bene al pianeta, e magari anche salvarci dall’autodistruzione che stiamo perpetuando.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!