Ho scritto innanzitutto il titolo, “Lorenzo e Primo Levi: storia di un’amicizia”, e mi è sembrato che raccontasse già moltissimo. Perché di Lorenzo abbiamo solo il nome, mentre Primo è Primo Levi, sappiamo benissimo chi è. Non conosciamo, invece, la storia di questa amicizia. A esplorarla e dedicarle un libro che reputo tra le migliori letture del 2024 appena iniziato è stato Carlo Greppi. Un uomo di poche parole. Storia di Lorenzo che salvò Primo è stato pubblicato da Laterza nel 2023 e ha avuto il giusto e meritato successo che un’opera del genere si merita. Non so perché l’ho tenuto mesi lì, nella pila delle cose da leggere, ma per fortuna, complice una scusa di lavoro e il Giorno della Memoria, l’ho scoperto ora, e ne sono felice.

Provo a raccontare perché è un libro che dovrebbero leggere tutti proprio oggi, 27 gennaio 2024, Giorno della Memoria: sono da poco uscita da una mostra originale dedicata a Primo Levi al Museo della Montagna di Torino, al Monte dei Cappuccini, e ho scoperto immediatamente dopo che è venuto a mancare Bruno Segre, avvocato, partigiano, personaggio straordinario della storia della Resistenza torinese. Tutti questi fatti non sarebbero collegati tra loro se non fosse per il filo storico che li attraversa, e per una certa profondità e nobiltà etica. Ecco, vorrei fare luce proprio lì, sulla nobiltà, sulla profondità, e insieme sull’umanità di vite straordinarie che sono quelle dell’avvocato Segre, di Primo Levi, di Lorenzo.

La biografia di Lorenzo Per(r)one

Non sapevo, o per lo meno non mi ero mai soffermata, su due importanti lavori biografici dedicati a Primo Levi che invece Carlo Greppi nel suo Un uomo di poche parole cita come basi del proprio lavoro. Si tratta di Il doppio legame. Vita di Primo Levi, di Carole Angier, e Primo Levi. Una vita, di  Ian Thomson. Sono testi fondamentali per il lavoro di Carlo Greppi perché Un uomo di poche parole è di fatto una biografia: non di Primo però, bensì di Lorenzo.

Lorenzo mi è entrato nel cuore così, solo con il nome. Lo ha fatto attraverso queste pagine che ricostruiscono la sua vita, caratterizzata dal legame forte con Primo Levi che si creò in lager (ci arrivo a breve), e che scandagliano ed esplorano una biografia che, altrimenti, sarebbe potuta restare totalmente fuori dalle “cose note” al grande pubblico. Eppure c’è una cosa che a un certo punto, mentre leggevo il libro di Carlo Greppi, mi ha sorpresa. È la stessa che ha tirato per la giacca anche lo scrittore. Noi Lorenzo lo conoscevamo già: noi che abbiamo letto Se questo è un uomo (magari a scuola: io no, l’avevo scartato. Magari per conto nostro: esatto, io feci così, all’università. Magari senza più riaprirlo: eccomi, colpevole di poco coraggio. Lo rileggerò, promesso, a me stessa prima di tutto) Lorenzo lo avevamo già incontrato tra quelle pagine. È strano come non resti in mente questo episodio, in confronto all’orrore, ai pensieri di Levi, alla sua straordinaria lucidità nello scandagliare le reazioni umane, nel cercare un senso laddove senso sembrava non essercene.

Lo dico dopo aver toccato con mano la grandezza di quest’uomo, Lorenzo. Un uomo semplice, un muratore di Fossano che ricorda un po’ certi spigoli del Tino Faussone di La chiave a stella e del cui cognome nemmeno siamo certi: potrebbe essere Perone, con una r, o forse Perrone. Lorenzo Per(r )one non sarebbe mai passato alla storia, ma il caso volle che nel 1943 lavorasse come operaio edile a “Suiss”, come lui chiamava Auschwitz, ed è lì, da uomo “libero” che incontrerà il prigioniero del lager Primo Levi. La sua è una mano tesa, fondamentale, da italiano a italiano. Passa attraverso il dialetto piemontese, e attraverso una sacca profondissima di umanità che commuove. Lorenzo sarà colui che per sei mesi porterà regolarmente a Primo e al suo amico Alberto, di nascosto, rischiando la vita, della zuppa. Colui spedirà cartoline a casa di Primo Levi e addirittura farà da tramite per un pacco di viveri. Sarà sempre lui a regalare a Primo un maglione tutto rotto, ma importante per affrontare il freddo dopo l’arrivo dell’Armata Rossa. Lorenzo è, insomma, colui che instilla in Levi “una remota possibilità di bene, per cui tuttavia metteva conto di conservarsi” (cito da Se questo è un uomo).

Alla ricerca di un’umanità

Lorenzo è un raggio di luce in un posto impregnato di macabro paradosso, ed è colui grazie al quale – sono parole dello stesso Primo Levi – colui che conosciamo con uno dei più grandi scrittori e testimoni del Novecento si è salvato. Non solo per le cure materiali – la zuppa, il maglione –, per una serie di fortunati incastri puramente casuali, ma per quella che Carole Angier definisce “una fragilissima ragnatela di gesti sensati, decenti” al cui centro c’è Lorenzo. Il suo gesto di profondissima umanità, la sua presenza, silenziosa ma dalla stretta salda. Lorenzo è l’umanità e l’amicizia laddove per tutto questo non c’era alcuna possibilità. È la memoria del buono, una spinta, una verità.

Quando uno c’è, bisogna che ci stia. Che lavori meglio che può, e se gli capita, che faccia un po’ di bene

Carlo Greppi nel suo Un uomo di poche parole esplora l’incontro tra i due personaggi, allarga i confini della vita di Lorenzo oltre a ciò che di lui sappiamo attraverso le parole di Primo Levi. Ci sono dichiarazioni esplicite su questo incontro in tanti libri: Se questo è un uomo, Lilit e altri racconti, I sommersi e i salvati, e poi ancora in articoli, interviste che Greppi ha sapientemente e pazientemente ritrovato e ricomposto. Questo libro è appassionante non solo perché lo è la storia, perché lo è il legame fortissimo di amicizia profonda nella disperazione tra Lorenzo e Primo, ma anche perché ha un prezioso corollario, se possiamo dire così, metanarrativo. Intendo dire che Greppi, raccontando la storia di come Lorenzo si è ritrovato ad Auschwitz e di come è tornato, risalendo alle sue origini, alla sua famiglia, svelando sempre più dettagli su quell’incontro decisivo, e sulla zuppa, ha dispiegato straordinari mezzi, e li ha raccontati.

Parlavo prima delle due biografie, che naturalmente ora voglio leggere, ma ci sono anche tanti libri e testi di Levi che sono stati citati e che ho voglia di riprendere o scoprire perché non l’ho mai fatto, e tanta, tantissima letteratura critica. Non solo: la ricerca storica si è spostata tra archivi, giornali, centri di studio tra cui naturalmente il Centro Primo Levi di Torino. La quantità di documenti citati e utilizzati è ingente: interviste, documentari, libri naturalmente. La bibliografia e le note del libro sono risorse copiose e molto molto utili . Mi sono chiesa quanta passione, quanta perizia, quanta fatica ci sia stata dietro questa vera e propria storia nella storia. Greppi è stato a Fossano, ha cercato la tomba di Lorenzo, ha parlato con tantissime persone per cercare le tracce, inseguire le piste. A volte, ed è un dato molto nobile di questo racconto, che ho apprezzato, si è trovato senza prove, senza possibilità di sapere o verificare, e l’ha ammesso, rattristato dal fatto ma in piena trasparenza. Ci sono ipotesi che non sono state riempite da alcun fatto, e a volte il tempo ha fatto la sua, lasciando l’autore senza possibilità di parlare con i testimoni. Però valeva comunque la pena dispiegare tutti i mezzi possibili. Ecco, la passione di questa ricerca: è una passione umana che è racchiusa dentro la storia narrata, ma che è anche servita a ricostruirla su carta, questa storia. La passione, l’onestà, sono i dati che rendono Un uomo di poche parole un libro che tutti dovrebbero leggere: non è retorica, ma quello che penso.

L’ultimo dei Giusti

Naturalmente il libro è “sbilanciato” su Primo Levi: è lui che è diventato scrittore e ha dato parola alle immagini che la sua memoria aveva custodito malgrado l’esperienza allucinante, ed è quindi una delle principali fonti su Lorenzo. Lorenzo che invece è di poche parole, appunto: silenzioso, schivo. Una vita difficile la sua, lo si scopre nella ricostruzione di Greppi. Dove si scopre anche, con una veduta più larga che è una delle caratteristiche di questo lavoro, che cosa ha fatto Lorenzo una volta scoperto l’orrore del lager. E si finisce anche nel dopo: dal 1945 in avanti ci sono fatti, vite che proseguono in direzioni diverse, e legami.

L’incontro tra Primo e Lorenzo ha, letteralmente, deviato due traiettorie di vita, e questo testo di Greppi ben lo evidenzia. In un mondo dove il senso, visceralmente cercato da Levi in tutto il suo percorso letterario, era perduto, Lorenzo è stato una roccia cui aggrapparsi, solido, presente. Nella “zuppa” metaforica di dettagli che la memoria di Levi ha salvato, necessari a tenerlo vivo, i fatti che costellano la storia di Lorenzo e che Greppi ha raccolto con estrema cura, analizzandoli, restituiscono l’importanza gigantesca di questo apparentemente anonimo muratore di Fossano. Il cui nome, tanto per fare un esempio, riecheggia nei nomi dei figli di Levi. Non è un caso.

Nell’estrema diversità  dei suoi protagonisti – l’uomo umile da un lato, il borghese laureato dall’altro – questa è una storia di un’amicizia luminosa, bellissima, straordinaria, oltre ogni confine. Ecco perché Lorenzo è stato inserito nella lista dei Giusti tra le Nazioni nel 1998. Lorenzo è stato, concretamente, la possibilità per Levi di credere che esistesse ancora un mondo giusto, e nella sua vita piccola splende per ricordarci la grandezza possibile, la sua profonda bellezza. Lorenzo che, semplice e schivo, si è ribellato alle logiche disumane del lager, che era tenacemente consapevole, pur senza parlarne mai, la cui dedizione e i cui gesti di cura leniscono come carezze. Un piccolo immenso uomo, capace di fare 1412 chilometri a piedi per ritornare a Fossano, fortissimo, eppure tanto debole.

“In ogni voragine di sopraffazione e di dolore a guardare con attenzione un Giusto, uno limpido come non oseremmo immaginare, c’è” ci ricorda Greppi, che ha il grande merito di aver dato spazio a questa storia e averla estesa, approfondita, chiarita, resa studiabile. Se Primo Levi ha eternato Lorenzo nelle sue parole, Carlo Greppi qui ha dato tridimensionalità a quello che un uomo può essere e ne ha scandagliato l’immagine, persino nelle sue contraddizioni e ombre, che tuttavia non scalfiggono l’amicizia e la sua profondità. In Un uomo di poche parole ci sono diversi documenti inediti, alcuni dei quali ritrovati nel 2022, e sono, oltre che testimonianze preziose, parole che vibrano e commuovono profondamente. Credo che non le dimenticherò, così come mai mi dimenticherò di Lorenzo.

sarebbe utile e necessario […] raccontare la loro storia, la storia degli ultimi tra i Giusti, quella degli ultimi che divennero primi, e non ne approfittarono. Sarebbe vitale, dovremmo farlo ogni giorno. Perché costruì qualcosa di immenso, Lorenzo: la fiducia nell’essere umano

A chiusura, e per la vita

Un uomo di poche parole si apre e si chiude con due poesie di Primo Levi. La prima è “Agli amici”, del 16 dicembre 1985, e riporta a legami fortissimi che fin da ragazzo Levi aveva con una serie di amici, appunto, molti dei quali non sono sopravvissuti alla maglia che la Storia ha stretto intorno a loro. Tra questi Bianca Guidetti Serra, personaggio straordinario che anche nella storia di Lorenzo appare. La poesia di chiusura, invece, è “Delega”, è stata scritta il 24 giugno del 1986 e, sarà l’anno della mia nascita, sarà che letta oggi, nel Giorno della Memoria, risuona forte, è un testo che dovremmo leggere e rileggere per ribilanciare molte cose delle nostre vite. È contenuta in Ad ora incerta: anche questo uno dei tanti libri che da Un uomo di poche parole chiamano forte. Sarà il caso di rispondere alla chiamata.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!