Uno sbaglio, ma forse neanche troppo: è qui, nella decisione di prendere una strada che sarebbe chiusa, in costruzione, che si avvia la vicenda di Vacanze matte. Sono incappata in questo romanzo per caso, durante l’estate: un titolo del genere, con una copertina peraltro così divertente, non poteva non farmi venire la voglia di tuffarmi in questa storia datata 1959 e che, ho potuto scoprire grazie alla prefazione di Francesco Piccolo, che è il traduttore della nuova edizione italiana datata 2011, si trascina dietro una fama da vero e proprio cult.

Questa di Richard Powell è infatti una vicenda editoriale curiosa: Vacanze matte uscì nel 1959 e, per lo meno in America, divenne un libro amatissimo. Einaudi ha deciso, nel 2011, di riprenderlo e riproporlo sulla spinta di un popolo sotterraneo che, nonostante gli anni passati dall’uscita, continuava a parlare di questa storia come di uno spassosissimo libro di culto per intere generazioni, andando a cercare il libro neri mercatini dell’usato e parlandone come di una lettura imperdibile. Beninteso: è un romanzo americanissimo, l’atmosfera in cui sarete proiettati è proprio quella delle stelle e strisce alle soglie degli anni Sessanta. Ma, altrettanto beninteso: è davvero uno spasso, ve lo posso confermare, ora che sono entrata nel club dei fan di Powell e della sua strampalata famiglia Kwimper.

Perché parlo di romanzo americano? Perché è di frontiera e sogno americano che, neanche troppo velatamente, racconta. Non a caso il titolo originale è Pioneer, Go Home!, con un riferimento esplicito ai pionieri che così bene i Kwimper rappresentano e il cui mito portano avanti in questa loro divertentissima e matta storia. Lo dicevo all’inizio: una strada in costruzione, un cartello che avvisa di non oltrepassare. Ma papà Kwimper, al volante dell’auto di ritorno dalle vacanze insieme al figlio Toby e ai due gemelli che hanno in affido, tenuti a bada dalla baby sitter Holly, decide di infischiarsene e oltrepassa la barriera. Quello che trova è a tutti gli effetti una strada deserta con varie zone di cantiere. Ecco perché, quando finisce la benzina e i cinque restano in balia della strada, non passerà nessuno e non potranno essere aiutati. Si rende necessario, così, stabilirsi momentaneamente nella zona, allestendo tutto per una vita il più confortevole possibile, in attesa che un’automobilista passi e fornisca ai Kwimper della benzina per ripartire.

Ma l’avverbio momentaneamente che ho usato prima è destinato a mutare… È in questo contesto, un pozzo di acqua scavato col parafango, lenze in acqua per poter mangiare qualcosa, e una piccola baracca con giacigli per riposare al sicuro, che il direttore dei lavori, metaforico rappresentante del governo, amico/nemico della famiglia, trova i Kwimper e chiede loro di sgombrare l’area, di proprietà demaniale. Ma il signor King non può sapere che i Kwimper hanno una felice storia di parassitismo governativo alle spalle, tra pensioni di invalidità non proprio giustificate, affido e sussidi di disoccupazione che forniscono loro una totale assistenza da parte del governo. Una vita da sfaticati di prima categoria, che li aiuta a trovare un ago nel pagliaio: quel pezzo di terra non è demaniale, non esiste nemmeno sulle mappe, è terra di nessuno.

Eppure, iniziando a conoscere i Kwimper e seguendo passo dopo passo la loro colonizzazione di un lembo di terra libero, non potrete resistere alla loro trascinante verve di pionieri che, proprio come dice Francesco Piccolo, costituiscono un esempio di proto Simpson, una storia che insieme racconta, nega e ribadisce lo stesso il grande sogno americano, in una piega sempre poco indagata di chi si oppone a una conformità dilagante che rischia di appiattire tutto.

Scoperta la possibilità di insediarsi in una terra non registrata da nessun catasto, i Kwimper diventano dei veri e propri novelli pionieri. Siamo nel 1959 e la fantasia e ingegnosità di questi personaggi, in arrivo come spiegano con orgoglio dalla contea di Cranberry, dove vivono solo loro e sono tutti imparentati, senza contatti con l’esterno, sono irresistibili. La sensazione che ho provato dalla prima all’ultima pagina è di essere catapultata in uno di quei film a colori americani fine anni Cinquanta, un immaginario tra vestiti tinta pastello, auto che oggi sono d’epoca, una serie di personaggi ben classificati – i buoni, i cattivi – e un’atmosfera da commedia tra equivoci spassosi e gag che farà stare bene e sorridere dalla prima all’ultima riga.

Dirompente, in questo contesto da commedia, è il carattere di papà Kwimper e soprattutto di Toby, il 22enne narratore di questa storia, dallo sguardo del quale vediamo accadere gli eventi e conosciamo i protagonisti, amici e nemici dei pionieri. Toby è di un’ingenuità davvero incredibile, e nel suo fiducioso approcciarsi all’umanità allestisce delle improbabili situazioni in cui tutti gli equilibri sembrano inevitabilmente dover crollare da un momento all’altro, salvo poi essere assistiti dalla fortuna degli ingenui e risolversi sempre a favore dei Kwimper. Lo vediamo affrontare così, tra testardaggine e buon cuore, sconfiggere senza nemmeno rendersene conto una banda di criminali e un processo in tribunale. In qualsiasi situazione rischiosa e di emergenza si trovino, i Kwimper riusciranno, proprio grazie al loro atteggiamento verso il mondo, a sfangarla sempre, a farsi benvolere e a conquistare il diritto a diventare proprietari di un pezzo di terra rimasto come una piega non considerata fuori dal sistema.

Come un grande sberleffo, una pernacchia, conquistata però senza atteggiamenti di sfida ma a suon di impegno e buon cuore, di fiducia totale nel sogno americano che in questa storia si ribalta e rivela tutti gli ostacoli e i cliché, senza tuttavia perdere la propria carica di conquista e affermazione. Stile esilarante, prospettiva originalissima e un intreccio di situazioni irresistibile: non potrete non divertirvi in queste vere Vacanze matte: un romanzo che si rivelerà davvero perfetto per una lettura estiva nel nome della leggerezza e della libertà di spirito e vedute!

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!