Vi è mai capitato di scoprire dell’uscita al cinema di un film tratto da un libro e di correre a cercare il libro per leggerlo prima, così da non rovinarvi poi l’effetto della lettura? Beh, io ogni tanto faccio pazzie del genere, è accaduto per esempio per La libreria, di Penelope Fitzgerald, un libro del 1978 edito in Italia da Sellerio di cui ho scoperto l’esistenza proprio grazie al trailer di un film in uscita a fine settembre, La casa dei libri, una produzione spagnola e inglese della regista Isabel Coixet. Di quelle immagini mi aveva colpito la fotografia, l’ambientazione anni ’50, e la storia.

Si tratta infatti della vicenda di Florence Green, una giovane vedova di guerra che vive nel piccolo borgo inglese di Harborough, un paesello affacciato sul mare che si mantiene con le attività di pesca e che per ragioni geografiche è tagliato fuori dai centri principali del paese. Caratteristica ancora più rilevante, ha  tra gli abitanti una fetta di popolazione alto borghese dedita ad accaparrarsi consensi nella cittadina e a fare così quel che vuole.

Peccato che tra queste desiderata della donna che regge con la propria influenza politica ed economica il borgo non ci sia il piano di aprire una libreria, proprio quel che Florence ha intenzione di fare nella cosiddetta Vecchia Casa, un edificio in rovina adibito prima alle attività di pesca che la libraia compra, restaura, e dove oltre ad abitare crea la propria libreria. È un negozio che nasce tra gli sguardi storti e malvagi degli abitanti: sospetti, invidie, dicerie e quelli che prosaicamente definisco “sparli”. Insomma, l’ambiente dove Florence decide di inaugurare il suo piccolo sogno è tutt’altro che positivo e saranno davvero pochi i suoi sostenitori in quella che si apre come una vera e propria battaglia per la sopravvivenza della libreria.

I nemici non tardano infatti a creare ostacoli e difficoltà, che col tempo si gonfiano come lievitando, lasciando la povera Florence, che a conti fatti non ha quasi amici in città, sola a combattere con forze più grandi di lei. A voi la lettura o la visione del film per sapere come andrà a finire, mentre in questo post vorrei invece concentrarmi su qualche pensiero tra pagine e cinema, e sul valore della storia, che è l’aspetto che più mi ha colpito.

Questo film mi ha colpito tanto, e mi è proprio piaciuto, tanto che penso ne acquisterò il dvd per rivederlo. Parlo proprio del prodotto film, che ho apprezzato per alcune sue caratteristiche e per una sorta di revisione e reinterpretazione della storia. Il libro infatti, che credo Sellerio abbia ripubblicato con l’occasione, è una lettura agile (letto in una notte), ma forse a causa dell’ambientazione, o forse ancora di più per gli anni in cui si svolge, o per gli anni in cui è scritto, mi è passato abbastanza anonimo. Non ho identificato chiaramente Florence, non ho inquadrato nettamente alcuni personaggi…. La storia è rimasta a tinte un po’ sfuocate. Non mi avrebbe coinvolta né colpita, ma poi è arrivato il film.

Pregio del film è infatti rendere tutto più nitido, paradossalmente – visto che è quel che una pellicola fa nel momento in cui trasporta sullo schermo un libro – farlo vedere. E quel che La casa dei libri mi ha raccontato mi ha convinta, trasportandomi in un mondo bello, ma anche e soprattutto raccontandomi palesemente la storia di un ideale, dell’amore per la lettura, e del senso che ha perseguire i propri sogni anche quando tutto ci si mette contro.

Siamo negli anni Cinquanta, e l’Inghilterra del film è quell’Inghilterra stereotipata, ma forse nemmeno troppo, delle casette di legno color pastello, dei boschi tra cui svicola il vento, delle scogliere sul mare grigio del nord Europa e delle tazze di tè davanti ai libri. I libri sono bellissimi: edizioni probabilmente ricostruite, ma che a un amante del genere come me restituiscono tutta l’atmosfera del calore, la curiosità, la bellezza di circondarsi di storie.

Sono storie selezionate con attenzione da Florence che, nel film, si intuisce essere stata libraia. È infatti proprio in una libreria che ha conosciuto il marito, di cui era innamoratissima e che le leggeva poesie. Romanticoni indomiti e sognatori: io ve lo avevo detto che questa storia faceva per voi (per noi). La gestione della libreria infatti procede senza intoppi, anzi, la libraia ha le idee chiarissime, e nel giro di poco il suo negozio diventa un luogo delizioso, dove gli affari vanno benone.

Ad aiutare Florence c’è una bambina, impertinente undicenne che non ama leggere, ma che vista la propensione per l’ordine e la classificazione si rivela la personalità adatta a lavorare in una libreria. Nel libro la bambina non è così ben caratterizzata, ma nel film, sotto sotto, si rivelerà un personaggio centrale, anzi il personaggio cui il messaggio della storia è affidato per essere traghettato nel presente. Attenzione quindi al finale, perché alcuni congegni narrativi vi faranno sorridere e capire molto, e sta anche e soprattutto in questa idea la forza aggiuntiva che il film regala alla storia nel libro altrimenti più piatta.

I libri infatti diventano davvero una forza trasformatrice in grado di cambiare, se non il mondo, almeno le idee. Un seme che va piantato, e di cui forse solo uno su cento germoglierà, dando vita però a una pianta importantissima, quella che produce sognatori, forza, coraggio e ricchezza, ricchezza interiore si intende. Come da copione, infatti, né libri né librai sono miliardari in questa storia, però sono depositari di un fuoco meno evidente e destabilizzante, che è la capacità di vedere il bello, di avere coraggio di vivere nel giusto.

Parlo di fuoco sacro perché, lo scoprirete, Florence nonostante tutti gli ostacoli da cui viene attorniata ha dalla sua un’altra figura particolare, quella di un vecchio lettore che, per le sue idee e per la sua attitudine, è stato isolato dalle chiacchiere del paese e, vuoi per scelta, vuoi perché costretto, si è chiuso nella propria casa, come auto-messo in gabbia. Una gabbia confortevole e foderata di letture, di cui è vorace. Sarà lui, figura bellissima, a veicolare un altro intenso messaggio in questa storia, quello che ha a che fare con la lealtà, l’amicizia, la fiducia.

E poi ci sono i libri. Mai casuali, in questa storia. Se nel libro e nel film si dà grande spazio a Lolita, di Nabokov, di cui Florence chiede una lettura e un parere al suo amico per poterne poi fare un ordine spropositato di centinaia di copie con cui allestisce una vetrina intera, nel film a differenza del romanzo ci sono dati altri suggerimenti che strizzano l’occhio al periodo e alla centralità dell’oggetto libro, vero mezzo magico, à la Propp, trasformatore e centrale ne La casa dei libri. Fa così la sua comparsa Ray Bradbury, con il suo Fahrenheit 451 (un romanzo meraviglioso che, extra divagazione sul film, non smetterò mai di consigliare) e le Cronache marziane, novità assolute per l’epoca e veri spartiacque, oggi considerati classici. La lettura, insieme a questi titoli, diventa così l’elemento centrale della storia: incoraggia, allarga le visioni, e non delude, anzi rafforza la determinazione. Riesce a far mantenere un’insaldabile fede nei propri sogni anche davanti al fallimento. Secondo me, questa è la morale più solida e meravigliosa di tutto il film: il coraggio, e la forza di non cadere ma reinventarsi, sicuri e nonostante tutto felici di quel che si è fatto.

E poi c’è lui, il semplice, piccolo ma enorme, caldissimo e avvolgente piacere della lettura. L’immagine di Florence sugli scogli assorta dei suoi pensieri tra le pagine di un libro, mentre le idee e le riflessioni prendono il volo e la alleggeriscono, arricchendola insieme, è quanto mai vera ed è un’immagine fedelissima di quel che accade a un lettore appassionato. La libraia legge di notte, pagina dopo pagina, lancette che scorrono, pagine che si susseguono: fino alla fine, fino a restare così, il libro aperto sull’ultima pagina, la mente che vive come uno scarto, tra l’abbandono di un mondo e l’impulso a riflettere e ripensare a quel che si è letto.

Un film che è una coccola, una carezza per tutti i sognatori, un po’ timidi, forse solitari, sinceri e onesti come è Florence, che coltivano grandi sogni in piccoli orti deliziosi, oltre il rumore di fondo, oltre la cattiveria becera e ignorante di chi crede di essere padrone di un mondo sempre troppo piccolo e meschino quando non viene popolato e colorato dalla magia dei libri.

 

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!