Facciamo che settembre non c’è mai stato? Era estate, era tutto leggero e azzurro, e poi via, basta, ripiombati nel tedio dell’autunno, più che meteorologico direi interiore: inverno artico interiore, buio, angosce. Un mese da dividere in tre parti: il mare e le ferie, la perdita di senso, il recupero. O il suo tentativo. Senza sapere dove andare, senza prevedere cosa sarebbe successo, senza averne infine più voglia, che è la cosa peggiore di tutte in un mese che si era aperto con le vacanze e tanto, tanto mare.

Ne ho un ricordo vago e ormai perso nel tempo come fossero mesi, forse anni: sembra passata una vita, forse perché ero diversa io. Le ferie, dicevo. La spiaggia, le maratone Mentana, i film di Hitchcock arrivati all’improvviso sullo schermo a dare una patina di bellezza. Estate. Le vele sul mare azzurro della mia città, le letture voraci, presto che tra poco non ci sarà più tempo per mandarle avanti, veloce, leggi, ancora una pagina, dai.

Però era tutta una sorta di messinscena, come un’estate che brillava ancora e che tuttavia già presagiva la fine. Una fine che mi è arrivata addosso con una violenza inattesa, inaudita, sprezzante e cattiva. Sì, va bene, ma prima? Prima andava tutto bene: il trantran regolare, Montalbano che ricomincia in tv, la nuova stagione di Propaganda, tutto sereno, tutto normale. Tutto regolare. Chissà cosa andavo pensando, chissà cosa mi prefiguravo. Chissà com’ero e chi ero.

Sicuramente ero ancora molto fedele all’estate e alle sue regolarità ormai avviate, come la rassegna estiva dei miei amici per la quale ho dato una mano, incastrando fino a settembre tempistiche e treni e impegni e macchine fotografiche, tra una serata con lo scrittore molto ben riuscita, l’emozione di sentir raccontare di Italo Calvino dalla viva voce di Giuseppe Conte, e le risate con nuovi amici dialogando di musica in piazzetta.

Settembre è stato un mese imperniato sui libri: quelli letti, quelli da tenere stretti, quelli da proteggere e quelli nuovi da ascoltare in diretta, raccontati dagli autori internazionali che hanno iniziato a fioccare a Torino, segno di ripresa della stagione. E che ripresa, con Safran Foer – e un libro Einaudi di Pavese di fianco a lui, sul tavolo -, con David Nicchols, e con la stretta di mano di entrambi e il commento “Thanks for coming”. Una stretta che metaforicamente si è chiusa sul mese, rendendolo uno dei più faticosi di sempre. Tutto, c’è stato tutto a settembre, sovrapposizioni di eventi, presentazioni di stagioni e folle di eventi intrecciati da non lasciare scampo, senza un filo d’aria, non ci si salva da nulla, tantomeno dall’agenda divoratrice di vita.

Ecco allora che in tal caso è necessario rintracciare una via di fuga. Al mare l’estate prosegue come se nulla l’avesse scalfitta, come se. Altrove è smog e asfalto e asfissia, tra bus, zanzare e lungofiume. Che tuttavia, per fortuna e sopravvivenza, diventa  un lungomare dove trovare un aperitivo e ritrovare un’amica e una bella intesa. Un’amarezza che si combatte con serate belle, la valvola di sfogo alle difficoltà che montano come albumi a neve.

A settembre c’è il ritorno degli impegni fissati prima: interviste, un programma in radio, una discussione digitale. Tutto insieme, scalino dopo scalino, senza allenamento. E così mentre i lunedì si ribellano uno dopo l’altro con una serie di schiaffi morali, il fisico deve rimettersi in sesto, ricalibrarsi per rimacinare. E si va avanti.  Rimessi in sesto, forse, un poco raddrizzati, altrimenti sarebbe la fine.

«How dare you», ha gridato Greta alle Nazioni Unite a settembre. Come vi permettere. Una rabbia che mi ha commossa, una voglia di agire, di farcela. E così. Nella trottola del lavoro l’equilibrio pian piano di ristabilisce: una nuova libreria da scoprire, un giro in centro sul risciò a pedali, la mostra World Press Photo, la Notte dei ricercatori. Le presentazioni di Torino di carta che cavalcano verso l’autunno con librai grintosissimi e angoli di bellezza da Bufò e alla libreria Bodoni di Torino, dove sono accolta, coccolata, ascoltata, e dove ogni incontro è una sorpresa e una crescita, come sentirsi a casa tra amici, sentirsi bene.

E mentre tutto scorre l’arretrato diventa impossibile da smaltire, ondate di cose da fare, stanchezza e bisogno di respirare che si traduce in un’ultima corsa al mare, un viaggio verso Gerusalemme, il mare che avanza, un asciugamano zuppo. E un finale tra i libri, con un bellissimo spettacolo del Teatro dell’Albero a Villa Grock, che intrecciava le parole di Biamonti, Calvino e Orengo, e una mail che mi avvisava di essere in finale a un concorso legato a Il salto dell’acciuga. Infine, qualcosa deve essersi allineato nei cieli degli inchiostri e degli alfabeti .

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!