Martin McLaughlin si è spento lo scorso gennaio. Proprio poco, pochissimo prima che uscisse per la collana del Laboratorio Calvino di Carocci il suo volume, “Calvino e la letteratura mondiale”, che approfondisce la narrativa, la saggistica e soprattutto il tema dell’intertestualità in Calvino. Attendevo da tempo questo libro, non solo perché McLaughlin, già professore emerito di Italiano a Oxford, è stato uno dei traduttori di Calvino in inglese, e uno dei critici “storici”, che più spesso ho incontrato nelle bibliografie. Ed ecco il secondo motivo per cui lo aspettavo: perché è la traduzione in italiano, ampliata e aggiornata, di un volume che avrei tanto voluto leggere per i miei studi ma che esisteva solo in inglese, ed era introvabile, un volume considerato una pietra miliare della critica calviniana. Con i tempi lenti che fanno sì che questo volume arrivi nelle mie mani quando il suo autore non è più su…
Patirò dalla fine: perché alla fine di Scrivere, correggere, riscrivere. Il dattiloscritto di Se una notte d’inverno un viaggiatore di Ada D’Agostino, da poco uscito per Carocci, c’è Dall’opaco. L’autore sottinteso è, naturalmente, Italo Calvino. Dall’opaco, riassumendo per i nuovi lettori di queste lande del web, è il testo per me più affascinante di Calvino: una “prosa descrittiva” che riassume, in sintesi, lo sguardo dell’autore di sé, il proprio mestiere e il proprio mondo. Si trova nella raccolta La strada di San Giovanni, e nell’ultimo paragrafo dell’ultima pagina di Scrivere, correggere, riscrivere. Arrivare alla conclusione del libro è stato, per me, come inseguire una caccia al tesoro conscia dei tanti indizi che avevo trovato, e capitolo dopo capitolo mettere insieme i pezzi di un quadro completo. E alla fine, con un sorriso beato rivolto alla pagine, dire: oh, sì, la mia tesi arrivava proprio qui! Ada D’Agostino, autrice del libro,…
Mi è capitato, di recente, di camminare ed essere folgorata da un pensiero: «Michele Serra lo scrive sempre nella sua biografia!». Stavo infatti meditando sul fatto, apparentemente straordinario, che dopo anni di lotte e delusioni oggi posso dire anche io che di lavoro scrivo, e mi pagano per farlo. Il fulcro del ragionamento è in realtà la presa di consapevolezza di una sconfitta: non scrivo per un giornale, non sono la firma di nessuna testata. E allo stesso tempo non sono una scrittrice, la mia firma non è associata a una produzione di narrativa. Ci ho provato, ci riproverò, ma ormai ho capito che questi mestieri non andranno a disegnare una carriera coerente e compatta. Perché io faccio parte di quel gruppo di millennial della prima ora – quelli nati negli anni ’80 – che hanno surfato l’onda del cambiamento enorme del digitale, lo hanno visto arrotolarsi prima che si…