Chi mi legge lo sa: arrivo dal mondo della semiotica, il mio orizzonte di riferimento, quando mi avvicino a testi e discorsi, è quello. Il libro di Alice Avallone appena uscito e che ho appena finito di leggere mi ha dunque messa davanti a una sfida, quella di cambiare il mio focus. E se dico focus con spiccato riferimento alla fotografia, non è un caso. People watching in Rete. Ricercare, osservare, descrivere con l’etnografia digitale è un libretto edito da Franco Cesati che ha uno scopo ben chiaro: introdurre all’etnografia digitale.

Se siete già in panico per il binomio etnografia/digitale, spaventati dal termine che sembra richiamare a oscuri mondi accademici e intimoriti dal fatto che quello di Alice sia un manuale da studiare, potete tirare il fiato: niente di tutto questo. Anzi, sarà proprio l’autrice, nelle prime pagine, a raccontarvi che l’etnografia, pur essendo diventata nel corso del tempo una disciplina di studio, ha il suo immediato e praticissimo apparato radicale nella nostra vita quotidiana. Si tratta infatti di osservare la gente. Vabbè, intendiamoci: di farlo con un certo criterio, con un metodo e tutta la scientificità del caso, andando a ficcare il naso in gruppi e comunità senza inquinare, infastidire, solo fotografando – e rieccoci alla fotografia, e al senso della copertina del libro – ciò che vediamo. Il tutto, applicato al mondo dove oggi si agitano le correnti più nuove e interessanti perché ancora tutte da approfondire: la rete.

Alice Avallone non propone un manuale universitario, People watching in rete non è una tesi, non è un prontuario, nemmeno una ricerca esplicitata, io lo definirei piuttosto un valido aiuto metodologico. Sì, esatto, è una guida per l’approccio, una voce che attraverso spunti molto diversi, che ognuno potrà approfondire (la storia dell’etnografia è lunga e varia, come quella di ogni disciplina umanistica), allestisce una mappa chiara, pulita, pronta all’uso, e utilissima proprio in virtù di tutte queste caratteristiche.

Non è caratteristica da poco in un mondo dove tutto scorre sulla superficie senza strutture profonde e senza il tempo necessario per i dovuti approfondimenti. È proprio quello che, al contrario, Alice cerca di fare: fissare dei paletti, insegnare a guardare, e una volta inquadrato il soggetto e allestita la scena, poter così scattare la foto e aver segnato, per passione, studio, ricerca, un tassello dotato della giusta dose di scientificità, verificabile quindi, parimenti confutabile, perché non impastato a caso ma conseguente a un iter ben preciso e rigoroso.

Va poi da sé che il tema di questo agile libro sia di immediato interesse perché letteralmente intriso di tutte quelle dinamiche dentro cui viviamo tutti ogni giorno: gruppi, community, fanpage, click, like, commenti, linguaggi, fotografie, emoticon. Definire lo spazio, tracciando come con un gessetto lo spazio entro il quale dovrà ricadere il nostro sguardo di etnografi, è una delle prime operazioni che Alice Avallone fa. Siamo nel web. Uno spazio enorme, che con una bellissima metafora l’autrice definisce un mondo popolato di continenti e isole, e che in una interessante geografia che non vi svelo (così vi viene voglia di fare ordine leggendo il libro) prendono forma in una mappa: il campo dell’esploratore, l’etnografo digitale. Siti, forum, social: tutta questa congerie di contenuti digitali va a prendere posto e peso nell’universo della rete. Sarà nostra cura, di volta in volta, zoomare (ormai il gergo fotografico fa da guida a questa recensione) sulla terra che più ci interessa analizzare.

Ma, dicevo, la semiotica e l’etnografia: che sfida difficile. Mi sono ritrovata un po’ spiazzata tra le premesse del libro, che raccontavano della necessità di analizzare il nostro mondo così pregno di bisogno di rappresentazione e di definizione di identità. I miei studi, infatti, mi hanno sempre portata a guardare a queste rappresentazioni e identità con le lenti semiotiche, ovvero considerandone le dinamiche di senso sottese: come questi testi creano senso, come significano. Quel che ne deriva sono studi che indirizzano alla costruzione dei testi, spiegano perché funzionano così, cosa regola la loro significazione e il senso che ne deriva. E fin qui, mi ero sempre accontentata. Allargare lo sguardo e considerare la presenza dell’etnografia mi ha ricordato una delle massime di uno dei padri fondatori della semiotica, Ferdinand De Saussure, cioè la vita sociale (la semiotica, diceva lui, è lo studio nei segni nel quadro della vita sociale). Se la macchina fotografica della semiotica mette a fuoco lo studio delle dinamiche di senso, l’etnografia cerca di puntare il focus sul processo che, a monte e a valle di questa produzione di senso, crea visioni del mondo e identità, regola il comportamento delle persone. Quindi, ve lo starete forse chiedendo anche voi, le due discipline possono dialogare, aiutarsi? Direi proprio di sì, e ricordarlo non può fare che bene, soprattutto in una realtà complessa come quella digitale, dove i confini tendono a essere sempre più sfilacciati, dove testi, meccanismi di senso, interpretazioni si mescolano e producono nuove significazioni – avete mai provato a pensare a come funzionano i meme? – a loro volta date in pasto a community e condivise in rete.

Chiudo con una citazione che, comparsa lì tra le pagine di Alice, mi è sembrato un fascio di luce degno di un faro in mezzo alla nebbia, a ricordare due cose fondamentali, che ricorrono nel corso di tutta la lettura: 1) l’importanza della lettura, dell’approfondimento e dello studio; 2) come conseguenza del punto 1, la necessità, acquisito un bagaglio di letture, di volgere lo sguardo dalla pagina a sé, al mondo che si vive, per scoprire e riscoprire, con un metodo rigoroso e con la voglia sincera di capire, tutte quelle “regole” e meccanismi palesi eppure invisibili che danno linfa al fare umano da ben prima del digitale:

Leggete molto, e sempre. Vi renderete presto conto che certe dinamiche umane non sono poi così mutate, e vi ritroverete di tanto in tanto a dirvi: certo non è cambiato proprio niente dopo millenni.

Autore

Sono una giornalista, mi occupo di uffici stampa per la cultura e l'ambiente, di comunicazione e social media. Ho un dottorato in semiotica: va da sé che ho una spiccata curiosità per tutto ciò che ha a che fare con i testi e i loro meccanismi. Amo il mare, leggo tantissimo e adoro scrivere: A contrainte è il mio sito, ci trovate recensioni di libri e racconti di quel che mi circonda!